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Loona guidava come una furia tra le strade infernali, il volto rigato dalla tensione. Blitz giaceva incosciente sul sedile posteriore della sua macchina, il corpo immobile, coperto da graffi e lividi. L’odore di alcool era pungente, mescolato al ferro del sangue. Loona stringeva il volante con forza, le nocche delle sue zampe sbiancate. Gli occhi, infuocati, puntati sulla strada, con l’intenzione di non investire qualcuno, non per qual che stupida morale, solo per non dover rallentare o peggio, fermarsi.
“Dannazione, Blitz! Dovevi per forza fare una delle tue cazzate proprio ora?” sbottò, come se suo padre potesse sentirla. Ogni tanto si voltava verso il sedile posteriore, sperando di vedere un movimento, qualsiasi segnale di vita. Niente.
Finalmente, arrivò all’ospedale. Scese dalla macchina di corsa, aprendo la portiera posteriore e tentando di trascinare l’imp fuori. Un infermiere la vide andando ad aiutarla a caricarlo su una barella.
“Sta respirando, ma a fatica,” disse l’infermiere, spingendo Blitz verso la sala emergenze. Loona li seguì, ma fu fermata all’ingresso del reparto.
“Deve aspettare qui,” le ordinò l’infermiere.
Loona si ritrovò sola nella sala d’attesa, le zampe tremavano mentre si lasciava cadere su una delle sedie di plastica. Guardava l’entrata della sala emergenze come se potesse sforzare il portone a rivelarle il destino di Blitz.
La mattina seguente, Moxxie era nel suo ufficio a sfogliare pile di documenti, quando si accorse che Blitz non si era ancora fatto vivo. Per quanto imprevedibile fosse il loro capo, era strano che non avesse mandato almeno un messaggio.
“Millie, hai sentito Blitz?” chiese, entrando nella cucina dove sua moglie stava giocando a freccette.
“No,” rispose Millie, preoccupata. “Magari Loona sa qualcosa.”
Moxxie prese il telefono e chiamò Loona. Lei rispose al terzo squillo. “Che c’è?” abbaiò, la sua voce piena di frustrazione.
“Blitz non è al lavoro. Sai dov’è?”
“È in ospedale,” rispose Loona, la voce incrinata. “Ha avuto un incidente ieri notte. Era ubriaco.”
Moxxie rimase senza parole, mentre Millie lo guardava con gli occhi spalancati. Dopo un attimo di silenzio.
“Loona, perché era ubriaco? Cosa cazzo è successo?”
“Non lo so, okay? Era fuori di sé dopo aver parlato con quel maledetto gufo.”
“Stolas?” intervenne Millie, afferrando il telefono dalle mani di suo marito. “Cosa c’entra Stolas?”
“Non lo so con certezza, ma penso che Blitz sia andato ad uno dei soliti pub e abbia cominciato a bere. Poi ha preso la macchina e... il resto lo sapete.”
Moxxie e Millie si diressero all’ospedale. Lì trovarono Loona, visibilmente stanca e arrabbiata. Dopo aver ottenuto più dettagli, Moxxie prese una decisione.
“Millie, rimani qui con Loona. Io andrò da Stolas. Se c’è qualcuno che sa cosa è successo, quello è lui.”
Millie annuì, sebbene fosse preoccupata. “Va bene, Moxxie, ma non fare qualcosa di avventato.”
Moxxie le sorrise rassicurante. “Niente di avventato, promesso. Voglio solo delle risposte.”
Con quella promessa, Moxxie lasciò l’ospedale, deciso ad affrontare il principe Goetia e a capire cosa fosse successo davvero quella notte.
Moxxie si trovò di fronte alle imponenti porte del palazzo di Stolas. Con un profondo sospiro, si fece forza e bussò, il suono rimbombò come un tuono nei corridoi lussuosi. Dopo alcuni attimi di attesa, una domestica aprì, lo scrutò per un istante e poi lo fece entrare.
“Il Principe è nel suo studio,” disse freddamente, accompagnandolo lungo il corridoio.
Quando Moxxie entrò nello studio, trovò Stolas seduto alla sua scrivania, perso nei suoi pensieri. Le sue piume sembravano più spente del solito, e i suoi occhi tradivano una stanchezza che non si sforzava nemmeno di nascondere.
“Moxxie?” chiese il gufo, alzando lo sguardo sorpreso. “Cosa ti porta qui?”
Moxxie non perse tempo con cerimonie. “Blitz è in ospedale, Principe Stolas. Ha avuto un incidente. E, da quanto ho capito, tu hai qualcosa a che fare con tutto questo.”
Gli occhi di Stolas si spalancarono. “Cosa? Un incidente? Sta bene?”
“Non sta bene!” rispose Moxxie, il tono più severo del solito. “Loona ci ha detto che ieri sera era furioso dopo aver parlato con te. Si è ubriacato e ha preso la macchina. Ora è in ospedale e non sappiamo nemmeno se ne uscirà tutto intero.”
Stolas si alzò in piedi, facendo cadere la sedia dietro di sé. “Io... non immaginavo che sarebbe arrivato a tanto,” mormorò, il tono spezzato.
“Cosa gli hai detto?” insistette Moxxie, avanzando verso di lui.
Stolas abbassò lo sguardo, le mani intrecciate nervosamente. “Gli ho detto che mio padre sa di noi. Che non approva... e che ha chiesto di porre fine alla nostra relazione.”
Moxxie rimase in silenzio per un momento, digerendo quelle parole. “E tu cosa hai fatto?”
“Gli ho detto che non potevo continuare, ma solo per proteggerlo! Mio padre non si sarebbe fermato se avessi continuato a vedere Blitz. È una delle poche persone che amo davvero, e l’idea che potesse finire ferito a causa mia...”
“Quindi lo hai ferito comunque,” lo interruppe Moxxie. “E ora è qui, in un letto d’ospedale, probabilmente convinto che tu lo abbia abbandonato. Lo capisci, Stolas?”
Il gufo non rispose subito. Si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, il volto coperto dalle mani. “Io non volevo che finisse così. Pensavo di fare la cosa giusta.”
“La cosa giusta per chi?” ribatté Moxxie. “Per te o per Blitz? Forse dovresti chiederti cosa avrebbe preferito lui, invece di decidere per entrambi.”
Stolas rimase in silenzio, le parole di Moxxie risuonavano dolorosamente vere. “Hai ragione,” mormorò infine. “Devo fare qualcosa. Devo... andare da lui.”
“Può darsi,” concesse Moxxie. “Ma non aspettarti che sia disposto ad ascoltarti subito. Questa volta, Principe, dovrai davvero dimostrargli quanto tieni a lui.”
Senza aggiungere altro, Moxxie si voltò e uscì dalla stanza, lasciando Stolas immerso nei suoi sensi di colpa e nella consapevolezza che aveva molto da rimediare.

ANGOLO DELLE PENNE GAY
CIAOO NON SONO MORTO CONTENTI???
Ammetto di aver aspettato un po' per il capito apposta, spero che vi piaccia comunque

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