『Chap.5 Katallagé』

Katallagé [Kat-al-lag-ay]●Greco
(N) Riconciliazione; ritornare a favore.

{Yokohama, 20xx}
Dazai non aveva mai gradito mettere per iscritto le sue gesta, lo lasciava sempre fare a qualcun altro. Ma quella sera era così annoiato che avrebbe potuto fare di tutto. Dopo una ventina di minuti, però, una risatina gli fece alzare la testa dall'incredibile quantità di fogli che riempivano il tavolino ligneo del salone.
-Ah, sei tornata-
Sì girò verso la fonte del rumore, la ragazza dai ((h/c)) capelli era appena tornata, aveva chiuso la porta senza fare rumore e stava cercando di avvicinarsi silenziosamente a lui, tradita solo, appunto, da quella sue flebile risata.
-Uff...e io che volevo farti uno scherzo!-
Piagnucolò lei, sedendosi avanti al moro.
-Sarà per la prossima volta, ((y/n))-
Disse lui, guardandola negli occhi.
-Sei davvero così annoiato da compilare tutti quei fogli?-
-Sì, comunque, hai acquistato quello che ti ho chiesto?-
-No-
Lui la guardò confuso.
-No?-
-No-
-E perché?-
Lo guardò negli occhi, poi sospirò e si avvicinò a lui, abbracciandolo leggermente, lui non ricambiò l'abbraccio.
-Sai che io voglio che tu smetta-
Si alzò di scatto facendo sbilanciare la più giovane.
Iniziò così un litigio tra i due. Lui era un po' più calmo ma fermo sul suo punto e lei era testarda ma spaventata. Le loro parole tagliavano più delle spade e ferivano più dei proiettili. Non c'erano offese, ma c'erano incubi. L'incubo di rimanere soli, per esempio.
-Bene, se non vuoi ascoltare i miei consigli, vatti a comprare quello stupido liquore e lasciami da sola!-
E andò a chiudersi in bagno a piangere, lei.
Dazai, in tutta risposta si alzò, prendendo il nero cappotto e uscì sbattendo la porta.
Il moro camminò fino al negozio più vicino ed acquistò il primo liquore che gli capitò a tiro. Appena uscì dal negozio aprì la bottiglia e bevve direttamente da essa, non avendo voglia di tornare a casa per iniziare a bere. In verità non aveva voglia di tornare a casa in generale. Per la verità non aveva voglia neanche di suicidarsi in quel momento. Per farla breve, non aveva voglia di fare assolutamente niente al di fuori di bere quel liquido tanto desiderato da farlo litigare con ((y/n)). Ora che ci ripensava, però, aveva esagerato...Ma che gli importava, infondo, di quella? Certo, aveva una piccola cotta per lei, ma era sicuro che non sarebbe mai potuta durare, non era il tipo. Uno, lei aveva scoperto il suo segreto e quindi le messe in scena non funzionavano con quella. Due, Dazai non riusciva a capire neanche lontanamente gli altri esseri umani. Molti, al girono d'oggi, l'avrebbero chiamato qualcosa come 'egoista'. Ma non credo fosse il caso.
Dopo l'equivalente di tre dita di liquore, Dazai iniziò a non capirci più niente. Lo stress, infatti, aveva influenzato su quello che già di suo reggeva poco l'alcol. Infondo si sa, più ti convinci di non riuscire a non ubriacarti, più diventerai brillo, anche se ciò che bevi e mera acqua. Mentre camminava per i vicoli bui di Yokohama, ebbe un lampo, un pensiero improvviso. Lei. Lei da sola in casa. Lei che piangeva da sola in casa. E si ricordò improvvisamente degli occhi stanchi di lei la prima volta che si incontrano. E si ricordò improvvisamente che anche lei, dietro le risate, nascondeva debolezze.
Prese a correre, il moro, corse corse e corse. Le persone che lo vedevano pensavano "che ha da correre, 'sto qui, in una tanto bella serata tranquilla? Che ha da correre, 'sto qui, se l'unica cosa fuori posto è il cielo nuvoloso?" Alcuni suoi colleghi di lavoro lo videro, a loro volta confusi, e pensarono "che il boss abbia assegnato una missione molto pericolosa al giovane? Così pericolosa da farlo scappare col terrore negli occhi?" Perché quello aveva negli occhi, Dazai, il terrore. Il terrore che lei se ne fosse andata prima di lui. Il terrore che lui non fosse riuscito a fermarla in tempo, come lei aveva fatto infinite volte con lui. Entrò in casa.
-((y/n)) DOVE SEI?!-
La voce iniziava a tremargli.
-LIL'FLOWER, RISPONDIMI!-
Era terrorizzato dalla mancata risposta di quella, ma non avrebbe ceduto alle lacrime.
-((y/n)) GIURO CHE SE NON TI FAI VEDERE...-
E spalancò la porta della camera da letto. Lei era stesa al suo posto abbracciando un peluche di una tigre che Dazai le aveva regalato. Respirava e non c'erano segni di medicinali o detersivi vicino a lei.
Anche se il moro aveva gridato come un pazzo, lei non s'era svegliata. E dormiva, stringendo quel peluche come se fosse Dazai. Il moro, a quel punto, si stese accanto a lei, abbracciandola leggermente. ((Y/n)), a causa dei movimenti del bruno, era in qualche modo desta(anche se per lei stava ancora sognando) e si girò verso di lui, non aprendo gli occhi, e si limitò a nascondere la testa nel petto di quello, trattenendo i singhiozzi che volevano scapparle di gola. Dazai con gli esseri umani non ci sapeva proprio fare. Però, stava imparando, poco a poco, a saper cosa dire, come agire. A saper come farla smettere di piangere {senza dover ricorrere al bisogno di usare il trucco del cibo}. Prima di addormentarsi nuovamente, la più piccola sussurro "buon compleanno, Dazai, ti voglio bene". E lui le bacio affettuosamente la testa, sorridendo. Lei scivolò nel regno dei sogni e lui ne approfittò per rispondere con una voce flebile, quasi inesistente.
-Grazie, Lil'flower. Aver passato un altro anno infernale con te, forse, l'ha reso meno infernale.-

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