CAPITOLO II
Non avevo come rispondere... Avevo una strana sensazione.
Mi uscirono queste semplici parole, con un leggero filo di voce distogliendo lo sguardo dal suo radioso viso: "Wow... Grazie."
"Ehy. Guarda che sono serio" disse Michael cercando di attirare il mio sguardo.
Cercando di uscire fuori da quella situazione, buttai una finta risata dicendo: "Ok! Ok!"
Ero riuscita nel mio intento. Si era allontanato.
All'improvviso si girò, con un'occhiata simpatica, mi sorrise. Mi fece spaventare.
"Adesso devo provare una canzone. Se vuoi puoi ascoltarmi."
Non avevo altro da fare che guardarlo mentre cantava e accennava qualche gesto con le mani.
A quanto pare sembrava che sapeva ballare. La voce era qualcosa di indescrivibile e le parole erano come poesia. Accompagnava il tutto con dei movimenti dolci e lievi, che poi si trasformavano in un che di movimentato, da abbinare con qualche acuto. Chiudeva gli occhi e quando sentiva che qualcosa non andava bene stringeva le palpebre e ricominciava.
Era davvero carino...
Cavolo. Quando me lo sono detta sono arrossita da sola.
Mi coprii il viso con le mani. Avevo delle strane e improvvise fitte allo stomaco.
Sembrò una cottarella improvvisa, quando neanche ci pensi, ti compare un universo davanti.
"Che succede, hai caldo?" mi chiese Michael preoccupato.
"Ma no sto benissimo..."
"Tieni un bicchiere d'acqua. Forse sarà il caldo americano improvviso." disse mentre spostava uno dei suoi bei ricci dietro l'orecchio.
Mentre sorseggiavo l'acqua Michael mi fissava per un po'...
Cosa c'è di bello nel vedere una ragazza bere?!
Rimanemmo per un po' a guardarci negli occhi. Diventò quasi una gara a chi distoglieva lo sguardo.
Finché non scattò una scintilla.
Se ne andò di nuovo, con le mani in tasca, come se non fosse successo niente.
Una voce dentro di me diceva:
"Annie, fatti forza, tante ragazze della tua età conquistano ragazzi solo parlando... ce la puoi fare. Forse hai una speranza!"
Questa maledetta vocina, rompeva completamente la mia timidezza.
Creava un'altra persona in me, il contrario della Annie che conoscete.
Sfacciata, vanitosa e invadente.
Insomma, non potevo lasciarlo parlare da solo.
Cosa dovevo dire? La vera Annie doveva agire in quel momento?
"Sii te stessa."
"Scusa Michael, parli con me?"
"Sì, Annie, proprio con te."
"Perché... me l'hai detto?"
"Mi piace dare consigli alla gente."
Mi dava le spalle.
Nel frattempo il mio cuore martellava nel petto.
"E allora?" gli dissi.
"A dir la verità non ho mai visto un componente della famiglia di Lucas... così attraente."
"Così attraente."
"Così attraente."
Era questa la frase che rimbombava nel mio cervello.
Cosa dovevo fare?
Mi ero bloccata completamente per qualche secondo. Avevo brividi e avvertivo una strana sensazione che mi avvolgeva interamente.
Michael si girò con degli occhi da bambino.
Avete presente quegli occhietti che i bambini hanno quando non trovano il loro peluche preferito?
Ecco.
In Michael vedevo questi occhi.
Ero entrata nella situazione più imbarazzante della mia vita.
Sembrava stesse per dirmi qualcosa.
"Verrai domani?"
Ecco lo sapevo.
"Non lo so."
Fu una risposta spontanea e diretta... che strano.
"Su dai! Sei sola. Lucas è al lavoro."
"Allora vedremo." decisi di buttare giù questa risposta, a testa bassa.
"Evvai! Ho un amico fantastico!"
"Ma chi? Lucas?"
"Si! Vedi io e lui ci siamo conosciuti da poco e abbiamo già stretto un'ottima amicizia..."
Cosa c'era di bello...? Non lo capivo.
Forse voleva stare fuori da quella vita sotto i riflettori e godersi il tutto da Michael, non come da "Michael Jackson il re del Pop".
Michael sentì delle voci chiamarlo da un'altra stanza, abbastanza lontana.
"Ops... scusami Annie. Torno fra un po'. Tu fa come se fossi a casa tua." mi disse così.
Sì, è vero, l'ho già detto che mi piace scoprire sempre qualcosa di nuovo e sono anche molto curiosa. Così diedi un'occhiata a quello che c'era in quello studio.
Non era molto accogliente a dire il vero: da qualche parte vedevo della polvere oppure strumenti musicali ammassati l'uno sull'altro.
In quel momento ebbi la capacità di godere quel silenzio che si era creato, si sentiva solo il rumore dei miei passi lenti.
Alzando la testa ho visto la piccola camera dove sentii Michael cantare.
Con quel lento rumore di passi, mi avvicinai al microfono, sfiorato dalle sue labbra pochi istanti prima.
Sorridevo.
Mi sentivo in un altro mondo.
Esplorando una stanza lì vicino ho visto una tastiera.
"Ho sempre desiderato suonarla." Pensai accarezzando quella sequenza di tasti neri e bianchi.
Spazzando via della polvere, cliccai un tasto e saltai in aria dallo spavento per quel suono che avevo appena generato.
C'era uno spartito davanti a me.
Diedi uno sguardo indietro per controllare che non ci fosse nessuno.
Appoggiai dolcemente le dita su quello strumento.
E solo dopo qualche secondo mi resi conto che stavo suonando.
Provai a chiudere gli occhi, come faceva Michael.
La musica mi fece catapultare in un altro universo.
Uno dei miei tanti desideri si era appena avverato.
Inconsapevolmente cominciai a suonare come una vera professionista e non appena finii mi resi conto di essere estasiata, quasi come... fra le stelle.
Una mano si appoggiò sulla mia spalla destra e quel tocco mi fece balzare in aria.
"Che stavi facendo?"
Era Michael, appena ritornato dall'altra stanza. Aveva una voce stanca, forse aveva appena finito di cantare.
"Io, ehm... nulla!"
"Sai suonare bene. Non me l'aspettavo fossi così brava!"
"Dubitavi forse delle mie capacità musicali?"
Ridacchiando rispose così alla mia, un po' sgarbata, domanda:
"No, affatto...!"
In seguito ai soliti momenti di silenzio, ci guardammo negli occhi. Il mio sguardo era nel suo, nei suoi bellissimi occhi color nocciola.
"Torni domani?"
Le sua voce candida, un po' bambinesca rimbombò nella stanza.
"Io... domani ho un corso di musica in una scuola..."
"Oh, fa' niente" disse leggermente deluso. "Allora dopodomani?"
"Io, ecco, dovrei studiare..."
"Per favore!"
Quegli occhietti da bimbo... non li dimenticherò mai e poi mai.
"Dopodomani è sabato... beh..."
"Allora?"
Ero indecisa e confusa.
"Ok... verrò."
"Fantastico!" buttò un grido così forte ed euforico che dopo, arrossendo si tappò la bocca con le sue mani. Io, nel frattempo, ridacchiavo.
"Grazie per essere stata qui, signorina Bennett."
"Grazie a te Michael..."
Mi accompagnò alla soglia.
"A dopodomani... allora." gli riferii voltandomi un'ultima volta verso di lui prima di andarmene.
"A dopodomani!" era più sorridente di un bambino alle giostre.
"E comunque... chiamami pure Annie, non signorina Bennett!"
"Uhuh, d'accordo, Annie. Ciao, ciao!"
"Ciao, Michael!"
E fu così che ritornai stanca morta in hotel.
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