XXVIII

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capitolo 28
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We all are living in a dream,
but life ain't what it seems.
Oh, everything's a mess!

Dream, di Imagine Dragons

»»---- ★ jungkook's p.o.v. ★ ----««

Mi sveglio questa mattina con Jimin accanto a me che dorme beato; le lenzuola che si muovono candide e delicate verso l'alto e verso il basso guidate dalla sua gabbia toracica, che si espande quando inspira e si schiaccia quando succede il contrario.

Sorrido nel guardarlo e mi perdo nella visione angelica che mi si para di fronte. Senza accorgermene le mie dita sono finite tra i suoi capelli, accarezzandoglieli e sentendone la morbidezza al contatto.

Guardo l'orario sullo schermo del cellulare e noto che è davvero presto, quindi opto per non svegliarlo e alzarmi per fare qualcosa in casa. Non dico di essere uno scansa fatiche, anzi... mi piace darmi da fare e rendermi utile, ma la mattina è quasi sempre lui il primo a svegliarsi e a preparare colazione e pranzo e oggi che ho la possibilità di contraccambiare la afferro al volo, saltando giù dal letto il più delicatamente possibile e prendendo le scale per scendere in cucina e mettermi al lavoro.

Scendendo le scale avverto qualcosa di strano nell'aria, un freddo tipico della mattina, ma che solitamente non sento. Vero che mi sono alzato prima del solito perciò magari è la mia scarsa abitudine a quest'atmosfera a parlare, ma c'è comunque qualcosa di strano in giro. E me ne rendo finalmente conto quando noto che la casa è illuminata dalla luce naturale del Sole. Le tapparelle sono già tutte alzate e noto anche qualche finestra aperta. Un panico assurdo mi pervade quando ricordo che Jimin non si è ancora svegliato e che io controllo sempre tutti i serramenti prima di andare a dormire. Corro di nuovo in camera per controllare il biondo – sì, è tornato al suo colore "naturale" –, ma di lui nessuna traccia. In compenso il letto è fatto, come se nessuno questa notte ci avesse dormito.

Il mio timore non trova pace e le mie sensazioni negative trovano conferma in cucina, posto in cui mi precipito subito dopo vedendo una donna in vestaglia ai fornelli.

Ti prego, no..., penso tra me e me. Fa che non sia-, ma non faccio in tempo a finire di pensare la frase che la donna si gira verso di me, con un sorrisetto impossibile da interpretare.

«Ciao, Jungkook» dice tornando rivolta ai fornelli. «Hai fame?» domanda impiattando due uova all'occhio di bue e qualche fetta di bacon, versando poi in un bicchiere una generosa quantità di succo d'arancia; la colazione di Jimin, penso ricordandomi del pasto che ha fatto prima che tornassimo a Busan da Tokyo.

«Chi sei...?» mormoro buttando fuori il respiro, entrando cauto nella stanza. «Dov'è Jimin?»

«Stavo pensando che l'ultima volta ti ho trattato un po' male, che maleducata!» cambia argomento la donna ignorando completamente le mie domande, la seconda delle quali più importante. «Quindi ho cucinato.»

«Dov'è. Jimin?» chiedo di nuovo a denti stretti.

«Oh, tranquillo, lui sta dormendo beato nel suo letto» risponde questa volta mentre io penso a quanto sia bugiarda. Due secondi fa ho controllato e lui non c'era.

«Mi piacerebbe averti mentito, solo tu tieni a quel ragazzo» inizia e io stringo le mani a pugno a queste sue parole cariche d'odio beffardo. «Però lui sta davvero bene, per ora. Stai solo sognando, quindi hai una visione della realtà un po' distorta» spiega.

«Cosa significa che sta bene per ora?» chiedo cercando di attingere a tutto il mio autocontrollo per non saltarle addosso e farle del male.

«Credo che tu conosca la risposta a questa domanda, quindi non perdiamo tempo» replica ridacchiando maliziosa.

«Chi diamine sei?» domando desiderando con tutto il mio cuore di trovarmi vicino al cassetto dei coltelli.

Come se mi avesse letto nel pensiero apre il cassetto e tira fuori un coltello dalla lama affilatissima, puntandolo verso l'alto: «Vuoi questo, tesoro?» domanda rivolta a me.

No! Io non sono così. Che cazzo mi dice la testa? Continuo a ripetermi. Penso che Jimin abbia tirato fuori lati di me che non sapevo di avere, soprattutto questo iper-protettivo. Ucciderei per lui tanto quanto morirei.

«Non servirà a nulla morire per lui, dico davvero. Che almeno uno dei due si salvi» interviene la donna leggendomi nuovamente nel pensiero. Devo stare attento.

«Oh, sì, dovresti» ride lei. «Se nella vita reale tutti avessero il dono che ho io saresti... come dite voi giovani d'oggi? Fregato!»

«Giuro che se non-»

«"Mi dici chi sei ti faccio fuori", giusto? Ci ho preso?» domanda tutta allegra, saltellando sul posto per la felicità di aver indovinato un'altra volta cosa stavo pensando. Beh, indovina quello che sto per dire adesso, brutta-

«Il linguaggio, ragazzo mio!» mi ammonisce la vecchia strega di fronte a me. «Non posso credere che il mio dolce e puro Jiminie sia finito con un ragazzo scurrile come te» dice con ironia, come se le importasse qualcosa di Jimin. Oddio... l'ha appena chiamato il "suo Jiminie"? Questa donna è-

«La fantastica mammina! Vedi che anche tu hai questo super potere!» esclama tutta contenta, dandomi sui nervi ad ogni secondo che passa. «Sì, sono la mamma di Jimin!»

«La stessa mamma che l'ha fatto nascere e anziché crescerlo con amore l'ha sempre giudicato?!» sputo, anche se il mio tono è talmente insicuro che la frase esce fuori più come una domanda, per quanto retorica possa essere.

«Vedo che ti ha parlato bene di me» risponde beffarda, ma senza ironia nella voce, stando ad indicare che non sta scherzando; molto probabilmente ci sono delle cose che Jimin non mi ha voluto dire, cose peggiori di quelle che so.

«Vedo che sei proprio intelligente, Sherlock!» mi schernisce la madre di mio marito, quella che dovrei considerare una suocera, una seconda mamma, parte della famiglia. «Com'è allora che sei finito con quel buono a nulla di mio figlio, mi chiedo?»

«Non parlare così di lui!» grido a denti stretti facendo un passo in avanti. «Tu non lo conosci» continuo sempre più arrabbiato, incapace di trattenere un urlo pieno di collera, che scarico proprio in questo momento.

«Dimmi quello che mi vuoi dire e poi svegliami.» le impongo, ottenendo solamente il suo sguardo beffardo in risposta. «FALLO, STRONZA!» urlo ancora.

«Il mio messaggio era questo, sono sua madre. Oggi non posso dirti altro, se non di aspettare e, soprattutto, aspettarti qualsiasi cosa.»

«Cosa vuol dire?» domando arrabbiato, volendo sbarazzarmi di lei, ma non prima che mi abbia dato le spiegazioni necessarie.

«Vuol dire, tesoro» dice avvicinandosi a me mentre io continuo ad allontanarmi fino a toccare il muro e rimanere bloccato contro di esso. «Che il tuo bel maritino» continua prendendomi la mano sinistra tra le sue e portandomela davanti agli occhi per ricordarmi del "Sì, lo voglio" di Jimin «sarà presto cenere» conclude il discorso facendomi deglutire un fiotto di saliva. Sento la gola secca, il cuore che va a mille e tanta, ma dico tanta, voglia di piangere fino a rimanere disidratato per sempre e non avere più lacrime né motivi per vivere. Ma finché ci sarà Jimin, un motivo per andare avanti lo troverò sempre.

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»»---- ★ jimin's p.o.v. ★ ----««

Oggi è un giorno stupendo! Il giorno in cui finalmente prenderò la laurea e potrò definitivamente diventare un medico, anche se ancora inesperto e bisognoso di esperienza sul campo. Ma sarò pur sempre un medico!

Sono super eccitato all'idea, non ho dormito per tutta la notte per paura di non riuscire a svegliarmi in tempo per prepararmi.

Lo so che alla consegna saremo tutti in divisa scolastica, come da tradizione, ma dopo ho intenzione di portare Jungkook fuori a pranzo e dovrò essere perfetto. Lui invece non ne avrà bisogno, è già magnifico di suo senza neanche impegnarsi.

«Allora, sei pronto piccolo?» mi domanda facendo il suo ingresso in cucina e squadrandomi da capo a piedi mentre io sono intento a bere un bicchiere d'acqua fresca per rilassarmi.

«No! Sono agitato, non posso credere che questo momento sia finalmente arrivato!» rispondo sorridendo a trentadue denti, finendo poi il bicchiere e mettendolo nel lavandino per sciacquarlo e lasciarlo asciugare all'aria.

«Sappi solo che te lo sei meritato tantissimo!» replica il corvino venendo verso di me e premendo le sue labbra calde e morbide sulla mia fronte. Io avvolgo le mie braccia attorno a lui per stringerlo a me, facendo scontrare i nostri corpi in un abbraccio caloroso e pieno di affetto.

«Non vedo l'ora che siano le undici!» dico ancora tra le sue braccia e lui si allontana da me per guardarmi negli occhi.

«Presto lo saranno. E tu salirai su quel palco e dirai: "Ecco qua la mia seconda laurea, per la quale mi sono impegnato tantissimo. E ora è tutta mia!" e li farai morire di invidia» ride Jungkook.

«Certo!» esclamo ironico. Non mi interessa che gli altri mi invidino, io lo conosco il motivo per cui ho preso due lauree e spero che ognuno sia concentrato sul prioprio riconoscimento piuttosto che su quello di altri. E comunque non direi mai una frase del genere, però sto al gioco e pretendo, con molta ironia, che la dirò.

«Spaccherai, piccolo» sussurra dopo avvicinandosi al mio collo per lasciarci un lungo bacio, utilizzando anche i denti per mordicchiarmi la pelle.

«J-Jungkook... non lasciare» inizio schiarendomi la gola «s-segni» balbetto in conclusione. «Almeno per stamattina» aggiungo sentendo le sue labbra sul mio collo ampliarsi in un enorme sorriso. Lascia un ultimo bacio sulla mia pelle adesso bollente e poi intreccia le sue dita con le mie, esclamando: «Dai, andiamo a prendere questa laurea!», camminando poi insieme a me verso la porta d'ingresso.

Amo l'entusiasmo che sta mettendo in una cosa che neanche lo riguarda, in una cosa che interessa solamente me in questo momento. È questo quello che adoro di Jungkook, il suo pensare sempre agli altri, il suo voler dare tutto se stesso per me. E ovviamente tutto questo è ricambiato, perché l'amore che provo per Jungkook è uno di quelli più puri che si possano mai provare.

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Arrivati davanti a scuola, il corvino parcheggia l'auto in uno dei pochi posti liberi rimasti; ci dirigiamo verso l'ingresso ed entriamo, io con le gambe più tremanti che mai, Jungkook con la sua presa ben salda attorno alla mia vita per darmi sostegno sia emotivo che fisico.

Il personale scolastico ci indica il percorso da seguire per arrivare all'aula magna, ovvero l'enorme sala in cui verranno consegnate le lauree.

«Piccolo, adesso devi andare. Ma io sarò proprio qui, va bene?» mi domanda alludendo al fatto che devo salire sul palco e sedermi su una delle sedie disposte sopra di esso, attendendo in religioso silenzio che il mio nome venga chiamato.

«Lo so che ci sarai» rispondo sorridendo. «Ma sto comunque tremando come una foglia» aggiungo posando una mano sulla mia gamba per farla smettere.

«Cerca di pensare a qualcosa che ti rilassi» mi consiglia. «Perditi in quel mondo e presta attenzione solo al tuo nome, a quando entrerà in quel microfono per poi uscire attraverso le enormi casse.»

«Ti amo, lo giuro» dico chiudendo gli occhi per qualche secondo. Qualcosa che mi rilassi? Jungkook mi rilassa, ma allo stesso tempo il mio cuore accelera quando penso a lui e quindi non sarebbe da definirsi un vero e proprio calmante.

«Pensa alla canzone che ti ho suonato, Lifetime. Oppure a 2 Much; sono entrambe calme e tranquille» mi suggerisce. Farò come mi dice, ha ragione. Quelle canzoni, entrambe, sono la cristallizzazione del divino!

«Grazie, amore» dico abbracciandolo velocemente per non perdermi troppo in lui; più contatto evitiamo in questo momento e più mi sarà facile salire su quel palco. «Sei il migliore» aggiungo dandogli un bacio sulla guancia e lasciando che le nostre dita si sleghino. Lui prende posto nell'aula e io cammino a passo lento verso il palco.

Prendo posto su una delle seggiole pieghevoli in prima fila e, seguendo il consiglio di Jungkook, inizio a scorrere le parole della canzone che in quella magnifica serata a Tokyo ha cantato e suonato per me. Ad un certo punto sono talmente concentrato che inizio a sentirne la melodia, mentre le parole vanno avanti all'infinito, ripetendosi esattamente uguali ogni tre minuti, finché finalmente non sento esclamare: «Park Jimin!»

Mi alzo cauto, percependo ancora una sorta di lieve tremore che per fortuna è attenuato dal movimento, e passo dopo passo arrivo al leggio, dove si trova il rettore universitario con una cornice vetrata – all'interno della quale si trova il certificato di laurea – in una mano e una pergamena arrotolata nell'altra.

Me le consegna entrambi mentre il sorriso sul mio volto si fa sempre più ampio e una volta che ha le mani libere applaude insieme a tutti gli altri studenti e agli spettatori facenti parte della famiglia. Il mio sguardo incontra gli occhi di Jungkook, il quale mi manda un bacio volante e sorride ampiamente.

Il rettore si avvicina al mio orecchio e sussurra: «Complimenti Jimin, sei stato uno studente eccellente e ti sei meritato ogni parola scritta da me sulla pergamena. Mi mancherai» e alle sue parole non posso far altro che versare qualche lacrima.

Torno seduto al mio posto mentre tutto quanto, ai miei occhi, si trasforma in una festa e non vedo l'ora che la cerimonia finisca per correre verso Jungkook e saltargli in braccio per esprimergli al meglio tutta la mia contentezza.

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Dopo più di un'ora – passata fin troppo alla svelta per i miei gusti... – il rettore ha finito di chiamare i laureandi e adesso tutti abbiamo il nostro diploma in mano, insieme alla pergamena sulla quale c'è scritto un pensiero personale del preside.

Finalmente sono libero, finalmente posso lavorare e finalmente posso correre verso Jungkook e abbracciarlo. Non aspettavo altro!

«Piccolo!» esclama lui vedendomi correre nella sua direzione. «Sei stato magnifico!» commenta anche se tutto ciò che ho fatto è stato alzarmi e ricevere una cornice.

«Grazie!» rispondo tutto eccitato e su di giri a causa della contentezza. «Adesso a pranzo fuori!» esclamo siccome sono quasi le tredici e il mio stomaco sta iniziando a brontolare.

Ci giriamo insieme, ma per sbaglio vado a sbattere contro qualcuno, con il quale subito mi scuso.

«S-scusa, non volevo» dico in imbarazzo, sperando di non aver causato qualche guaio.

«Ma sei stupido?» mi risponde invece quello, con il volto rosso di rabbia. «Svegliati fuori la prossima volta e apri gli occhi!»

«T-ti ho chiesto s-scusa» balbetto nel più completo imbarazzo, diventando rosso come un peperone. Per mia fortuna mi sono truccato o a quest'ora sarei viola.

«E io ti ho detto di svegliarti» ripete il ragazzo andandosene via, senza più voltarsi indietro e lasciandomi lì a bocca aperta.

Mi volto verso Jungkook, sperando di ottenere un po' di rassicurazioni da lui, ma non c'è. Vado nel panico, giro la testa ovunque in cerca di una chioma corvina, ma qui hanno tutti lo stesso colore di capelli. Lo chiamo anche, ma senza ottenere alcun risultato.

Nella mia testa intanto continua a ripetersi una sola parola, l'ultima pronunciata da quel ragazzo prima di andarsene: "Svegliati."

Sentendo queste lettere rimbombarmi nella scatola cranica continuo a cercare Jungkook finché non mi sento afferrare un braccio da dietro, voltandomi in quella direzione.

«Jungkook!» esclamo contento di averlo trovato e mi precipito tra le sue braccia, che mi avvolgono e mi stringono a sé. Le sue labbra trovano il mio orecchio per lasciarmi un bacio delicato sul padiglione e poi sussurrarmi: «Svegliati.»

Di soprassalto apro gli occhi e alzo il petto di scatto, ritrovandomi seduto sul mio letto, la fronte imperlata di sudore freddo a causa dell'incubo.

«Hey, piccolo» mi chiama Jungkook e io mi volto verso di lui, continuando a respirare affannosamente.

«S-sono sveglio?» domando cauto, con la voce ancora impastata dal sonno e incespicandomi nelle mie stesse parole.

«Sì» risponde il corvino a bassa voce. «Perché?» domanda poi, ma io sono troppo perso nei miei pensieri per rispondere.

Quindi era tutto un sogno, non mi sono laureato. Non ho ricevuto nessuna cornice ed alcuna pergamena, non ho partecipato a nessuna cerimonia e non- insomma, io- perché l'ho sognato? Perché quello della mia laurea in Medicina deve essere sia un sogno della vita che un sogno propriamente detto? Lo so perché l'ho sognato: il mio subconscio voleva chiaramente dirmi di godermi questo momento fittizio perché nella realtà non arriverà mai. Ed è qui che i miei occhi si riempiono di lacrime e l'unica cosa che sento sono le parole di Jungkook dire: «Ti senti bene?» e le mie rispondere: «Devo lasciare l'Università!»

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Devo lasciare l'Università!

Come pronuncia questa frase, io mi sento sprofondare. Dal modo in cui si è svegliato capisco che, come me, ha fatto un incubo, ma se una volta aperti gli occhi la sua prima frase è stata "Devo lasciare l'Università" vuol dire che c'è qualcosa di molto serio che non va.

«P-perché dici così?» chiedo tremante mettendomi seduto accanto a lui, mentre gli accarezzo la schiena per tranquillizzarlo.

«Perché ho sognato che prendevo la laurea!» sbotta piangendo e raccogliendo le sue ginocchia al petto, avvolgendole con le braccia e posando la testa su di esse, versando altre lacrime calde.

«N-non capisco. Non sei tu che credi nei sogni premonitori?» domando. «L'hai sognata perché la prenderai a breve» cerco di rassicurarlo con parole calme, cercando di scacciare via dalla mia testa l'immagine di sua madre che mi tormenta il sonno.

«È diverso!» sbotta alzando la testa per guardarmi negli occhi, appoggiando adesso la guancia morbida sulle sue ginocchia. «Questo sogno non mi stava premonendo l'avvicinarsi della laurea... questo-» si interrompe per singhiozzare a causa del pianto. «Questo sogno, questo incubo» si corregge «mi stava dicendo di godermi il momento perché nella realtà non arriverà mai. Perché io morirò prima e andare all'Università è solo uno spreco di tempo e di soldi e la cosa peggiore è che è così anche tutta quanta la mia vita!» sbotta scoppiando nuovamente in lacrime.

Mi uccide vederlo così, mi uccide sapere che si sta arrendendo e odio essere io a sapere, quasi meglio di lui, che morirà a breve.

Sentirlo parlare in questo modo è una pugnalata, un colpo in pieno petto, una freccia scagliata da lontano, un proiettile lanciato ad una velocità estrema solo per colpire e uccidere all'istante. E le sue lacrime non fanno che peggiorare la situazione, essendo loro l'arma più tagliente.

Mi avvicino a lui, raccogliendo tutta la forza emotiva che ancora mi è rimasta grazie al biondo, e gli dico: «Piccolo mio, prendere quella laurea è il tuo sogno... lascia che si avveri, non arrenderti. Ti giuro, ti prometto anzi, che domani passerà e ti sarai dimenticato questo sogno orribile. Adesso parli così perché sei scosso, ma non c'è niente che tu desideri più di quella laurea e allora ti dico, ti chiedo e ti supplico, di non arrenderti. Sii forte» avvolgo un braccio attorno alla sua schiena e lo stringo a me, lasciandogli un bacio delicato sulla nuca, inebriandomi del suo profumo al cocco, e cercando di tenerlo il più stretto possibile a me per non lasciarlo andare mai.

«Io so che tu sei forte, sei più forte di queste fondamenta» aggiungo a bassa voce. «E tu ce la farai» concludo continuando ad accarezzarlo, mentre lui piange tra le mie braccia. Lui ce la farà, ce la deve fare, mento a me stesso mentre, senza farmi sentire, verso anche io qualche lacrima.

●▬▬▬▬▬๑۩ spazio autrice ۩๑▬▬▬▬▬●

Ed ecco a voi il ventottesimo capitolo della storia! Ieri ho fatto una scaletta di tutti i capitoli rimanenti, scrivendo cosa vorrei che accadesse in ognuno, e ne sono spuntati fuori ancora un BEL po'. Molto più di quelli che mi aspettavo... 😬

In ogni caso, io spero che questa full immersion nell'angst più totale (i'm a bitch, i know) vi sia piaciuta. In caso contrario, e quasi certamente sarà così, insultatemi pure per avermi rovinato questa splendida domenica uggiosa :D

Okay, sto delirando. VE SE AMA ❤️
Al prossimo capitolo, spero di pubblicarlo domani anche se inizio a lavorare nell'ufficio di mio padre (per passare anche un po' il tempo) e quindi avrò meno tempo il pomeriggio!

Luv u, ci sentiamo con il XXIX 🥺❤️

Words: 3185
Published: 04072021
Edited:

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