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Il mattino successivo, la luce dell’Inferno filtrava attraverso le tende pesanti della stanza, tingendo tutto di rosso scuro. Stolas si svegliò con un nodo allo stomaco, il pensiero dell’incontro con suo padre pesava come un macigno. Non era mai stato bravo a nascondere la sua inquietudine, e il solo immaginare gli occhi severi di Paimon gli faceva mancare il respiro. Facendogli venire nuovamente in mente i ricordi della sua infanzia, dei suoi compleanni passati a cercar un modo per stupirlo, ovviamente fallendo.
Si alzò dal letto lentamente, prendendosi un momento per raccogliere le forze.

Dalla finestra poteva osservare il caos eterno dell’Inferno, un paesaggio che in quel momento sembrava riflettere la sua mente confusa.
Con passo lento ma deciso, si diresse verso la sala del bagno. Lì, lo attendevano i servitori che avevano già preparato un bagno caldo, il vapore riempiva l’aria di un aroma rilassante di petali di rose, che si adagiavano nell'acqua che riempiva la vasca, assieme a bagnoschiuma profumati.

Stolas si immerse nel liquido, lasciando che gli scivolasse sulle piume, come a voler lavare via la tensione accumulata.
“Lord Paimon sarà puntuale,” annunciò una voce calma ma fredda. Era uno dei maggiordomi. “Sarà meglio essere pronti, Vostra Altezza.”
Stolas annuì senza rispondere, la mandibola serrata.

Dopo il bagno, si lasciò vestire dai servitori, ogni gesto un rituale formale che odiava profondamente. La sua veste era impeccabile: un abito regale ornato di ricami dorati, e il mantello rosso, della stessa tonalità dei suoi occhi, a ornargli le spalle. Si sistemò il cappello, su cui c’era anche la sua corona, mettendo in ordine le piume scure che si erano scompigliate nella notte. Guardandosi allo specchio, Stolas si sentì vuoto. L’immagine che vedeva riflessa era quella di un principe, ma dentro di lui non si sentiva nulla del genere. Blitz gli attraversò la mente di nuovo, portando un piccolo sorriso amaro sul suo volto. Più precisamente gli tornò in mente la prima volta che vide l’imp. Il modo in cui lo aveva affascinato fin dal primo momento con le sue acrobazie da circense. E del come, come, dopo essersi inchinato per salutarlo, suo padre lo avesse ripreso, perché lui ovviamente era un principe, e non poteva dare certi trattamenti a gentaglia, come si definirebbero persone del circo, senza una casa vera e propria, che si spostavano in città e città per esibirsi. Fece un sospiro concentrandosi di nuovo sul suo riflesso, sul modo in cui sembrasse impeccabile e irraggiungibile per chiunque.

“Ecco, ora sembri un degno figlio di Paimon,” disse sarcastico a se stesso, prima di voltarsi e dirigersi verso la sala da cerimonia del palazzo, dove il suo destino lo attendeva.

Lord Paimon non tardò ad arrivare, con la sua solita freddezza e aria giudicante. Si guardava intorno, non mostrando molte emozioni, solo quando posava lo sguardo su qualcosa, per esempio cornici o foto, dove era raffigurato Stolas, la sua espressione mutava da impassibile a schifata.
Il principe, era lì davanti a lui, ad aspettarlo in maniera composta, cercando di non far trasparire la sua preoccupazione, assumendo serietà e sicurezza, o almeno provandoci.

La sala era glaciale, nonostante il calore dell’Inferno che era presente al di fuori dalle alte finestre. Stolas avanzò lentamente, il cuore appesantito, mentre i suoi passi riecheggiavano sul pavimento di marmo nero. Al centro della sala, c’era Paimon, che si era accomodato su una delle sedie del grande tavolo, guardando in modo severo il suo erede.

“Figlio mio,” iniziò Paimon, la sua voce profonda e tagliente come un pugnale, “sei consapevole del motivo per cui ho voluto questo incontro.”

Stolas si inchinò leggermente, più per abitudine che per rispetto. “Presumo riguardi la mia... condotta recente.”

“Esattamente.” Paimon si alzò, ogni movimento misurato, i suoi occhi brillavano di una luce fredda.

“Hai gettato disonore sul nostro casato con il tuo comportamento. Un principe non si abbassa al livello di un...imp. Eppure, qui siamo.”

Stolas sentì una fitta al petto, ma mantenne il controllo. “Blitz non è solo un imp. È... importante per me.”

Paimon rise, un suono privo di calore. “Importante? Non farmi ridere, Stolas. Lui ti usa. E tu gli permetti di farlo. Sei un principe, il tuo dovere è verso la tua famiglia, verso la nostra reputazione. Non verso un demone di basso rango che non ha nulla da offrirti se non vergogna.”

“Non capisci,” ribatté Stolas, la voce tremante, ma decisa. “Con lui... mi sento libero. Non devo essere il principe perfetto, non devo indossare questa maschera. Lui mi accetta per chi sono realmente.”

“Accettarti? O sfruttarti?” Paimon avanzò verso di lui, la sua imponenza crescente. “Apri gli occhi, figlio mio. Questo ‘imp’ non vede altro che un’opportunità. E se lo lasci continuare, distruggerà tutto ciò che hai costruito. La tua posizione. La tua famiglia.”

“Famiglia?” Il tono di Stolas si alzò improvvisamente.
“Quale famiglia? Stella mi odia. Octavia ha ricominciato a parlare con me solo grazie a quell’imp che tanto odi. L’unico momento in cui mi sento vivo è quando sono con lui!”

Paimon si fermò, osservando suo figlio con un misto di disprezzo e delusione. “Sei più debole di quanto immaginassi. Ma ti darò una scelta, Stolas. O metti fine a questa... follia, o accetti le conseguenze. La nostra famiglia non tollererà ulteriori disonori.”

Stolas restò immobile, il peso delle parole di suo padre gli gravava addosso come un macigno. Dentro di sé, però, qualcosa si agitava, una scintilla di ribellione. Sapeva che questa non sarebbe stata una decisione facile, ma per la prima volta, era deciso a combattere per ciò che voleva davvero. Ma poi, nella sua mente, farfugliò il pensiero che così facendo potesse mettere in pericolo Blitz. E non se lo sarebbe mai perdonato, non poteva farlo soffrire solo per un suo capriccio. Quindi prese una decisione, forse quella più importante della sua vita.

Sospirò abbassando lo sguardo per poi parlare. "Sistemerò le cose, non voglio portare ulteriore disonore alla famiglia.” concluse con ormai un groppo alla gola. Sapeva che se ne sarebbe pentito, anzi lo aveva già fatto, ma avrebbe fatto questo ed altro per la salvaguardia di Blitz.

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