0.8│Sorella maggiore

art: my.posting.academia

Mina Ashido appariva come una ragazza frivola e superficiale. Le piaceva stare al centro dell'attenzione, usare i social, uscire con tante persone diverse. Amava il make-up, le boy band e la breakdance. Si teneva sempre occupata e uno dei suoi passatempi preferiti era il gossip, sulle celebrità così come sulle persone comuni sue conoscenti. Tuttavia, quando si trattava dei suoi amici, di quelli che reputava veri, accantonava ogni malizia e sapeva essere una brava ascoltatrice e consigliera. Non il tipo materno incarnato da Ochako, più la sorella maggiore dalla vita altrettanto incasinata che ogni tanto compie anche lei qualche cazzata.

Ecco perché aveva rimandato tutti i suoi impegni del venerdì sera del primo weekend di dicembre per organizzare un pigiama party con le ragazze della sua classe. Aveva notato che da qualche settimana qualcosa non andava e colto la prima occasione per vederci chiaro.

Ebbe giusto il tempo di tornare dagli allenamenti di hip hop, farsi una doccia e sistemare gli ultimi dettagli prima che le sue amiche arrivassero.

Le ore passarono veloci e spensierate tra Just Dance, pizza a domicilio e film strappalacrime. Verso mezzanotte, si misero i pigiami e sedettero in cerchio sul tappeto zebrato dalle tonalità fucsia della sua camera, che faceva tutt'uno con i colori accesi della stanza, decorata da poster e file di lucine attorno al letto e alla scrivania. Le dicevano spesso che quella era come uno specchio della sua personalità, vivace e sgargiante.

Fu tra lo spuntino rigorosamente a base di patatine, caramelle, altre schifezze e tra i primi sbadigli che iniziarono le confidenze vere e proprie. Pensarlo faceva strano persino a lei, eppure venne a conoscenza di cose che nemmeno la sua fervida immaginazione aveva contemplato fino in fondo.

Cominciò tutto quando Kyoka andò in bagno per la terza volta.

«Ok, Momo, ora devi dirci cosa succede» Mina decretò così, puntando il dito contro all'amica e interrompendo il tranquillo chiacchiericcio a proposito della sua allegra playlist di Spotify, riprodotta come sottofondo alle loro conversazioni. Chiuse l'applicazione per far calare il silenzio e dare più solennità al momento.

L'interpellata inclinò leggermente la testa, come se davvero non capisse. «Come, scusami?»

«Oh, andiamo, è evidente che sta succedendo qualcosa a Kyoka e tu ne sai più di noi».

Non si riferiva al suo problema con il cibo. Ormai quello era palese da anni, nonostante non ne avesse mai parlato esplicitamente con alcuna di loro. Non le erano sfuggiti il dimagrimento e le continue assenze al terzo anno, le esenzioni da educazione fisica, il suo allarmarsi sempre quando si accennava all'argomento, infine il fatto che anche quella sera aveva mangiato a dir tanto due fettine di pizza e non era sicura di cosa andasse a fare in bagno. Aveva saputo da Denki che stava seguendo un percorso di psicoterapia e che c'erano i primi segnali di miglioramento, ma anche che era subentrato il nuovo problema del fumo.

Quindi, anche se era preoccupatissima pure lei della sua salute, ora non stava insinuando quello. Perché aveva notato certi sguardi tra le due, e l'istinto di Mina Ashido non sbagliava mai.

Momo espirò piano e prese a torturarsi una ciocca dei suoi bei capelli corvini. Chissà qual era il suo segreto per averli così perfetti al naturale. Mina scacciò la curiosità e si concentrò su quello che stava mormorando. «Non credo sia corretto parlare dei suoi affari personali in sua assenza».

«Però noi siamo sue amiche» intervenne Tsuyu, portandosi un indice alle labbra «Il nostro compito è aiutarla. Come possiamo farlo se non sappiamo che problema ha? Non è il tipo che ne parlerebbe apertamente, anche se ne sentisse il bisogno. Questo è l'unico modo».

Tutte concordarono che aveva ragione. Beh, Tsuyu aveva sempre ragione. Era schietta e razionale, diceva sempre in modo diretto quello che pensava e con quella lingua lunga sapeva come sostenere le proprie idee.

Così Momo si decise a sputare il rospo: una notte di circa un mese prima, Kyoka si era presentata ubriaca a casa sua, aveva confessato di aver limonato con Denki e poi le due si erano baciate; in seguito avevano deciso di comune accordo di fingere che non fosse mai successo e da allora il loro rapporto era un po' incerto.

«Aha, lo sapevo!» Mina trillò esaltata al termine del titubante racconto. «Toru, mi devi cinque euro!»

L'amica alla sua destra, afferrata e scossa per le spalle, dovette cedere: «E va bene, e va bene. Ma togliti quel ghigno dalla faccia, sei inquietante».

«Come si dice?»

«Per favore...?»

«Ah-ah, acqua».

Un sospiro rassegnato. «Avevi ragione. Contenta?»

«Fuochino».

«Avevi ragione tu, Mina. Come sempre, in queste cose non ti sbagli mai. Sei la migliore».

Non ci aveva messo molto entusiasmo. Per la verità, non si era neanche sforzata, con quel tono piatto e sarcastico. Comunque si accontentò, pervasa dalla sensazione di onnipotenza. «Esatto! Te l'avevo detto che lo sapevo! Sììì-»

«Sapevi cosa?»
Fu la voce di Kyoka a interrompere i gridolini di Mina e il suo abbraccio più simile ad un assalto a Toru. Giusto in tempo prima che si alzasse ed esibisse in uno dei suoi balletti della vittoria imbarazzanti.

Calò di nuovo il silenzio.

Il soggetto del loro discorso tornò al suo posto, tra Toru e Ochako, e le squadrò interrogativa una a una, lentamente. Finché si soffermò su Momo, di fronte a lei all'altra estremità del cerchio, che mimò delle scuse con le labbra.

Allora capì. «Ah» fece solo, testa bassa e guance che si imporporavano.

«Lo sapevo!» Mina non riusciva a contenersi. Da anni immaginava che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa tra loro due.

«Mimì, non si scommette sulle relazioni sentimentali altrui» la sgridò Tsuyu, come se fosse una bambina. Le veniva spontaneo, avendo due fratelli più piccoli.

Kyoka si decise a borbottare qualcosa del tipo che era vero ma non dovevano farsi strane idee perché avevano scelto di rimanere amiche. E no, non sarebbero scesa nei dettagli. Mina ebbe la sensazione che con quello sguardo accusatorio si riferisse soprattutto a lei, chissà perché.

Dunque le due versioni combaciavano, ma era anche vero che nonostante il loro accordo permaneva dell'imbarazzo. Perciò, dall'alto della sua esperienza, era ancora combattuta sull'esito più probabile, l'amore o l'amicizia. O la ship MomoJiro si sarebbe avverata come nei suoi sogni, o le due sarebbero rimaste migliori amiche come loro intenzione, dati anche gli altri potenziali pretendenti.

«Ah, giusto!» tornò a gridare, spezzando la tensione e beccandosi le lamentele di Toru su come le spaccasse i timpani ogni volta. Parlava lei.
Sbatté risoluta un pugno sul palmo dell'altra mano e i suoi occhi ocra scattarono di nuovo su Momo, alla sua sinistra. «Non ho ancora finito con te».

«Mimì, la stai spaventando, non esagerare».

Scosse in aria la mano dalle unghie, ovviamente, fucsia, a sminuire la cosa. A volte metteva in soggezione, lo riconosceva, ma si rendeva conto di quando superava il limite. Sapeva smettere se si accorgeva di urtare troppo la sensibilità degli altri o di costringerli a parlare quando non volevano. E Momo, sotto sotto, aveva bisogno di confidarsi, era solo troppo pudica per ammetterlo.

«Cosa ci racconti di Shoto? Sbaglio o siete più vicini in questo periodo?»

Come previsto, lei avvampò e cercò di dissimulare l'imbarazzo con uno dei suoi sorrisi. In momenti così a Mina ricordava Eijiro. A proposito, avrebbe dovuto fare una ramanzina anche a lui e a Denki per il loro recente comportamento. Decise così su due piedi che il giorno seguente li avrebbe trattenuti dopo scuola con qualche scusa.

«Beh, ecco...» esordì intanto la voce delicata di Momo «In effetti interagiamo di più. Cioè, più che altro io parlo e lui rimane in silenzio, ma almeno qualche volta sembra calcolarmi. Per esempio, venerdì scorso si è offerto di percorrere un pezzo di strada insieme al ritorno dalla festa per gli ex alunni. Non ha detto una parola ma non è stato strano, anzi piacevole. E aveva come... un fare protettivo che non avevo mai visto. Non mi era mai stato così vicino e mi ha anche messo la sua sciarpa vedendo che avevo freddo».
Ormai era in un brodo di giuggiole. Sorrisino e guance rosse, mormorò: «Voglio dire, so che non mi devo montare la testa. Non mi aveva mai dato così tante attenzioni però è stato solo quella sera e... Oh, non so più cosa pensare».

«Aww, sei proprio cotta». Mina era contenta di vederla così. Con i ragazzi avuti in passato non erano mai state relazioni durature. Da una parte quelli erano troppo superficiali, la volevano solo perché era bella e popolare; dall'altra, lei proprio per questo non si faceva coinvolgere. Si meritava di provare dei sentimenti così spontanei dopo tempo.

«Potrebbe essere stato l'effetto dell'alcol. Gli ha dato la spinta per fare ciò che normalmente non farebbe» per una volta, anche Toru disse qualcosa di saggio.

«Ma sì, in fondo è solo un socially awkward che ha bisogno di sciogliersi in po'. Dovresti considerare la possibilità di farlo ubriacare più spesso».

«Mina!» la rimproverarono tutte all'unisono.

«Che c'è? Ormai è un dato di fatto. Perciò viva l'alcol!»

Tsuyu la guardò rassegnata, come se fosse un caso perso. «Su una cosa però hai ragione: ha bisogno di sciogliersi. Preferibilmente non nel modo che dici tu. Sappiamo tutte che appare freddo e menefreghista, ma in realtà sotto sotto è buono, io e Ocha l'abbiamo notato da quando sta più spesso con il nostro gruppo. Izu dice che è un kuudere o qualcosa del genere».

In quell'esatto momento, a Ochako cadde nel piatto vuoto tra le sue gambe il bastoncino che aveva trasformato in uno spiedino di caramelle. Sobbalzò in modo esagerato e si scusò. Solo lei poteva spaventarsi per una cosa simile. A meno che...

«Figurati» Momo la tranquillizzò. «Comunque, sono contenta che Midoriya sia diventato suo amico. Da allora sembra che piano piano stia riuscendo ad aprirsi, non solo con me. Non posso che esserne felice».

«È come Eijiro per Katsuki» osservò Kyoka, in uno dei suoi rari momenti in cui accantonava il sarcasmo per abbandonarsi ai sentimentalismi «Tirano fuori il meglio dall'altro».

Ed è come Momo per te, avrebbe voluto aggiungere Mina, ma si trattenne perché c'era una questione più urgente da risolvere. «Ehi, aspetta un attimo! Da quando shippi KiriBaku?!» Aggiunse poi sussurrando tra sé e sé, colta da un dubbio amletico: «O sarebbe Bakushima?»

«Eh? E tu da quando hai inventato questa ship?»

«Non vuoi saperlo».

«Ma... Ah, lasciamo perdere. Comunque parlavo di amicizia. Sei tu che fraintendi sempre tutto» ribatté l'altra piccata, con gli occhi ridotti a due fessure. Ecco tornata la Kyoka di sempre. «E poi sei tu la prima a dire che non vedi Katsuki in una relazione. Dicevo, non ci ho mai avuto tanto a che fare, ma ho capito che Izuku è un bravo amico. È una fortuna avere persone così».

Era palesemente uno dei suoi impliciti e contorti modi di ringraziare Momo. Giusto, no? Ovvio. Si rifiutava di credere che fosse un altro suo viaggio mentale. Possibile che solo lei cogliesse queste sottigliezze?

Tsuyu annuì, mentre Ochako commentò un vago «Già...».

E va bene, si disse Mina tra sé sé, era giunto il momento di affrontare quell'altro elefante nella stanza.

«Ochako» la richiamò con gentilezza, o almeno provando a non assumere lo sguardo del cacciatore che adocchia la sua prossima preda.

L'amica seduta di fronte a lei, come intuendo il pericolo, alzò lo sguardo di scatto e sorrise forzatamente. «Sì?»

«Come va con Izuku?»

Come volevasi dimostrare, il sorriso già debole le morì sulle labbra. Bisbigliò che andava come al solito e si perse a giocherellare con una manica del suo maglione.

Per l'ennesima volta, il silenzio.

Ochako non era brava a mentire. Quella era soltanto l'ultima delle innumerevoli prove raccolte in una sola serata che confermava il suo malessere, nascosto nel suo modo impacciato. Di solito sprizzava gioia da tutti i pori ed era una chiacchierona, invece in quelle ore, ma anche nel resto della settimana, era stata mogia, silenziosa. E quella risposta provava anche la causa, ossia l'amico per cui aveva una palese cotta da anni. Anche il suo sobbalzo e l'adombrarsi di prima quando l'avevano nominato non erano stati casuali. Era improbabile, ma se quell'ammasso di bontà le aveva fatto qualcosa, se la sarebbe vista con tutte loro.

«Ehi, Ocha, siamo tue amiche, lo sai. Ci siamo sempre per te, che tu abbia voglia di parlarne oppure no» la rassicurò Tsuyu. Le posò una mano sulla spalla e ricambiò il suo sguardo vacuo con un dolce sorriso. Fu allora che i suoi occhi castani si riempirono di lacrime.

Era la prima volta che Mina vedeva Ochako piangere. Da quando la conosceva, era sempre stata una ragazza emotiva, ma aveva mostrato solo emozioni positive. Non che pensasse che non piangesse mai, però... Fece strano vederla in quello stato, e non solo a lei, come testimoniarono le espressioni dispiaciute delle altre.

Era una di quelle persone che si mostrano sempre così solari e positive, tanto da far dimenticare agli altri che ci sono anche delle loro parti più fragili. Parti che hanno tutti i diritti di esistere, perché nessun essere umano è perfetto ed è questo il bello, che però è comunque difficile immaginare. Finché non le scopri e ne rimani sconcertato, dopo che per tanto tempo hai dato per scontato qualcosa che non dovresti, l'indiscussa forza della persona accanto a te.

La ragazza dai capelli rosa conosceva bene quella sensazione. La prima volta l'aveva provata quando Eijiro aveva avuto un crollo emotivo davanti a lei, in terza superiore, per la bassa autostima mista al suo mettere sempre i problemi altrui prima dei propri e rimanerne fregato. C'erano state altre volte e la cosa era divenuta reciproca. Lui era l'unica persona, insieme a Toru, che aveva visto la Mina triste, spogliata della sua vivacità e allegria.

Perciò da un lato capiva benissimo cosa provava Ochako. Dall'altro sapeva di non poter comprendere fino in fondo il dolore che si portava dietro da tempo e di non volerla forzare a parlarne, se le faceva così male. Ancora una volta convenne che Tsuyu aveva ragione e anche le altre si dissero d'accordo.

«Non c'è molto da dire. Ho rovinato anni e anni di amicizia. Semplicemente, ho rovinato tutto» affermò Ochako lapidaria, mentre tirava su col naso e sfregava gli occhi nella manica del pigiama. Si lasciò abbracciare da Tsuyu, che di tanto in tanto le accarezzò la schiena come a farle forza.

Avrebbe voluto chiedere se avevano litigato o cos'altro, ma persino a lei le parole si bloccarono in gola. Maledetta empatia.

Quando si fu un minimo calmata, Ochako iniziò a raccontare, con lo sguardo perso nel vuoto e la voce che a volte si spezzava. «Venerdì scorso, alla festa, ho bevuto troppo. Non so cosa speravo di ottenere, come prima sbronza è stato un fallimento totale. Ero con Deku e Shoto quando ho cominciato a sentirmi male. Loro sono stati così gentili da portami in bagno e mi hanno anche aspettata un sacco all'uscita. Quando sono tornata, Shoto mi ha messo una mano sulla testa facendo "pat-pat" come con i cani. Poi ha fatto la stessa cosa con Deku e se n'è andato. È stato buffo». Si interruppe per ridacchiare, poi socchiuse gli occhi e accennò un sorriso. «Presumo fosse il suo modo per dire che era felice che stessi bene e che mi affidava a lui».

«E poi?!» Mina incalzò ansiosa e Kyoka ribatté tagliente di darle almeno il tempo per respirare.

«È a quel punto che ho fatto una cavolata. La più grande della mia vita, direi. Non ricordo bene, so solo che ho abbracciato Deku e conoscendolo già questo lo avrà fatto andare nel panico, eppure ha ricambiato. Allora ho iniziato a mormorare cose sconnesse e... Credo di essermi... dichiarata».

«E lui?!»

«Non... Non ha detto nulla... Mi ha solo... Ha solo...» non riusciva più ad andare avanti, scossa dai singhiozzi.

A Mina faceva male. E la faceva arrabbiare. Come si permetteva quel broccolo di farla soffrire?!
«Cosa? Cosa?! Se ti ha trattato male, abbandonato o altro, lo ammazzo con le mie stesse mani, parola di sorellona Mina!»
Tirò su le maniche del suo pigiama da unicorno e batté i pugni l'uno contro l'altro. Doveva sembrare feroce, ma faceva solo ridere. E andava bene così, perché oltre alle battute poco carine di Toru e Kyoka, ottenne anche un sorrisino da Ochako.

«No, no, niente del genere» tornò a parlare quest'ultima, piano, quasi un sussurro. «Non ha detto nulla perché non ha potuto in quel momento. Siamo stati interrotti da Katsuki. Eijiro, che lo aveva accompagnato, non ha commentato e se n'è andato. Katsuki, invece, vedendoci appiccicati ed entrambi rossi come peperoni, chissà cosa avrà pensato. Ci ha detto di "fare 'ste cose da un'altra parte" e si è chiuso in una cabina, stranamente senza aggiungere insulti».

«Quei due... Loro sapevano! Come hanno osato non dirmi niente?!»

Un'ulteriore ragione per indire una riunione straordinaria della BakuSquad il giorno successivo. Prima che potesse afferrare il cellulare e mandare furiosamente qualche messaggio o audio minatorio sulla chat di gruppo su WhatsApp, però, Toru la bloccò. Giusto, adesso la priorità era Ochako.

«Tenya ha dato un passaggio a casa a noi e Mei. Deku mi ha accompagnato alla porta e allora mi sono accorta di aver scambiato la mia borsa con quella di Mei. Quindi non avevo le chiavi e non potevo entrare, dato anche che i miei erano via per lavoro. Ormai gli altri due se n'erano già andati, e non volevamo disturbare ancora quel santo di Tenya, così Deku mi ha ospitato a casa sua che non è troppo lontana».

«Ehi, ehi, ehi, frena! Ommioddio, a casa sua?! Non dirmi che voi due avete... avete trombat-»

«Mina!» un altro rimprovero di gruppo.

«No, ti sbagli!»
Ochako avvampò e scosse le mani davanti a sé, come a impedire a quell'immagine di intaccarle la mente. Eppure non doveva dispiacerle, doveva averci pensato qualche volta anche una creatura pura e innocente come lei, no?
«Ti sbagli... Sono soltanto crollata sul suo divano, la mattina dopo abbiamo fatto colazione insieme e ho levato le tende. Sarebbe più corretto dire che sono fuggita. Insomma, ero confusa e ricordavo ancora meno di adesso. Con questa scusa del non ricordare, durante la settimana non ne ho più parlato e nemmeno lui ha tirato fuori il discorso. Non ha detto che ricambia i miei sentimenti, ma non mi ha neanche rifiutata apertamente. Solo, non si è espresso. Ora continuiamo a fare le stesse cose di prima, a essere amici come se nulla fosse, è strano e non capisco... Ecco perché dico che ho rovinato tutto».

«Ho capito» fece solo Mina, sapiente, alla fine della spiegazione. «Sai, sono cose che capitano» cercò un modo gentile per non sminuire la preoccupazione dell'amica e rassicurarla «Anche se adesso ti sembra impossibile, non è nulla di irrisolvibile. L'importante è che ne parlate a cuore aperto. Nessun rapporto, amicizia o amore che sia, si può basare su faccende lasciate in sospeso».

«Concordo» intervenne Tsuyu «Conosciamo Izu, è tutto fuorché insincero e non ti nasconderebbe mai cosa pensa. Secondo me ha solo bisogno di un po' di tempo per ordinare le idee e allora potrete parlarne».

«Giusto. Una dichiarazione può prenderti alla sprovvista. E anche se ti rifiutasse, credo che starebbe attento a non ferirti e non porrebbe fine alla vostra amicizia solo per questo» rifletté Momo. Le prese le mani e addolcì la pillola con un sorriso come solo lei sapeva fare.

Dal canto suo, Kyoka non disse nulla, però espresse la sua vicinanza offrendole uno spiedino di caramelle. Anche questo, al pari degli altri commenti, la tirò un po' su.

«Mi è capitato di essere rifiutata, te l'ho mai raccontato?» fu il turno di Toru. «La differenza è che mi ero innamorata di un bad boy fatto e finito: affascinante, ribelle, a volte anche violento. Perché boh, sono fatta così, ho un talento nello scegliermi le persone sbagliate».

Mina la guardò soddisfatta mentre scherzava su quella situazione che in passato le aveva fatto male.

Lei c'era, era lì al suo fianco quando, in prima superiore, visse la classica storia wattpadiana. Toru Hagakure, bionda, occhi azzurri, bellissima e un po' stupida, si innamorò perdutamente dell'accattivante e tenebroso bad boy di turno piombato per magia nella sua vita. Si scoprì poi che era tutta una scommessa tra alcuni dell'ultimo anno. Ma l'epilogo non fu il fantastico "e vissero felici e contenti" alla After, tutt'altro. Dopo che perse la verginità con quello stronzo, lui rivelò tutto e la abbandonò senza alcun rimorso. In breve si venne a sapere in tutta la scuola e non solo, e lei fu condannata a una sorta di "damnatio memoriae". Quella locuzione latina, una delle poche che Mina ricordava non essendo una cima nello studio, descriveva perfettamente il destino che venne riservato a Toru. Da allora, fu ignorata, cancellata dalla gerarchia sociale della scuola, trattata da ragazza invisibile.

Stette male per molto tempo, per quell'amore non corrisposto e tutte le conseguenze a cui aveva portato, come era ovvio che fosse. Quindi, ogni volta che si sentiva giù, Mina la costringeva ad uscire a prendersi un gelato o fare shopping e, soprattutto, le ricordava che non si doveva abbattere perché la vita le avrebbe destinato tante altre cantonate e che non doveva permettere a quei bastardi là fuori di umiliare la splendida persona che era.

Tempo dopo, sarebbe stata la stessa Toru a rivolgerle quelle parole e ad esserci ugualmente per lei. Per questo la reputava la sua migliore amica e non poteva che essere orgogliosa dei grandi passi che aveva compiuto, di come si era rialzata e ora affrontava a testa alta il suo passato.

«Ma sono ancora qui» riprese con tono solenne «Sono ancora in piedi e sai cosa? Sto meglio di prima, senza quello stronzo nella mia vita. La tua situazione invece è diversa. Come dice Momo, Izuku non ti farebbe mai una cosa del genere, perché è evidente che ci tiene a te. Quindi chiarite i vostri sentimenti prima che sia troppo tardi. In ogni caso, non permettere a questa cosa di stravolgerti e cambiare la bellissima persona che sei. Resta fedele a te stessa, sempre».

Rimase sorpresa, Ochako, prima di ringraziarla per il consiglio, così come le altre. Toru era estroversa, vivace, rumorosa, raramente uscivano il suo lato profondo e quella sua filosofia di vita fatta di esperienze personali mischiate a citazioni tumblr. E quando succedeva, non si poteva non riconoscere la sua forza.

«Non avrei saputo dirlo meglio» puntualizzò Mina sorridendole.

Ormai si era fatta l'una.

Momo stava già crollando dal sonno, Kyoka ce la stava mettendo tutta per non fare la stessa fine e anche Ochako, provata com'era, aveva bisogno di riposo. Per giunta il giorno dopo avrebbero avuto scuola. In effetti si chiedeva ancora come avesse fatto a convincere la diligente, responsabile e in poche parole perfetta rappresentante di classe a una serata del genere.

Si infilarono nei sacchi a pelo e chiacchierarono a bassa voce ancora un po' prima di addormentarsi.

Mentre si abbandonava anche lei al sonno, non poté evitare di sorridere ancora tra sé e sé. Il pigiama party era stato un successo. Finalmente aveva scoperto i problemi delle sue amiche e, ora che si erano confidate, loro stesse sembravano più serene e determinate ad affrontarli. Mina si sentiva proprio come una sorella maggiore, che guardava fiera le sue piccole sorelline crescere.

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