Necessito di una storia
Gira e rigira, le idee vagano, ti fai ispirare da tutto, dalla tua tristezza, dalla tua storia, dai tuoi eventi più recenti...
Ho bisogno di una storia, qualcosa che possa servire per resuscitare qualcuno che sta morendo. Mi vedo in mezzo a tante figure di passanti, idee vaganti, idee banali, idee buone che vengono presto dimenticate, una folla che non si ferma mai.
<<Vedo che hai parecchio a cui pensare>>
Una camera da letto dalle parei blu, sembra infantile per alcuni disegni vecchi ed ingialliti, le coperte ancora di astronauti o cose da bambini, si è andato molto sul risparmio a quanto pare. Ma se si osserva bene la stanza ci si sente dentro la casa di un accumulatore seriale; fogli vari, materiali da disegno, macchinari vari, libri ovunque e di qualsiasi tipo (da libri sull'astronomia a quelli Fantasy o Horror).
La scrivania è tempestata da matite, vestiti, macchinari, c'è così tanta confusione qui dentro che non si riconosce più dove finisce il legno del mobile.
Tutt'intorno mensole piene di trofei, riconoscimenti, pupazzi, action figure, sulle pareti qualche foto insieme a varie persone, decorazioni varie insieme a lucine e scritte varie. La stanza di un veterano o di qualcuno che è cambiato così tanto da non riuscire a stare al passo con la sua stessa stanza?
Una figura giovane faceva rimbalzare due volte una palla da tennis, prima sul muro e poi sul pavimento per poi arrivare alla sua mano, un ritmo continuo che non si ferma mai.
La figura avrà forse 20 anni, anche 21, sembra giovane, calmo, ma anche distrutto nei suoi occhi dal colore diversi, uno arancione sul lato sinistro e un altro azzurro/grigio sul lato destro, segnato da una cicatrice che andava dal suo sopracciglio fino alla fine della sua guancia.
Anche i suoi capelli erano diversi, a sinistra erano neri mentre a destra erano bianchi, una persona molto insuale, pure le sopracciglia prendevano il ripresttivo colore delle parti, erano delle sopracciglie così spesse che non capivi se era arrabbiato o rigido anche quando era semplicemente rilassato e sereno.
La figura in questione era seduta sulla sedia girevole della scrivania, i piedi poggiati sul letto singolo, la schiena tutta all'indietro, uno sguardo quasi annoiato dalla presenza dell'autore che, invece, lo guardava con aria disorientata: un momento prima era circondata da una stanza bianca in mezzo ad una folla di idee e pensieri e adesso era lì insieme a lui.
Era più stranita dal suo trasferimento improvviso o dalla presenza di quella figura? La conosceva bene, eccome se la conosceva bene...
<<Finalmente sei venuta a farmi visita, pensavo che avresti veramente deciso di abbandonarmi...>> Accennò il ragazzo con un tono acido ma, soprattutto, tremendamente amareggiato.
L'autrice guardò verso il basso, stringendosi il braccio, il suo cuore era pieno di vergogna e amarezza, come aveva potuto abbandonarlo? Perché ora la sua musa non le bastava per le sue opere? Dov'è andata a finire quella ispirazione?
<<Da come vedi, c'è parecchio di cui parlare...>> Continuò il ragazzo, fermando di colpo la pallina concentrando il suo sguardo sulla ragazza. In attesa di una risposta.
<<Io... Mi dispiace, Ryozo... Io... Attualmente non riesco più a riprenderti, non riesco più ad usarti, a scrivere su di te o sulla tua famiglia... Mi sembra quasi... Cringe, inutile, scrivere su di te... Rischierei di rovinarti più di quanto non abbia fatto alla tua famiglia...>> Confessò la donna, sedendosi sul letto tenendo sempre lo sguardo verso il basso.
<<Ormai... Non sei altro che un altro personaggio, come tutti gli altri... Abbiamo un rapporto diverso, sì, un amico che mi ha accompagnato per parecchio tempo però... Ormai non so più cosa inventarmi... Non disegno più come una volta, se provo a disegnarti mi uccido da sola...>>
<<tranquilla...>> Mormorò Ryozo, facendo le spallucce <<Almeno... Ogni tanto pensi a me, certo, magari non nel modo corretto però sì...>> Il ragazzo sembrò avere un po' di tenerezza e amarezza nei confronti della ragazza. Calò il silenzio tra i due, troppo imbarazzo, troppo tempo senza sentirsi, senza pensare all'altro, solo condanne, tristezza e condanne, amarezza... Tremenda amarezza.
<<mi dispiace che sia andata così...>> Mormorano all'unisono. Chi per una parte e chi per l'altra avevano le loro ragioni per dispiacersi davvero; lui perché non ha più storie da raccontare e nessun'altra idea, tanto che non si sente più il bisogno di dover raccontare di sé stesso, non c'è più ispirazione, lui non è più lei.
E lei, lei invece... Si sente in colpa, non per quello che ha creato e ha fatto per lui, ma per averlo abbandonato e di aver perso l'ispirazione, di aver preso in mano la sua vita per conoscere sé stessa, lei non è più Ryozo, ora ha la possibilità di sperimentare e diventare qualcuno, non in segreto, non in modo passivo ma in modo attivo.
Diventare adulti per qualcuno che si rifugia in un castello fatato non è per niente semplice; ogni emozione di rabbia, ogni emozione di tristezza, di gioia, di paura, era un mezzo perfetto per scrivere e disegnare. Ma adesso quei anni di tormento sono passati, ora mamma e papà non ci sono materialmente, ora ci si ritrova soli contro la vita...
<<Alla fine... La mia storia non è tanto diversa dalla tua vera storia... Eh...>> Aggiunse Ryozo con un tocco leggermente sarcastico, faceva effettivamente ridere quanto paura una cosa del genere.
<<Non ho ucciso mia madre ma... Sì, in un certo senso... Sì...>> Un leggero sorriso si formò sul volto della ragazza, alzando appena la testa per guardare negli occhi il suo vecchio amico. Un argomento delicato quanto amaro e anche molto... Ironico. <<Non ha fatto neanche la puttana ma... Per come si sta comportando adesso, penso proprio che definirmi figlia di puttana non sia male>>
<<Ti ci fai l'abitudine>> ripose con uno sbuffò e una risata il ragazzo, distogliendo lo sguardo verso la finestra, si poteva sentire un leggero cinguettio ma niente di ché, era davvero passeggero come suono.
<<Attacchi di panico per un anno, tua madre che ti abbandona per stare con un uomo, affrontare la vita dopo un anno traumatico e tre anni altrettanto pesanti non è di certo semplice... Ancora oggi ne sento le cicatrici, e penso di aver bisogno di doverne parlare con uno specialista...>> Mormorò la ragazza
<<specialista o meno, sei consapevole che ancora non hai raggiunto la follia ma... Sì, non sarebbe male, magari ti aiutano a capire come affrontare quei traumi irrisolti ed il complesso che abbiamo nei confronti delle nostri madri...>> Rispose Ryozo, guardando ancora la finestra con aria assente, le sue sopracciglia si erano corrugate appena, segno di preoccupazione.
<<Involontariamente, ti ho detto che lei ti controllava mentalmente... Come mia madre controllava me per i suoi scopi personali, lei lo ha fatto facendoti credere che la vita è solo dal suo punto di vista, e dal punto di vista della famiglia da parte sua... Ci si sente traditi, ingannati per anni e anni, ti sei finto qualcuno che involontariamente non eri tu, non eri tu a decidere ma il tuo comando, il tuo "senso di ubbidienza" che, a volte, diventava un comando che ti ha privato delle esperienze della vita...>>
Silenzio, totalmente silenzio, quell'atmosfera così intima tra i due stava lentamente svanendo, forse segno di esaurimento di ispirazione? Pft, ormai perdere l'ispirazione è un trauma per qualcuno che, con l'andare degli anni, comincia a perdere sempre di più la voglia di fare...
<<E pensi a quanto tu ed il tuo ragazzo siate molto simili a me e ad Haruka... Coincidenze, piccole, minime, ma molto palepabili->> all'improvviso, l'autrice si alzò di colpo, abbracciando stretto il ragazzo bicolore che rimase parecchio stupito da quel gesto.
<<Quanto vorrei farlo nella realtà... Mi manchi, anche se sei stato me per anni e mi hai aiutato nella fase della malattia del mio patrigno mi manchi... Mi manchi da morire, mi mancava prendere i tuoi panni nelle role, mi manca disegnare vignette divertenti su di te e sulla tua famiglia... Mi manca... Mi manca avere una famiglia, vivere da soli in queste condizioni è strano... Troppo strano. Dopo un anno, andando a casa di amici mi sento nostalgica ed estraniata da come si comportano i genitori, pensando a quando, una volta, avevo una famiglia che non ho apprezzato abbastanza, o che è durata molto poco per colpa della malattia...>> Parole sussurrate, le cose nell'istanza lentamente perdevano la loro opacità.
<<Per favore, rimani... Dammi una mano, ho bisogno di un'idea, un'ispirazione... Io non disegno più, ho bisogno di qualcosa... La mia arte sta morendo lentamente...>> Una lacrima scese lungo il viso della ragazza, ed ecco un abbraccio disperato che si trasforma in un abbraccio dolce, tenero, malinconico.
Ryozo accarezza la schiena della ragazza appoggiando la testa su quella sua, chiudendo gli occhi prendendo un lieve sospiro.
<<Io non sono più te, stai vivendo la tua vita adesso, sicuramente qualcosa la troverai... Io sarò sempre qui come tuo amico, nessuno ti conosce come ti conosco io... Sarò solo nella tua testa, sarò solo nei tuoi disegni, ma sento che mi pensi spesso e non hai il coraggio di riprendermi... Forse un giorno lo farai, o forse no... Forse farai di me qualcosa di meraviglioso senza però diventare me, sarai semplicemente tu che condividi qualcosa di prezioso al mondo. Tu hai fatto tanto per me ed io ora faccio il mio meglio per te... Ora và, esplora il mondo, impara ad essere paziente, impara a diventare adulto, e stai attenta a non deludere a quella persona così tanto speciale che hai al tuo fianco...>>
...
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