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Stolas era seduto nel suo studio, le mani tremavano mentre stringeva una penna che non riusciva a usare. Davanti a lui, un foglio bianco, pronto per una lettera che non voleva scrivere. Dopo ore di esitazione, prese una decisione. Non avrebbe lasciato che Blitz scoprisse tutto da qualcun altro. Doveva essere onesto, anche se sapeva che sarebbe stato difficile.

Raccolse il coraggio e compose il numero di Blitz.

Il telefono squillò per quello che sembrava un’eternità, fino a quando la voce rauca e familiare del demone rispose.

“Che vuoi, Stolas?” domandò Blitz, con il solito tono sfrontato che cercava di mascherare ogni vulnerabilità.

“Blitz... devo vederti. È importante,” rispose Stolas, cercando di mantenere la voce ferma.

Dall’altra parte, un lungo silenzio. Poi, un sospiro. “Va bene. Vengo da te.”

La sala era scura e intima, illuminata solo da candele tremolanti che danzavano sulle pareti. Blitz arrivò con il solito atteggiamento spavaldo, le mani infilate nelle tasche del giubbotto, ma i suoi occhi gialli rivelavano un’inquietudine nascosta.

“Allora, qual è il dramma stavolta, Stols?” chiese, fermandosi a qualche passo da Stolas.

Stolas si alzò dalla sedia, avvicinandosi lentamente. “Blitz, devo dirti qualcosa che potrebbe cambiare tutto tra noi.”

“Fantastico,” sbuffò Blitz. “Adoro quando iniziamo con drammi e misteri.”

Stolas inspirò profondamente, cercando di non farsi sopraffare. “Mio padre... sa di noi. Sa del nostro rapporto, e non lo approva. Mi ha messo davanti a una scelta.”

Blitz alzò un sopracciglio. “Oh, certo. Lasciami indovinare: o smettiamo di vederci o perdi tutto quel tuo bel privilegio da principe.”

“È più complicato di così,” ammise Stolas. “Ma sì, in sostanza, è questo.”

Blitz ridacchiò amaramente, scuotendo la testa.

“Tipico. Perché mi stupisco ancora? Dimmi, Stolas, qual è la tua grande decisione, allora? Vuoi salvare il tuo potere o vuoi tenerti il tuo ‘giocattolino’?” disse in modo deluso, mascherato da un velo di sarcasmo.

“Non sei un giocattolo per me, Blitz,” rispose Stolas, la voce incrinata. “Tu sei l’unica cosa che mi fa sentire vivo.”
Blitz lo fissò per un lungo momento, il suo sarcasmo svanito.

“E allora? Sei pronto a combattere per questo, o no?”

A quella domanda gli occhi di Stolas si fecero lucidi. Deglutì a vuoto, sapendo che, anche se non lo dimostrava, l’imp davanti a lui aveva paura di essere abbandonato di nuovo.

“In realtà…” fece una piccola pausa, sospirando, non volendo concludere la frase. Ma poi, sotto lo sguardo incuriosito del più basso, riprese la sua aria seria per continuare. “In realtà no. E non perché io non sia più interessato a te, lo sto facendo per il tuo bene.”

Blitz lo guardò, non capendo il motivo di quelle azioni. I suoi occhi passarono da confusi ad arrabbiati. Strinse i pugni e serrò la mandibola. Poi lo guardò con uno sguardo infuocato.

“Ti interessa solo il tuo ruolo nella società,” sibilò in modo tagliente.
Stolas sgranò gli occhi, i quali si fecero leggermente lucidi.

“Come hai detto? Prego?” chiese, sperando con tutto se stesso di avere sentito male.

“Hai capito benissimo. A te importa solo del tuo ruolo da principe e della tua famigliola reale. Delle persone che ti circondano, che non hanno un ruolo importante come il tuo, non frega niente. Sei un’egoista, principe Stolas.”

Quando udì il suo nome detto in quel modo, il gufo sentì un groppo alla gola. Lui non pensava di risultare in quel modo davanti agli occhi della persona che amava. Ma a quanto pare così era.

“Tu pensi questo di me?” domandò. L’imp annuì senza dare altre spiegazioni, non volendo più conversare con il demone davanti a lui. Alla fine suo padre aveva ragione, come sempre.

Blitz non voleva stare con lui, anzi, Blitz lo odiava. Non c’era più bisogno di continuare quella farsa.
“Okay, se è così allora, vattene dal mio palazzo, restituiscimi il mio grimorio e la finiamo qui.” Esordì infine, senza guardare il demone davanti a lui, mantenendo un’aria seria e autorevole.

Allora però, il volto dell’imp sbiancò. Non voleva arrivare a quello. Aveva parlato troppo senza rifletterci, e ora rischiava di non poter più vedere Stolas e di mandare a puttane la sua agenzia.

“No, no Stols, dai non puoi fare così. Scusami, mi dispiace. Io-”

Venne interrotto dal Goetia, che lo guardò dall’alto al basso, impassibile, indicandogli la porta d’ingresso senza spiccicare parola, aspettando che se ne andasse. Blitz non poté più fare niente, abbassò lo sguardo arrendendosi, uscendo dal palazzo, accendendo il motore della sua macchina e andando via. Non sapeva però se sarebbe mai più tornato in quel posto così poco adatto a lui, che però lo faceva stare bene. Non per il luogo in sé, ma per le persone che vi abitavano, per il principe che vi abitava.

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