Caleb

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⚠️Attenzione⚠️: Questo capitolo contiene una forma di abuso mentale. Submissing mentale e sessuale.
Siete pregati di non leggere se ne siete sensibili.
Ma se preferite continuare ad odiare Caleb. Vi prego; fate pure💜

Capitolo 27

"Scappare non serve a niente, a volte affrontare il pericolo di essere fatto a brandelli,
ti fa comprendere,
fin dove il tuo aguzzino è disposto a spingersi,
pur di sottometterti".

Kappa_07

Quella sera, dopo che Eliot fosse tornato dalla visita a casa di Shon gli avevamo chiesto spiegazioni. In primis, ci eravamo accorti un po' tutti che non vedeva l'ora di fare qualcosa a quel ragazzo e per quanto conoscessimo Eliot, la cosa sembrò strana a tutti e due, e per secondo, volevamo capire che cosa gli avesse fatto.


Insomma, di certo la mia intenzione non era quella di terrorizzare quel ragazzo, ma di riuscire a toccare Lilla attraverso lui.

Eliot come sempre non aveva reagito o tentato di rispondere a nessuna delle mie domande, ma aveva troncato dicendo: «Tu vuoi giocare duro con quella rossa, e io ti ho appena dato un motivo per farle davvero del male. Quell'ragazzo sarà la sua rovina. Ringraziami invece di farmi delle domande inutili.»

A quella risposta, sia io che Lenny ci eravamo guardati negli occhi in una specie di conversazione muta, ma sapevamo.

No, anzi, ne eravamo consapevoli che c'era qualcosa che non andava in tutta quella situazione.

«Io non ti capisco amico. Ultimamente tutto ciò che fai non ha senso per me», gli disse Lenny. Eliot aveva ghignato e senza dirci più un cazzo, si era diresso verso la porta.

Avevo pensato un milione di volte al piano che avevamo escogitato, l'idea di fare del male a quella mocciosa mi aveva fatto sentire potente, il fatto che con quest'ultimo scherzo il preside l'avrebbe davvero caciata dalla scuola mi fece nascere un sorriso perverso. Quella rossa sarebbe scomparsa per sempre dalla mia vita e io avrei finalmente vinto. Come sempre.

Dopo cena come sempre uscii di casa vestito tutto di nero. Finalmente non pioveva più, nonostante il tempo turbolento e il vento abbastanza fastidioso, decisi di uscire in moto diretto al Wolves, ci eravamo messi d'accordo di vederci lì con i ragazzi. Non avevo festeggiato la vittoria per la partita del venerdì quindi avevo deciso di godermi la serata con tutto ciò che comportava. Donne, sesso e droga.

Montai in sella accesi la mia kawasaki nera che ruggì come una belva assettata di sangue e uscii dal cancello in direzione di Little Falls basso. Il vento mi sferzava la pelle mentre tutto mi sfrecciava davanti come un quadro di Van Gogh, oltrepassai il parco e misi la sesta prima di dare gas.

Svoltai a destra scalando la marcia fino a raggiungere l'Wolves sentendo laria gelida infilarsi sotto la felpa che avevo addosso. Vidi le due moto di Lenny ed Eliot parcheggiate davanti, c'erano anche la macchina di James e un paio di altri giocatori. Notai attraverso le vetrate che il posto brulicava di studenti, e un moto di orgoglio mi fece dominare le sensazioni. Erano tutti riuniti per me, dato che non c'era alla festa dell'altra sera.

I miei amici erano seduti al nostro solito tavolo accerchiate dalle cheerleader. Eliot stava conficcando la lingua in bocca a una delle cheerleader; Magdalein Smith, la figlia del rettore aveva dai capelli biondi e la stava quasi per scoparla sul posto. Sorrisi pensando a cosa avrebbe detto quel ramollito di suo padre se l'avesse vista fra le braccia del Crazy wolf mentre se la mangiava come se fosse un pezzo di dolce.

Lenny era occupato a mangiare le pattatine fritte mentre annuiva a qualche cazzata che stava dicendo James. Mi tolsi il casco e lo appoggiai nella sella. Misi le chiavi in tasca ed entrai.

«Finalmente!», esclamò Messy che si alzò dalla sedia decisa a darmi un bacio. Aveva addosso un vestitino attilato completamente nero e senza spalline, era semplicemente bellissima. Rivolsi lo sguardo a destra verso il bancone come se fossi stato attratto da qualcosa ma cera il solito ragazzo che mi guardò da sotto le ciglia prima di levare quegli occhi neri da me dopo avergli restituito il medesimo sguardo imperturbabile.

Setacciai il posto per vedere una piccola rossa, ma non la vidi. Messy mi si avvicinò fino ad attaccarsi al mio collo e rivolgendole uno sguardo, l'avvicinai a me e piantai le mie labbra nelle sue fino a mangiare le sue labbra sottili del tutto strizzandole una chiappa soda con la mano destra. Lei si protese mugolando.

Diversi fischi si elevarono nella sala e quando mi staccai da lei la vidi mordere quelle labbra assaporandole con la lingua. Mi avviai verso i miei amici quando un paio di occhi viola come il colore di pozioni delle streghe alla sinistra mi misero a fuoco con odio.

La Violetta mi stava fissando con le guance rosse e il respiro pesante. La osservai a mia volta senza lasciar trapelare nessun tipo di emozione se non per il ghigno prepotente che mi nacque all'angolo della bocca ricordando la minaccia che le avevo fatto solo questa mattina prima che uscisse da casa mia.

Il suo respiro era irregolare mentre mi vedeva raggiungere i miei amici con Messy stretta al mio fianco. Mi sedetti salutando i ragazzi e presi la cheerleader sulle mie ginocchia dandole un bacio deciso con la lingua solo per il gusto di essere osservato da quella ingannatrice dagli occhi tormentatori.

«Mi sei mancato», miagolò lei accarezzandomi i capelli. Mi scostai osservando passare Lilla con un bicchiere in mano. Aveva addosso un paio di jeans skinny che mostravano il suo bel culo a forma di pesca e una maglietta nera con la stampa di un lupo dietro e la scritta Wolves.

Si diresse spedita verso il bancone con le spalle dritte. Aveva raccolto i capelli in una coda alta e diversi boccoli le erano sfuggiti dall'elastico. Era bella come nessun'altra in questo posto. Lei si distingueva pure in una folla. Era unica.

Sospirai allontanando Messy e mi rivolsi ai miei amici. «Tutto pronto?»

«Tutto pronto!» rispose Eliot allontanando la ragazza dalle sue gambe. «Ho messo a posto ogni cosa. Ora aspetteremo.»

«Ottimo!», risposi rivolgendo uno sguardo alla Viola che stava reggendo un vassoio tra le mani. Stava lavorando, ma vedevo le sue spalle tese, la mascella serrata, la rabbia imprigionata nei suoi occhi ametista.

«Avete sentito Dean?», disse Lenny guardandoci negli occhi. Serrai la mascella tornando con lo sguardo sul suo. «No. Ha deciso di non essere più un nostro amico.», sputai acido.

Lenny sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Questo non è vero Caleb. C'è un motivo se è rimasto in silenzio stampa oggi.»

Assottigliai lo sguardo mettendo a fuoco la rossa che lasciò il vassoio sul bancone e si diresse verso le scale al piano di sopra. «Certo che c'è...» gli dissi spostando Messy dalle mie ginocchia per alzarmi.

«Ehi! Dove vai?», chiese lei perplessa, i due ragazzi mi guardarono comunicandomi da un semplice sguardo che sapevano benissimo ciò che stavo per fare. Li lasciai lì e mi diressi spedito verso le scale per seguire la rossa. Feci le scale e svoltai a destra verso l'ufficio di Shannon, c'era una luce tenue accesa all'interno, sicuramente quella della scrivania. Mi assicurai che non ci fosse nessuno all'interno oltre alla mia Violetta e quando non udii nessuna voce, abbassai la maniglia aprendo la porta.

Lei era in piedi mentre mi fissava con i pugni stretti lungo il suo corpo e le labbra serrate. Sembrava quasi sapesse che stessi per arrivare. La guardai da sottinsù mostrando un sorriso che non coinvolgeva gli occhi e chiusi la porta dietro di me con estrema lentezza. Girai la chiave e mi rivolsi verso di lei.

«Allora Violetta? Ti è piaciuto la mia mossa?», dissi mentre mi avvicinai di qualche passo verso di lei che rimase ferma a osservare ogni mio passo, ogni mio movimento o respiro.

«Mossa che ti farò pagare!», disse a denti stretti alzando il mento.

Presi tempo ad osservare il suo volto. Il piccolo naso a patatina era all'insù come se non temesse nulla, quel collo esile era allungato come a marcare il fatto che non sarei mai riuscito a piegarla. Risi, emettendo un suono che conoscevo benissimo. Era la rabbia e la frustrazione che si fondevano insieme.

Sembrava un gioco a tabù. Nella mente avevo l'unica cosa che non dovevo avere, altrimenti avrei perso. Eppure, eccomi qui. A pensare a lei, alle sue mosse, a ciò che le passava per la testa. Il gioco era sempre stato facile per me. Riuscivo a calcolare ogni mossa ogni pensiero, ma con lei non dava gli stessi frutti. Con lei diventava il caos. Quello che inghiottiva ogni mio proposito.

«Accomodati!», le dissi aprendo le braccia come la statua di Rio de Janeiro e a invitarla ad avvicinarsi. Lilla fece un respiro profondo e senza pensarci due volte si avventò con una tale forza verso la mia persona e con l'ira negli occhi mi diede un pugno in pieno petto.

La lascia fare. L'adrenalina avrebbe reso il tutto ancora più appagante. Il dolore mi mozzò il fiato per un misero secondo prima che lei continuasse a graffiarmi il petto spingendomi all'indietro. Andai a sbattere contro la porta che fece rumore e la lasciai sfogare la rabbia e la frustrazione che aveva accumulato addosso.

Sapevo che avrebbe reagito in quel modo. «Ti odio, mostro, stronzo tiranno, violento del cazzo e pure psicopatico!» mi urlò contro mentre la lasciavo fare.

Mi stava massacrando il petto mentre tutto in lei tremava. La voce le tremava mentre lacrime salate scendevano lungo le sue guance. «Perché lui? Cosa c'entrava! Vuoi farmi del male, allora perché non me lo fai!» urlò pieno di tristezza e rabbia mentre piano piano smise di prendermi a pugni e si allontanò da me.

Restai fermo a guardare perdere la sua solita calma mentre il petto mi bruciava come se avessi inglobato il fuoco dell'inferno. Il respiro mi vene meno quando si mise le mani nei capelli e grosse lacrime di frustrazione le scendevano lungo le guance. «Devi lasciare in pace Shon! Lui non c'entra nulla con questo gioco stupido!»

Deglutii seppellendo ogni emozione spiacevole che mi stava nascendo nel vederla ridotta in quel modo e abbassai le braccia alzando il mento.

A volte avevo questa impressione. Che questa mocciosa aveva il potere di rendermi avvezzo a essa. Sentivo come se non avessi il controllo di me stesso. Se mi fossi lasciato andare, lei sarebbe stata in grado di fare di me tutto ciò che voleva. Sarebbe riuscita a rendermi il suo schiavo. Avevo questo costante pensiero fisso. Lei sarebbe stata la strega che mi avrebbe portato all'anientamento.

«Tu hai preso il mio migliore amico. Io prenderò il tuo!», esclamai deciso guardandola da sottinsù mentre si faceva sempre più piccola. Le sue pupille viola si dilatarono increduli. «Direi uno scambio più che equo.»

«Io non ti ho preso niente!», esclamò tirando su col naso. «Dean ha scelto di essere un mio amico perché si è reso conto che tu sei folle! E Shon è stato terrorizzato da qusk coglione di Eliot solo perché tu lo hai deciso!»

Rissi prima di stringere con forza la mascella. «La follia è liberazione Violetta! E diciamocelo, Shon è sempre stato una persona isterica e altamente esagerata. Come minimo ha raddoppiato ciò che è successo realmente», le sussurrai facendo diversi passi nella sua direzione.

Lei mi guardò incredula. «Cosa?», si passò le mani fra I capelli incredula. «Ti rendi conto della follia? Tu veramente stai insultanto il mio migliora amico per difendere quel pazzo del tuo? Caleb!» mi chiamò sgranando gli occhi. «Eliot, lo ha terrorizzato! Gli ha detto cose indicibili! E tu... tu sei la causa. Quindi, o lasci in pace il mio amico, oppure io farò di tutto per fermarti!» concluse con voce greve guardandomi con odio.

La osservai imperturbabile e strinsi forte le mani a pugno.
Stava minnaciando me? Quella rossa lentiginosa?
«Ho intenzione di farti male. Un male che va oltre alla tua immaginazione. Voglio renderti succube di me. Diventerai con le buone o con le cattive parte di me. E Shon è solo l'inizio. Ti distruggerò!»

Il suo mento tremò appena mentre ascoltava le mie parole. Il suo petto andava su e giù sempre più veloce mentre la rabbia cresceva come un brutto mostro dentro di lei.

«Tu non puoi fare del male a Shon.», bisbigliò avvicinandosi con una rabbia cieca nello sguardo. «Io te lo impedirò, a costo di...» deglutii lasciando la frase in sospeso.

Mossi il capo curioso mettendo a fuoco il suo corpo. «A costo di cosa? Di uccidermi?», terminai la frase per lei.

Lilla sgranò gli occhi come se fosse stata schifata dalla mia affermazione. «Cosa?» esclamò incredula.

Deglutii, osservandola cambiare espressione, il suo volto diventava sempre più terrorizzato, le gote divennero bianche perdendo il colore rosso della rabbia.

Forse avevo esagerato, non aveva una fervida immaginazione dopotutto. No, Lilla Baker non era cattiva. L'idea della morte l'avrebbe terrorizzata sempre.

Sorrisi ammettendo indubbiamente che avevo esagerato a nominare la signora morte. No, lei avrebbe fatto di tutto per poter salvare colore che amava.

«Tu sei davvero pazzo! Ti dovrebbero chiudere in un manicomio cazzo!» esclamò facendo un passo all'indietro, come se fosse davvero terrorizzata da me.

Sogghignai ancora, mostrandole il mio sguardo da pazzo mentre mi avvicinavo a lei sempre di più. Vedevo i suoi occhi spalancarsi ad ogni passo. «Vattene via.», bisbigliò sbattendo contro alla scrivania. Ogni passo sembrava soffocarmi, vedere che mi temeva mi faceva sentire... bene.

«Sei disposta a iniziare a giocare secondo le mie regole?», le dissi avvicinandomi sempre di più, lei mise le mani in avanti per allontanarmi, ma sapevo cosa le dovevo fare. «Abbiamo sempre giocato secondo le tue fino ad ora. Perché sai piccola Rossa? Io sono stato gentile. Solo che tu hai voluto vedere il peggio di me...». Aggrappai le sue braccia, lei tentò di allontanarsi, ma la strinsi i polsi fino a lasciare la mia impronta, ci misi della pressione e la costrinsi a sbattere contro il mio petto.

«Caleb, te lo hanno mai detto che sei un maledetto mostro?», bisbiglio con le lacrime agli angoli degli occhi.

«Sì. Lilla. Me lo hanno detto. Molte, moltissime volte. Talmente tante volte da diventarne.» le sussurrai mentre con una mossa veloce la strinsi per la vita e la rivoltai con la faccia verso la scrivania dove sua zia ci aveva depositato sopra molti fogli, tra cui bollette e altro che non presi la briga di leggere.

«Che cosa vuoi farmi ora? Lasciami andare!». Si oppose.

Con una mano, slacciai la cintura e la feci scivolare via. Lei tentò di incurvare la schiena per voltare il capo, ma la tenni ferma, appiattita alla scrivania mentre con l'aiuto delle gambe, aprii le sue mettendomici in mezzo alle cosce aperte. Ci appoggiai il pene gonfio attaccato al suo bel culo in mostra.

«Caleb! Dannazione!», disse in un vano tentativo di sfuggire dalla presa ferrea ai polsi. Mi piegai sopra di lei per tenerla ferma mentre con la cintura le legavo i polsi.

«Sto cercando di farti vedere Viola. Voglio farti vedere cosa sono. Cosa emergi in me con i tuoi no.»

La sentii tremare appena sotto di me mentre cercava di liberarsi. Legai le sue mani fino a stringere con massima forza la cintura. Una volta legata mi alzai in piedi tenendola ben piantata contro la scrivania. Aveva la schiena incurvata alla perfezione per una penetrazione veloce, strinsi forte i denti per la voglia che avevo di possederla proprio lì.

«Sei uno psicopatico! E prima o poi me lo pagherai!», disse restando ferma, impossibilitata a muoversi. Sorrisi mentre la osservavo in tutto e per tutto. Un lembo della maglietta le si era alzato ed io ebbi voglia di leccare quel lembo di pelle del fianco scoperta, tentò a liberare le mani.

«Che cosa vuoi farmi? Lo sai che mia zia potrebbe entrare anche ora qui dentro? Sai cosa ti farebbe se mi vedesse così?», disse volgendo il collo il più che poteva per catturare la mia stazza. Notai le sopracciglia alzata in un vano tentativo di farmi pisciare sotto dalla paura.

«Non ho paura di tua zia.», dissi avvicinandomi e abbassandomi di fronte a lei per sussurrarle all'orecchio. «Ora voglio annusare la tua fica.»

Lilla aprì e richiuse la bocca incredula diverse volte, il suo collo si colorò di rosso e le sue gotte divennero come due mele appena cotte. Era bellissima quando si vergognava. Ed io rimasi senza respiro da quel semplice gesto. I suoi occhi corsero veloci alla porta prima di cercare di correre via di nuovo fallendo.

Tirai la cintura e lei incurvò la schiena seguendo la forza che imposi alzandosi in piedi, la bloccai dopo due passi col mio petto. Lei tentò di liberarsene ma fu inutile.

«No! Non hai capito Violetta. O mi fai un bel pompino, oppure da qui tu non te ne vai senza aver fatto la tua mossa.», abbassai gli occhi passando in rassegna il suo corpo, mentre lei rimase incredula e la voce le si spezzò.

«Tu... va fanculo Caleb! Io non ti faccio un bel niente!» esclamò arrabbiata.

Senza pensarci due volte la presi per la gola stringendo appena, la sua testa finì sotto la spalla, proprio sul petto, il cazzo mi doleva per l'attrazione fisica che mi faceva scattenare. I suoi occhi si dilatarono appena mentre il mento le tremò. La indirizzai verso la sedia vicino alla finestra e con una spinta leggere la feci sedere.

«Stai ferma, o ti giuro che per te sarà peggio!», la minaccia mentre accarezzavo le sue labbra carnose. Lei spostò il volto come se fosse schifata dal mio tocco, ma non mi sfuggii il respiro irregolare che emise chiudendo gli occhi.

Arrotolai la cintura intorno al palmo della mano come se fosse il guinzaglio di un cane e strinsi appena, lei si protese verso di me con le braccia a mezz'aria.

«Io... non lo voglio fare.», sussurro chiudendo gli occhi. «Ti prego, non farmelo fare.» disse tremando appena.

Assottigliai lo sguardo mettendola a fuoco. Era terrorizzata, ma c'era anche dell'altro nel suo sguardo. Quella scintilla di lussuria non mi passò inosservata. Restai per un paio di secondi ad osservarla. Dio quanto era bella alla mia mercè.

«E allora cosa puoi tu, fare a me che possa soddisfare almeno di poco la mia sete di vendetta?» le sussurrai abbassandomi per essere alla sua altezza.

«Ti meriti...», deglutì appena mettendo i miei occhi a fuoco. Cazzo, i suoi sembravano un universo in espansione. «Ti meriti di marcire in un ospedale psichiatrico brutto stronzo che non sei altro.» finì la frase stringendo i denti con forza.

Alzai un sopracciglio incredulo. L'avevo in mano, potevo fare di tutto con lei, eppure questa mocciosa dagli occhi ingannatori non voleva ammettere di essere sulla strada della perdita.

«Devi lasciare in pace il mio amico, o ti giuro Caleb, che te la farò pagare per il resto della tua vita.»

Risi incredulo alzandomi in piedi. lei mi stupiva sempre. «Incredibile... continui a­-»

«Continuo a tenerti testa! Sì!», esclamò con il mento in alto mentre mi guardava da sotto allungando il collo. «Vuoi che io venga a letto con te? Beh, questo non accadrà mai! Non puoi pretendere che io voglia darti tutta me stessa perché lo esigi capisci? Non funziona così! Se mi vuoi...», deglutì chiudendo gli occhi come se stesse per dire qualcosa di cui sapeva fosse sbagliato o inutile.

«Non ci si comporta così okay! Esiste l'amore, esiste la benevolenza, esiste un modo giusto! Non so chi ti ha insegnato a esigere e a pretendere, ma l'amore non funziona così. Fare... fare, sesso, non funziona così.» continuò.

Ero senza parole. Ero letteralmente rapito e incredulo da lei che credeva nella parola "amore". Stava blaterando delle cose senza senso fuori portata da me. Cos'era l'amore? Una brutta parola che non esisteva. Lei era talmente ingenua da credere che mi sarei innamorato di lei? Pensava che stessi facendo tutto questo perché ero innamorato? Oh, quanto si sbagliava questa strega ingannatrice.

«Se vuoi che io venga a letto con te di mia spontanea volontà, devi iniziare a cambiare atteggiamento!» esclamò di getto. «Se vuoi che io ti faccia un pompino devi essere gentile e non costringermi a fare ciò che non voglio fare.» si leccò le labbra mentre il suo petto andava su e giù sempre più veloce e si passò velocemente il mio corpo come a guardare ogni cosa di me e trafiggermi con i suoi occhi mentre si leccava le labbra carnose.

Grugnii rstando senza fiato, il cuore iniziò a rimbombare nelle mie orecchie con insistenza.

«Quindi stai dicendo che mi vuoi, ma vuoi che io cambi per te?», le domandai allentandomi di un passo.

«Per me?», esclamò incredula. «No! Tu non devi cambiare per me! Tu devi farlo per te stesso! Essere così, non ti porterà da nessuna parte. Chiunque ti abbia insegnato ad essere cattivo con il prossimo non sapeva cosa stesse scatenando. Caleb ti prego, tu non sei cattivo okay. Io mi rifiuto di crederlo!», si alzò in piedi e si avvicinò fino a sfiorare il suo corpo contro il mio. «Non m'importa se deciderai di fare una delle tue stupidaggini ma devi sapere. Tu non sei cattivo.» chiuse gli occhi, poi li riaprì catturando i miei «Tu... stai solo soffrendo».

Chiusi gli occhi trascinato da un vortice di emozioni, il turbinio nella mia testa mi stava graffiando nel più profondo del mio essere e pensai che stessi precipitando nel vuoto assoluto. Le tempie mi pulsavano come se li avessi presi a martellate, e il cuore mi si stringeva in un pugno fatto pieno di aghi che si conficcavano nella mia pelle con estrema lentezza lasciandomi senza forze. Il respiro mi venne meno mentre pensavo alle sue parole. Poi lei mi toccò. Le sue mani si appoggiarono sul mio addome e i suoi occhi mi misero a fuoco senza doppi giochi. Lei ci credeva davvero.

"Sul serio occhi Viola?"

Alzai il palmo e osservando il suo volto sospirai assopendo tutti i mostri dentro di me. Lilla chiuse gli occhi in attesa della collisione della mia mano con la sua pelle, le spostai una ciocca dietro l'orecchio mentre con l'altra mano l'avvicinai prendendola per la vita, a me. Annusai la sua pelle che sapeva di cannella e seguii la linea della sua guancia fino a raggiungere l'orecchio.

Piccoli brividi mi accapponarono la pelle mentre il suo profumo mi entrava dentro le narici e mi toccava corde che non sapevo esistessero.

"Niente dolore."

"Niente paura."

"Niente rimorso."

Aprii gli occhi di scatto restando in silenzio vicino al suo orecchio. «Tu non sai niente», le sussurrai.

Il suo respiro venne tagliato di netto mentre l'allontanai da me e la sospinsi di nuovo sulla sedia. «Tu sei solo un giocatolo Lilla. Un giocatolo per il semplice scopo di farmi godere. Quaindi apri quella bella boccuccia e ingoiami tutto se ci riesci»

Fui investito da una rabbia cieca mentre quelle sei parole mi tormentavano la mente. Vidi rosso e mentre mi slacciavo i pantaloni perché io ero un mostro, la sentivo dire qualcosa, ma non la stavo ascoltando.

Volevo farle capire tutto ciò che sentivo io. Oppure semplicemente volevo assopire il demone nella mia testa con l'unico modo che sapevo fare. Del male.

«Caleb no!», esclamò Lilla terrorizzata, ma ero deciso di impartire una lezione alla ragazza che mi tormentava. Questa volta avrebbe capito contro chi avesse a che fare.

Ero in procinto di abbassare i pantaloni per sbattere in gola il mio cazzo già duro alla rossa ma una voce strillante mi fece tornare alla realtà.

«E ora, cosa sta succedendo Will? Devo andare nel mio ufficio!» Shannon era fuori dalla porta, pronta per entrare dentro l'ufficio chiuso a chiave, voltai lo sguardo verso la porta mentre Lilla continuava a fissarmi incredula. Nei suoi occhi ci vidi paura, ma ancor di più delusione. Quella ragazza era delusa da me? Che faccia tosta che aveva.

"Oh Caleb. Forse stavi per farla grossa stavolta."

Mandai a fanculo la mia coscienza e senza pensarci due volte mi tirai su la cerniera dei jeans e mi diressi spedito verso la porta senza guardarla.

Sentii un singhiozzo fendere il silenzio e fu come se avessi preso una pugnalata in pieno petto,  mi fermai di fronte alla porta e voltai la testa sopra la spalla per guardarla mentre si rannicchiava tutta contro la poltrona con le mani legate dalla cintura, strette nel petto.

«Finiremo ciò che abbiamo iniziato Violetta. Te lo prometto!»

Serrando la mascella, aprii la porta e mi trovai di fronte Shannon che aggrottò la fronte prima di rivolgermi uno sguardo intriso di rabbia coi suoi occhi verdi scuro.

«E tu, cosa ci facevi nel mio ufficio?» disse avvicinandosi.

«Non sono fatti tuoi. Ora levati dalle palle.» risposi senza fermarmi nella direzione delle scale per andarmene da qui. Ma un pianto disperato mi otturò i timpani. Proveniva dall'ufficio. Chiusi gli occhi sentendo il petto bruciare perché quella mocciosa stava piangendo, nonostante non l'avessi manco toccata stavolta. E vidi Shannon precipitarsi dentro con una paura folle negli occhi dopo avermi messo a fuoco una sola volta.

Sapeva, che era colpa mia.

«Lili!», la sentii esclamare, ma mi rifiutai di ascoltare ancora. Con il peso del mondo sulle spalle, decisi di uscire fuori e levare di torno questa sensazione di male che mi aveva afferrato la gola.

"Stavi per stuprarla Caleb. Stavi per farlo, nonostante fosse stata lei stavolta ad avvicinarsi a te".

«Niente dolore! Niente rimorso. Niente paura». Esclamai uscendo fuori nella direzione della moto.

Sentivo la disperazione dentro di me, graffiarmi con delle artigli intrisi di veleno, e sapevo che quel veleno, ero solo io.

Alla fine, ciò a cui ambivo di più nella vita, era far del male a me stesso.


🐺🐺🐺

🌺Spazio Autrice🌺

Che dire, con questo capitolo ho fatto il botto. Non riesco però a non scrivere scene crude e a farvi NON odiare Caleb.
Purtroppo, quando si renderà conto sarà troppo tardi.

Bacio, Kappa_07💜

IG: Kappa_07_author

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