→Ego|8|
«Io non permetterò che altri oltre che me sfiorino la tua pelle. Ma un professore non può punire un alunno se prima questo non ha infranto le regole.»
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Gli strinse le mani attorno al collo, tutto il peso corporeo su di lui nel tentativo di tenerlo bloccato mentre questo si portava le mani su quelle dell'altro, col respiro che tremava appena e strizzando gli occhi. Questo respirava affannato e teneva stretta la presa attorno alla calda pelle dell'altro, muovendo i fianchi ritmicamente. Dopo aver entrambi raggiunto l'apice, lasciò la presa e cadde di fianco a lui, passandogli una mano sul viso ancora estasiato e prendendoglielo per avvicinarlo e baciarlo dolcemente mentre l'altro annaspava cercando di recuperare ossigeno.
Shuichi, quella mattina, si sentiva guarito dalla ferita inflittogli da Rantaro il giorno prima, invece, Kokichi, si era completamente dimenticato di Rantaro. Aveva dormito da Shuichi, si erano imposti di mandare l'iscrizione insieme, allo stesso momento e così fecero. Saihara sembrava commosso, gli prese le mani e lo guardò con amore negli occhi. Ouma girò lo sguardo, imbarazzato, sorridendo appena.
«O-Ouma-kun...»
Iniziò affannato.
«Hai appena dimostrato di amarmi!»
Continuò, stringendo la presa alle mani.
Perché l'aveva fatto, vi starete chiedendo. Dobbiamo tornare al momento in cui Saihara fece la proposta a Kokichi.
Dopo averglielo chiesto, Ouma si allontanò appena, sudando freddo e con le mani di nuovo avanti al corpo come le prime volte, era spaventato, preso alla sprovvista. Si alzò, sospirando.
«Saihara-chan...ne parleremo ok? Io ora devo andare»
Disse, portandosi una mano al cuore senza sorriso e alzandosi dal letto. Pensò a Rantaro, di come lui avrebbe reagito se avesse effettivamente mandato la richiesta di partecipazione a Danganronpa, il gioco che gli aveva rovinato la vita. Non che lui avesse voglia di partecipare in primo luogo. Saihara lo guardò sospirando, sporgendosi verso di lui per prendergli una mano e portarsela al viso arrossato.
«Non andare via, mio amato Ouma-kun, non andare...rimani qui con me, ho bisogno della tua presenza.»
Ma Kokichi prese le scarpe e lo guardò affranto. Doveva andare da Rantaro, glielo aveva promesso e non voleva che si insospettisse venendo a pensare quindi che lui non lo amava ma che dedicava il suo cuore a Saihara, sarebbe stato troppo pericoloso. Gli baciò una guancia e ritirò la mano, uscendo dalla stanza facendo un cenno con la testa. Saihara si alzò di scatto, camminando a passo svelto verso di lui, peccato che una fitta alla testa lo costrinse a fermarsi e ad appoggiarsi allo stipite della porta mantenendosi la parte dolorante con entrambe le mani. Kokichi uscì dalla casa e iniziò a camminare disorientato, cercando di raggiungere la piazza principale per poi andare da Rantaro e passare la sera con lui. Era affannato, la testa gli girava e non riaccordava la direzione giusta. Stava avendo paura? Ma Di cosa? O meglio, di chi? Di Rantaro o di Shuichi? Chi amava? Chi preferiva? Uno? Nessuno? Entrambi? Il respiro diventava sempre più corto, la gola si seccò ed iniziò a bruciare, gli occhi si offuscavano lentamente. Continuava a camminare, reggendosi a malapena sulle ginocchia, senza vedere. Stava per attraversare la strada, cieco e sordo, una macchina con un autista ubriaco, stava per passare al suo stesso momento.
Si sentì stringere dolcemente da qualcuno che l'aveva appena tirato a sé salvandolo dal pirata della strada. Odorava di tè nero e il suo petto era soffice poiché coperto da una vestaglia azzurrastra spessa e morbida. Era uscito di casa ancora in pigiama per seguirlo, addirittura senza cappello. Kokichi si strinse a lui, respirando ancora in modo asincrono, e iniziò a calmarsi lentamente. Riaprì gli occhi e alzò lo sguardo. Saihara era così bello senza il suo cappello. I capelli gli ricadevano dolcemente sul viso in modo non forzato e gli occhi brillavano alla luce dei lampioni che illuminavano appena la strada su cui sostavano in quel momento. Ouma si mise sulle punte, dopo aver riacquistato un equilibrio in sé normale, e si avvicinò al viso di Saihara, lentamente, dolcemente. Posò le labbra sulle sue, un bacio a stampo, delicato. Saihara rimase sorpreso, immobile, gli occhi sgranati per quei pochi secondi di contatto. Quando Ouma poggiò nuovamente i talloni per terra, mise la testa sul petto di Shuichi.
«Andiamo a casa, Saihara-chan?»
Shuichi annuì ancora rosso e ruppe l'abbraccio, facendo scivolare la mano nella sua ed incamminandosi verso l'abitazione che, stranamente, era molto vicina. Kokichi non osò lasciagli la mano o alzare la testa, anzi, strinse la presa. Non stava bene, non era calmo, ma la presenza di Saihara faceva sì che tutto diventasse un grigio cielo senza pioggia né tuoni. Ti svegli alle sei e quaranta di pomeriggio e guardi il cielo. Il brutto tempo ci lascia o ci raggiunge? In quell'istante non lo sai, ma ci si è appena svegliati. E questo era quello che succedeva a Kokichi. Era intontito, avvolto in un caldo tepore quando stava con il più alto. E gli andava bene cosi. Non gli importava se dopo avrebbe piovuto o se l'aveva già fatto, si era appena svegliato. Fece dondolare appena le mani, sorridendo lèggente come un bambino. Saihara lo guardò con occhi infanti. Cos'è l'io se non un riflesso del tu? Cosa significa essere diversi da qualcuno se poi guardandoci nei suoi occhi vediamo sempre noi? Siamo gli occhi di una persona ossia anima e quindi noi siamo l'altro come lui è noi. E quindi lui ora era Kokichi e Kokichi era lui, che si guardavano come se nessuno dei due fosse qualcuno in generale. "E non è che io amo qualcosa da me se non amo me? Ciò non distrugge tutto il ragionamento?" Continuò a dirsi Saihara, avvicinandosi a lui ed abbracciandolo, era così piccolo a Kokichi, così diverso da lui...ma avevano quel riflesso dell'io uguale che infondo però, all'oscuro di Shuichi, li rendeva uguali. Quell'abbraccio però Ouma lo sentì molto di più, sentì il calore trasferirsi dalla vestaglia di Saihara al suo esile corpicino ancora in divisa. Sentì come delle calde lacrime di Saihara gli scivolarono sulla spalla mentre le sue braccia, tremando come in estasi, lo stringevano. Saihara invece era felice come da bambino gli fu negato, tanto. Ouma lo stava amando, gli stava dando amore, era lì, non era da altri. Era suo, non era di altri. L'occhio ricadde sul segno violaceo che stava ancora scomodando dalla sua pelle e si staccò dall'abbraccio, guardandolo dritto negli occhi e cadendo sulle ginocchia, prendendogli entrambe le mani e guardandolo disperato negli occhi.
«Concedimi, di esser tuo e di prenderti mio»
Ouma lo guardò, sciogliendo le mani e intrecciando le dita della mano destra con quella del ragazzo inginocchiato e stesso con la sinistra. Non sapeva che fare, rimase così a guardarlo. Poi fece un cenno con la testa. Saihara si alzò e gli lasciò una mano, stringendo l'altra con forza. Entrò in seguito in casa, camminando a passo svelto verso la camera sua da letto. Si stesero, lui e il vino, si stesero e lui prese il viso del più basso, baciandolo con più affetto di quello che si potesse lui immaginare. Ouma, che era perso, fu ritrovato da Shuichi che, in modo sbagliato, gli stava salvando la vita. Ouma non aveva mai pensato di voler vivere, lui si era arreso a ciò che il mondo volva dare lui. E Saihara, che invece la vita a qualcuno voleva togliere, lo aveva incontrato nell'unico momento in cui voleva prender una svolta e chiedere aiuto a qualcuno. Shuichi si staccò dal bacio, Ouma lo guardò come si guarda un cucciolo sofferente.
«Iscriviamoci insieme, Saihara, ma usciamone insieme.»
Disse, prendendogli le mani e mettendosi seduto per allungarne una e prendere il cellulare. Si inscrissero insieme, inviarono le loro domande insieme. Shuichi gli sorrise dolcemente, aveva quello che voleva, era quell'iscrizione. In quel momento-
In quel momento non sentiva nulla.
Aveva avuto quello che voleva, aveva ricevuto il dono di Kokichi. Ora sarebbero morti insieme, per quanto il più basso volesse il contrario. Non era felice come immaginava e la cosa lo frustrava e non poco. Si avvicinò al ragazzo e gli prese il viso, baciandolo con foga. Kokichi ricambio imbarazzato, portandogli le mani sul petto. E quella sera scoprì Saihara che Kokichi aveva leggere manie di masochismo, tanto leggere da equivalere le sue di sadismo.
Ogni volta che Kokichi pensava ad una scena di sesso che prevedeva il soffocamento, ripensava ad un passo di un libro che gli capitò di leggere. Un uomo che, per compiacere la moglie, le stringeva il collo finché quando, una volta mollata la presa, non rilasciava un mugolio profondo annaspando poi per aria. Non aveva mai visto violenza in quella scena, per quanto l'autore cercasse di descriverla oscenamente. E come quella donna nel passo, non capiva, era troppo concentrato ad amare Saihara lui.
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