1.4│Amarsi

art: makumakukawaii

«Com'è, Shoto? Dovrebbe essere ancora buono...»
Ochako rivolse uno sguardo speranzoso all'amico seduto al lato opposto del tavolo, che stava per assaggiare uno dei biscotti preparati da lei e le ragazze un paio di giorni prima. Per un motivo o per l'altro non aveva ancora avuto modo. Principalmente a causa del trio casinista di Denki, Eijiro e Hanta che durante la settimana li avevano saccheggiati di nascosto quando nei paraggi non c'era Tenya, che si era premurato, inutilmente, di stabilire uguali porzioni per tutti.

Dopo il primo timido morso, il viso di Shoto parve illuminarsi, evento più unico che raro. Spalancò leggermente gli occhi eterocromi, divorò il resto a una velocità impressionante e, con le guance ancora piene e gonfie che le fecero tenerezza, alzò un pollice ed inclinò la testa riconoscente.

«Te l'ho detto, Ochako, sono buonissimi!» ribadì Izuku al suo fianco.

Non poté evitare di ricambiare il sorriso e arrossire. Si massaggiò i capelli, abitudine che aveva preso da lui. «È anche merito di Rikido che ci ha mandato la ricetta» minimizzò.

Anche se il compagno di classe non era potuto venire alla baita di Momo con loro, si era mantenuto in contatto durante le vacanze. Una sera aveva condiviso sul gruppo di classe una foto delle sue ultime creazioni, dei biscotti al pan di zenzero. Matta quale diventava quando si trattava di dolci, Ochako non aveva esitato a chiedergli la ricetta e a imprigionare le ragazze in casa il pomeriggio di Capodanno per replicarla.

A primo impatto, Rikido Sato poteva far paura, con il corpo tutto muscoli e l'espressione da duro, ma era un bravo ragazzo. Al terzo anno, lei e le sue amiche avevano scoperto il suo hobby della pasticceria e lui da allora, notando di essere benvoluto per questo, si era fatto conoscere un po' meglio. Addirittura, in occasione dei compleanni di studenti e professori iniziò a portare a scuola torte, cioccolatini o qualche altro pensierino. Di quanti dolci si era privata... Se solo avesse scoperto prima la passione di Rikido...

Scacciò l'acquolina in bocca al solo pensiero e tornò alla realtà. Si erano fatti vivi anche Mina, Hanta e Denki, tutti spettinati e assonnati, con la tipica espressione rintronata e al contempo tenera che avevano sempre di prima mattina. Non erano durate a lungo, comunque: avevano salutato tutti con slancio e cominciato ad animare la stanza con le loro chiacchiere.

«Ehi, giù le mani» la voce seria di Tenya attirò l'attenzione su lui e Hanta. Quest'ultimo, approfittando dell'apparente distrazione del capoclasse, aveva tentato di arraffare qualche biscotto in più da Shoto, che ora li tirava a sé e proteggeva gelosamente tra le braccia. Dovevano piacergli proprio tanto, pensò Ochako divertita.

Ma nulla sfuggiva a Tenya Iida. Hanta rise e con la mano libera sganciò dal suo braccio quella con cui il ragazzo con gli occhiali l'aveva intrappolato con un gesto deciso. «Scusa, papà» fece in un finto tono innocente. Al suo sonoro sospiro, gli arruffò i capelli e poi scelse saggiamente di non mettere ancora alla prova la sua pazienza. Andò a sedersi insieme agli altri, ai posti liberi al capo opposto del lungo tavolo del soggiorno.

Denki gli ammiccò qualcosa del tipo «Daddy issues, eh?», dopo si rivolse a Shoto. «E chi l'avrebbe detto che sarebbe bastato qualche dolce per farti sciogliere così, ghiacciolino».

Ochako non aveva idea di come facesse a essere sempre così allegro in ogni cosa che faceva, anche nella più banale di quelle conversazioni mattutine a cui, ormai, tutti si erano abituati volentieri. Sapeva solo che persone come lui ed Eijiro facevano bene al morale del gruppo. Tenya sembrava dello stesso avviso, come le aveva confidato e come lasciava intendere il suo stesso lieve sorriso che in quegli ultimi giorni, nonostante certe volte la convivenza con i compagni sapeva essere stressante, compariva più spesso.

«Beh, ovvio» intervenne la voce altrettanto vivace e squillante di Mina «È risaputo che il miglior modo per conquistare un uomo è prenderlo per la gola».

La castana scoppiò in una risata, dapprima isterica perché ripensò a Izuku che le faceva i complimenti, poi, dopo aver realizzato che quella volta l'amica non alludeva a qualcosa di particolare, semplicemente sincera, anche per via dell'espressione di Shoto.

Alternava lo sguardo tra quei due come se proprio non capisse. «Insomma» parlò con la sua tipica flemma, attirando gli sguardi di tutti i presenti. Prese un sorso dalla sua tazza colma di latte freddo e attese ancora qualche secondo prima di riprendere, come se stesse per rivelare uno dei più arcani segreti dell'universo. «Non credo sia attraente qualcuno che ti prende il collo tra le mani per strozzarti».

Seguì qualche attimo di puro smarrimento sui volti dei commensali. Dopo, il caos più totale: Izuku che si ingozzava con la sua cioccolata, Denki e Hanta che scoppiavano a ridere fino a farsi venire le lacrime agli occhi, lei stessa che non fu da meno. Non poteva proprio farcela, era disarmante la serietà con cui Shoto di tanto in tanto si decideva a dare voce ai suoi pensieri che parevano così impenetrabili e se ne usciva con quei commenti casuali. Però era contenta che stesse imparando ad aprirsi ed essere simpatico, a modo suo.

«Beh, a qualcuno che ha qualche kink particolare o pratica bdsm non dispiacerebbe».

«Il che?»

«Smettila, idiota». Kyoka si era alzata dal divano dove era seduta con le altre ragazze per dare uno scappellotto a Denki, assecondata da Momo che lo pregava di non macchiare l'innocenza di Shoto.

Un po' tutti si aggregarono alle benevole risate. Persino Fumikage e Tenya se ne concessero una. Quest'ultimo poi fu l'unico ad avere l'autocontrollo e la forza necessaria per spiegare all'amico dai capelli bicolore che non doveva sempre prendere tutto alla lettera, specie le parole di Mina.

«Che è 'sto schifo di atmosfera alla Mulino Bianco?»

Quella voce roca e arrabbiata con il mondo già di prima mattina poteva appartenere a una sola persona. Così sembrarono pensare tutti e, voltandosi verso le scale che collegavano la stanza al piano superiore, trovarono conferma ai loro sospetti.

Un Katsuki dall'aria assonnata, in cui stavolta Ochako non ci vide nulla di tenero, i capelli se possibile ancora più sconvolti del solito e l'omicidio nello sguardo, li squadrò uno a uno mentre le risate faticavano a spegnersi. Ecco, lui era l'unico a odiare quelle mattine intrise di pura gioia.

«Buongiorno principessa» fece Denki, beccandosi un ringhio affatto amichevole.

«Lo sai che non devi rivolgermi la parola appena sveglio se non vuoi morire, Pirlachu».

Il biondino abbassò e poi corrugò le sopracciglia chiarissime, prendendosi i suoi tempi per riflettere. «Ancora con questa storia?» si lamentò a scoppio ritardato «Pikachu è un Pokémon fighissimo, così lo offendi!»

«I suoi meravigliosi boxer confermano» testimoniò Hanta, informando così del dettaglio non richiesto anche le ragazze che invece dormivano in una stanza separata.

«Idiota, guarda che stava offendendo te» fece presente Kyoka.

«Ehi, piccoletta, so che mi ami ma basta bullizzarmi!»

«Che cazzo ci provo a insultarti se tanto non capisci» borbottava intanto Katsuki, massaggiandosi le tempie con fare drammatico. «E abbassa quella cazzo di voce, o è la volta buona che ti uccido».

«Dai, Bakubro, a cuccia» cantilenò Eijiro, spuntato dalle scale dietro di lui. L'inconfondibile chioma rossa stavolta non era tirata su a combattere la gravità a forza di colpi di gel, ma lasciata ricadere morbida a incorniciargli il viso. Uno dei pochi ad averne il coraggio, circondò il ragazzo imbronciato per le spalle con una delle sue robuste braccia lasciate scoperte dalla maglietta corta. «Cosa avevamo detto a proposito di parolacce e minacce di morte di prima mattina?»

Come facessero quei due a stare in canotta e pantaloncini anche in inverno rimaneva un mistero. Shoto, con la sua premura silenziosa, si occupava di accendere il camino ogni mattina o quando tornavano stanchi e infreddoliti dall'impianto di scii, ma comunque non si raggiungevano di certo delle temperature tanto alte. Solo a guardarli Ochako fu scossa da un brivido e dovette scaldarsi sfregando le mani sulle maniche del suo maglione rosa pastello.

Non che creasse problemi a qualcuno. Se si fossero ammalati sarebbero stati cavoli loro, inoltre non sembrava dispiacere a Mina e Toru, a giudicare dai commenti maliziosi che si bisbigliavano di tanto in tanto, né a Denki che gliene faceva direttamente di amichevoli e spudorati.

Certo, non poteva negare che quei due avevano un bel fisico. Poi a lei non piacevano gli armadi e questo era un altro discorso.

Scosse la testa. Quella settimana era davvero per aria. Doveva essere l'atmosfera che si respirava lì in montagna, durante quella vacanza che fungeva da limbo tra la fine dell'anno e l'inizio del successivo, importantissimo per le vite di tutti quanti. La rasserenava passare quel tempo con i suoi amici. Ultimamente aveva realizzato che la solitudine era forse la cosa che più la spaventava in assoluto.

«Tch» Katsuki emise uno dei suoi soliti versi da energumeno, negando che Eijiro avesse palesemente ragione. Distolse lo sguardo e lo posò nella direzione della ragazza. Più di preciso su Izuku di fronte a lei, come se avesse adocchiato la sua prossima vittima.

Il suo migliore amico, al posto di ricambiare come al solito con un buongiorno e il suo sorriso da cucciolo indifeso a cui era impensabile fare del male, stavolta rinunciò a priori a fronteggiarlo. Non appena si accorse di essere stato puntato dal biondo, che nel frattempo si stava avvicinando al loro gruppo con le mani in tasca e la sua andatura disinvolta, abbassò di colpo la testa e si mise a fissare ciò che rimaneva della sua cioccolata come se la trovasse interessantissima.

«Buongiorno, Katsuki. Noto con piacere che nonostante i tuoi commenti dell'altro giorno li hai graditi» Tenya alluse ai pochi biscotti rimasti nella ciotola riservati a lui.

Katsuki, dietro Izuku, allungò un braccio da sopra la sua spalla. Mentre ne mordeva uno, puntò gli occhi castani su Ochako, che si trattenne a stento dal trasalire. Capiva perfettamente perché Izuku, nonostante il suo cambiamento, a volte era ancora intimorito da quell'intensità.

Tuttavia, alla fine il ragazzo sentenziò soltanto un «Non mi piacciono le cose dolci ma questi non fanno totalmente schifo», per poi allontanarsi in cucina a prepararsi il suo irrinunciabile caffè.

«Ok, questo è stato strano» Ochako parlò dopo un momento di confusione.

Impegnata a riflettere, le sfuggì il commento in lontananza di Denki, «Sono solo io o sembrava che stesse tipo marcando il territorio?», accompagnato da un «Uh uh» interessato di Mina e delle sberle ad entrambi da parte di Kyoka.

Insomma, continuò ad elaborare, sembrava che Katsuki avesse intenzione di trafiggerla seduta stante, invece aveva solo detto quella frase priva di insulti, che essendo così uscita dalla sua bocca poteva considerarsi un complimento. Nemmeno aveva imprecato contro Tenya perché gli aveva rivolto parola prima delle dieci del mattino, attaccato briga con Shoto o bisticciato con Izuku.

Il quale, per inciso, aveva ancora la testa china, una mano sul colletto alto del maglione e lo sguardo perso. Sobbalzò quando lo riportarono alla realtà e mormorò impacciato che non aveva più fame. Si alzò in fretta e furia e, tazza alla mano, si dileguò in cucina per metterla a posto, secondo le precise indicazioni dei rappresentanti per la convivenza di quei giorni.

«Sono certo che se ci fosse qualcosa che non va ce lo direbbe» la rassicurò Tenya, seduto a capotavola alla sua destra, come leggendola nella mente.

Solo allora Ochako distolse lo sguardo preoccupato dalla schiena di Izuku che spariva in cucina e si sforzò di annuire. Non che non avesse fiducia in lui, anzi non a caso lo definiva il suo migliore amico, però ultimamente si comportava in modo strano e le parole di Tenya la resero partecipe che non era l'unica a sospettarlo.

C'era da dire che il Broccoletto era sempre stato un po' strano e di ciò non faceva un mistero. Oltre a perdersi spesso tra le nuvole, era molto sensibile e si faceva influenzare dal più piccolo evento, così il suo umore era capace di oscillazioni impressionanti: dall'eccesso di hype mesi prima di un nuovo film su un supereroe della Marvel alla depressione per intere settimane dopo la morte di qualche suo personaggio preferito in un anime.

Però stavolta si trattava di qualcosa di diverso. Da Capodanno, quando si era buscato una storta a una caviglia e la febbre, era come se si fosse fatto più schivo. Non un cambiamento drastico, ma ormai lo conosceva bene per accorgersi dei minimi particolari. In parte era dovuto alla malattia che lo costringeva a una reclusione volontaria in stanza, vero, però a volte pareva nascondere qualcosa. Rimaneva anche l'ipotesi che fosse tutta una sua impressione e basta.

Anche Tsuyu, Tenya e Shoto si dissero dello stesso avviso quel tardo pomeriggio, in un raro momento prima di cena in cui si ritrovarono a chiacchierare. La DekuSquad, come avevano preso a chiamarsi scherzosamente in contrapposizione alla BakuSquad anche se in realtà andavano d'amore e d'accordo con tutti, non si riuniva al completo da quella che sembrava un'eternità, dato che avevano sfruttato la vacanza proprio per approfondire i legami con il resto della classe. Per esempio, Ochako aveva passato tantissimo tempo con le ragazze, dal preparare da mangiare al guardare le stelle fino ai pigiama party a tarda notte.

Una volta avuta quella conferma, fu lei stessa a non tirare più fuori l'argomento. Non tanto perché non fosse corretto parlarne in sua assenza, quanto perché cercava di pensare a lui il meno possibile, in un modo o nell'altro. Chi voleva prendere in giro? La sua cotta pluriennale non le era affatto passata e non si illudeva di certo che sarebbe successo in poche settimane. Rimuginando sui consigli delle amiche, aveva realizzato che doveva affrontarla percorrendo la via meno dolorosa possibile per lei: continuare ad essere sua amica, ma prendere un po' le distanze e lavorare su sé stessa.

Così prima e durante la vacanza alla baita tentò di non stargli troppo appiccicata. Banalmente evitava di rimanerci da sola, oppure se le proponeva di andare a fare due passi declinava con gentilezza, spiegando che preferiva aiutare Momo a disporre le sue amate candele profumate per casa o riposarsi con quei nullafacenti di Denki, Hanta, Kyoka, Mina.

«Si sa, gli opposti si attraggono».
Ricordava bene le parole con cui un paio di giorni prima proprio Mina aveva avviato per caso la conversazione che le aveva aperto gli occhi e l'aveva convinta che comportarsi così fosse la scelta migliore per tutti.

«Ma amano i propri simili» Ochako si era ritrovata a continuare il proverbio, sovrappensiero, intanto che tornava in cucina con la scatola di stampini natalizi per i biscotti e la posava sul tavolo già disseminato da vari ingredienti.

Era il famoso pomeriggio di Capodanno in cui aveva convinto le ragazze a replicare la ricetta di Rikido. L'unica a mancare era Momo, scesa in paese con Tenya a fare provviste di cibo e oggetti per la casa in vista degli ultimi tre giorni da passare alla baita, così Mina aveva abbandonato quel minimo di pudore che a stento manteneva in sua presenza e ceduto alla tentazione del gossip.

Di preciso, lei e Toru avevano appena finito di commentare la situazione tra Denki e Hitoshi Shinso, un tipo che andava nella loro stessa scuola e di cui Ochako ricordava vagamente l'aspetto, conoscendolo solo di vista. Del resto il biondino non faceva segreto della sua vita sentimentale.

Aveva sorriso a Kyoka, la quale stava esprimendo il suo finto disinteresse più simile a fastidio a suon di sbuffi e occhiate al cielo, e l'aveva raggiunta vicino alla finestra.

Da lì si scorgevano in lontananza delle macchiette colorate muoversi sulla neve. Quella verde era sicuramente Izuku. Aveva osservato perplessa il modo in cui all'improvviso si era messo a correre avanti e indietro per lo spiazzo. Ah, quello inferocito alle sue calcagna doveva essere Katsuki, tutto aveva più senso.

Il loro rapporto sembrava relativamente più pacifico negli ultimi tempi. Il suo migliore amico non lo diceva spesso apertamente ma era chiaro che desiderava recuperarlo. Nonostante non lo capisse appieno, dati i loro precedenti che le aveva vagamente raccontato, se la cosa lo rendeva contento anche lei lo sarebbe stata per lui. Ormai la sua felicità dipendeva di riflesso dalla sua.

Un potente colpo di tosse dell'amica dai capelli rosa aveva distolto la sua attenzione dai ragazzi che giocavano lanciandosi le palle di neve e l'aveva riportata su di sé. «Ochako, sarò diretta con te» aveva cominciato seria.

Anche le altre avevano smesso ciò che stavano facendo: Tsuyu di impastare la farina, Toru di predisporre l'ambiente per quelle che definiva foto instagrammabili e Kyoka di canticchiare qualcosa come spesso faceva allietando quelle giornate.

«Sì?»

«Smettila di arrovellarti per lui, non ti fa bene. Lo devi a te stessa. La persona più importante della tua vita dovresti essere tu, non qualcuno che puoi perderti a idealizzare tanto. L'amore è una cosa fantastica e non si vive senza, ma prima di poterlo donare agli altri è importante averlo per sé stessi. Non ti annullare per qualcun altro».

«Sono d'accordo con Mimì. Cercando di parafrasare...» era intervenuta Tsuyu «Crediamo che dovresti concentrarti più su di te e imparare ad amarti per quella che sei, senza cadere in una ricerca spasmodica di un amore ideale che dovrebbe riempire il vuoto che senti».

«Qualcuno qui è più pessimista del solito o sbaglio?»
«Fumikage la sta influenzando per bene...»

«Shh» Kyoka aveva intimato a Toru e Mina di fare silenzio e lasciar terminare la ragazza dai lunghi capelli verdi.

«Dicevo... Ocha, ti conosco e so che a volte provi una solitudine che nemmeno noi o altri amici possiamo colmare. Ma questo è perché non è un vuoto che può essere riempito da qualcuno che non sia tu. Non ti serve l'amore di qualcun altro per essere completa, già lo sei e solo amandoti potrai sentirlo anche tu».

Allo sguardo sincero della sua migliore amica, Ochako aveva messo su un sorriso triste. Si era presa qualche attimo per elaborare una risposta, mentre Mina si lamentava perché era stata battuta in saggezza dopo tutto il suo impegno.

«Lo so». Si era stretta nelle spalle e giocava con le mani, congiungendo più volte gli strani polpastrelli piatti e rotondi che aveva, come per scacciare il magone. «Lo so anch'io che non mi fa bene tormentarmi tanto, ma è più forte di me, non riesco a farmela passare e... E non so più cosa fare, io...»

«Non sei sola». Il braccio di Tsuyu a circondarle le spalle l'aveva salvata dall'ennesima crisi di pianto improvvisa di cui si trovava in balìa nelle ultime settimane.

Le altre l'avevano imitata e si erano strette in cerchio attorno a lei.

«È anche a questo che servono le amiche» le aveva sorriso Toru, facendo oscillare i capelli a caschetto recentemente tinti di biondo, verde e rosa, che così risaltavano i suoi occhi celesti. Nonostante fossero studenti di un liceo classico famoso per la sua etichetta e disciplina, si potevano contare su poche dita di una mano coloro della 5ªA che si presentavano con un aspetto sobrio.

«Grazie ragazze» aveva mormorato sincera quando la liberarono dalla prigione di affetto. «Però, Tsu, potevi pulirti la mano prima. Guarda, mi hai sporcata tutta di farina! Ora mi devo vendicare».

«Ocha, quella faccia cattiva non ti si addice, fai paura».

E fu così che in breve la cucina si trasformò in un campo di lotta con la farina. Tra sguardi complici, grida e risate, Ochako era tornata a sentirsi meglio, a sorridere per davvero, e si era detta che da quel momento si sarebbe dedicata di più a sé.

Le conseguenze di quella loro bravata, poi, furono un altro paio di maniche decisamente meno divertente. Quando erano tornati dalle loro commissioni e le avevano colte in flagrante, Momo era rimasta semplicemente scioccata mentre Tenya era sbiancato prossimo allo svenimento. Per farsi perdonare avevano dovuto sistemare tutto quel disastro e addossarsi pulizie extra come punizione da espiare nei giorni successivi.

A parte questo, il primo giorno dell'anno, iniziato con i festeggiamenti e gli spuntini di mezzanotte, le foto ai fuochi d'artificio e una piccola sbronza, si era concluso nel migliore dei modi.

Erano riuscite a finire i biscotti, pur con un enorme ritardo. La foto condivisa sul gruppo di classe aveva fatto guadagnare i complimenti di Rikido e gli altri, e purtroppo anche i commenti fuori luogo di Mineta che al posto di quello reclamava ben altro dalle ragazze inviando vari "send nudes". Lui sì che faceva paura, le ragazze erano sollevate della sua assenza in quella vacanza.

La sera, durante l'attività dei bigliettini dei buoni propositi, c'era stato spazio anche per la commozione. Non solo per il discorso di Izuku, di cui indipendentemente dalla sua infatuazione Ochako era davvero orgogliosa, ma anche per la risposta che lei aveva saputo dare al fogliettino che le era capitato. L'autore si proponeva di migliorare la propria autostima, così, memore della conversazione con le amiche, aveva consigliato di concentrarsi sugli aspetti di sé stessi che piacevano e valorizzarli. In altre parole, amarsi.

Nei giorni successivi adottò lei stessa il prezioso insegnamento, non senza qualche difficoltà. Poi il tempo volò fino alla sera di quel giorno cominciato con quella colazione caotica che aveva fatto perdere Ochako nei ricordi.

Essendo l'ultima era stata riservata alla ciccia, stando a come il suo ideatore Denki aveva definito l'attività che la occupò. Passò alla storia come "la serata dei coming out". Niente di troppo estremo, altrimenti Tenya e Momo non l'avrebbero approvato a prescindere, ma nemmeno troppo blando e le sorprese non mancarono. In breve, ognuno doveva confessare un segreto o un'esperienza spaventosa, e per sciogliersi e ravvivare il tutto non poteva rifiutare almeno uno degli shottini sapientemente preparati da Hanta.

Fu divertente. Si passò da confessioni come quella di Izuku a quelle all'estremo opposto di Denki.

Dal primo, saltò fuori che la cosa più selvaggia che avesse mai fatto nella sua vita era stato leggere un manga illegalmente su internet, perché non poteva aspettare l'uscita sui siti ufficiali o in edicola per sapere come continuava la storia, e si era sentito in colpa per mesi.

Quanto al secondo... Insomma, la confessione di Denki fu decisamente agli antipodi, proprio nel suo stile. Talvolta sembrava che quel ragazzo vivesse su un altro pianeta per le disparate avventure che gli capitavano. Le sue recenti esperienze rispettivamente più imbarazzante, divertente e spaventosa erano state: venire beccato dai genitori di un tipo mentre gli faceva un lavoretto di bocca in macchina, baciare Katsuki a causa di un obbligo o verità una sera in cui erano tutti ubriachi marci, e infine subire l'ira proprio dell'amico nei giorni a seguire non appena lo venne a sapere.

Poi, sempre con la scusa che era l'ultima sera insieme in montagna e bisognava festeggiare in grande, la situazione degenerò per diversi di loro.

Stavolta Ochako fece la coscienziosa e non si ubriacò come alla festa degli ex alunni di un mese prima, che aveva anche dovuto rivangare durante il gioco, o come anche a Capodanno. Si accorse di essersi bloccata sulla soglia della cucina con in mano l'unico drink che si concesse quella sera, di fronte a due alternative in stile Matrix. Pillola blu: andare da Izuku e il resto del solito gruppo e trascorrere la serata a divertirsi con loro fingendo che andasse tutto bene. Pillola rossa: rompere gli schemi e inoltrarsi in una conversazione con qualcuno di nuovo.

La chioma rossa di Eijiro che per caso le stava passando davanti in quel momento le parve come un segno del destino.

Lo raggiunse pochi secondi dopo sul divano del soggiorno. Lui non si stranì, anzi si mostrò contento e dopo un paio di minuti stavano già conversando del più e del meno come se fossero amici da una vita. A parte l'alcol, era soprattutto merito del carattere amabile del ragazzo, sempre stato così entusiasta e accogliente e per quel verso loro due si somigliavano.

Finirono anche a parlare dei bigliettini dei buoni propositi e lei venne a scoprire che quello sull'autostima era suo. A ripensarci, Mina glielo aveva accennato e inoltre proprio perché condivideva certi aspetti della sua personalità poteva immedesimarsi bene in quel problema.

«Figurati» gli disse Ochako quando fu ringraziata sinceramente per il consiglio «Sei davvero una bella persona, meriti il meglio. E poi lo stavo dicendo un po' anche a me stessa, suppongo...»

Inconsciamente cercò con lo sguardo Izuku tra la folla. Questo suo problema di cuore stava diventando il cuore del problema. Le stava rendendo evidente poco a poco degli aspetti di sé stessa che fino ad allora aveva ignorato, la tendenza a mettere gli altri su un piedistallo e dipendere dalla loro felicità, scambiandoli per degli esseri perfetti quali non erano. Ma ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima che questi appena accennati sussurri si trasformassero in voci forti e consapevoli nella sua coscienza.

«Vuoi parlarne?»

Riscossa dalle parole gentili di Eijiro, si ordinò mentalmente per l'ennesima volta di smettere di guardare il ragazzo dai capelli verdi e sospirare come una stupida ragazzina innamorata. Che poi si trattava proprio di quello che era, ma insomma, il punto era che doveva darci un taglio, a costo di imporselo con la forza.

Scosse piano la testa. «Va bene così. Inoltre ti ho già sfruttato abbastanza come psicologo stasera».

Lui ricambiò con un sorriso che le ricordò perché gli amici lo paragonavano a un tenero cucciolo di squalo o a un raggio di sole con il nome di Kirisunshine. «A me non dispiace. In più ci sono abituato, con quei casi umani che mi ritrovo come migliori amici».

Con lo sguardo alluse a Mina, Toru, Kyoka, Denki e Hanta che si stavano sfidando ad una partita di beer pong dall'altra parte della stanza. Erano riusciti a coinvolgere anche Momo e Tenya, ormai rassegnati alle loro bravate ben più gravi di sporcare la cucina con la farina. Per esempio, una delle sere prima uno sbronzo Hanta si era convinto di essere Spiderman e si era arrampicato su un albero di fuori rischiando di cadere e rimanere paralizzato a vita, oppure Denki era uscito mezzo svestito, oppure ancora Kyoka aveva lanciato il cellulare dal balcone e si era rattristata un sacco non capendo perché non volava nonostante l'avesse messo in modalità aereo.

Le ricordarono una ad una, abbandonandosi a delle genuine risate. «Eh già» fece poi il rosso «Pare proprio che anche stasera sarò io a fare il loro babysitter».

«A proposito, è ancora vivo?»
Ochako si sporse oltre di lui per osservare non senza un po' di timore Katsuki, seduto mezzo collassato accanto all'amico. Se n'era stato in silenzio per un'ora buona mentre parlavano, limitandosi ad ascoltare, a occhi chiusi oppure con lo sguardo perso verso il soffitto. Saperlo così calmo la inquietava, in un modo totalmente diverso dal solito.

«Strano vederlo così tranquillo, eh?» Eijiro sembrò sentire i suoi pensieri.

«Altroché».

«Pensa che da ubriaco usa pochissimo i suoi soprannomi e le parolacce e a volte dimostra anche un briciolo d'affetto. Roba da non credere».

«Pff-» Rise ancora di gusto. Se avesse saputo che la BakuSquad riservava certe perle, si sarebbe avvicinata tempo prima. Non che normalmente non ci andasse d'accordo, ma non aveva mai approfondito tanto la conoscenza e quei retroscena esilaranti.

«Ti sento, Capelli di Merda. Continua a sputtanarmi e non tarderò a ricambiare il favore» con un tono estremamente basso e rauco da orso delle caverne, Katsuki li informò che effettivamente era ancora vivo.

Parole dure, eppure poco minacciose con quella voce impastata dal sonno e il gesto che le aveva precedute. Si era alzato quasi smarrito dalla spalla di Eijiro e stropicciato gli occhi, ricordando un po' a Ochako i bambini dell'asilo nido presso cui aveva fatto stage l'anno precedente. D'accordo, non reggeva proprio l'alcol se iniziava a fare quei viaggi mentali e soprattutto a pensare che in fondo anche quell'ibrido tra un porcospino e un volpino di Pomerania che ce l'aveva perennemente con il mondo intero sapeva essere tenero.

«Come non detto» Eijiro rise e si subì un meritato pugnetto sul braccio. Poi li abbandonò qualche minuto per andare dal resto della BakuSquad, o meglio ciò che ne rimaneva perché Kyoka e Denki erano spariti.

Allora la ragazza realizzò che non sapeva come comportarsi con Katsuki, con cui fino ad allora aveva avuto a che fare solo nella sua versione sempre arrogante e intrattabile. Così cadde il silenzio, ma non poi troppo imbarazzante. Anche perché fu molto relativo, dato il casino creato da tutti gli altri, e per un po' lo occupò a osservarli e ridacchiare benevolmente.

«Ochako».

Sobbalzò a sentir pronunciare il proprio nome da Katsuki. Era ufficialmente inquietante. «Gesù, metti i brividi, chiamami normalmente» aprì bocca senza pensare. L'alcol la rendeva anche più diretta e un po' più blasfema del solito. Comunque nulla a che vedere con gli abituali livelli del biondo.

Quest'ultimo si limitò ad annuire come se avesse detto la cosa più saggia dell'universo. Dopo riappoggiò la testa allo schienale del divano e tornò a guardare il soffitto come in attesa di una qualche rivelazione divina.
«Faccia Tonda» si decise a riprendere diversi secondi dopo, quando ormai temeva che avesse dimenticato che voleva parlarle. «Come va con Deku?»

Rabbrividì per la seconda volta. Ma che diamine...?
«Perché... Perché questa domanda? Insomma, so che ci hai visto quella volta ma non è come sembra e... e poi adesso siamo sempre amici e in ogni caso io-»

«Non cominciare a straparlare. Aiuto, voi due siete proprio uguali». Le rivolse una rapida occhiata di sbieco, sospirò piano. «Voglio solo sapere se ti sta trattando bene».

Beccheggiò, in un misto di confusione e sorpresa. Quando si riprese, riuscì ad elaborare soltanto uno stridulo «Scusami?».

«Non ci sto provando con te, e che cazzo».

«Ah, ecco, menomale». Sorvolò sulle immagini indecenti che per un attimo le balenarono in mente.

«Voglio solo sapere» riformulò «se ha fatto come gli ho detto o è un incapace anche a seguire un semplice consiglio».

Inclinò la testa, un po' come faceva Shoto le rare volte che si interessava a qualcuno e si impegnava sul serio a cercare di capirlo. «Cioè gli hai detto tu di...?»

Lui sbuffò un «Sì» mentre incrociava le braccia dietro la testa. La sollevò verso l'alto e richiuse gli occhi.

Adesso era più comprensibile perché Izuku si era mostrato improvvisamente determinato a chiarire dopo un silenzio stampa durato giorni. Quei due dovevano essersi parlati e Ochako sapeva quanto ammirava il suo amico d'infanzia nonostante tutto, quindi aveva senso che avesse agito su suo consiglio. Il motivo di questo, però, rimaneva un mistero. Ripose in un lontano angolino la vicenda della sua disastrosa dichiarazione e tornò ad ascoltare il ragazzo accanto a lei. Stava mormorando ancora qualcosa.

«E tu, lo stai trattando bene?»
Stavolta parve rendersi conto da solo di quanto suonavano strane le sue domande.
Sospirò di nuovo. «Lascia perdere. Da quando in qua mi dovrebbe importare di quel coglione. L'importante è che avete risolto, punto. E ringrazia che sono completamente sbronzo, così domani non ricorderò nulla di questa stupida conversazione. Che ovviamente non deve più avvenire e non devi ritirare fuori se ci tieni alla pelle».

Si ritrovò a ridacchiare. Ecco tornato il solito Katsuki delle minacce, meno grottesche delle sue solite frasi fatte più da parolacce e insulti che da effettive parole. «Lo so, lo so» disse solo.

«Bene. Con permesso, ora vado a vomitare».

«E dai, non è stato così terribile parlarci!»

«Intendevo nel senso letterale, stupida».

«Davvero? È il miglior insulto che ti riesce? Devo chiedere a Eijiro di farti ubriacare più spesso allora».

«Ma che cazzo...»

Era divertente istigarlo quando si trovava in stato confusionale e doveva sfruttare l'occasione, dato che normalmente l'avrebbe uccisa seduta stante.

«A proposito, sta tornando, meglio se ti fai accompagnare da lui».

Nemmeno lei seppe come, riuscì a convincerlo e riportarlo seduto. Dopotutto soltanto a mettersi in piedi aveva barcollato in maniera impressionante, era ovvio che non poteva muoversi da solo e Ochako non ci teneva ad avere un morto sulla coscienza. Insomma, stava drammatizzando un po' tanto, ma aveva ragione lei.

Nel frattempo aveva finalmente trovato una risposta alle sue ultime parole prima di quel siparietto comico. «Katsuki» lo chiamò nel tono dolce che le usciva con i suoi amici. «Concordo sul fatto che è stata una conversazione surreale, ma non mi è dispiaciuta. Perché una cosa l'ho capita: anche tu sai preoccuparti per qualcun altro che non sia tu stesso, nel tuo modo contorto. Sai, non sarebbe male se lo facessi anche da non ubriaco».

«Il guaio, Ochako, è che quando ci provo finisco sempre con il mandare tutto a puttane».

Non ebbe tempo di chiedere spiegazioni per quella lapidaria sentenza, e probabilmente mai ne avrebbe ricevute.

Eijiro li raggiunse e chiese se fosse tutto ok.

«Mm-mmh. Oh, avevi ragione, è proprio più loquace e sentimentale da brillo» cantilenò suscitando una risatina, nonché un sonoro «Vaffanculo» da parte di Katsuki.

Quest'ultimo poi afferrò il rosso per la maglietta e se lo trascinò dietro di prepotenza. Salvo poi rischiare di inciampare sui suoi stessi passi e quindi accettare di farsi trascinare lui dall'amico.

Mentre li guardava divertita scomparire in corridoio, Ochako pensò a quanto era stata strana ma anche confortante quella serata, così come gli ultimi giorni in generale. Prendere un po' le distanze dal suo amore non corrisposto e dedicarsi a sé stessa era difficile e doloroso quanto liberatorio, e poteva riservare anche quegli insospettati picchi di divertimento.

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