XXXIV - seconda parte
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capitolo 34: parte 2
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»»---- ★ jungkook's p.o.v. ★ ----««
Yoongi mi ha concesso il martedì libero... non ha capito che io ho bisogno di lavorare e che se avessi voluto stare a casa avrei benissimo potuto farlo la domenica, ma siccome ha insistito tanto ho deciso di accettare e di non insistere a mia volta.
Mi sveglio distrutto dal Lunedì sera: sapendo che non avrei dovuto lavorare mi sono dato alla pazza gioia con l'alcol e credo anche di aver visto Jimin, forse di averci parlato, ma a questo punto non so se fosse il suo reale fantasma – e già dire una cosa del genere fa strano – oppure se fosse soltanto un'allucinazione dovuta all'ingente quantità di alcol che mi stava circolando nelle vene.
Bisognoso di una doccia fresca, mi metto seduto sul divano, stropicciandomi gli occhi con una mano e tenendomi la testa che ancora gira con l'altra. Cerco di alzarmi molto piano e quando ci riesco mi sento cadere sulle gambe, ma non so in che modo sono ancora in piedi. Decido di non farci troppo caso e salgo le scale aggrappandomi alla ringhiera come se stessi morendo, raggiungendo il bagno e spogliandomi, lanciando poi i vestiti nella stanza in maniera disordinata. A riordinarli ci penserò dopo, quando tutto quanto attorno a me avrà smesso di girare.
Entro nel cubicolo vetrato e mi tuffo con tutta la testa sotto il getto di acqua fredda; non mi importa un bel niente se mi prenderò un qualche malanno, in questo momento ho proprio un gran bisogno di freschezza. E proprio a mente fredda e fresca, mi torna in mente la proposta che mi ha fatto Yoongi, il suo invito a berci un caffè insieme. Ah, se solo sapesse, penso afferrando lo shampoo dal pensile della doccia e versandomene una buona quantità sul palmo della mano, per poi sfregarlo con entrambe sui miei capelli che avevano proprio bisogno di una lavata.
«Per me dovresti accettare» sento dire da una voce e per poco non scivolo dallo spavento rompendomi un mignolo, ma qualcuno – penso la stessa persona a cui appartiene la voce – mi afferra in tempo per non farmi cadere.
«Ma che-» sto per chiedere, ma appena riesco a vedere la figura davanti a me mi accorgo che è Jimin. «Cazzo, avevi detto di essere tornato sulla Terra per salvarmi, non per uccidermi!» esclamo senza neanche pensare alle parole che ho usato. Firmerei mille contratti di morte se potessi tornare insieme al mio piccolo, non mi importa in che modo o in che forma.
Lui tuttavia ridacchia e mi domanda scusa, grattandosi la nuca imbarazzato. «In realtà ti avevo chiamato, ma eri troppo occupato a pensare a un certo Yoongi» replica continuando a ridere e guardandomi con uno dei sorrisi più sinceri del mondo. Lo so perché gli stanno sorridendo pure gli occhi, e quelli non mentono.
«Sì... mi stressa sempre» mi lamento. «Cosa posso fare per togliermelo dai piedi?»
«E perché vorresti allontanarlo?»
«Perché lui vuole sapere la mia storia. E io non sono disposto a raccontargliela.»
«Kookie... devi imparare a lasciare andare il passato, a lasciare andare me.»
«Come faccio?» sbotto dando un pugno al muro, ovviamente con il braccio destro già martoriato e imprecando per il male che mi sono auto-inflitto. «Come faccio a lasciarti andare se eri il mio tutto? È successo tutto in così poco tempo. Tu sei- morto e... e poi io ho lasciato la scuola e dopo ancora tu sei comparso sotto forma di fantasma. È stato tutto così veloce che io ancora continuo a non crederci, quindi come pensi che io possa lasciar perdere il passato e andare avanti?»
«Prova a uscire con Yoongi» mi suggerisce lui. Questo è un Jimin diverso da quello che conoscevo in vita. Questo è più razionale, sembra quasi paradossale: io legato ai sentimenti e lui che mi dice di staccarmici, ma non ci riesco. E non voglio uscire con Yoongi quando in testa ho solo lui, immerso in un confusissimo oceano di pensieri cattivi, tossici, che mi stanno pian piano divorando il cervello e che, prima o poi, passeranno a rodermi il fegato. «Lo so che pensi a me. Anche io penso a te, ogni singolo secondo della mia esistenza. Ma non è ancora arrivato il tuo momento per passare da questa parte, quindi finché sarai in vita dovrai goderti ogni singolo istante, sono stato chiaro?» il tono di Jimin è deciso, anche se la sua voce si spezza verso la fine della frase e quando punto il mio sguardo nel suo noto una lacrima incorporea scendergli sul volto freddo e morbido. Schiudo le labbra per ribattere, ma quando non esce neanche un misero singulto il biondo prende nuovamente la parola: «Ho apprezzato la mia vita da quando ho incontrato te perché, grazie al tuo aiuto, ho saputo viverla a pieno e sì, sono dispiaciuto a morte sapendo che non potremo più essere insieme come prima, ma l'aver vissuto bene sulla Terra mi fa disprezzare di meno tutto quello che c'è stato dopo. Tutti giungono a una fine corporea, ecco perché finché abbiamo un corpo, dobbiamo imparare ad usarlo al massimo. Finché abbiamo la possibilità di essere fisici su questo pianeta, dobbiamo fare tutto ciò che ci rende felici, con le persone che ci rendono felice. Non so se Yoongi sarà quello che ti renderà felice, ma sicuramente io non voglio stare qui a guardarti buttare via la tua vita finché hai ancora un corpo con cui poterla vivere!» esplode e poi, tanto in fretta quant'è arrivato, scompare senza lasciare traccia di sé, se non per le sue parole che continuano a risuonarmi nelle orecchie come un disco rotto, impiantato sulla medesima frase da secoli: "io non voglio stare qui a guardarti buttare via la tua vita finché hai ancora un corpo con cui poterla vivere!".
Non ho mai sentito il biondo usare questo tono arrabbiato, pieno di ira e, soprattutto, delusione. È deluso di me, di come sto sprecando la mia vita invece di viverla, cosa che invece lui non può più fare. È questo il motivo per cui ha urlato con così tanta forza e decisione, perché se lui fosse ancora in vita vivrebbe. Solo che anche lui dovrebbe capire che non ce la faccio neanche a respirare senza la sua presenza... non riesco a fare un passo senza sentirmi costantemente oppresso da una forza più grande di me, qualcosa che non so gestire. Appena ne ho l'occasione tracanno litri di alcol e ogni tanto fumo e magari fossero sigarette. Jimin non è mai venuto a tirarmele via dalle mani, mi ha salvato solo quando stavo prendendo le sue pastiglie. Volevo provare come ci si sentisse ad avere un cuore che ancora batte, siccome il mio ha smesso di farlo quel primo di aprile. Incredibile, sono passati solamente pochi giorni, giorni che sono sembrati infiniti, giorni il cui tempo non scorreva più, bloccato dal tubo centrale di una clessidra che aveva deciso di smettere di funzionare, eppure me lo ricordo come se fosse ieri. Le sue ultime parole, i suoi ultimi "ti amo", i suoi ultimi baci. E lui è morto proprio così, premendo i suoi due delicati boccioli di rosa contro le mie labbra sottili, bagnate a causa delle lacrime che in quel momento sgorgavano senza lasciarmi tregua, appannandomi quella visione fin troppo atroce. È morto baciandomi e ringraziandomi; non so per che cosa, ma l'ha fatto. Lui mi era grato e io sto gettando via la mia vita. Non è giusto, non è affatto giusto.
Jimin credeva e tuttora crede in me e io con il mio comportamento lo sto solo deludendo. Non è giusto, ripeto per l'ennesima volta mentre i miei occhi si riempiono le lacrime, scaldandomi il viso che era stato precedentemente raffreddato dall'acqua gelida che scorreva in doccia.
«J-Jimin, piccolo mio» tento di parlare, ma la voce continua a spezzarmisi. Stringo gli occhi per cacciare le lacrime, ma queste sembrano non volerne sapere di andarsene. «Io ti amo e...» continuo a singhiozzare, tirando su col naso ogni tre per due a causa del pianto che non mi molla. «E ci proverò.»
A queste mie parole, vedo il suo corpo riapparire di fronte a me e i suoi occhi illuminarsi, per quanto sia possibile che due occhi morti si possano illuminare, mentre il suo volto cambia completamente espressione. Improvvisamente diventa dolce e allunga una mano verso il mio viso per accarezzarlo, mentre io mi lascio cullare da quel tocco delicato. «Proverò a fare quello che mi hai chiesto...» dico con un mezzo sorriso sul volto, causato dalla sua espressione grata. «Sappi però che non sarà facile» aggiungo facendolo ridacchiare. Mi rimetto in una posizione vigile e lo guardo in maniera confusa, non capendo il motivo di quella reazione, e quando nota il mio sguardo spiega: «Niente è facile, amore mio.»
Una delle cose più difficili sarà rinunciare a sentire la sua voce che mi chiama "amore", penso senza perdere il suo sguardo. «Ma tu sei forte, Jungkookie, sei la persona più forte che io conosca» mi rassicura continuando ad accarezzarmi il volto e sporgendosi in avanti per abbracciarmi totalmente, non prestando troppa attenzione alla mia nudità. Beh, d'altronde non c'è niente che non abbia già visto e rivisto e poi... dimentico sempre che lui è un fantasma. È che quando mi tocca e io lo sento, sembra così reale che il solo pensiero del contrario mi logora.
«Domani ti aprirai di più con Yoongi?» mi domanda il biondo con le braccia ancora avvolte attorno al mio corpo, a stringermi come a non volermi più lasciare andare.
«S-sì... farò il meglio che posso» replico ricambiando la stretta, sentendo la stoffa della sua maglia, ancora asciutta nonostante l'acqua, sfregare delicata contro la pelle della mia guancia.
«Bene... è così che ti voglio» conclude il discorso stringendomi ancora un po' e lasciandomi un bacio sui capelli bagnati. «Forte e combattivo» si spiega meglio accarezzandomi la schiena con una mano, mentre le mie braccia lo tengono ancorato a me. «Sognatore e amante» continua emettendo un singhiozzo. Cerco di allontanarmi per accertarmi che stia bene, ma lui mi tiene stretto a sé: probabilmente non vuole essere visto in queste condizioni. «Quello che voglio è il mio Kook» termina dissolvendosi in fumo grigio e lasciandomi da solo in quel cubicolo vetrato, con addosso il solo ricordo del suo tocco.
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Il giorno dopo mi sveglio con una prospettiva diversa sulla vita. Non so se Jimin abbia manipolato il mio sonno, se l'abbia compromesso in modo da farmi sentire bene, però questa mattina è proprio così che mi sento. Più positivo, più allegro... certo, non posso dire di essere felice, ma le parole di ieri del biondo hanno smosso qualcosa in me, qualcosa di davvero importante.
Ieri pomeriggio sono stato tutto il giorno a pensare a quelle parole, a come mi avessero fatto sentire. Mi sono ricordato di quella frase, frase che penso di non potere più scordare poiché fin troppo veritiera: "io non voglio stare qui a guardarti buttare via la tua vita finché hai ancora un corpo con cui poterla vivere!". In cuor mio, spero che a situazione invertite Jimin avrebbe fatto lo stesso. In realtà, a situazioni invertite sarebbe stato molto più facile per me: io sarei morto, non avrei più sentito alcun dolore e non avrei sofferto. Non avrei dovuto farlo pesare al mio piccolo come invece ho fatto perché sono un completo idiota, però avevo ragione quando ho detto che lui sarebbe morto e io sarei rimasto solo – anzi, sul "solo" mi sono sbagliato – a soffrire.
Senza sentire la necessità di farmi una doccia – ieri me ne sono fatte ben tre – esco di casa con solamente il cellulare e il portafoglio in tasca e mi dirigo verso il mio luogo di lavoro, deciso a seguire i consigli di Jimin e aprirmi di più con Yoongi. Spero che funzioni, spero di essere in grado. Non sono in grado di socializzare con le persone, con il biondo era diverso: lui era perfetto, era stato mandato su questo pianeta per me, era scritto nei nostri destini che avremmo dovuto conoscerci, ma adesso è tutto diverso. È una situazione completamente diversa, qualcosa che non ho mai sperimentato prima.
Un panico assurdo mi assale quando varco la soglia del negozio e vedo Yoongi piegato sul bancone con un libro in mano, lo sguardo appena alzato per salutarmi e uno smagliante sorriso a decorargli le labbra. Respira, fa' come se fosse una normalissima giornata di lavoro, solo che oggi non insulti il tuo capo, mi dico per tranquillizzarmi, prendendo respiri profondi mentre chiudo la porta vetrata dietro di me e mi dirigo all'interno del locale.
«Buongiorno!» mi saluta lui, raggiante come al solito.
«'G-giorno» rispondo balbettante accennando ad un mezzo sorriso. Lui punta subito lo sguardo sulle mie labbra e scorgo un'espressione stupita, forse a causa del mio buonumore. Eh, già, è una cosa davvero rara di questi tempi, io stesso mi stupirei, penso cercando di non fare troppo caso ai suoi occhi che, meravigliati, continuano a vagare sulla mia bocca.
«A-allora io... inizio a lavorare» dico indicando il "retro bottega", anche conosciuto come "archivio".
«Il mercoledì non ci sono mai molti titoli da scannerizzare, ecco perché ti ho dato il martedì libero: così appena tornato dalle ferie di un giorno non hai un intero malloppone di libri su cui lavorare» replica inserendo un segnalibro alla pagina a cui è arrivato a leggere e lasciando il tomo di, beh, a occhio direi almeno cinquecento pagine, sul bancone.
«Q-quindi cosa-» sto per chiedere cosa dovrei fare, anche se in realtà vorrei chiedergli cosa vuole fare lui, ma la risposta arriva da sola ancora prima che io finisca la mia domanda. E per fortuna, perché neanche io ero sicuro di quello che stavo per chiedergli.
«Ti va di chiacchierare? Cosa hai fatto ieri?» domanda allegro, poggiando i gomiti sul bancone e il mento sulle mani intrecciate tra di loro.
Cos'ho fatto ieri... beh, per prima cosa mi sono svegliato con dei postumi da paura per quanto cazzo avevo bevuto la sera prima. Poi, non so con quali forze, sono riuscito a trascinarmi al piano di sopra per farmi una doccia. Infine, quando meno me l'aspettavo, è apparso il fantasma del mio defunto marito e mi ha fatto una bella lavata di capo. Ora, la mia domanda è: cosa posso inventarmi per non raccontare che parlo con i morti? Con un morto in particolare, anzi.
«Oh, niente di che. Mi sono goduto una giornata a casa riposandomi» mento. In realtà sono rimasto davvero a casa, quindi diciamo che una mezza verità l'ho detta. «Tu che hai fatto invece?»
«Ho letto. Sono venuto qua lasciando il negozio chiuso al pubblico e ho cercato un titolo dall'archivio che hai sistemato. Sono stato davvero fortunato a trovarti, lavori benissimo» mi elogia facendomi arrossire. Yoongi è davvero un ragazzo gentile, come mai l'ho sempre trattato così male? Forse perché è una palla al piede quando ci si mette, risponde una voce all'interno della mia testa. Tra fantasmi e voci credo di stare diventando pazzo.
«Grazie» replico ampliando di poco il mio sorriso. Sapere che, nonostante tutte le cose che mi passano costantemente per la testa, il mio lavoro abbia fruttato e sia stato utile, mi fa sentire bene, sollevato e apprezzato.
«Non devi essere tu a ringraziare me, semmai il contrario. Ho trovato questo libro fantastico ieri e l'ho già quasi finito. Incredibile come nonostante io possegga una libreria sia ancora all'oscuro di così tanti titoli pazzeschi.»
«Felice di essermi rivelato utile» dico allora, gioendo per quel complimento e forse arrossendo anche un po'. «Di che titolo si tratta?» domando interessato avvicinandomi di poco a lui per leggere le parole scritte a caratteri cubitali sulla copertina. Dal nome dell'autore, comprendo che si tratta di uno straniero. È italiano, lo conosco, scrive libri storici e a casa ho un bel po' delle sue opere. E quello che sta leggendo Yoongi è lo stesso che anche io ho letto per primo, rispetto a questo – a parer mio molto bravo – autore. «Oh, l'ho letto anche io» comunico poi. «È molto bello» commento guadagnandomi un sorriso da parte sua.
«Sì, concordo. Te l'ho detto che l'ho quasi finito. Tutto questo grazie a te e il tuo lavoro» ripete come se prima non fosse stato chiaro. Mi sento un po' a disagio a ricevere tutti questi complimenti, non ero abituato a tutto questo prima che arrivasse Jimin e sinceramente è ancora più strano il fatto che me li stia facendo la stessa persona che fino a due giorni prima trattavo malissimo nonostante la sua continua gentilezza e tenacia.
Abbasso lo sguardo imbarazzato e mormoro un flebile: «Ho solamente fatto il mio lavoro» e quando non ottengo risposta ripunto gli occhi in alto, vedendo qualcosa che mi fa andare in crisi. Jimin seduto sul bancone, le gambe a penzoloni che dondolano sbattendoci contro senza produrre alcun rumore, il sorriso sul suo volto farsi sempre più sottile fino quasi a scomparire. Scomparire, come tutto quanto di lui. Nel giro di due nanosecondi Jimin non c'è più e io ho smesso di respirare come si deve.
Vedo l'immagine sfocata di Yoongi che corre in mio soccorso, mentre io cerco solamente l'uscita. Ho bisogno di aria, ma non voglio andare dove mi vedranno tutti. Ecco perché, sostenuto dalle braccia magre del grigio, mi dirigo verso l'archivio per poi uscire dalla porta sul retro, che dà su un vicolo cieco, indisturbato e con la giusta areazione, proprio tutto ciò che in questo momento mi serve.
«Jungkook, che- che ti prende?» sento chiedere dal grigio, ma adesso sono troppo occupato a cercare di respirare per rispondere. Annaspo in cerca d'aria, come se stessi affogando in pieno oceano – una delle mie più grandi paure, per giunta – e non ci fosse nessuno qui con me a salvarmi. Qualcuno invece c'è, sì, ma non è lui. Lui mi è apparso solamente per farmi andare nel panico. Aveva detto che mi avrebbe aiutato, quindi perché si sta comportando così? Stavo riuscendo ad aprirmi, dopo essere stato una giornata intera a pensare alle sue parole, quindi perché adesso mi è comparso davanti proprio mentre cercavo di socializzare con Yoongi? Non so se i fantasmi possano provare o meno emozioni umane, ma se la sua è gelosia spero non me la dimostri più in questo modo. E poi di che cosa dovrebbe essere geloso? È stato lui a spingermi in questa direzione e io e il grigio non siamo nulla di più che colleghi. Non possiamo neanche definirci amici, per il momento. Non capisco.
«Jungkook, vuoi che ti porti a casa?» domanda e, non so come, riesco a capire quello che ha detto e addirittura a rispondere con un "No" strozzato. Non voglio che venga a casa mia, è un posto talmente privato... e poi mi sta già passando, ho solo bisogno di un altro po' di aria e di non pensare a quegli occhi castani che mi sono apparsi in una visione paranormale che, in quell'istante, avrei di gran lunga preferito evitare.
«Tieni, prendi un bicchiere d'acqua» mi dice porgendomi un bicchiere di plastica – probabilmente aveva paura che il vetro potesse scivolarmi dalle mani, rompersi e ferire entrambi – pieno di limpida acqua fresca. La mando giù tutta d'un colpo, dissetante. Sicuramente un buon modo per attutire un attacco di panico dovuto al fantasma del proprio marito. L'acqua è sempre la miglior cura a tutto, sì, tranne quando si ribella e cerca di soffocarti; proprio quello che è successo quando ho mandato giù il secondo bicchiere.
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Stava andando tutto bene con Jungkook, oggi era anche ben disposto e aveva voglia di chiacchierare, cosa che non è mai successa da quando lavora qui. Eppure, tutto a un tratto, ha iniziato ad andare nel panico ed è corso fuori sul retro per respirare aria fresca. Certo, non so quanto fresca possa essere l'aria nel bel mezzo di una delle città più popolate al mondo, ma comunque ha bisogno di stare all'aperto per respirare meglio. Io lo seguo preoccupato, tenendolo in piedi poiché si regge a malapena sulle proprie gambe e, mentre lo porto con me e mi porto il suo braccio intorno al collo perché non cada, la manica di quest'ultimo si alza e posso chiaramente notare bende e cerotti avvolgergli e coprirgli la pelle. La mia curiosità sale alle stelle e vorrei davvero tanto chiedergli cosa si sia fatto al braccio, ma non vorrei metterlo ancora più in crisi. Forse si è semplicemente fatto del male in casa, o forse è qualcosa di più grave e, per come è messo in questo momento, preferisco non indagare ulteriormente.
Mentre lui prende aria, io torno dentro per prendere un bicchiere dalla dispensa e riempirlo di acqua fresca di frigorifero: è proprio quello che gli ci vuole, freschezza. Aria e acqua combinate insieme, in momenti come questi sono paradisiache. Ti fanno sognare, letteralmente. Proprio quando ti sembra di soffocare a causa dei polmoni che non vogliono aprirsi, una bella boccata d'aria e un bicchiere d'acqua calmano la tempesta che sta avvenendo nella tua mente e che si sta scatenando su tutto il tuo corpo, distruggendoti.
Jungkook ingoia l'intero contenuto del bicchiere in un solo sorso e successivamente ne chiede ancora. Io provvedo immediatamente e lui è talmente precipitoso nel bere che si strozza e inizia a boccheggiare ancora di più. Prontamente lo aiuto dandogli dei leggeri colpetti sulla schiena e, quando la situazione sembra essersi calmata, rimaniamo per un bel po' in silenzio. Jungkook, ancora bianco, che cerca psicologicamente di riprendersi dallo shock di un attacco di panico seguito da uno strozzamento e io da quello a cui ho appena assistito. Se ci ripenso a mente fredda, il suo attacco di panico è arrivato così, all'improvviso, senza niente che potesse scatenarlo. O almeno, questo è quello che è sembrato a me.
«Tutto bene?» chiedo dopo attimi interminabili di silenzio.
«A-Adesso sì» risponde con la voce ancora un po' rauca.
«Bevi ancora, stavolta piano. Vedrai che ti passerà più in fretta» gli dico versando altra acqua nel suo bicchiere, che tiene avvolto nelle mani tremanti – ho fatto bene a non dargliene uno di vetro, si sarebbe sicuramente fatto del male. Il mio sguardo cade sulla sua mano sinistra, le nocche ben in mostra mentre recitano la frase che mi ha detto appartenga a suo marito. Riesco a leggerla distintamente da questa distanza, c'è scritto sì, lo voglio. Sembra proprio la formula finale del matrimonio, quella con cui si conclude il tutto per ricominciare una nuova vita insieme. Cavoli..., penso tra me e me mentre continuo ad osservare quella grafia elegantemente tatuata sulle nocche di Jungkook, deve amarlo proprio tanto per essersi tatuato una sua frase addosso.
Il ragazzo però nota il mio sguardo insistentemente puntato su quelle parole e subito ritira la mano, tenendo il bicchiere solamente con la destra e, quando punto i miei occhi nei suoi, noto che mi sta guardando male. Sembra che mi stia lanciando fulmini proprio dalle pupille, è uno sguardo insopportabile, tant'è che distolgo il mio e fingo di non avere fatto nulla di male e di non essermi spinto oltre.
Un giorno scoprirò cosa nasconde, un giorno scoprirò tutti i misteri con cui si sta circondando per non rivelare il vero se stesso e vorrei tanto che quel giorno fosse a breve, ma non credo lo sarà. Tuttavia, arriverà il momento in cui saprò tutto, ne sono certo. La mia curiosità mi spinge sempre oltre ogni limite, mi spinge oltre il possibile e io farò l'impossibile per conoscere Jungkook. Costi quel che costi.
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Salve a tutti con questa seconda parte del trentaquattresimo capitolo. Credo di non aver scritto un capitolo così bello dal trentesimo, siccome tutti quelli dopo mi fanno altamente schifo :')
In ogni caso... vi è piaciuto? Cosa ne pensate di questa nuova dinamica della storia? Cosa ne pensate di Yoongi? Per voi è un inquietante maniaco o solamente un curiosone un po' troppo esagerato? Ditemi tutto quello che pensate, io comunque non confermerò né smentirò alcuna vostra predizione. Spesso mi trovo in difficoltà a rispondere a certi vostri commenti, cercando di rimanere sul vago ahaha, ma adoro la vostra collaborazione! Sappiate che stanno davvero per succedere cose interessanti e spero di riuscire a portare i capitoli in blocco anziché divisi in parti come gli ultimi quattro (di fila).
Detto questo vi lascio, spero di poter riaggiornare prima che ricominci la scuola (io inizio il 14, e voi?). Come sempre io ve saluto con il VE SE AMA! ❤️ E vi aspetto con il prossimo capitolo! love you ~
Words: 3910
Published: 10092021
Edited:
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