VIII

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capitolo 08
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Esco dalla casa di quell'essere orribile e imposto i miei passi ad un ritmo veloce, anche se le mie gambe stanno tremando come foglie. Quasi fuori dal cancellino, quando sto ormai per svoltare il vialetto e andarmene da questo posto, sento la sua voce terrorizzante e rivoltante dire: «Alla prossima, belle labbra» e anche se non mi giro per ricambiare il saluto posso dire con certezza che stia sghignazzando.

Evitando categoricamente di voltarmi indietro, mi incammino fulmineo verso il Campus, devo raggiungere il mio dormitorio il più presto possibile e poi andare a vomitare tutto lo schifo che ho ingerito. Senza neanche accorgermene mi metto addirittura a correre, mentre le lacrime salate e piene di vergogna che ho trattenuto per tutto quel tempo iniziano a scorrermi lungo le guance, e raggiungo in poco tempo il giardino dell'ateneo. La cosa più orribile non è neanche quello che mi ha fatto, ma come io mi stia sentendo adesso: mi sento sporco pur essendo ben consapevole che quello che è successo non sia stata colpa mia. È un crimine in cui la vittima si sente sempre il colpevole, quando in realtà l'unico responsabile è quel bastardo di Taewon e i suoi tre "amici" che si sono divertiti con lui, coprendolo e appoggiandolo nel suo reato.

Un riflesso di vomito si fa sentire lungo il mio esofago appena il suo nome mi entra in testa, e chiudo gli occhi mentre corro verso l'entrata dell'edificio in cui mi sto per chiudere e dal quale non voglio uscire per un bel po'. Lo trattengo a fatica, rimandandolo giù, mentre continuo a correre fino a scontrarmi con qualcuno. Le mie gambe, già fatte di gelatina, si sciolgono all'istante... ma allora perché sono ancora in piedi?

«Jimin?» mi chiama la persona contro la quale sono finito e ne riconosco immediatamente la voce, morbida e calda, rauca e rasserenante. I miei muscoli si rilassano all'istante, soprattutto sotto il suo tocco: infatti le sue mani mi hanno afferrato per le braccia per non farmi cadere. «Hey, perché piangi?» mi chiede con la voce triste e preoccupata.

Non ho neanche bisogno di aprire gli occhi per guardarlo; mi fiondo direttamente tra le sue braccia fidandomi di lui, pensando solo per un momento a come si sarebbe svolta la giornata se solo l'avessi incontrato prima. Sicuramente non sarebbe andata così. Senza farmi altre domande, che al momento potrebbero risultare scomode, ricambia l'abbraccio facendomi sentire finalmente protetto e al sicuro. Dov'eri un'ora fa?, penso mentre le lacrime continuano a scendere. Tiro su col naso e premo la testa contro il suo petto, sentendo il suo battito cardiaco accelerato – fortunato... – e asciugandomi gli occhi contro la sua felpa nera extra large, che percepisco come morbida e al lieve odore di nicotina, segno che si è da poco martoriato i polmoni con quelle bambole assassine.

Vorrei stare in questa posizione per sempre, ma mi torna l'istinto di vomitare e quindi mi stacco all'istante da lui, cercando di trattenermi il più possibile. E ci riesco benissimo appena i miei occhi si posano su di lui, che sembra brillare di luce divina e inoltre è... è biondo. Per poco non svengo davvero a questa visione e penso di essergli rimasto di fronte a bocca aperta come un pesce fuor d'acqua.

«Cosa c'è?» chiede ridacchiando, vedendo che la mia espressione è completamente cambiata.

«I tuoi c-capelli...» mormoro e lui sposta un braccio da me, facendomi perdere il calore che mi stava diffondendo, per passarsi una mano in mezzo alla nuova chioma. Questa ci passa così facilmente che i capelli sembrano fatti di seta e trattengo a fatica l'istinto di toccarglieli, limitandomi a commentare con un semplice: «Sono stupendi.»

«Grazie» risponde lui in un ampio sorriso che mostra i suoi denti da coniglietto. «Perché piangevi?» mi domanda riportandomi i ricordi spiacevoli di poco fa; non so come, ma per qualche secondo ero riuscito a dimenticarmi di quel bastardo grazie a Jungkook e ora, sempre a causa sua, mi è tornato in mente.

«Niente di che, tranquillo» svio per non raccontargli quello che mi è successo. Non posso, non voglio che si metta nei guai per me. Anche se forse non arriverà mai a quel punto e mi ha difeso da Taewon perché era da solo; non vorrei sapere se mi aiuterebbe vedendosi davanti i suoi sgherri. E poi ci conosciamo da appena un giorno, non rischierebbe mai così tanto per me. Vero? Tutti questi dubbi mi fanno tornare la nausea. Ho definitivamente bisogno di vomitare e non mi calmerò finché non l'avrò fatto. «Adesso devo andare, mi dispiace» aggiungo vedendo la sua espressione sorridente diventare triste. I suoi denti vengono nascosti dalle labbra mentre il suo sorriso sparisce e mi dispiace vederlo così, mi fa sentire in colpa, però non sarei per niente di compagnia in questo momento. Ho solo bisogno di chiudermi dentro la mia stanza e studiare: è l'unico modo che ho per smettere di pensare. Libererò il mio stomaco dallo schifo e poi ficcherò la testa tra le pagine dei libri di Medicina. L'unica cosa negativa della mia materia preferita è che non ti insegna come curare gli stronzi pieni di sé che pensano di poter fare tutto quello che hanno voglia con il corpo e con la mente di una persona solo perché questa ha un debito monetario con loro.

Assalito dai sensi di colpa verso Jungkook, gli dico soltanto: «Vediamoci alle venti in caffetteria, va bene?» e vedo una scintilla illuminare i suoi occhi; la cosa mi rende molto felice, o almeno... mi tira un po' su.

«Va bene, ci sarò!»

«Bene. Scusa ancora, ma devo davvero andare» concludo voltandomi e camminando verso i dormitori dell'Università, pensando che stasera dobbiamo per forza scambiarci il numero di telefono, perché non possiamo continuare a incontrarci casualmente per i corridoi o per le strade che passano per il Campus.

Arrivato davanti alla porta della mia stanza inizio a sperare con tutto me stesso che il mio "coinquilino" non sia in camera in questo momento; non perché sia antipatico o non andiamo d'accordo... ma ho davvero tanto bisogno di un po' di spazio per me stesso. Passo quindi la carta magnetica sull'apparecchio che fa scattare la serratura della porta ed entro, fortunatamente senza trovare nessuno nell'ambiente. Mi assicuro che la porta sia chiusa per bene e senza pensarci ulteriormente getto tutte le mie cose sul mio letto e, con le gambe che stanno tornando molli come gelatina, corro verso il bagno, riuscendo finalmente a rimettere tutto lo schifo che mi sono portato dentro per questo breve periodo.

Quando alla fine sento di essermi svuotato lo stomaco di qualsiasi cosa e di non avere più nulla da buttare fuori, con gli occhi lucidi e la vista offuscata prendo in mano un fazzoletto per asciugarmi gli occhi e un altro per pulirmi gli angoli della bocca. Successivamente me la sciacquo con dell'acqua presa dal lavandino, la quale mi lascia un forte sapore di calcare sulla lingua, e mi preparo questo benedetto caffè, quello di cui avrei avuto bisogno molto prima, ma che quel cane mi ha impedito di prendere. Faccio scivolare la sostanza calda e scura lungo la gola, sentendo subito una forte sensazione di calore diffondersi in tutto il corpo, percependo subito il mio battito cardiaco accelerare leggermente a causa delle sostanze stimolanti contenute nella bevanda. Sarà che mi aumenta leggermente l'ansia e che il caffè non è una soluzione – non in confronto alle medicine, almeno –, ma ogni volta che ne bevo una tazza mi sento rinascere. Come se la mia perenne stanchezza se ne andasse a fanculo per qualche ora e io potessi finalmente vivere la vita per come lo vorrei. Non vivrò mai la vita per quello che voglio, è già tanto se vivrò ancora a lungo, ma quando mi sento rinato vedo tutto quanto sotto una prospettiva diversa; come se anche io, seppure piccolo come sono, contassi davvero qualcosa in questo fottuto, enorme e ingiusto Universo. Un Universo che non guarda in faccia a nessuno, che prende gente a caso e la mette nel lusso e altrettanta gente a caso e la riempie di sfortune... l'unica cosa bella che mi sia capitata nella vita finora è Jungkook, nient'altro. E l'ho incontrato assolutamente per caso mentre stavo per essere fatto a pezzi da quel pezzo di... sento bussare alla porta. Il mio compagno di stanza avrà nuovamente dimenticato le chiavi...

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(separatore)
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»»---- ★ jungkook's p.o.v. ★ ----««

So che Jimin mi ha detto che ci saremmo visti stasera, ma non posso togliermi dalla testa l'immagine di lui che si mette a piangere tra le mie braccia; continua a tormentarmi e ancora adesso mi chiedo il perché stesse piangendo e il perché sia scappato via in quel modo. Forse si è sentito in imbarazzo perché l'ho visto in un momento no? Ha appena scoperto qualcosa di ancora più grave rispetto al suo presunto problema? Con questi dubbi in testa decido quindi di andare a casa a farmi una doccia per togliermi di dosso l'odore di fumo e per sciogliere la tensione sotto l'acqua bollente e, incapace di aspettare le venti di questa sera, decido di andare da lui ora. Jimin è quanto di più bello mi sia capitato da ventitré anni a questa parte – e io ho ventitré anni –, non lascerò che soffra senza potergli stare anche un minimo accanto.

Ritrovo quindi il numero della sua stanza e, sistemandomi per l'ultima volta i capelli adesso biondi, busso alla porta, attendendo e sperando di ricevere una risposta dall'altra parte. Tiro un sospiro di sollievo quando sento un rumore di passi farsi sempre più forte e vedo la maniglia che si abbassa sotto la pressione esercitata dalla mano di Jimin.

«Tieni Kim, ecco la chia-» allunga un braccio con in mano una carta magnetica, ma lo blocca a metà strada quando mi vede; la sua espressione diventa stupita e rimane a bocca aperta.

«Sbagliato persona» dico sorridendo per sdrammatizzare la situazione. Lui ritorna in una posizione normale con il braccio steso lungo il fianco e posa la carta magnetica sulla scrivania.

«J-Ju... ci-ciao, che-che ci fai qui?» dice balbettando ogni singola parola. Forse l'ho preso alla sprovvista... beh, d'altro canto mi aveva esplicitamente detto che ci saremmo visti più tardi, perciò posso capire come si senta.

«Sono venuto a vedere come stavi... scusami davvero se ti ho disturbato, ma non ce la facevo ad aspettare fino a stasera.»

«Oh...» sospira mentre noto il rosa pallido sulle sue guance intensificarsi fino a diventare di un rosso tenue. «Beh, grazie, ma non dovevi disturbarti» aggiunge trattenendo a stento un sorriso che però riesco a vedere.

«Sì che dovevo!» esclamo. «Mi sei letteralmente finito addosso piangendo e poi sei scappato via... come stai?»

«Beh...» inizia a parlare scostandosi dalla porta per permettermi di entrare. Con un gesto gli chiedo di potermi sedere su uno dei due letti e lui annuisce per poi riprendere il discorso: «Diciamo che è stata una giornata pesante...» minimizza sedendosi sull'altro letto.

«Ne vuoi parlare?» domando perché lo vorrei davvero aiutare, vorrei essere la sua valvola di sfogo, ma non posso farlo se mi tiene all'oscuro di quello che gli succede. Ci siamo conosciuti ieri e già sento che possiamo essere qualcosa di forte... di speciale. Dobbiamo solo lasciarci andare, entrambi.

«Un semplice esame di Medicina andato male...» mi risponde a testa bassa e io lo fisso finché non mi faccio scappare una risata, incapace di trattenermi, guadagnandomi un'occhiataccia da parte sua.

«Non c'è niente da ridere...» mi dice offeso.

«Dai, non potrà essere solo quello» cerco di insistere.

«E invece sì!» sbotta scaldandosi e facendomi tornare serio all'istante. Nei suoi occhi vedo dei grossi lucciconi e immediatamente realizzo quanto io sia stato stupido. Magari per lui quell'esame era davvero molto importante e io ho continuato a dirgli tutto il contrario... che cretino!

«Okay, okay, scusa... non pensavo ci tenessi così tanto. Mi dispiace...» mi scuso serio e lui si asciuga gli occhi con la manica di una felpa che lo fa sembrare così piccolo e tenero.

«Non fa niente. Lo ridarò il prima possibile...» mormora in un sussurro osservandosi le mani, posate sul suo grembo mentre giocherellano l'una con l'altra. Mi fa così tanta tenerezza che mi viene l'istinto di alzarmi e di sedermi accanto a lui, solo per circondargli le spalle con le braccia e tirarlo a me in un caldo abbraccio, sperando di riuscire a trasmettergli tutto quello che voglio dirgli, e cioè che io sono qua per lui se ne ha bisogno, che può contare su di me e che non rifarò più l'errore di ridere quando mi dirà che un esame gli è andato male – auspicando che non gliene vada male nessun altro, ovviamente.

Il biondo – beh, ora in realtà lo siamo tutti e due, ma poco importa – si lascia cullare tra le mie braccia e posso percepire la tensione nei suoi muscoli sciogliersi sempre di più ad ogni secondo che passa.

«Jimin?» lo chiamo senza allentare la presa delle mie braccia attorno a lui.

«Mh?» risponde solo.

«Mi prometti che era solo per l'esame andato male?» chiedo, perché ho bisogno di sentirmelo dire ancora un'ultima volta prima di convincermi che per davvero stesse piangendo solo per quello. Da parte sua c'è qualche attimo di esitazione, attimo che sembra durare un'infinità, ma alla fine risponde: «Te lo prometto.»

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Ecco a voi il capitolo ottavo di Tattooed Heart, forse uno degli aggiornamenti più veloci di questa storia siccome sono passati solo cinque giorni dall'ultimo!

Beh, come al solito spero che vi sia piaciuto! In caso vi chiedo di farmelo sapere con una stellina o un commento, oppure anche niente se non volete. Diciamo che un questo modo almeno lasciate un segno del vostro passaggio da queste parti.

With this said, io ve lascio. VE SE AMA!

Words: 2216
Published: 16012021
Edited:

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