Routine
La sveglia al mattino non era per niente delle migliori. La voce squillante di Noè interrompeva il sonno, già pecario, del corvino, anche se, doveva ammetterlo, spesso gli era riconoscente per questo. Sovente, infatti, i sogni dell'umano erano tormentati da incubi di un passato ancora avvolto nella nebbia più totale, così fitta che non permetteva nemmeno di vedere i propri piedi.
Le palpebre ancora pesanti dal sonno si aprirono lentamente, lasciando libera vista ai suoi occhi. Il viso infantile dell'albino dagli occhi vermigli faceva capolino dal lato del letto non bloccato dal muro.
<<Forza Signor Vanitas, è tardi!>> esordì Noè con un'incredibile vitalità. Vanitas, si chiedeva ogni santa volta come facesse ad essere così energico di prima mattina.
Il suo sguardo vagò in tutta la stanza dalle pareti color della notte, fino ad arrivare al comodino, semi-nascosto dal bacino di Noè. La sveglia segnava un orario ben preciso, ma il corvino riusciva vedere solamente i minuti "... :07", richiuse gli occhi e si girò dalla parte opposta.
<<Muovetevi! Non ho voglia di arrivare in ritardo per colpa vostra, Dtt. Vanitas>> disse, marcando per bene l'ultima parte e aggiungendoci una leggera nota d'ironia. Vanitas, dal canto suo, sapeva che quando il coinquilino diceva così significava che aveva almeno altri 10 minuti.
Esattamente dieci minuti dopo, quello che sembrava un cadavere ambulante era sceso di sotto, appoggiato con la fronte allo stipite della porta scorrevole della cucina e le braccia penzolanti. Un sonoro sbadiglio fece voltare un Noè intento a prendere il pacco di biscotti al cioccolato dalla piccola dispensa sopra il lavandino.
<<Buongiorno, Signor Vanitas!>> disse allegro l'albino, sorridendo dolcemente all'altro.
Vanitas spostò i suoi occhi dall'iride blu da Noè al tavolo, dove una tazzina gialla stracolma di caffè fumante lo stava aspettando.
Gialla... -penso Vanitas- Gialla... Lunedì! Concluse. Noè era un genio a volte. Vanitas aveva un grande problema: non sapeva in che giorno viveva. Perciò Noè si era inventato un modo veloce e semplice, e sotto alcuni aspetti anche tenero, per aiutare la difficoltosa e ardua impresa del suo coinquilino: capire quando vive.
Vanitas, tornando sulla terra dai suoi pensieri, lanciò un'occhiataccia a Noè.
<<Quante volte ti ho già detto di darmi del "tu". Non sopporto quando mi chiami dandomi del "voi!>> concluse sedendosi a tavola davanti alla tazzina del lunedì.
Ancora più nel mondo dei sogni che sulla terra prese la tazzina, ignorando i poveri biscotti che c'erano sul tavolo e bevandola in un solo sorso. Era amaro, come piaceva a lui. Una volta Noè aveva provato a metterci un granello di zucchero e lui se n'era accorto subito. Non era un grande amante dei dolci, preferiva le cose amare.
<<Allora, quali sono gli impegni di oggi?>> chiese con voce strascicata.
<<Brigit Koch. Una giovane donna di origini tedesche, ventisette anni. Ha riscontrato quelli che sembrano i sintomi di un maledetto>> rispose prontamente Noè, ormai abituato a questo tipo di domande. <<Abita vicino alla pasticceria Nuit. Ci ha contattati ieri>> concluse, posando i piatti nel mobile vicino.
Senza dire una parola, se non un mugugno incomprensibile, Vanitas si alzò dirigendosi verso la sua stanza. Aprì l'armadio e rimase circa dieci minuti a scegliere l'abito da indossare.
<<Sono tutti uguali, Vanitas. Non puoi metterci ogni volta venti minuti a scegliere!>> la voce del coinquilino lo fece sobbalzare. Si voltò con calma verso la porta e gli lanciò l'ennesima occhiataccia.
<<Come fai a non capire? La sfumatura dei colori è diversa! E poi, questo -disse prendendo la manica di uno dei completi- ha la cravatta, mentre questo -e ne prese un'altra- no!>> alzò un sopracciglio, scocciato di dover fare ogni mattina lo stesso discorso.
Anche l'altro alzò un sopracciglio, ma più per scetticismo e autoconsolazione.
<<Beh, in ogni caso muoviti, siamo in ritardo>> e indicò la sveglia sul comodino.
"10:16"
Gli occhi blu di Vanitas si spalancarono. L'appuntamento era alle 10.00.
<<Perché non mi hai svegliato prima?!>> urlò, correndo nel piccolo bagno privato della stanza.
<<Ci ho provato, ma ti sei svegliato solo quando a sveglia ha segnato le 10.00. Il tuo cervello è per caso settato per non sentire nulla prima delle 10.00?>> chiese retoricamente.
Non sopraggiunse risposta dal bagno, per cui Noè uscì dalla stanza blu e si diresse nella sua.
Le pareti cremisi e i mobili bianchi avevano il loro fascino. Si notava la netta differenza con la stanza di Vanitas. Si sedette sul letto e lo sguardo ricadde su una vecchia foto, scattata quando era ancora piccolo e a casa del Maestro. Ritraeva lui, Domi e Louis. Uno strano senso di oppressione e malinconia gli permette sul petto e gli occhi iniziarono a pungere. Ma non ebbe il tempo per demoralizzarsi che Vanitas stava bussando alla porta.
<<Muoviti!>> disse spazientito dal lato opposto della porta.
<<Arrivo!>> disse lasciandosi alle spalle la foto e uscendo di corsa, subito dietro Vanitas.
<<Certo che il tempismo con cui la signorina Brigit si è trasformata completamente in maledetto è stato stupefacente. Appena abbiamo messo piede dentro la stanza quella ragazza ha cacciato un urlo mostruoso e ci è saltata addosso>> disse Noè, addentando il panino che aveva in mano. Il leggero venticello gli scompigliava i capelli, annullando in un solo attimo tutto l'impegno che ci aveva messo per farli stare ognuno al loro posto. Ogni tanto accedeva che Noé, provando a farli stare giù, passasse una mano tra essi, ottenendo tuttavia l'effetto opposto.
<<Già. E io che speravo in un lavoro semplice e veloce...>> borbottò Vanitas. La sua giacca era tutta sgualcita e la cravatta era stata ridotta in brandelli. <<...Uff... il mio completo...!>> borbottò. I capelli corvini erano anch'essi mossi dal vento come quelli del compagno, sembravano però essere più disciplinati, per cui stavano comodi sulla spalla del ragazzo.
Lo stomaco di Vanitas intervenne nella discussione con un sonoro brontolìo. Il suo sguardo era ormai fisso sul panino che Noè teneva tra le mani, e con un gesto furtivo addentò l'ultimo boccone rimasto.
<<Ah...! Il mio pranzo!>> urlò. Vanitas intanto se la rideva finendo anche l'ultima briciola. <<Questa me la paghi!>> Noè era una persona pacifica, raramente minacciava le persone, ma il suo coinquilino era un caso speciale. Finivano spesso a litigare per uno dei soliti dispetti di Vanitas, e non era una novità come egli le prendesse ogni volta. I loro amici avevano persino smesso di scommettere con Domi, la bella ed attraente amica dell'albino. Era ormai scontato chi vincesse, non c'era più gusto.
<<E ora ricomprami il panino!>> ordinò Noè, alzandosi con calma e sbattendo le mani tra loro in modo da togliere ogni traccia di polvere rimasta su di essi. Diresse poi la sua attenzione al corvino, intento a rialzarsi e recuperare una certa dignità.
<<E con quali soldi, scusa?>> chiese, alludendo al fatto che solitamente i soldi li teneva l'albino, per evitare spese inutili.
Noè sembrò rifletterci sopra, portandosi anche una mano a torturarsi le ciocche nivee. Poi, un sorriso che chiunque definirebbe angelico e innocente spuntò sulle sue labbra, mentre le palpebre di Vanitas si sgranavano, avendo paura della "possibilità alternativa". Indietreggiò di qualche passo, Vanitas, non voleva finire nelle sue grinfie.
Intanto, un tranquillissimo Noè si avvicinava a grandi falcate, camminando sui rossi tetti delle case di Parigi come fossero un marciapiede. Il corvino fu troppo lento e il compagno riuscì ad afferrarlo per un lembo della manica. Piano piano i loro corpi si avvicinarono, aderendo perfettamente l'uno all'altro. Gli occhi di Noè non sembravano avere la minima intenzione di distogliersi da quelli dall'altro, che a quanto pareva aveva la sua medesima intenzione. Le sfumature violacee e quelle blu si mischiavano e si dividevano, per poi rifugiarsi le une nelle altre. Le labbra si unirono in un leggero contatto che una persona qualcunque non avrebbe nemmeno sentito, ma loro non erano persone qualunque. Era palese.
Intanto il vento si era alzato, le foglie secche di fine autunno volavano sopra i tetti dalle case e dei palazzi.
<<Ehi, mamma! Che ci fanno quelle due persone sul tetto?>>
I due, all'indiretto richiamo, si staccarono. I loro occhi furono allora e solo allora costretti a dividersi. Un lieve sorriso venne rivolto al tenero bambino che, da sotto, li indicava, venendo però ignorato dalla donna, intenta a parlare con quella che sarebbe potuta essere una sua compagna di pettegolezzi.
Il corvino si portò l'indice, avvolto dai guanti scuri, a sfiorarsi le labbra, lasciandosi sfuggire un flebile "sh", al quale il bambino rispose, imitandone i movimenti.
Con uno sguardo complice e un sorriso, i due fecero un occhiolino al piccolo che, tutto contento, si rigirò attratto ora da un piccolo gattino nero.
Il gattino nero corse via, saltando sugli alberi e cadendo su un balcone. Sopra, poco prima, due sagome si scambiavano una tenera effusione, che potevano considerare speciale, nonostante fosse la più comune di tutte.
Sta volta, però, le misteriose ombre non vi erano più, al loro posto solo alcune foglie secche depositate dal vento.
Le mura erano avvolte da un innaturale silenzio, interrotto solo dal tintinnìo delle stoviglie che si scontravano vicendevolmente. Noè, infatti, stava riordinando. La cena si era appena conclusa, e quella sera toccava a lui rimettere in ordine e ripulire.
Nel frattempo Vanitas si trovava sul suo letto, con le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo perso fisso sul soffitto.
Stava accadendo ancora, pensò Noè, spuntando come quella mattina dalla porta. Stava nuovamente fissando un punto che solo lui vedeva, pensando a chissà quale passato che non aveva ancora voluto divulgare, nemmeno all'amante.
Succedeva spesso, e in quei casi era raro riuscire a riportarlo sulla terra senza che si alterasse.
Per cui, Noè, reduce da esperienze passate, andò in camera sua. Sotto il cuscino, praticamente inutilizzato, vi era un pigiama perfettamente piegato. Le coperte, anch'esse praticamente nuove, giacevano comode e silenziose, in attesa che arrivasse il momento del loro utilizzo.
Prese il pigiama e con la dovuta calma lo indossò.
Notò solo allora che quello che poche ore prima era un leggero venticello, ora era diventato una vera e propria tempesta. Decise di non darci troppo peso, e chiuse le tende. Si diresse verso l'uscita, spegnendo la luce e ascoltando lo sbattere prepotente della pioggia sui vetri.
<<Vanitas...>> chiamò, ma non giunse alcuna risposta. Così, oramai abituato, si stese vicino al corpo dell'amante, poggiando il viso nell'incavo del suo collo.
In un gesto che sembrava meccanico, ma che meccanico, Noè lo sapeva, non era, il corpo di Vanitas si spostò leggermente, in modo che quello di Noè potesse rimanere all'interno del letto, e non per metà fuori come poco prima.
<<Buona notte, Vanitas>> un leggero sussurro, dettato dalla stanchezza, lasciò le labbra di Noè.
<<Buona notte>> e quelle stesse labbra vennero nuovamente a contatto con quelle del corvino, che si girò per avvolgerlo in un caldo abbraccio che non credeva essere in grado di donare. Almeno, non lo credeva fino a quando, quello stesso anno, non aveva incontrato la persona che riuscì a capirlo e soprattutto accettarlo.
Angolo Autrice
Salve!
Come vi va la vita?
Questa os era in cantiere già da un po' e finalmente è stata pubblicata!!
Spero vivamente vi piaccia, mi sono impegnata tantoo.
Se volete lasciate anche un commento per dirmi eventuali errori e miglioramenti, e anche una stellina che non guasta mai! ;)
Bene, vado a recuperare scienze, pregate per me!
Bye~
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