Confronto (incompleto)
Attenzione, questo racconto è stato lasciato incompleto di proposito.
Confronto tra Sakura e Ryozo
Una stanza bianca sospesa, bianco, infinitamente tutto bianco.
Due sedie nere molto semplici poste una davanti all'altra. Su queste c'erano due figure, una sinistra, Sakura, e una a destra, Ryozo. Il pavimento sembrava essere un oceano infinito, i due rimanevano sospesi come se questo oceano trasparente fosse solido.
Ryozo guardava con estrema calma e amarezza Sakura, non sembrava stanco, non era nemmeno deluso, è una espressione che non si riesce a spiegare; non è amara, non è arrabbiata, non è indifferente, non è fredda, e non è tanto meno dispiaciuta.
Dall'altra parte, Sakura non sembrava tranquilla; era agitata, confusa, guardava i suoi piedi mentre era appoggiata con i gomiti sulle gambe, i suoi occhi spalancati e la sua espressione fredda, anzi, robotica, trasmettevano tutta la sua confusione e paura, le pupille piccole tremavano nonostante sembravano completamente vuote.
Un enorme silenzio occupava la stanza, l'attesa di una parola si sentiva nell'aria, ma nessuno aprì bocca. Tic, Tac, il tempo scorreva, saranno passati 5 minuti? 2 ore? 10 anni? Non lo sapevano, il tempo sembrava sospeso, tutto era immobile.
<<Che ci facciamo qui...?>> Chiese la giovane, rompendo finalmente l'infinito silenzio nella stanza.
<<Non lo so... Dimmelo tu.>> Rispose l'uomo
Calò di nuovo il silenzio. Le onde dell'acqua si mossero lentamente, una goccia cadeva e risuonava.
<<Non lo so, non so perché mi trovo qui, non so cosa sto facendo, non so cosa farò...>> La ragazza interruppe il discorso, non aveva l'aria di voler parlare.
<<Sai però cosa hai fatto... Sai benissimo cosa è successo in passato e non riesci a darti una risposta; non ti spieghi cosa sia successo, com'è cambiata la tua storia, ma ti rendi conto di quanto sei cambiata. Non vuoi ammetterlo, non vuoi liberarti di questa catena che ti lega, non vuoi affrontarlo... Tu mi hai liberato, mi hai liberato dalle mie catene, perché ti sei tolta molte catene che però sono state tolte con la forza e non con l'amore, perché gli avvenimenti sono accaduti in un modo che ancora non hai concretizzato nella tua testa. Adesso sei confusa, completamente confusa, ed io ho sofferto insieme a te, tu mi hai creato e ho sofferto con te, ma ho gioito perché tu hai gioito con me. Tu ancora però, sei adesso quello che ancora non hai capito, quello che non riesci a spiegarti, hai troppe domande nella tua testa, hai tante teorie, ma nessuna pratica. Hai perso ogni concezione che conoscevi, la vita, la morte, la malattia, hai perso te stessa, ti sei persa nella tua stessa casa, la tua mente non sà dove sta andando, non sai nemmeno distinguere la realtà con la fantasia, non ti dai pace per ogni cosa, e non riesci ad andare avanti, non sei convinta di andare avanti, non lo vuoi fare, non sai se hai sicurezza in te stessa o semplicemente stai vangabondando. No, mi correggo, sei un vagabondo, ti senti un vagabondo che non ha un posto dove andare, non ti senti in grado di fare nulla>>
L'uomo parlava macchinetta mentre la ragazza rimaneva nella sua posizione immobile, non voleva scuotersi, non voleva agire, non sapeva nemmeno lei se doveva fare qualcosa, se quello che provava era pigrizia oppure mancanza di volontà o incapacità di farlo.
<<Che cosa senti adesso?>> Chiese l'uomo.
Infinite pause di silenzio interrompevano i discorsi.
<<Non lo so... Non so cosa ho nel cuore, non riesco a capirlo. Sono come bloccata, non nel senso negativo, cioè mi sento leggera nonostante capisco che questa apatia totale non è normale>>
<<Vuoi piangere?>>
<<... Sì. Vorrei piangere, ma è una sensazione così sottile che non so se lo voglio o meno, non riesco a liberare le mie lacrime. Non so cosa mi sta succedendo>>
Altra pausa di silenzio.
<<Perché non ti fai aiutare? Una persona ha davvero insistito per farti parlare, avevi l'opportunità di farlo, perché non l'hai fatto?>>
La ragazza non rispose. Non voleva rispondere, su questo era sicura, non voleva assolutamente rispondere.
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