Lilla
Capitolo 22
"Se cercherai di comprendere la mente di un pazzo; ti renderai conto, che quello pazzo per davvero, tra voi due, sei proprio tu"
Kappa_07
La luce del sole mi schiaffeggiò il volto, e le braccia scoperte fuori dalle lenzuola mi si riempirono di pelle d'oca. Qualcuno doveva aver aperto la finestra, fu il primo pensiero che il mio cervello generò comunicandomi che stavo lasciando le braccia di morfeo. Il secondo pensiero logico che generò fu quello approcciato al mio udito. Delle voci sommesse a dir poco smielate furono la causa dei miei occhi sbarrati in un istante.
Una risata più intensa mi fece aggrottare le sopracciglia e stringere forte le labbra in una linea dura, mentre davanti agli occhi mi si presentò il poster di un lupo nero con il numero 7 in viola e in nero a fianco di lato in alto fissato alla parete.
"Cazzo, ero ancora a casa sua"
"E quelle voci sommesse erano di una donna e di" ... «Caleb», sfiorai dalle labbra dando voce ai miei infiniti pensieri sconnessi.
«Svegliala e mandala via!», parlò quella che doveva essere la voce del genere femminile. Almeno, questo è ciò che il mio cervello dedusse. «Ho voglia di farlo con te. Altrimenti perché avrei dovuto venire qui di prima mattina!»
Sbarrai lo sguardo fissando il poster, come se dovesse fornirmi proprio quel lupo nero dagli occhi di ghiaccio la risposta a mille domande che mi stavo ponendo.
"Chi era?"
"Che cosa stava succedendo?"
"Perché?"
«È già sveglia!», disse Caleb, l'intensità del suo timbro, mi creò una palla di pelo in gola. Deglutii senza avere il coraggio di alzarmi dal letto. Ero immobile e respiravo a scatti. Temevo che se avessi preso una boccata d'ossigeno come si doveva, mi avrebbe scoperta.
"Oh, ma lui ti ha scoperta stupida imbecille."
Chiusi gli occhi, con il cuore in gola e li strizzai con forza, desideravo tornare a dormire per non assistere a loro due che confabulavano.
"Maledetto! Ti odio!"
Sentì la ragazza sospirare, «Allora lasciala lì e andiamo in un'altra stanza. Ti voglio, su, Caleb che ti importa di lei?». Sentii uno schiocco di baci, e aprii di nuovo gli occhi. Lo stomaco mi si rimescolo e strinsi forte i denti.
«No, ho un'altra idea», lo sentì sogghignare. «Voglio scoparti proprio lì, di fianco a lei. Perché hai ragione. Sta ancora dormendo», urlò appena marcando sulla parola 'ancora'.
Aprii la bocca sconcertata, pronta a scattare su dal letto, ma non ebbi il tempo di dare il segnale al mio corpo che il materasso si abbassò a fianco alla mia schiena e uno squittio gioioso femminile si elevò nell'intera stanza.
«Oh dio, ma sei serio?», rise. «Sai che per me non ci sono problemi, ma sei sicuro che lei non si sconvolgerà da ciò che ti lascerò farmi?», il suo tono diventò più suadente e più languido.
Mi sentii pungere la spina dorsale. Lui mi stava guardando, fu un formicolio che partì dalla radice dei capelli fino a percorrere tutto il mio corpo finendo al mignolo del piede.
Non potevo farcela a sopportare loro due che scopavano, dovevo alzarmi e andare via da lì. Subito.
Lui aveva deciso di giocare con i miei nervi alle prime luci dell'alba e io non ero minimamente pronta.
«Può darsi, oppure le piacerà e la sua fichetta diventerà tutta bagnata, immaginando di essere al posto tuo». Disse serio.
Strinsi forte i denti, acciuffando le lenzuola con forza e stringendole al petto.
"Bastardo"
La ragazza rise divertita dalle sue parole cattive e mi sentii anche i suoi occhi addosso. «Non mi hai detto che cosa ci fa qui questa lurida.», sputo acida.
Deglutii, tenendo a bada il cuore che aveva preso a correre più veloce di una corsa di cavalli.
"Lurida sarai tu brutta stronza"
«Non importa», tagliò corto Caleb. «Non devo dare spiegazioni a te!»
Sentii la sua presenza sempre più vicino a me e un moto di ansia e terrore mi attanagliò il petto. Non sapere che cosa gli passava per la testa era peggio di quando ne ero a conoscenza, almeno avrei saputo come comportarmi in quel caso.
«Va bene, va bene, scusami.» rispose lei addolcendo la voce alla fine.
«Ora apri quelle cosce e fammi vedere quanto sei bagnata per me», le ordinò serio.
Le lenzuola divennero più pesanti, il respiro mi si blocco tra le costole e gli occhi mi pizzicarono appena.
Lui non aveva davvero intenzione di scopare una ragazza di fianco a me vero?
Non dopo tutto quello che mi aveva fatto l'altra sera...
Il letto si affossò ancora di più, a causa della sua stazza, si era seduto. «Apri le gambe Messy-Mess. Fatti guardare», le ordinò perentorio.
Mi si accapponò la pelle e strinsi forte le palpebre per non far uscire nessuna goccia di lacrima.
«Oh,» sospirò. «Guarda qui come sei lucida e pronta. Sei una vera birichina» aggiunse alzando la voce soddisfatto.
Dovevo fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Dovevo andarmene da lì e dovevo farlo subito.
"Alzati Lilla. Alzati e vattene senza pensarci due volte. Corri".
«Vieni qui», disse Caleb, e il letto si mosse quando Mess si alzò per fare chissà che cosa. Attesi con le orecchie pronte a captare ogni minimo rumore, e fu solo quando sentii abbassarsi la zip di un paio di pantaloni che capii cosa stesse per fare.
Sgranai gli occhi e senza pensarci due volte mi alzai dal letto poggiando i piedi per terra come se qualcuno mi avesse gettato addosso dell'acqua gelata.
Tutto tacque, mentre restavo rivolta di spalle e il battuto cardiaco mi schizzò in gola. Sentii i loro occhi trafiggere la mia schiena come se fossero delle lamette affilate e pronte per recidermila pelle fino all'osso.
«Oh, buongiorno Viola, ci hai interrotto sul più bello». Si prese gioco di me il lupo nero della Little Falls.
Continuai a stringere la mascella con forza, la palla di fuoco che avevo in gola non mi permise di dare voce alle parole che si susseguivano come un fiume in piena nella mia testa.
«Viola?», ripeté Messy sorpresa da quello stupido nomignolo burlesco. «Te l'ho detto che si sarebbe sconvolta.» continuò a prendersi gioco di me, mentre la schiena mi bruciava come se avessi toccato la lava bollente.
«Nah,» sospirò lui. «Lei non si sconvolge facilmente. Non più ormai». Sussurrò in modo velato, che mi fece ribollire le giance.
Sentivo il battito nelle orecchie mentre restavo muta come un pesce senza osare a proferire nessuna parola. Ciò che mi aveva fatto, era imperdonabile, e il piacere ricavato mi fece sentire ancora più sporca di me stessa, ma non gli avrei permesso di farmi sentire una merda quando era successo tutto senza il mio consenso.
Nonostante tutto, non aveva mai smesso di essere ciò che era. Una persona subdola, uno a cui non interessava nient'altro se non i suoi giochi perversi e infantili. Mi maledissi per la mia capacità di perdonare un essere ignobile come lui con così tanta facilità.
«Vuoi unirti a noi?» domandò Messy, la cheerleader della squadra di basket. La più famosa per certe cose a detta di Shon e di molti altri.
Strinsi con forza la mandibola obbligando me stessa di non osare a versare nemmeno una lacrima. Per quanto facesse male non ne valeva assolutamente la pena.
Ma cosa mi faceva male in particolare? Il fatto che l'altra sera gli avevo permesso di picchiarmi come un dannato bastardo? Oppure il fatto che il dolore impartitomi mi eccitò come mai era successo prima di allora?
Caleb War aveva così tanti difetti, ma il più grande che gli dèi gli avevano concesso, era quello di saper giocare con la mente delle persone. E specialmente con la mia.
«Allora? Non parli? Sei muta per caso?» mi domandò avvicinandosi al mio orecchio. Mi vene la pelle d'oca e sentii il ribrezzo trapelare dalle mie espressioni faciali. «Parlo con te, stupida!», mi afferrò i capelli dietro la nuca e le strinse appena.
Mi alzai di scatto, sfuggendo alle sue grinfie e mi voltai in collera. Il nodo alla gola si disperse nel vuoto e la rabbia uscì in superficie. «Non toccarmi puttana!», la minacciai. Non avevo mai odiato nessuno come odiai lei e quel ghigno perverso che le dipingeva il volto.
La sua bocca tinta da un rossetto rosso fuoco si spalancò incredula e gli occhi scuri si dilatarono. Cercò di riprendersi e di sembrare indifferente alle mie parole, quando quel ghigno malvagio le incrino ancora di più le labbra prima di dire: «Non so chi tra le due è più puttana. Io che non lo nego, o tu... che sogni il cazzo di Caleb in segreto di notte e ti atteggi da santarellina di giorno».
Il nodo alla gola tornò prontamente per ferirmi nel più profondo del mio essere. Schegge di vetro mi si conficcarono in gola e insieme a esse aghi minacciosi mi punsero gli occhi.
Ero venuta sulle sue ginocchia, ero stata toccata nel più intimo dalle sue mani, ma essere apostrofata come puttana, no. Quello non lo avrei mai accettato. E il fatto che lui stesse assistendo a tutto questo in rigoroso silenzio mi fece arrabbiare oltremodo.
Raccolsi tutta la determinazione che c'era in me e volsi lo sguardo verso il Lupo. I suoi occhi di ghiaccio e di fuoco mi avvolsero come se mi fossi trovata su un vortice d'acqua nell'immenso oceano e stessi per essere inghiottita da un momento all'altro dalla corrente. Mi destabilizzavano, mi uccidevano, e allo stesso tempo, i suoi occhi incredibilmente in netto contrasto con i suoi capelli neri come il buco più nero dell'universo mi affascinavano.
I suoi tratti erano indecifrabili, freddi come il ghiaccio, le labbra carnose che avevo assaggiato e che mi avevano inferto il più strano dei tagli al petto, erano strette in una linea dura. Restava muto, con lo sguardo assottigliato appena.
Perché non diceva niente?
«Non ho mai detto di essere una puritana, o una santarellina. Ho espressamente urlato moltissime volte di non volere e tantomeno accettare il tuo interesse nei miei confronti. Tu puoi trattarmi con sufficienza, puoi fare di me lo zimbello dell'intero mondo se lo desideri. Ma non ti permetto di mancarmi di rispetto con una troia come lei dopo ciò che...», "mi hai fatto" la voce mi si incrinò appena, mentre osservavo il suo corpo colossale dagli infiniti tatuaggi che sembrarono prendere vita ogni volta che respirava.
Restò zitto, a fissarmi a lungo e io feci altrettanto senza preoccuparmi delle occhiatacce di quella stupida ragazza, mezza nuda nel suo letto. O del fatto che lui avesse la cintura slacciata. Per me poteva scopare con lei quanto voleva, basta che me ne fossi andata via da lì.
«Stronza stai esagerando», mi minacciò Messy, ma non la presi nemmeno in considerazione, continuai a guardare lui negli occhi.
«Cosa ti passa per la testa? Quale è lo scopo finale di tutto questo? Che ce di così appagante nell'essere tanto superficiale e cattivo? Cosa mai ti avrò fatto?», strinsi forte la mandibola mentre lo osservavo fissarmi in quel modo indecifrabile.
«Pensavi di ferirmi per caso? Oppure avevi solo voglia di fare i tuoi giochetti mentali infantili per vedere come avrei reagito?» il mio cuore correva più veloce di una corsa di cavalli, il cervello era annebbiato dalla rabbia, ebbi un pensiero molto violento. Volevo andare lì e spaccargli la facci a suon di pugni.
Eppure restai ferma immobile, a guardarlo con gli occhi che mi pizzicavano e la voglia matta di buttare giù dalla finestra Messy e il suo ghigno da stronza.
Ghignai quando compresi che non avrebbe emesso un fiato e capii che anche questo era un giochetto mentale che stava cercando di fare. Alzai le mani, guardandoli entrambi e disi: «Continuate pure la vostra attività. Lungi da me interrompervi. Siete fatti l'uno per laltra, la perfidia e la cattiveria di questi tempi vanno a braccetto», feci un paio di passi verso la porta dove si trovava lui e me ne uscii fuori in tutta fretta senza rivolgergli più nemmeno uno sguardo.
«Brutta troia!» urlò Messy ridendo, deglutii invano e tentai di dissipare il nodo che avevo in gola mentre mi spazzai via le lacrime che stavano iniziando a scendere copiose dalle ferite che sentivo dentro e di come fossi ignara su come li avessi procurate.
In un modo o nell'altro, Caleb mi stava segnando, e i segni fisici non avevano nulla a che fare con il tumulto di ciò che sentivo dentro.
Ero delusa, ma il motivo restava ignaro, una parte di me, quella ragionevole mi diceva che non dovevo sprecare nemmeno un misero secondo per cercare di analizzare il dolore e le cicatrici che sentivo bruciare nel mio petto con l'intensità di un taglio profondo appena inferto.
E l'altra parte quella più sciocca, mi comunicava che forse dopo tutto quello che gli avevo lasciato farmi l'altra sera avrebbe in qualche modo per lo meno affievolito il nostri diverbi e l'odio reciproco.
«Chiudi quella bocca Mess!», disse Caleb, ma mi dissociai da tutto e presi a scendere le scale convulsamente mandando a fanculo tutte le mie paranoie mentali.
«Ehi, occhi viola». Urlò Caleb dietro di me, ma non fermai il passo, decisa a spalancare la porta e andarmene da quella casa buia e tetra.
«Sto parlando con te. Fermati non lo ripeterò un'altra volta», mi chiamò di nuovo alzando appena la voce che in tutto quel silenzio tombale sembrò uscire dal più profondo degli abissi.
Con le mani chiuse a pugno mi fermai restando a un centimetro dalla porta. Strinsi la mandibola con forza prima di sentire i suoi passi felpati. Chiusi gli occhi per calmare la tempesta che avevo dentro e mi voltai.
«Sono ferma...», elargì con determinazione.
Il suo volto se prima era impassibile, mi sembrò in eterna lotta in quel momento. Il pomo d'Adamo fece su e giù mentre le spalle erano ricurve appena, aveva gli occhi assottigliati appena e mi stava silenziosamente studiando. Proprio come si faceva con un animale ferito.
"Fanculo, io non sono ferita".
«Quello che hai visto poco fa...», iniziò a dire.
«Quello che ho visto poco fa, non mi interessa. Per quanto mi riguarda, puoi infilare il tuo cazzo in ogni buco che ti trovi davanti...», feci un passo davanti a lui in collera. Le sue sopracciglia si alzarono fino ad attaccarsi alla cute, restò sorpreso e piano piano un ghigno si formò all'angolo della bocca carnosa.
«Ma non provare mai più a rendermi partecipe a una delle tue stupide idee malsane. Se ti vuoi così tanto scopare Messy, o chiunque altra, prova per un attimo a pensare al male fisico che mi hai procurato e al fatto che ieri sera mi hai pressoché violentata!», sospirai, in cerca di una boccata d'aria poiché avergli parlato così spudoratamente mi aveva incendiato le guance, sentivo il calore avvolgermi come una coperta di lava bollente.
I suoi occhi blu si adombrarono, sbatté le palpebre un paio di volte incredulo continuando a guardarmi.
«Mi sembra che ti sia piaciuto!», rispose a denti stretti. «Mi sembra che tu sia venuta sulle mie dita come se fosse la cosa più giusta che abbia mai fatto!», fece due passi in avanti avvicinandosi, il profumo di agrumi, famigliare ormai per il mio olfatto mi avvolse intorpidendo le mie membra e il cuore perse la sua solita corsa dimenticandosi del ritmo costante.
Deglutii avevo la gola arida e distolsi per un secondo lo sguardo, impossibilitata ad osservarlo per più di due secondi, perché solo al ricordo delle sue mani nella mia fica mi facevano stringere lo stomaco in piccoli morsi incomprensibili.
«È successo quello che è successo perché tu non mi hai dato altra scelta!» gli urlai contro. «Perché tu sei così! Un bastardo, un violento e un tiranno! Una persona che avrei preferito non aver mai incontrato!» inveii in collera. «Uno a cui piace giocare con le persone, cerchi di tirare fuori il peggio di loro mostrando il peggio di te, ammesso che ci sia una fine al tuo peggio! Ti stavi per portare a letto, dove io precisamente stavo dormendo, una ragazza solo per vedere la mia reazione. Per cosa poi? Per un gioco di merda che non ha nessun significato logico?»
La rabbia dentro di me mi faceva uscire le parole come se avessi una tempesta nel petto, la rabbia era rivolta a lui, che mi aveva trattata con sufficienza, e continuava a non capire che doveva lasciarmi stare.
«Volevo scopare lei perché non posso scopare te!», mi urlò contro a sua volta avvicinandosi.
Un colpo da martello mi si pianto nel petto ed ebbi l'impressione che il mio cuore si fosse fermato. Sgranai gli occhi incredula. «No! Infatti, non puoi, non lo farai mai!»
«No, Viola! Non posso perché non voglio!», annunciò stringendo appena la mascella. «Io posso, come ho potuto toccare il tuo culo, posso, come ho potuto sentire la tua fica pulsare mentre godevi. Io, non, voglio. Non adesso. Non ora.»
La sua presenza si faceva sempre più vicina mentre sentivo di venire inghiottita dalla sua stazza. I capelli scuri e scompigliati lo rendevano talmente oscuro. Proprio come un demone nero capace di succhiare ogni briciolo di energia e di buonsenso.
Lui era nato per questo. Era nato per scegliere le anime più coraggiose e renderle talmente ubbidienti da scordare la loro forca e capacità. Il suo ruolo in questo mondo era quello di trascinarli nei sentieri della perdizione, e se c'era una cosa che avevo imparato in un mese della sua sfortunata conoscenza, era quello che ci riusciva sempre. Ogni volta.
«Tu devi solo provarci!», lo minacciai a denti stretti, la rabbia stava ribollendo dentro di me e piano piano stava scalando le vette per raggiungere la superficie. Risi incredula osservando il quadro in bianco e nero appeso alla parete sulla destra, vicino alla finestra che catturava un raggio di sole e pensai che non ci fosse motivo di continuare a tergiversare su discorsi talmente inutili.
«Corri nella tua tana lupo. La lupetta che c'è sopra sicuramente ti darà ciò di cui hai bisogno. E lascia in pace me, che delle tue manie e del tuo sadismo non so che farne, se non buttarlo nel cesso come ogni tua schifosa parola.»
Lui strinse la mascella rivelando un muscolo che nascose subito, ma la rabbia nei suoi occhi era talmente parlabile che gli era impossibile nasconderla. «Ma io voglia la fenice», sussurrò appena, poi prese a muoversi di nuovo facendo un solo passo. Indietreggiai di riflesso. «e se non la smette di dire minchiate, la prenderò subito, proprio qui, solo per il gusto di insegnarle che ciò che dico, è sempre vero. Ieri sera ti dissi che ti avrei scopata quando varcherai la porta di casa mia di tua spontanea volontà, e io mantengo sempre le mie promesse. Quindi attenta, perché potrei decidere anche di cambiare versione. Ossia: se lascerai questa casa ti farò mia perché è ciò che desidero.»
Il cuore batteva come una forsennata nel mio petto, e la certezza delle sue parole mi fecero dubitare di me stessa, ma decisi di mostrarmi forte e di non dargliela vinta. Lui poteva pure giocare con l'aspetto psicologico delle sue stupide minacce, ma io ero più furba del lupo.
«Sai, avevo creduto che fosse cambiato qualcosa tra noi ieri sera. Non fraintendere, non intendo quando tu mi hai stuprata, no...», mi strinsi nelle spalle avanzando di poco fino ad essere a due passi dal suo corpo. «Intendo prima, quando ti presi a schiaffi in quello sgabuzzino umido e piccolo a scuola. Avevo creduto che forse tu, in fondo, avessi un cuore, per quanto piccolo e di pietra, pensai che forse, potevo anche trovare un modo per tollerarti, ma mi sbagliavo. Uno come te, non cambierà mai. E va bene così. Perché è il modo migliore per convivere, la consapevolezza di avere a che fare con un imbecille mi rassicura in qualche modo. Almeno così so fin dove potresti arrivare solo per raggiungere i tuoi scopi.»
Ghignò, un ghigno malvagio con lo sguardo basso che mi fece accapponare la pelle, poi sospirò, come se si fosse accorto di qualcosa a cui ne ero ignara. «Niente paura. Niente rimorso. Niente dolore, occhi viola. È questo ciò che devi sapere su di me.»
Deglutii aggrottando la fronte, confusa su come percepire le sue parole, mi sarei aspettata un monologo pieno di minacce, ma Caleb, mi volto le spalle e si diresse verso il secondo piano dicendo: «Ora esci da casa mia, prima che ti sbatta fuori io!»
Ringhiai pieno di rabbia. Sembravo una bomba pronta a esplodere e a rispondergli per le rime, ma qualcuno mi precedette. Qualcuno che aveva aperto la porta dietro le mie spalle senza che me ne accorgessi.
«Non si trattano così le persone Caleb!»
Tutti e due ci voltammo di scatto come se fossimo stati due rapinatori colti in fallo dalla polizia.
💜Spazio Autrice💜
Parto col dirvi che mi dispiace per l'attesa.
Mi è stato davvero, davvero, davvero difficile scrivere questo capitolo e soprattutto decidere su come farlo finire.
Ho passato due settimane a rimuginare ai personaggi, e alla piega che voglio far prendere a questa storia e mi sono resa conto che non sono ancora riuscita a inserire tutto ciò che volevo far succedere ai due protagonisti.
Spero di pubblicare presto il capitolo 23 e nell'attesa, vi aspetto nei prossimi capitoli con i vostri commenti e stelline.
Vostra, Kappa_07 💜
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