☼︎6☼︎

TW: abuso, autolesionismo, suicidio

David POV

Mi svegliai in una camera che non era mia, ma era abbastanza familiare. Mi misi seduto per vedere meglio il luogo. Alla mia destra c'era una finestra con le persiane chiuse da cui filtrava un po' di luce, davanti al letto in cui ero steso c'era una scrivania con sopra vari CD, un lettore e una cassa. Guardai alla mia sinistra e vidi una batteria nera, il mio sguardo poi passò più in basso e vidi il proprietaro dei CD, della batteria e della camera in cui ero...Nicholas.

Aveva un espressione rilassata in viso, sul quale ricadevano alcune ciocche bionde, sorrisi a quella vista. Quel sorriso se ne andò via dopo poco, mentre cercavo di ricordare perché ero con lui, non avevamo sicuramente fatto nulla di sconcio visto che avevamo ancora i vestiti addosso. Il ricordo balenò all'improvviso nella mia mente, ricordavo di aver bruciato la foto di me e Michael nel mio comodino, avevo pianto tantissimo e mi ero sfogato con Nicholas a casa sua e poi mi ero addormentato piangendo abbracciato a lui. Sono una persona debolissima, cazzo. In questi giorni non ho fatto altro che piangere come una fontana e ho immischiato gente che non volevo immischiare nei miei problemi del cazzo.

Mi stesi di nuovo e mi misi a guardare il soffitto con aria vuota. Dopo qualche minuto sentii che il biondo iniziava a svegliarsi.
Sbadigliò e mi parlò con la voce ancora impastata dal sonno.

Nicholas: buongiorno! Ti senti meglio rispetto a ieri sera?
David: sì...scusa se ti ho disturbato e ti ho immischiato nei miei problemi di merda, cazzo.

E smorzai una risatina amara e forzata, seguita anch'essa da un sorriso forzato.

Nicholas: non c'è nulla di male nello sfogarsi, hai fatto bene e non mi dai alcun fastidio

Stettimo in silenzio per un po', un silenzio che venne poi spezzato dalla voce di Nick.

Nicholas: scendiamo? Almeno mangiamo qualcosa. 
David: va bene...

-

Avevamo appena finito di fare colazione.

David: posso usare il bagno per farmi una doccia? Non me ne faccio una da tipo 3 giorni.
Nicholas: ok, gli asciugamani sono nello stipetto vicino alla porta.
David: va bene

Salii di sopra, trovai subito il bagno visto che ero stato a casa di Nicholas altre volte ed eravamo amici da 11 anni.

Entrai nella stanza, mi tolsi i vestiti ed entrai nella doccia.
Mano mano che l'acqua scorreva e mi bagnava il corpo guardavo quest'ultimo, era pieno di lividi neri e blu. Sembrava un quadro ad acquerelli.

-

Uscii dal bagno con l'asciugamano alla vita e i vestiti in mano. Mi sarei cambiato in camera di Nicholas, avrei preso il resto della mia roba e poi me ne sarei andato un po' in giro per Manchester e sarei tornato a casa nel pomeriggio.

Entrai nella stanza e trovai Nicholas che era già vestito e stava disegnando qualcosa nel suo sketchbook, lui è veramente bravo a disegnare.
Il biondo si voltò verso di me, ma subito dopo un espressione preoccupata si disegnò sul suo viso.
Merda, ho solo l'asciugamano a coprirmi...avrà notato i lividi e i tagli...
Si alzò e si avvicinò a me.

Nicholas: merda, David che hai fatto?
David: io-

Guardai in basso panicando, non potevo dire che ero caduto da qualche parte, non mi procurerei mai tagli ai polsi e una miriade di lividi cadendo anche dal Gran Canyon o dalla finestra di un appartamento del sesto piano, come minimo otterrei delle fratture al cranio o alle costole...

Alla fine chiusi gli occhi e sospirai, non potevo mentirgli. Alzai la testa e lo guardai negli occhi con uno sguardo tipo "conosci benissimo la causa di tutto questo" e il più alto sembrava cogliere benissimo i miei segnali. Mi abbracciò e basta, ricambiai. Dopo pochi secondi mi lasciò e il suo sguardo passò sui miei polsi lesionati, ne prese in mano uno con delicatezza, alla vista di quelle cicatrici sembrava stesse per piangere.

Nicholas: perché lo hai fatto-?

Sembrava sentirsi colpevole del fatto che non ne sapesse nulla, dopotutto mi ci mettevo anche io a nasconderlo il più possibile con braccialetti, guanti, felpe e in generale roba a maniche lunghe.

David: mi aiuta a sfogare il dolore Nick. Mi fa stare bene, ecco...
Nicholas: David, questo modo di sfogarsi non ti aiuterà a stare meglio, il contrario. Starai sempre peggio e troverai conforto nel farlo come se fosse una droga e poi ne diventarai dipendente.

Il mio sguardo si spostò di nuovo da quello degli occhi del ragazzo davanti a me. Pensai due secondi a quello che gli avrei dovuto dire e poi ricominciai a guardarlo negli occhi.

David: è già accaduto l'anno scorso. Conta che lo faccio molto di meno rispetto a prima. Sono pure finito in pronto soccorso per quello, ho esagerato e ho addirittura provato ad avvicinarmi la lametta alla gola per farla finita. Sono un coglione, non c'è bisogno che lo dici adesso.
Nicholas: non fare puttanate David, promettimelo.

Non ero sicuro di poter mantenere quella promessa, il mio amico però aveva un'espressione preoccupata, quella tipica espressione che ti viene rivolta solo da un vero amico se la stai per fare finita o se gli racconti dell'ultima volta che ci hai almeno provato o pensato.

David: prometto.

Stavolta fui io ad abbriacciarlo.

David: adesso, se non ti dispiace, girati. Mi devo cambiare.

-

Dopo essermi vestito mi saltarono all'occhio alcuni dei CD che Nick teneva sulla scrivania.

David: da quando ti piacciono i Nirvana e i Misfits?

Presi in mano i CD di Nermind, In Utero e Vampire Girl. Erano tenuti abbastanza bene, solo le custodie erano un po' graffiate.
Si voltò verso di me con gli occhi sgranati e mi strappò di mano i CD.

Nicholas: beh, ecco- emh...- sono di quando avevo 11 anni, ero un grande fan di queste band all'epoca. Fortunatamente questi non si sono smagnetizzati in tutti questi anni e li ascolto ancora, anche se molto meno rispetto a quando ero più piccolo. Merda, forse In Utero si è un po' smagnetizzato, dopotutto lo ho comprato in una bancarella a 10 sterline.

Smorzai una risata

-

Tornai a casa mia nel tardo pomeriggio. Per un tratto di strada avevo controllato il telefono per vedete se qualcuno mi aveva mandato messaggi o altro, ritrovai 3 chiamate perse da Michael e un messaggio da parte sua, il messaggio diceva: "David, dove cazzo eri? Hai saltato questa mattina, stai bene?".
Non risposi, rimusi il telefono in tasca e continuai a camminare.

Arrivato a casa aprii la porta con le mie copie di chiavi. Era tutto come sempre, ma il presentimento che la tranquillità che regnava nell'edificio sarebbe stata di lì a poco spezzata.

Sentii all'improvviso una voce roca che conoscevo benissimo.

P. David: dove sei stato?

Mi girai e trovai mio padre sulla soglia della porta della cucina, alle sue spalle spiccavano sul tavolo varie bottiglie di birra e altri alcolici. Si vedeva che era ubriaco anche dall'odore che emanava, in fondo mi dispiaceva per lui, ma lo trovavo comunque un essere ripugnante.

David: quindi ora ti importa di me?
P. David: sei andato a fare la puttana da qualche parte, eh?
David: non sono cazzi tuoi.

Feci per andarmene, quando sentii l'uomo tirarmi i capelli. Era una presa più dolorosa di quelle che avevo subito prima d'ora, era forte e faceva malissimo.

David: AHIA, PORCODDI-

Neanche il tempo di finire la frase che venni lasciato con uno strattone e subito dopo mi beccai un pugno in faccia vicino al naso.

P. David: PER L'ULTIMA VOLTA- DOVE SEI STATO, FROCIO?
David: sono stato da un amico. Nulla di più.

Mi beccai un calcio improvviso nell'intestino, mi venne conato di vomito. Il colpo fu così forte che caddi a terra da seduto, sbattendo la testa contro il muro.
L'uomo poi entrò nella cucina e prese una delle bottiglie sul tavolo, ne ruppe una sbattendola contro l'uscio, chiusi gli occhi per non farmi finire le scheggie di vetro negli occhi. Non riuscivo ad alzarmi dalla paura.
Afferrò poi uno dei cocci da terra, uno dei più grandi e si avvicinò a me.
Mi afferrò un braccio che cercai di ritrarre verso di me.

David: NON MI TOCCARE, CAZZO.

Era inutile, non riuscivo a liberarmi dalla presa per quanto forte strattonassi la presa. Mi portò il braccio sopra la testa tenendolo saldamente, mi abbassò la manica e con il pezzo di vetro che teneva fece un lungo, profondo taglio verticale squarciando le altre cicatrici, continuò facendo altri tagli facendo lo stesso anche all'altro braccio mentre io gemevo e urlavo dal dolore. I tagli erano molto profondi e perdevo molto sangue.

Non so come, ma una scarica improvvisa di energia mi fece alzare e colpire mio padre con un calcio al petto. Doveva aver fatto male visto che gli anfibi che portavo erano abbastanza pesanti.

Ebbi appena il tempo di salire di corsa  le scale, entrare nella mia stanza e chiudere la porta a chiave. Mi nascosi in uno sgabuzzino che era in camera mia, chiusi a chiave anche quest'ultimo dall'interno.

Ero spaventatissimo, cazzo. Sentivo colpi sulla mia porta dall'esterno e urla.

P. David: SO CHE SEI QUI, NON NASCONDERTI.

Cercavo di non emettere suono e intanto le ferite sanguinavano ancora.  La chiave che prima era attaccata alla serratura della porta dello agabuzzino ora la stringevo nella mia mano saldamente, così come con la chiave della porta della mia stanza. Dopo pochi minuti i colpi cessarono e sentii dei passi allontanarsi, decisi comunque di rimanere nello stanzino per un altro po' prima di uscirne.

Quello sgabuzzino era una stanzetta di circa 8 metri quadrati in cui vi erano varie scatole contenenti roba che nessuno usava più, una vecchia culla la cui vernice bianca si stava ormai scrostando, un peluche a forma di topo, un dinosauro giocattolo, vecchie foto di quando ero piccolo e un poster degli ABBA. Appesa al soffitto vi era una lampadina che avrebbe dovuto illuminare e che si accendeva tramite un interruttore vicino alla porta.

1 ora dopo...

Decisi finalmente di uscire da quel luogo polveroso e buio, gurai la rispettiva chiave e aprii la porta. La stanza era buia. Accesi la torcia del telefono per vederci almeno un po', raggiunsi il mio comodino e accesi la lampada sopra quest'ultimo. Il sangue aveva smesso di scorrere dalle ferite, era meglio disinfettarle e fasciarle se non volego prendermi un'infezione.

-

Avevo i polsi fasciati, mi ero tolto giacca di pelle, jeans, anfibi e tutta la roba con cui ero rimasto fino a quel momento. Guardai l'orologio sul mio comodino, segnava le 20:05 era abbastanza tardi per cenare*. C'era silenzio già da un po' ormai, quindi sospettai che non ci fosse nessuno in casa dato il silenzio tombale.

*nel Regno Unito e negli Stati Uniti (ma creco anche in Australia e in altri paesi anglosassoni) di solito si cena piuttosto presto, a volte addirittura alle sei del pomeriggio)

Scesi sotto solo con la solita felpa nera e i boxer sperando non ci fosse ancora quell'uomo che mi aveva fatto del male fino a poche ore prima. Fortunatamente non era lì, se ne sarà andato al splito pub...

Aprii il frigo e presi giusto un po' del prosciutto crudo che vi era all'interno.
Ne mangiai un po' sperando non fosse scaduto.

-

Ero nella mia stanza, non riuscivo a prendere sonno. I polsi ancora mi dolevano. Volevo piangere. Perché tutto questoz perché proprio a me? Mi spiace Nick, ma mi sembra che non sarò in grado di rispettare la promessa.

-

Quella mattina mi svegliai allo stesso orario di sempre. Mi lavai, mi vestii e uscii di casa senza fare storie. Non presi l'autobus perché la mia destinazione era un'altra: il negozio del ferramenta.

Arrivai alla mia destinazione ed entrai nel piccolo negozietto. C'erano vati attrezzi esposti sugli scaffali, ma non trovavo ciò che stavo cercando.

??: ragazzo, cerchi qualcosa?

Mi girai e vidi un uomo di mezza età con i baffi dietro di me.

David: cerco una corda abbastanza robusta.
??: oh, forse ho quello che ti serve. Seguimi.

Seguii l'uomo verso una parte più interna del negozio, c'era una scaffale pieno di corde di tutti i tipi.

??: questa no, nemmeno, neanche...oh, ecco.

Mi diede in mano una "matassa" di corda lunga circa 4 metri.
Andammo alla cassa e pagai, era molto più economica di quel che mi aspettassi, spearai solo non si spezzasse.
Misi l'oggetto nello zaino e mi dirissi a un bar.

Entrai e comprai una birra, il barista mi guardava abbastanza male, ma non mi importava più di tanto. Uscii da lì con l'ultima birra che avrei mai assaporato.

Rimasi fuori fino al pomeriggio andando in giro per Manchester.

Mi avviai verso casa alle 4pm circa. Mentre camminavo sentii il mio cellulare vibrare nella tasca, afferrai il telefono e vidi chi mi stava chiamando, era Michael. Mi limitai a sbuffare e rifiutare la chiamata, spensi il telefono e continuai per la mia strada.

-

Arrivai a casa, mio padre come al solito non c'era. Salii in camera e chiusi la porta a chiave, luibsarebbe potuto rientrare da un mimento all'altro e non volevo essere interrotto da niente e nessuno. Posai lo zaino e mi tolsi anfibi e giacca, quest'ultima la buttai a caso sul mio letto.

Attaccato a una parete della mia stanza c'era un gancio, rosso fissato con delle viti. Non lo avevo mai usato in vita mia e non avevo mai capito perché fosse così in alto, ma almeno ora aveva un'utilità. Tirai fuori la corda dal mio zaino e la legai al gancio, siccome era molto in alto mi aiutai salendo su una sedia che avevo in camera. In seguito feci un cappio alla seconda estremità, sapevo come si facevano visto che ne avevo dovuti fare diversi per delle rappresentazioni teatrali a scuola.
Mi presi il tempo giusto per scrivere una lettera d'addio con la prima penna che mi ero trovato a tiro e il foglio di una rubrica che avevo nel mio comodino, ormai pieno di macchioline di sangue secco.
Frugai nello stesso cassetto e ne tirai fuori la solita lametta, levai le bende e stavolta tagliai (con molta più foga) la parte non lesa dei miei polsi.

Mi avvicinai poi alla sedia vicino al cappio e vi salii sopra, mi misi il cerchio formato dal nodo attorno al collo e infine diedi un calcio alla sedia provocando un rumore sgradevole, mi ritrovai sospeso in aria con la corda attorno al collo, mi sentii strattonare quando accadde e mi iniziò sempre più a mancare l'aria. Addio, mi mancherete tutti.

Nicholas POV

Nicholas: pronto?
Michael: pronto, Nick? Sei con David, per caso? Non lo vedo da stamattina, non è andato a scuola oggi.
Nicholas: hai provato a chiamarlo?
Michael: si! Più volte! La prima volta ha rifiutato la chiamata, le altre volte aveca il telefono spento.

Ora iniziavo a preoccuparmi, David non ha mai il telefono spento e risponde sempre alle chiamate, tutto questo è...stranissimo...

Nicholas: vado a casa sua per vedere come sta.

Da quando gli importava di lui? Non lo so...sapevo solo che ero preoccupato per il mio amico.

-

Mentre correvo all'impazzata per la strada che separava le nostre case provai a chiamarlo 2-3 volte. Niente. Speravo con tutto il cuore che non avesse fatto quello che stavo pensando e si stava pure mettendo a piovere.

Arrivai a casa sua con il fiatone, andai alla porta e bussai.

Nicholas: David? Sono io, aprimi.

Niente. Vidi poi che la finestra di camera sua era aperta e vicino c'era una scala a pioli, me ne ricordai subito; usavamo quella scala per entrare dalla finestra di David, così evitavamo di beccarci bottiglie in faccia dal padre, l'idea era stata ovviamente del castano. Avvicinai la scala alla finestra e salii cercando di non cadere. Alla fine arrivai alla finestra e vi entrai. Quello che mi si parò davanti fu scioccante.

David era vicino a una seconda porta nella sua stanza impiccato ad una corda, il gancio a cui era legato quest'ultima stava per cedere. Andai velocemente a slegarlo e poi presi il suo corpo tra le braccia.

Sul suo viso era dipinto un sorriso tipico di qualcuno che sta soffrendo e cerca di sorridere per non far preoccupare nessuno. Calde lacrime iniziarono a bagnarmi gli occhi, non poteva essere reale, era solo un sogno...giusto? Però la sensazione delle lacrime che iniziavano a scorrere sul mio viso confermò che era tutto reale e quello non era un incubo. Sulle sue braccia si intravedevano tagli in una parte che non si era mai lesionato, eppure lo aveva fatto oggi.

Mi saltò poi all'occhio un foglio sul letto (su cui era posata anche la sua giacca di pelle), mi alzai da terra, lo presi e lo lessi.

Ciao a chiunque stia leggendo questa lettera. Nel momento in cui qualcuno la avrà trovata sarò probabilmente morto. Avevo fatto una promessa a Nicholas, ossia che non avrei fatto puttanate. Non ce la facevo più però, continuavo a essere picchiato e insultato dall'uomo che ancora mi azzardavo a chiamare "padre". Dopotutto questo periodo in generale è stato una merda: sono stato preso per il culo da una persona di cui mi fidavo e pensavo di amare, è morta l'unica persona che mi faceva stare bene qui a casa e ho subito abusi sessuali da mio "padre". Ok, avevo ancora qualcuno a confortarmi e a farmi stare bene, ma non ce la facevo più a vivere in quel modo (più che vivere poteva essere considerato sopravvivere). Addio, è stato bello poter conoscere chiunque sia entrato nella mia vita.

-David "Aeternus" Carson

P.S. Michael, ricordati che ti ho sempre amato.

Piangevo nel leggere quella lettera, ma mi strappo un sorriso leggere "Aeternus", che era il nome d'arte che David usava. David e Michael avevano 16 anni quando la band fu fornata e io 18, in quel periodo Dav era in fissa con "Life Eternal" dei Mayhem e traduceva versioni di latino per varie vetifiche che stava avendo, a volte recitandole davanti a noi e quindi gli affibbiai in nomigonolo di "Aeternus" ("eterno" in latino), gli piacque e iniziò a usarlo come nome d'arte in quelle poche esibizioni che fecimo con lui in qualche pub o a feste a cui fummo cacciati dopo 2 canzoni.

Mi stupii nel leggere che nonostante tutto lui amava ancora Michael, ma mi stupì di più venirlo a sapere in questo modo da una lettera di suicidio. Mi sa che appena posso dovrò fare quattro chiacchiere con lui...

-

2 giorni dopo...

Fissavo la lapide di Dav da 10 minuti ormai e mi dannavo per non averlo chiamato prima per fermarlo, parlargli, potevamo chiamare la polizia e sustemare tutto, ma no...

Mi sentivo in colpa, ma sapevo che non potevo farci nulla e dovevo accettare la realtà.

Michael: hey...ho saputo ieri e...
Nicholas: e quindi ora ti importa di lui? Anche dopo che lo hai umiliato per la seconda volta?
Michael: i-io...-
Nicholas:TU COSA? IO AL POSTO SUO TI AVREI SPUTATO IN FACCIA, COGLIONE. LO SAI ALMENO QUANTO HA SOFFERTO PRIMA DI MORIRE?
Michael: io pensavo non goi sarebbe importato se lo dicevo solo a Louis...
Nicholas: NON LO DOVEVI DIRE A NESSUNO, CAZZO. NONOSTANTE TU LO ABBIA FATTO SOFFRIRE LUI TI AMAVA ANCORA.
Michael: c-cosa-?

Sembrava abbastanza stupito, mi limitai solo a sospirare e a voltarmi, rilessi le scritte sul marmo:

David Carson
17/09/1997-12/11/2016

Il riccio riprese parola.

Michael: il padre? Che è successo?
Nicholas: ho chiamato la polizia, l'uomo è stato preso, ma è stato mandato in un centro specializzato per disintossicarsi dall'alcohol. Si sta aspettando un processo visto che ha abusato di David e lo ha pure picchiato.

Parlavo con voce piatta fussando ancora la tomba di marmo. Senza dire una parola, il corvino si avvicinò alla tomba e posò un mazzo di crisantemi bianchi alla base della lapide, fece qualche passo indietro e si mise in piedi alla mia sinistra.

Nicholas: prima che me ne vada, voglio darti qualcosa che David ti avrebbe voluto dare fino a pochi giorni fa. Mi voltai verso di lui e lo baciai a stampo, mi staccai dopo neppure 3 secondi.

Nicholas: fanculo.

E me ne andai lasciando Michael spiazzato e con una faccia a metà tra lo stupito e il ferito.

ANGOLO AUTRICE

È DA 4 MINCHIA DI GIORNI CHE STO SU QUESTO CAPITOLO ED È UNA SODDISFAZIONE FINIRLO, CAZZO. Spero che Watty mi faccia pubblicare il capitolo, altrimenti mi metto a cristonare come non mai. Btw, il capitolo del libro "informazioni sulle mie storie" su questo libro è uscito e uscira pure la parte due di quel capitolo.
Addio 😋🤙

-Mikabrine

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top