XXVII - quarta parte

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capitolo 27: parte 4
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»»---- ★ jimin's p.o.v. ★ ----««

Il quarto e penultimo giorno a Tokyo andiamo finalmente a vedere l'attrazione principale di questa città, soprattutto data la stagione primaverile: i ciliegi in fiore.

Arrivati al parco infatti vediamo un'immensa distesa di rosa acceso e allo stesso tempo tenue, proprio come i miei capelli; non saprei spiegare la loro colorazione, so solo che è un'immagine stupenda! Avevo visto tantissime foto, tra disegni sui manga e gli anime e internet si pensa di poter viaggiare anche stando a casa, ma la sensazione che si prova quando si vede qualcosa dal vivo è notevole, a dir poco spettacolare.

Respiro a pieni polmoni l'aria – ripulita grazia all'ingente presenza di piante che forniscono ossigeno fresco – e inalo il profumo sprigionato dal tetto di fiori rosa che si stagliano sopra e attorno a noi.

«Oh, mio Jungkook, hai visto?» domando prendendolo per mano e trascinandolo con me all'interno del parco, indicando con la mano libera la visione stupenda degli alberi in fiore.

«Sì, sono bellissimi!» commenta sorridendo e seguendomi a passo svelto, siccome sto quasi correndo a causa dell'euforia.

«Con questi colori sembra quasi di essere in una galassia» dice Jungkook e io mi ritrovo a dargli ragione, perché è vero. Questo rosa – che tende a schiarirsi laddove gli alberi sono meno fitti e a scurirsi dove la concentrazione è maggiore – ricorda quello delle galassie, solo che qua è molto più chiaro siccome la luce colpisce l'atmosfera e permette di vedere il cielo azzurro pastello contro il quale si staglia questa visione.

Ci addentriamo maggiormente nel parco, svoltando verso sinistra per continuare l'infinito e meraviglioso percorso tra la natura.

«Tu li avevi mai visti?» domando tutto d'un tratto a mio marito, riferendomi ai ciliegi.

«Sì, ma era già aprile quando sono venuto qui. A marzo è molto meglio» mi spiega, raccontandomi di come durante quel mese i fiori inizino già ad acquisire una colorazione strana. «Li ho anche tatuati, non so se li hai visti» accenna successivamente.

«Li hai sulla schiena, giusto?» tento, ricordandomi di qualche decorazione floreale presente sulla sua pelle.

«Esatto» risponde sorridendomi.

«E hai dipinto anche casa tua con quei fiori» aggiungo, conoscendo ormai quelle pareti a memoria, avendone osservato, scrutato e analizzato ogni singolo millimetro.

«Sì, sono in salotto. E comunque è casa nostra, non mia» corregge facendomi sorridere, mentre mi stringe a sé e continuiamo a percorrere la strada.

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Dopo aver girato tutto il parco in lungo e in largo decidiamo di riposarci in un bar non molto lontano dal centro.

Prendiamo posto ad un tavolino all'esterno e aspettiamo che arrivi qualcuno a chiederci l'ordine, cosa che avviene abbastanza velocemente data la sveltezza della città. Non ho mai visto nessuno correre così tanto in vita mia, eppure a Tokyo sembra che tutti abbiano fretta. Probabilmente gli unici – su milioni di persone! – che non hanno corso in questi giorni siamo io e Jungkook, che invece abbiamo camminato rilassati per tutto il tempo.

La nostra permanenza a Tokyo ci sta permettendo di scoprire sempre di più la città, ma certamente non con il nervosismo del "tutto organizzato". Ce la stiamo prendendo con molta calma, devo dire.

Dopo qualche minuto arrivano i nostri ordini: due birre Asahi, tipiche del Giappone e soprattutto della stagione, poiché prodotte con aromi naturali di ciliegia. Le birre ci arrivano in una lattina dello stesso colore degli alberi e a livello estetico è davvero bella, ma non appena viene posata sul tavolo ne verso il contenuto nel bicchiere di vetro che ci hanno portato.

Jungkook fa la stessa cosa, poiché a nessuno dei due verrebbe in mente di bere della birra in una lattina, e poi solleva in aria il bicchiere per farlo scontrare con il mio.

«A cosa brindiamo?» chiedo sorridendo, mentre guardo il corvino da dietro il bicchiere.

«A noi!» esclama in risposta. «A noi che abbiamo letteralmente conquistato questa magnifica città, solamente stando insieme» aggiunge e io non posso far altro che sorridere nel sentire quanto tenga a me e a questo viaggio che ci siamo regalati.

«Comunque lo sai che hai i capelli abbinati all'occasione?» mi domanda infilandoci le dita per spettinarmeli.

«Jungkook!» lo sgrido ridendo, prendendo subito il cellulare in mano per guardarmi attraverso la telecamera interna, sistemandoli fino a che non tornano come prima.

«Vorrei dirti che a volte dimentico quanto tu sia vanitoso, ma facendo così me lo rendi impossibile» mi prende in giro il corvino e da me riceve uno dei miei più ampi sorrisi, perché amo vedere come ci prendiamo in giro rimanendo sempre però rispettosi, amo come scherziamo l'uno con l'altro senza offenderci mai. Amo tutto quello che faccio con lui perché è proprio lui a farmelo amare.

«Non dirmi che non ti piace quando mi metto in tiro» replico io sorridendo e sorseggiando un altro po' della mia bevanda.

«Non farmi pensare a te messo "in tiro" nel bel mezzo di Tokyo... oppure ti porto subito in albergo e ti faccio davvero mettere "in tiro"» ribatte lui.

«Uh, che spinto!» fingo di stupirmi, ma in realtà adoro questo lato sempre meno timido del corvino. Mi ricorda me quando ero ancora inesperto e poi sono diventato quello che sono oggi, sono diventato quello che a letto farebbe di tutto, anche le cose più indicibili. «Sai, ti credevo un bravo ragazzo» continuo bevendo ancora un sorso.

«Beh, ci sono ancora tante cose che non sai di me. Davvero, davvero, tante» risponde riportando alla memoria la nostra prima notte insieme, la stessa notte che ha unito due cuori sigillandone il rapporto eterno.

«E io vorrei conoscerle tutte prima o poi» rispondo io sorridendo, ricordandomi ogni singolo particolare di quella nottata, ogni parola e ogni suono usciti dalle nostre labbra, ogni nostra azione compiuta. Tutto quanto.

«Tutte?» domanda sporgendosi verso di me, mentre una sua mano si posa sulla mia coscia.

«T-tutte» balbetto sperando che quella mano resti ferma lì. C'è già abbastanza tensione sessuale a questo tavolo, non serve provocarne altra.

Ma parlando di tensione, a distogliere me e il corvino da questa magnifica conversazione avvenuta per la seconda volta è un ragazzo dalla voce fin troppo familiare che chiama il mio nome: «J-Jimin...?»

Volto lo sguardo in direzione della voce e vedo Jungkook fare lo stesso, curioso tanto quanto me.

Non mi ci vuole niente a riconoscere il volto della persona a cui apparteneva il suono del mio nome. «T-Taehyung...» rispondo, guadagnandomi lo sguardo sempre più incuriosito di Jungkook.

«Ciao! Che ci fai in Giappone?» domanda poi il ragazzo dai capelli verdi, ancora in piedi davanti a me.

«I-io...» mormoro indistintamente.

«Jimin?» mi chiama Jungkook, probabilmente bisognoso di spiegazioni, ma in questo momento fatico un po' a parlare. Il mio cervello sta ancora cercando di elaborare quello che sta succedendo attorno a me.

«Scusa!» esclama subito il verde rivolto a mio marito. «Che stupido, non mi sono neanche presentato. Mi chiamo Kim Taehyung» dice inchinandosi leggermente. «Sono-» cerca di dire, ma in questo esatto momento mi torna la voce e parlo al posto suo: «Il mio ex» sputo secco, non volendo che Jungkook veda queste parole uscire da qualche altra bocca.

«E-esatto» conferma Taehyung, un po' esitante e meravigliato dalla mia reazione.

«V-vuoi sederti?» domando al verde senza neanche chiedere a mio marito cosa ne pensi. Ad essere del tutto onesto non l'ho chiesto neanche a me stesso, è stata la mia bocca a parlare, a fare il casino.

«Sicuro che non disturbo?» domanda e questa è la seconda chance che ho per mandarlo via, a costo di fare una figura pessima; non voglio mettere Jungkook a disagio, è l'ultimo dei miei desideri, eppure le mie labbra si muovono ancora a formare un: «No», dopo il quale il ragazzo prende una sedia da un tavolo libero vicino e si siede con noi.

«Io sono Jungkook» parla mio marito, per la prima volta da quando mi ha chiamato per chiedermi spiegazioni, che non gli sono bastate stando a quanto posso capire dalla tensione che sento e vedo nei suoi muscoli contratti. «È un piacere anche per me fare la tua conoscenza» aggiunge, ma io lo conosco troppo bene per capire che non crede in neanche mezza parola che ha pronunciato. Ed è strano, perché di solito lui le parole le pesa e se deve mentire per cortesia sicuramente non fa così tanto lo smielato, ma si limita al minimo indispensabile.

«Sei un amico di Jimin?» domanda Taehyung mostrando il suo fantastico sorriso quadrato che tanto ero abituato a vedere come una costante nella mia vita, un tempo.

«Sono suo-»

«Marito» interrompo ancora. Non ne conosco il motivo, so solo che dovevo essere io a dirlo.

«C-che?!» esclama il verde. «Ti sei sposato?» domanda rivolgendosi a me, distogliendo completamente l'attenzione da Jungkook.

«S-sì» balbetto mostrandogli la mano sinistra, che subito lui osserva con stupore.

«Cavolo...» sussurra. «Beh, sono molto felice per te. Per entrambi, intendo» dice un po' impacciato, ma sempre con il suo solito sorriso quadrato che tanto amavo. Nei suoi occhi però non riconosco sincerità, o meglio... è una sincerità nostalgica, forzata. Scorgo anche un pizzico di risentimento in quei due opali color caramello.

«Grazie» risponde Jungkook con un sorriso un po' beffardo, mentre io annuisco per far capire che penso la stessa cosa, accennando ad un sorrisetto timido.

«Anche tu studi, Jungkook?» domanda poi Taehyung che da sempre è stato un ragazzo molto curioso e che facilmente attacca bottone con le persone.

«Sì, vado alla stessa Università di Jimin. Ci siamo conosciuti lì» risponde, evitando di specificare la ragione per cui o il modo in cui ci siamo incontrati.

«Due medici in famiglia, quindi?»

«Oh, nono, io seguo Lettere» replica il corvino e mentre loro chiacchierano – Jungkook carico di tensione — io mi perdo nei miei pensieri.

Taehyung non è cambiato di una virgola, tranne che per il colore di capelli che cambia ogni due mesi. Per il resto è davvero rimasto lo stesso, sia per quanto riguarda l'aspetto fisico – forse è un po' dimagrito e, a giudicare dall'aderenza della sua maglietta, ha fatto palestra! – sia rispetto al modo di porsi. Sempre gentile e solare con chiunque. Era questo che mi piaceva di Taehyung, quello di cui mi ero innamorato... perché sì: lo amavo; l'ho amato davvero tanto. Amavo svegliarmi accanto a lui, amavo ritrovarmelo di colpo sotto le coperte insieme a me mentre mi faceva provare sensazioni mai conosciute prima, amavo quando mi prendeva tra le sue braccia e mi faceva sentire giusto. Eppure il suo amore non era abbastanza, perché nel momento in cui gli ho detto del mio problema ha smesso di farmi sentire così tanto giusto. Aveva paura, più paura di me che dovevo morire ed effettivamente ha senso. Io un giorno chiuderò gli occhi per sempre e la persona che ho amato e dalla quale sono stato amato dovrà svegliarsi tutti giorni senza qualcuno al suo fianco.

«J-Jimin, ti senti bene?» sento Jungkook chiamarmi con voce ovattata e mi risveglio soltanto quando sento la sua mano posarsi, delicata come una farfalla, sulla mia spalla.

Solo quando lo guardo negli occhi e riacquisto piena coscienza di me mi accorgo che mentre ero perso nei miei pensieri ho versato qualche lacrima.

«C-cosa?» chiedo affinché mi venga ripetuta la domanda alla quale non avevo prestato particolare attenzione.

«Va tutto bene?» domanda di nuovo e io annuisco, asciugandomi le lacrime con i polsi.

«F-forse... forse io d-dovrei andare» balbetta Taehyung impacciandosi nelle sue parole. Nessuno dei due risponde, anche se capisco da come Jungkook si muove che la pensa come me; ed entrambi pensiamo che sia una buona idea.

«Stammi bene, Jimin» mi dice dandomi una pacca sulla spalla, quella opposta a dove il corvino mi ha toccato prima. Guardo per un'ultima volta il suo sorriso quadrato con gli occhi che ancora mi luccicano, mentre le mie labbra si incurvano in un sorriso appena accennato.

«Felice di averti conosciuto, Jungkook. Jimin è un ragazzo fortunato» gli dice stringendogli la mano e sorridendogli, ricambiato da mio marito che fa la stessa cosa.

«Sono molto fortunato anche io» proferisce Jungkook facendo fare una capriola al mio stomaco, una di quelle che ad una gara di ginnastica artistica verrebbe valutata con un punteggio pieno: peccato che nessuno l'abbia vista.

«Oh, fidati... lo so» risponde solamente il verde alzandosi in piedi e andandosene.

Se n'è andato, di nuovo. Ora sono sposato quindi ovviamente non avrei mai voluto che restasse, ma vederlo uscire dalla mia vita un'altra volta ha fatto male. Non provo più nulla per lui, se non un bene che non si può cancellare, però ha fatto malissimo. Mi sento come se fossi stato pugnalato alle spalle dal mio migliore amico.

«Stai bene?» chiede Jungkook mentre io cerco di elaborare una risposta convincente.

«Sì» è tutto ciò che riesco a dire. Una bugia di due lettere e una sola sillaba. Per fortuna c'è almeno l'accento a metterci un po' di sostanza, penso ironico.

«Lo sai che non sei capace di mentirmi» insiste il corvino calmo. Mi chiedo cosa stia provando lui in questo momento, che impressione gli abbia fatto il ragazzo che prima di lui ha fatto parte della mia vita e che ne è uscito un anno dopo. Un anno. Mi chiedo, in caso di buona prima impressione, se l'opinione che si è fatto di lui cambierebbe se sapesse quest'ultima cosa.

«Lo so, è che-» cerco di spiegarmi, ingarbugliandomi con le parole. «È difficile dire come mi sono sentito, è difficile persino capirlo...»

«Ti ha fatto piacere?» prova ad aiutarmi.

«Non lo so, può darsi. Un pochino, magari...» rispondo sperando che non se la prenda troppo.

«Qualcosa ti ha scosso e io voglio cercare di aiutarti» dice tornando con la mano sulla mia coscia, a metà tra il ginocchio e il mio punto sensibile. «Ma non posso farlo se non sei onesto» conclude e le sue parole sembrano quasi un'accusa, come se io gli stessi tenendo nascosto chissà quale segreto. Tuttavia so che le sta dicendo solo per aiutarmi e quindi rispondo il più onestamente possibile: «È che mi ha fatto male. Rivederlo e guardarlo andare via, ancora una volta...» dico trattenendo una lacrima.

«Provi ancora qualcosa?» chiede poi, cercando di non raffreddare troppo il tono anche se noto un cambiamento abbastanza netto di voce.

«No!» esclamo immediatamente, senza pensarci neanche per un secondo e a questa mia reazione spontanea lo vedo rilassarsi, avendo capito che non ho avuto il tempo di mentire e che perciò devo aver per forza dichiarato il vero.

«Ti manca?» chiede ancora.

«No, Jungkook, nulla di tutto questo; solo quello che ti ho detto. Quel ragazzo è entrato nella mia vita, mi ha fatto innamorare, sono stato bene... e poi è scappato via. Come potrei amarlo ancora? Come potrebbe mancarmi qualcuno che ha avuto paura di lottare per me? Per entrambi, anzi... quindi no, non lo amo più né mi manca. Semplicemente mi rimane un bellissimo ricordo e vederlo andare via di nuovo ha riaperto una ferita che si stava cicatrizzando da tempo» spiego cercando le parole giuste, prendendo esempio – per una volta – dal ragazzo di fronte a me.

«Capisco...» dice solamente e per qualche secondo c'è solo silenzio. Poi: «Grazie per essere stato sincero, piccolo» aggiunge sporgendosi verso di me e prendendomi la mano sinistra con la sua, facendo unire i nostri tatuaggi.

«Li vedi questi pezzi d'inchiostro?» dico solleticandogli le nocche con i polpastrelli della mano ancora libera. «Questi sono la prova che io appartengo a te. Quello che è successo prima del nove novembre non mi interessa più, non ha più alcun effetto sulla mia vita. Ora ci sei solamente tu e ce l'ho tatuato addosso» spiego, avendo finalmente riacquistato la capacità compositiva delle frasi.

«Scusa se ti ho fatto tutte quelle domande...» mormora lui baciando le mie nocche e l'anulare, tracciando le linee con le labbra mentre parla. «È che anche a me questo, a volte, pare tutto un sogno e... ho paura di tutto. Ho paura di qualsiasi cosa possa portarti via da me» continua appoggiando la fronte sul dorso delle mie dita, tenendo la mia mano fra le sue.

«Jungkook...» chiamo solamente, versando una lacrima alle sue parole. «Amore, nessuno mi porterà via da te» lo rassicuro, cercando di non pensare alla mia malattia.

«Taehyung fa parte del passato. Ha avuto la sua occasione, è scappato, ho sofferto. Mi sono rialzato e ho incontrato te. E non avrei potuto chiedere di meglio» aggiungo, accarezzandogli la schiena con la mano che non tiene intrappolata nella sua stretta così debole e bisognosa di rassicurazioni.

«Ti amo, Kookie» mormoro avvicinandomi a lui e dandogli un bacio sulla guancia.

«Ti amo anche io, piccolo» replica prendendomi tra le sue braccia per sentirmi vicino. «Non permettermi di perderti» dice ancora e adesso ha iniziato a piangere. Io stringo di più la mia presa attorno a lui, cercando di dargli più consolazione e rassicurazioni possibili.

«Ssh, amore, non mi perderai» mento. «Sarò sempre con te» mento ancora e lui mi abbraccia. Mi abbraccia così forte, forse per tenere insieme i pezzi, ma ormai sono rotto dal centro; e sebbene nell'Universo esistono minuscole probabilità che si ricomponga un uovo rotto, queste non esistono per la mia anima. Perché ad ogni bugia che dirò a Jungkook da oggi in poi, questa si sgretolerà pezzo per pezzo fino a che di me non rimarrà più nulla; solo un corpo morto che presto diventerà cenere.

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Okay, questo capitolo l'ho scritto ieri notte andando a letto alle 7:00 di mattina 😇
Non so che cazzo sia preso alla mia testa per farlo finire con questo angst, era anche partito stra bene...
Taehyung di solito lo amo, è un cucciolone ciao, ma in questa storia che impressione vi ha fatto?

Come al solito spero che il capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere tutte le vostre impressioni, sia in positivo per la prima parte che in negativo (insultatemi pure, vi capirò) per il finale.

Io ieri ho fatto il vaccino, Pfizer, e ora mi fa malino il braccio. Ghiaccio, vieni a me! Voi vi siete vaccinati/e?

Ve se ama, sempre! ❤️
Al prossimo capitolo!!!
Spero di riuscire a postarlo per il 2 Luglio, giorno del mio compleanno, in modo da fare un regalo sia a me stessa che a voi! ❤️❤️❤️

Words: 2878
Published: 30062021
Edited:

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