『Chap.1 Metanoia』

Metanoia [Meh-ta-noy-ah]●Greco
Il percorso vissuto nel cambiare il cuore, il modo di pensare, l'io o lo stile di vita di qualcuno; cambiamento della persona.

{Yokohama, 20XX}
Stavano seduti sulla ringhiera del ponte, come al solito. Dazai guardava la ragazzina con un non so che di tenero negli occhi.
-"Allora, l'antonimo di fiore per me è erbaccia!"-
Disse lei, incrociando le braccia, senza guardare il moro.
-"Sì ma hai pensato che i denti di leone sono erbacce?"-
Si fermò, come se quella frase avesse risvegliato qualcosa in quella giovane donna.
-"Non mi importa, Osamu."-
Lui trasalì sentendo il proprio nome, non se l'aspettava, di solito lo chiamava 'fratellone' o qualcosa del genere. Raramente usava il suo cognome, figuratevi il nome.
-"Lil'flower, tutto ok?"-
Gli venne spontaneo chiederlo. Peccato che più che preoccupazione, la sua voce dimostrava indifferenza. Ma lui si preoccupava davvero per lei, lui era affezionato a lei. Si ricorda chiaramente la prima volta che si incontrarono. Erano stati messi nella stessa squadra chissà per quale motivo dal Boss, si pensa che sia per un capriccio di Elise-chan (spiegheremo in seguito il perché), e lui l'aveva trovata su quello stesso ponte a leggere, con qualche ora di anticipo dal loro appuntamento. Leggeva un libro di cui mai gli disse il nome. E mai gli dirà, si ridisse Dazai. Ricordava ancora la sua voce dire, dopo un classico -"che leggi"-,
-"Leggo un libro che mi venne donato tempo fa da uno straniero. Inglese, suppongo."-
Il libro aveva una copertina assai colorata ed era non più grande di un comune tascabile che vendono le librerie nelle stazioni. Ricorda anche di aver cercato di leggere il titolo o l'autore ma la ragazza lo aveva già infilato nello zainetto. Non avevano proferito altra parola. Era ancora una sconosciuta per lui. Ma si ricorda gli occhi di lei quando si girò. Aveva la sua stessa età ma i suoi occhi erano così sciupati. Sembrava quasi guardarsi ad uno specchio, pensò. Poi, la vide togliersi il cappotto e il fiocco che portava in gola, lasciandoli sulla ringhiera. E si lasciò cadere. Dio solo sa perché in quel momento Dazai sì tolse il cappotto e si sfilò velocemente le scarpe per poi tuffarsi per salvare la ragazza.
Anche se alla fine fu lei a salvare lui.
Seduta sul terreno, rise animatamente guardando il collega di fianco, steso per terra, semi-coscientemente.
-"Che ti ridi?!"-
Era nervoso e già stufo di lei.
-"Non lavoro con le persone di cui non mi fido e, per un motivo o per un altro, tu ti sei buttato dopo di me. Il motivo tienitelo per te, io ho ottenuto ciò che volevo."-
Voleva sgridarla, mandarla a quel paese, ma gli scappo un sorriso.
-"Ora andiamo, casa mia è vicina e a meno che tu non voglia andare in missione in queste condizioni..."-
Risalì sul ponte per recuperare i cappotti e lo zainetto, poi, dopo aver passato la nera giacca al ragazzo, si incamminò verso la propria casa, senza curarsi della presenza o meno del bruno.
-"Osamu? Ci sei?"-
La ragazza dai ((h/c)) lo fissava, cercando di capire cosa frullasse per la testa del maggiore. Aveva uno sguardo serio, lei. Dazai già lo sapeva. 'Se mi ha chiamato per nome, significa che deve dirmi una cosa importante...e io che me ne vado altrove con la testa non sono d'aiuto...' si disse, continuando a non rispondere.
-"Dazai Osamu?"-
E lì il bruno torno alla realtà. La guardò negli occhi e con la testa fece cenno di parlare, come se già sapesse che lei stava per dirgli qualcosa di estremamente importante. Ed infatti così era.
-"Perché siamo noi i cattivi?"-
Silenzio
-"È la nostra anima nera?"-
-"Siamo quella spazzatura di cui parlano tutti con disgusto?"-
-"Siamo la causa del male?"-
Le mise una mano sulla bocca. Si tenne salda alla ringhiera, anche se sapeva che non sarebbe caduta in nessun caso, lei. Era confusa da quel gesto. E se l'avesse fatto arrabbiare?
Lui tolse la mano e scese dalla ringhiera, facendo poi per andarsene.
Lei lo guardava, aspettandosi una risposta, si sentiva vuota senza quella risposta.
Niente, stava per girare l'angolo senza guardarsi indietro.
-"IO NON VOGLIO ESSERE MALE!"-
Gridò lei, scendendo in fretta e furia dalla ringhiera, facendo per raggiungerlo.
-"Tu non sei 'male'. E a volte mi chiedo cosa ci faccia animo tanto puro in questa agenzia"-
E se ne andò. Lasciandola lì, immobile.
Animo tanto puro però lei non aveva, perché dietro di se si portava già una centinaia di anime, che nel sonno, le gridavano nelle orecchie che lei era male.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top