XXXI - seconda parte
🔞 scene descrittive di vomito 🔞
🔞 scene descrittive di sangue 🔞
🔞 scene descrittive di autolesionismo 🔞
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capitolo 31: parte 2
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»»---- ★ jungkook's p.o.v. ★ ----««
Il giorno dopo mi sveglio sul pavimento della mia stanza senza nessuno accanto e, quando mi ricordo il motivo per cui ho dormito qui, mi domando dove sia finito Jackson.
Mi alzo da terra con un mal di schiena orribile – che mi porta anche ad appoggiare una mano sulla mia zona lombare per lenire il dolore – a causa della brutta posizione che ho mantenuto tutta la notte e lancio un'occhiata al letto di legno dentro al quale il mio piccolo riposa in pace. Fanculo, penso, per fortuna domani ci sarà la cremazione e io non sarò più costretto a vederlo in queste condizioni, continuo con i miei pensieri negativi.
Chiudo gli occhi e decido di uscire da quella stanza portatrice di ricordi, scendendo poi le scale e sentendo rumore in cucina. Ecco dov'è finito Jackson, penso mentre il mio cuore perde un battito nel ricordare quando era Jimin a cucinare per me ogni giorno, mentre io apparecchiavo la tavola e poi lavavo i piatti insieme a lui. Trattengo quell'unica lacrima che ha voluto scherzare col fuoco e continuo a scendere le scale, sentendo il solito dolore lancinante alla schiena che non passerà a breve a meno di prendermi un antidolorifico.
«Ciao» mugugno entrando in cucina, dirigendomi spudoratamente e senza vergogna verso l'armadietto degli alcolici.
«Ciao» risponde Jackson fingendo un tono allegro, probabilmente per tirare su anche me, e avvicinandosi a dove mi trovo per prendermi per le braccia e trascinarmi verso il tavolo. «Jungkook, non puoi bere...» mi rammenta facendomi sedere mentre sbuffo sonoramente. «E devi mangiare qualcosa» aggiunge posando un piatto di carne sul tavolo, proprio di fronte a me.
«Non ho fame» rispondo seccato incrociando le braccia sul tavolo e appoggiandoci sopra la testa perché capisca che non ho voglia di parlare.
«Provaci almeno... devi fare uno sforzo, non puoi stare a digiuno troppo a lungo» dice con voce dolce per essere ascoltato, ma io realmente non ho fame. La sola idea di ingerire un qualsiasi tipo di cibo mi fa vomitare.
«Ho detto che non ho fame...» ribatto con la voce ovattata a causa della mia posizione.
«Jungkook, non voglio insistere-»
«E allora non farlo!» sbotto alzando la testa e sbattendo i palmi sul tavolo, sentendo la variazione di pressione a causa del movimento brusco. «Non insistere e lasciami morire di fame!» urlo ancora alzandomi in piedi e cercando di ignorare il dolore alla schiena, che mi fa quasi tornare seduto dov'ero un secondo fa.
«Kook, tu-»
«Smettila di chiamarmi così» lo sgrido anche se lui non ha colpe. È solo che mi ricorda troppo Jimin... anche lui usava questi nomignoli e sentirli di nuovo mi fa pensare a lui. Intendo... ancora di più del normale.
«S-scusa...» dice abbassando lo sguardo, ricordandomi ancora una volta i movimenti tipici di mio marito. Ex marito, adesso, penso tra me e me facendo scivolare una lacrima lungo la mia guancia. «Lo so che hai bisogno dei tuoi spazi, quindi adesso vado. Ti prego solo di mangiare almeno un pochino, sei a digiuno da due giorni...»
«Lo so da quanto non mangio» rispondo secco trattandolo male. Non se lo merita, non dopo tutto quello che ha fatto per me in questi giorni e anche prima, ma in questo momento non sono in me. So di non essere giustificato a trattare così un amico, l'unico che ho oltretutto, però seriamente non riesco a ragionare. Se potessi mi prenderei a pugni per quanto sono stato stronzo, ma non posso. «E comunque ho bisogno che apri lo studio di tatuaggi...» aggiungo dirigendomi verso l'uscita e fermandomi accanto a lui.
«Perché?» domanda stupito.
«Voglio che mi togli questa stupida riga che ho sul braccio» rispondo soltanto prendendo le chiavi e uscendo di casa, aspettando che lui mi segua. «E servirà il laser.»
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«Sei sicuro, Jungkook?» mi domanda Jackson preparando tutti gli strumenti necessari alla rimozione di un tatuaggio, mentre io aspetto sul lettino con il braccio appoggiato su un cuscinetto rialzato. «Se non è un tatuaggio ti brucerà la pelle, lo sai?»
«Lo so» rispondo solamente, conoscendo alla perfezione tutti i rischi a cui sto andando in contro.
«Allora vado?» chiede posizionando il laser ancora spento, con un dito sull'interruttore per accenderlo al mio sì, il quale non tarda ad arrivare data la mia convinzione nel procedere.
Vedo il pallino del laser spuntare sulla mia pelle che improvvisamente inizia a bruciare come se si trovasse all'interno di un inceneritore. Chiudo gli occhi, stringo i denti e trattengo il respiro a causa del dolore, ma non mi muovo di un millimetro. Nel frattempo vedo ancora le immagini dei ricordi che ho con Jimin scorrermi davanti agli occhi come se avessi uno schermo di fronte; alcune sono uguali a quelle viste ieri, altre completamente diverse, ma per ultima vedo ancora quella del funerale, quella in cui Jimin mi stringe il polso talmente forte da farmi male nonostante le sue mani delicate. Che cazzo significa?, mi chiedo quando riapro gli occhi tornando con mente e corpo nella stanza dove lavora Jackson.
«Jungkook» mi chiama e io vedo le sue labbra muoversi, ma comunque sento la voce del biondo.
«Jimin?» chiamo anche io, rivivendo punto per punto la scena del giorno prima.
«Hey, amico, sono io...»
«E Jimin?» chiedo disperato con le lacrime agli occhi, alcune ancora sulle palpebre e altre già cadute lungo le mie guance incavate e pallide.
«Jungkook, lo sai...»
«N-no, io l'ho sentito...» insisto, sapendo che in realtà è impossibile. Ho avuto un'altra allucinazione, eppure il tutto sembrava così vero.
«Jungkook...» mi chiama un'altra volta e il suo volto è triste. «C'è una cosa che devo dirti» aggiunge puntando lo sguardo sul mio polso. Io lo seguo e osservo il mio braccio e la visione mi fa semplicemente venire da vomitare. Cerco di trattenere un conato portandomi la mano sinistra davanti alla bocca in modo da tappare il canale di uscita e poi guardo Jackson.
«Che cazzo è successo?» sputo arrabbiato. Non sono arrabbiato con lui, sono arrabbiato e basta. E disgustato dalla visione che mi si para davanti. Ho il braccio gonfio e pieno di bolle rosse, come se fosse stato posto all'interno di una friggitrice e si fosse ustionato a causa dell'olio bollente. «Cosa mi è successo al braccio?» domando di nuovo calmando un po' il tono, anche se la visione continua a essere orripilante.
«Io mi-mi sono fermato quasi subito» spiega Jackson balbettando. «Ha fatto quasi tutto da solo. Di colpo ha iniziato a gonfiarsi e a riempirsi di bolle e-»
«E cosa sta a significare?» domando cercando di non guardare il mio avambraccio, il quale sembra si sia appena preso la peste bubbonica.
«Non lo so... l'unica cosa che posso dire con certezza è che quella riga non è un tatuaggio.»
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Torno a casa da solo dallo studio. In realtà Jackson mi ha offerto un passaggio, ma io ho preferito camminare e respirare un po' di aria di primavera. La nausea – anche grazie all'aria fresca che ho inalato – mi è passata, ma il braccio continua a bruciare tuttora. Mi chiedo come sia possibile che sia diventato così gonfio. I tatuaggi sottostanti si sono completamente rovinati a causa del laser e del gonfiore e del rossore e delle bolle, ma di quelli poco mi importa in questo momento. Tutto ciò che voglio è far scomparire quel segno dal mio braccio e sono intenzionato a fare di tutto. Letteralmente.
Mi trovo in cucina adesso e l'idea di aprire il cassetto delle posate e di estrarne un coltello mi solletica la mente, ma prima decido di provare con della carta vetrata – che avevo comprato tempo fa per del lavori di levigazione da fare qua a casa.
Mi dirigo quindi in salotto e, non ricordando dove si trovi con esattezza, apro vari cassetti prima di scorgerla e quando la vedo mi sembra di aver appena incontrato qualcosa di meraviglioso. Lo so che è stupido, lo so che questo pezzetto di carta mi farà soltanto del male, eppure il solo pensiero di utilizzarla per raschiarmi la pelle e far andare via quella brutta riga mi dà sollievo.
Mi siedo sul divano appoggiando il braccio destro sul tavolino... il fatto di dover utilizzare la mano sinistra mi spaventa non poco perché non ho il totale controllo di quella, però sono intenzionato ad andare fino in fondo quindi afferro il pezzo di carta con la mano sul cui dorso sono ancora incise le promesse di Jimin e inizio a sfregare i piccoli pezzetti di vetro sul mio braccio.
«Cazzo!» sbotto fermandomi un attimo a causa del dolore. Forse sarebbe stato meglio assumere qualche antidolorifico o direttamente drogarmi prima di provocarmi così tanta sofferenza.
Con la mano ancora tremante e le lacrime che mi offuscano la vista, torno al mio lavoro di smerigliatura e dire che fa male è un eufemismo. Non sto sentendo dolore, sto direttamente camminando all'interno dell'inferno. Ma paragonato alla sofferenza che provo quando penso al biondo, questo non è niente. È una briciola a confronto, dico sul serio.
Prendo un bel respiro e poi trattengo tutta l'aria nei polmoni il più a lungo possibile mentre continuo a lavorare sul mio braccio per mandare via quella riga, ma tutto ciò che ottengo è la mia pelle che viene abrasa dalla carta che sta sfregando su di essa. Tutto ciò che alla fine ottengo è un rossore peggiore di quello di oggi con il laser, perché questo è rosso scuro, rosso sangue, segno che sono andato molto più a fondo dei semplici capillari che contengono il siero di color rosa.
Ma la riga è ancora lì e Cristo! se mi infastidisce. Sembra quasi che riesca a trovare la sua via attraverso la mia pelle per riemergere e mostrarsi, più fiera e scura e nitida di prima. E quindi, a questo punto, mi viene voglia di passare alle maniere forti.
Deciso come non mai, mi alzo di scatto ignorando la forte variazione di pressione e mi dirigo in cucina sulle mie gambe tremanti a causa del dolore che mi sono inflitto. Dal cassetto delle medicine frequenti tiro fuori due pasticche di un antidolorifico potente, quasi anestetico, e le mando giù a secco volendo fare il più in fretta possibile. Successivamente, come volevo fare poco fa, apro il cassetto dei coltelli e ne estraggo uno dalla lama affilata, spessa e liscia.
Mi siedo al tavolo e, come ho fatto poco prima, appoggio il braccio destro su di esso mentre impugno il coltello nell'altra mano, quella che mi ricorderà per sempre che ho avuto un marito, uno fantastico per giunta.
Prendo un respiro molto profondo, ancora più profondo di quello che ho preso quando mi sono smerigliato la pelle piena di bubboni, e poi con la mano tremante premo delicatamente il coltello sull'inizio della riga, scorrendo poi lentamente e cercando di tracciare alla perfezione quella linea nera che ancora non si decide a lasciarmi in pace. Applico sempre più pressione a mano a mano che scorro con il coltello e nonostante la vista appannata vedo rivoli di sangue che iniziano a sgorgare dalle mie vene, prima di poca portata e poi sempre più copiosi.
Nel vedere il tavolo riempirsi di quel liquido denso e scuro chiamato sangue, non riesco più a trattenere il conato di vomito che mi ha tormentato per tutto il tempo quindi mi sposto sulla sedia voltando la testa di lato e sento il mio stomaco venire attraversato da forti spasmi mentre riverso sul pavimento tutto l'alcol che ho ingerito in questi giorni e pure i due antidolorifici che ho appena preso. E quindi addio effetto.
La vista appannata non mi permette di vedere in maniera decente, ma con la mano sinistra lascio che il coltello cada nel bagno di sangue sul tavolo e poi cerco di afferrare il telefono, nonostante stia tremando come una foglia in pieno autunno. A causa della puzza e del sapore acido che mi è rimasto in bocca mi viene voglia di vomitare di nuovo e sento il mio stomaco contorcersi per farmi espellere qualche altra cosa, ma non c'è nulla. Come ha detto Jackson, non mangio da due giorni, da quando le forze vitali hanno abbandonato il corpo di quello che per me è stato, è e sempre sarà l'amore della mia vita, la luce dei miei occhi, il mio angelo custode. Semplicemente raccolgo della saliva dal sapore acido e la sputo a terra, proprio nel centro della poltiglia di alcol.
Appoggio il cellulare sul tavolo, in mezzo al sangue che continua a sgorgare e a ricoprirne la superficie lignea, e lo sblocco con il braccio ancora sano, nonostante mi ci voglia parecchio a causa della vista appannata e della mano instabile.
Dopo quelli che sembrano essere stati dei minuti interi riesco finalmente a comporre il numero dell'unica persona di cui mi posso fidare, Jackson, e quando alla fine avvio la chiamata e la metto in vivavoce appoggio la testa sul tavolo, incapace di sostenerla sul collo a causa della debolezza che sento. Sto continuando a perdere sangue, il coltello scivola a terra a causa del fiume che si è creato e che non ha intenzione di fermarsi e quando Jackson risponde tiro un sospiro di sollievo.
«Jungkook, dimmi» chiama con voce tranquilla dall'altro lato della cornetta.
«J-J-Jacks-» inizio io debolmente, insicuro che mi abbia effettivamente sentito.
«Pronto?» chiede facendomi capire che no, non ha sentito la mia voce abbandonare la mia gola che brucia ancora a causa dell'acido del vomito.
Cerco di inalare più aria possibile, sentendo i polmoni bruciare mentre il braccio pulsa vigorosamente a causa del taglio profondo, e poi, dopo essermi avvicinato al microfono del telefono, provo a parlare di nuovo: «Vieni a- prendermi» mormoro buttando fuori tutta l'aria che mi è rimasta nel corpo e riaccasciandomi sul tavolo.
«Venirti a prendere? Dove sei?»
«A casa-» dico ancora, sapendo che uno sforzo in più adesso, per quanto difficile e lancinante possa sembrare, mi risparmierà la vita nel futuro più prossimo.
«Arrivo!» esclama lui interrompendo la chiamata, ma io sono troppo debole per sentirlo. La diminuzione di sangue ha fatto alterare la mia pressione e mi ha ridotto a questo stato di debolezza fisica, restringendo anche la mia capacità visiva e uditiva.
L'unica cosa che riesco a fare è piangere, piangere per aggiungere altro liquido a quello che già ristagna sul tavolo. Piangere fino a sentire i miei occhi stanchi chiudersi, anche se non per sempre. Piangere fino a che non sento in lontananza e ovattati dei passi entrare in casa mia e, minuti dopo, il suono delle sirene spianate dell'ambulanza che si avvicinano e poi più niente. Piango fino ad addormentarmi, per poi risvegliarmi ore dopo in un ospedale con il braccio destro fasciato e una flebo infilata nel sinistro. E già che ci sono, penso che a questo punto potrei anche già raggiungere Jimin, questa volta per davvero, ma anche questa volta mi va male. Perché io rimango vivo.
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Ciao a tutti e tutte, come state?
Io di merda, sto passando quello che nessun adolescente (soprattutto se diciottenne) dovrebbe passare e sento che la mia estate sia stata completamente rovinata. Non vedo l'ora che arrivi settembre così torno a scuola, la finisco e poi mi trasferisco in Toscana.
Io spero che questa parte del capitolo vi sia piaciuta. Jungkook si sente esattamente come me in questo momento ✌🏻 e io lo uso per sfogarmi.
Vi auguro una buona domenica e un buon inizio settimana. La mia è stra impegnativa, farò un sacco di cambiamenti al mio aspetto e spero di rialzarmi un po' il morale.
Ve se ama ❤️
Alla prossima!
Words: 2473
Published: 25072021
Edited:
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