『Chap.6 Accountant』

Accountant [uh-koun-tent]●Inglese
(N.) Quella persona che in ogni situazione dimostra di sapere sempre cosa stia accadendo.

{Yokohama, 20xx}
-Rimango fuori con Oda e Ango, va bene?-
-Sì, non preoccuparti-
-A dopo-
Ed attaccò senza salutare, la più piccola. Un'altra serata senza di lui. Un'altra serata da passare da sola. Non voleva crederci, non voleva pensarci.
Si stava trascinando a casa lentamente dopo aver fatto la spesa, quando un ragazzo dai morbidi capelli neri la guardò, sorridendole e avvicinandosi. Istintivamente pensò che fosse Dazai, ma non era così. Vedendo che stava andando nella sta stessa direzione, chiese alla giovane se voleva una mano con le buste, sorridendo come un sole appena nato. Lei, leggente rossa sulle gote come se fosse stata scottata da quel sole, annuì, lasciandosi aiutare dal ragazzo. Arrivati sotto casa ((y/n)) lo invitò ad entrare, volendolo ringraziare per la sua gentilezza. Lui scosse la testa, declinando l'invito e chiedendole se invece lei sarebbe voluta uscire con lui quella sera. La ((h/c)) ci pensò su, poi accettò. Non voleva passare un'altra serata da sola. Lui le diede luogo e orario e si salutarono. La giovane si preparò, facendosi una doccia veloce ed indossando qualcosa che non sia la 'divisa' da lavoro. Mentre si preparava ad uscire, mettendo il necessario nella borsetta, guardò il proprio cellulare. Avrebbe dovuto avvisare Dazai, ma non lo fece. Era arrabbiata col moro. Erano giorni che non tornava a casa e che l'avvisava con una semplice telefonata di meno di cinquanta secondi.
Uscì di casa e si diresse al luogo dell'appuntamento, aspettando il ragazzo dai soffici neri capelli. Arrivato lui, andarono a mangiare qualcosa e dopo passarono la serata passeggiando. Tutto andava bene.
Finché lui si non fermò avanti ad un edificio.
E lì prese il telefono, chiamando qualcuno e dicendo "siamo qui".
Le cose si stavano mettendo male, lei non capiva ma lei non l'aveva ancora capito.
In quello stesso momento, Dazai cercava di chiamarla sul telefono di casa, non ricevendo risposta. Preoccupato si alzò, guardando negli occhi Oda e facendogli capire che c'entra qualcosa che non andava.
-Non ho parcheggiato lontano da qui, ti accompagno, dove pensi possa essere?-
-Non lo so, ma cercherò di rintracciarla da qui, andiamo intanto-
Ango, che nel frattempo non stava capendo molto, guardò i due, in cerca di spiegazioni. Ma tutto ciò che ricevette fu un "Dobbiamo scappare Ango, alla prossima". Ango, dalla parte sua, non fece altre domande. Sapeva che quelli avevano i loro segreti come lui aveva i propri. E sapeva che si preferivano a vicenda. Ma non era il momento di fare il bambino geloso(tanto, non è che gli interessasse molto). E mentre Ango pensava, Dazai e Oda correvano verso la macchina, salendoci. Il rosso aspettava istruzioni dal maniaco suicida che intanto cercava di rintracciare il cellulare del suo piccolo fiore. Appena riuscì a trovarla, gridò ad Oda la posizione come lui accese il motore e iniziò a guidare. Il rosso, d'altro canto, mentre guidava si domandava perché la tanta impazienza del più piccolo. Aveva intuito che lui avesse una 'cotta' per quella ragazza, ma non immaginava fino a quel punto. Fino al punto di agire irrazionalmente.
Lui, Dazai Osamu, quello conosciuto per aver predetto le peggiori mosse nemiche, che agiva in modo irrazionale, quasi a dimenticarsi di pensare prima a tutte le possibili opzioni.
Il rosso fermò la macchina avanti ad un vicolo. Dazai scese e corse verso un insegna luminosa, seguendo il segnale del cellulare del suo prezioso fiorellino. E lì la vide, sommersa da ricordi, sommersa da incubi. Accanto a lei, I cadaveri di due  giovani. Un forte profumo dolciastro proveniva dalle viole blu e bianche che adornavano i corpi del fedele e del modesto (Rispettivamente il ragazzo dai capelli neri che l'aveva abbindolata e il suo compare).
-Dazai...-
Sì girò verso il più grande.
-li ho uccisi.-
Sorrise e si passò una mano sulle labbra, quasi con disgusto.
-((y/n))...-
Dazai si avvicinò a lei. Senza proferire altra parola, le prese la mano e la portò in macchina, dove disse ad Oda di accompagnarli gentilmente a casa.
Ed intanto Dazai pensava. Se solo fosse stato più presente...no, no...se solo non si fosse dato ai vizi, magari lei non si sarebbe fidata di uno sconosciuto, venendo quasi violentata da questo.
Il moro si ritrovò a fissare ossessivamente le labbra della ((h/c)), che intanto stava ferma e in silenzio.
"Quelle labbra avranno baciato minimo una ventina di persone dall'inizio dell'anno", pensò Dazai.
"Quelle labbra, che danno baci mortali, hanno baciato tutti benché me", pensò Dazai.
Oda li guardava dallo specchietto mentre guidava. Non si faceva domande, ma tra sé e sé pensò che quella potesse essere una buffa storia d'amore da raccontare in un libro.

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