♡ │ tododeku :: scars to your beauty

art :: @/mitsou parker

data :: 08/11 - 08/12/23; pubblicata 25/12/23
lunghezza :: 6.000+ parole
genere :: introspettivo, fluff
tw :: niente di brutto stavolta lo ggiuro, solo tanto diabete + credo linguaggio e disagio fortissimo in una certa chat (capirete leggendo e.e)

in cui :: È la mattina di Natale e Shoto è alle prese con la sua cicatrice. Ha ancora qualche problema nell'accettarla. Ma ha anche qualcuno accanto che ogni giorno gli insegna ad amarsi, fatto di altrettante, speciali e bellissime imperfezioni.

─────.•*:。♡。:*•.─────

Ho un rapporto strano con le cicatrici.

E con le cose e i cibi caldi, proprio non li sopporto quelli, con il senso dell'umorismo, con le relazioni sociali e il contatto fisico, e con il ragazzo che attualmente è di là nel mio letto mezzo nudo a sbavarci sopra immerso nel mondo dei sogni, mentre io mi sto fissando da così tanto tempo allo specchio del bagno che non so più se sono io.

Comunque è con le cicatrici, soprattutto, che ho un rapporto strano.

Alcune mi piacciono, altre no.

La mia fa parte della seconda categoria.

La mia cicatrice non mi piace. Per niente.

Il mio riflesso che in questo momento mi sembra così separato da me, come se fosse un'altra persona che mi scruta dall'altra parte del vetro che ci divide, si porta una mano a sfiorare i contorni della pelle danneggiata del suo viso, un cerchio deforme attorno all'occhio e sotto la frangia di capelli rossi. Lo osservo di rimando, in quell'azzurro gelido che mi fissa ricordandomi che la presenza di lui è sempre con me, in qualche modo, e non potrò mai liberarmene davvero.

Credevo di essermene fatta una ragione. Di essermi anche messo il cuore in pace, con il tempo.

Mio padre, quello terribile del passato, e tutte le cose brutte subite mi segneranno sempre, all'esterno con questa cicatrice e all'interno con i traumi invisibili che mi ingabbiano il cuore, nella corazza che mi sono costruito nel tentativo di difendermi. Dall'altra parte, c'è quel lato del ghiaccio di me che riflette la presenza positiva di mia madre, paradossalmente quello fatto più di calore, affetto, che mi sussurra che posso essere chi voglio senza lasciarmi incatenare dal mio sangue. Io sono la somma di entrambi e di più, posso essere la sintesi migliore di tutti e due, che a loro volta stanno piano piano riparando ai propri errori. Quindi sì, mi dico che me ne sono fatto una ragione e che sta andando tutto bene.

Io sto bene, posso dirmi che la nostra famiglia disfunzionale si sta rimettendo insieme dopo il passato costellato di abusi e tragedie, posso andare avanti... Posso mettermi il cuore in pace. E allora perché quando guardo negli occhi il mio riflesso non sempre ci credo?

Ironicamente, mi sento così... diviso.

Se mi è concesso sentire qualcosa, dopo che per tutta la mia infanzia mi è stato ripetuto che i sentimenti mi rendevano debole e non dovevo farci caso perché dovevo diventare forte. Dovevo trascurare il dolore fisico durante gli allenamenti, il desiderio di giocare con i miei fratelli più grandi e la solitudine perché non potevo farlo, l'odio contro il mio stesso padre che mi diceva così e l'amore verso la mamma che difendevo sempre a spada tratta a costo di danneggiare ancora di più il mio corpo. Così piccolo e con così tante cose dentro che mi illudevo di tenere fuori quando invece si accumulavano ed ero solo troppo bravo a non darlo a vedere e starmene zitto. Esattamente come mi era stato insegnato.

Così, oggi, mi ritrovo a sentirmi diviso.

Mi sento diviso io stesso a metà, perché è così difficile a volte tenere unite entrambe le parti prese dai miei genitori con i rispettivi fardelli in un unico corpo, e mi sento diviso io dal mio riflesso che è come se rappresentasse la persona perfetta che non riuscirò mai ad essere, in pace con sé stessa che mi guarda impietosita da dietro l'altra faccia del vetro.

Perché tutti credono che io sia perfetto e ignorano che sono precisamente il contrario. Ho come questa maledizione dell'apparente perfezione; la realtà è che sono fatto di cicatrici e frantumi che cerco disperatamente di tenere insieme dietro questo viso, sotto questa pelle rovinata.

Però io non voglio la pietà di nessuno, tanto meno di me stesso. Io voglio e ho bisogno di aiuto, e questo da solo non riesco sempre a darmelo quando la sola vista di me in uno specchio o un riflesso qualsiasi fa rivenire tutto a galla e mi fa annegarci troppo facilmente.

Da fuori non si vede, avendo imparato a non rendere evidente quello che sento perché era meglio per tutti, per mio padre, per mia madre e i miei fratelli con cui lui non poteva prendersela per i miei capricci, per me. O così ero convinto.

Ho imparato a non dare a vedere quello che sento: non significa che non sento niente.

È rimasto tutto nascosto per anni, tra le crepe della mia anima a lungo ghiacciata. Soltanto di recente ho compreso quanto questo tutto fosse incredibilmente sbagliato. Ho sfidato mio padre, lui ha capito e sta cercando di redimersi con me e il resto della famiglia. Ho sfidato anche me stesso in un certo senso, il vecchio Todoroki freddo e altezzoso, a scongelare il suo cuore. Mi sono liberato di quell'apatia e mi concedo di sentire qualcosa, non solo al massimo l'odio, anche se spesso ancora faccio fatica a dare un nome a quelle sensazioni. Ma so che qualcosa, finalmente, lo sento.

Elaborare una ad una le emozioni che provo è il mio primo passo per accettarmi veramente come la persona che sto scoprendo di essere. Per capire quale versione migliore di me voglio diventare, non più frenata dalle catene dei suoi incubi e non più falsa nel trattenere nascosti i suoi sentimenti, positivi o negativi che siano. Come il mio passato definisce ciò che sono adesso, anche loro lo fanno.

La mia cicatrice riflessa nello specchio viene scoperta lentamente dalle mie dita.

Penso a quante volte avrei voluto nasconderla o strapparmela via dalla faccia per dimenticare questa metà di me, cosa ho dovuto passare e cosa ho dovuto costringermi ad essere. Allo stesso tempo, penso che non sono come lui, l'Enji Todoroki del passato che nemmeno mio padre è più, che questo segno mi ricorda che sono fatto da un'altra metà e che se mi sforzo di crederci sono unito in questo corpo vivo e ne vale la pena.

Ecco, quindi, ho un rapporto strano con le cicatrici.

La mia e non solo.

Lascio perdere l'idea di coprire almeno le parti più brutte con il correttore mentre il pensiero vola ad Izuku.

Che, tra parentesi, mi sgriderebbe tantissimo per quell'idea.

Izuku...

Izuku è la persona che mi è stata accanto in questo processo di realizzazione, se non che lo ha proprio innescato, e che continua a starmi accanto ogni giorno, anche in quelli no in cui mi chiedo perché è così difficile e se è tutto vero o mi sto solo facendo illusioni che starò bene.

Izuku dice che ogni cicatrice è unica e speciale. Ognuna racconta una storia, più o meno bella, di perché ce la si è fatta, come si rinasce e si va avanti rendendo la persona stessa speciale. Perciò mi ripete sempre che la mia cicatrice è bellissima e che io lo sono altrettanto.

Io non so ancora se ci credo.

Lo penso più di lui, invece.

Izuku è l'esempio perfetto di quel fatto che ogni cicatrice porta con sé la storia di come e per chi è nata, avendo questa capacità di portare le sue con fierezza. Se io sono più rassegnato ad avere questa macchia indelebile che non ho chiesto su un buon quarto della faccia, lui non si fa problemi a sfoggiare ogni suo più piccolo graffio per il significato che gli ha impresso a vita nella pelle, come un tatuaggio mille volte più doloroso per cui è valso lottare.

Izuku dice che la mia cicatrice è bella: non attraente o misteriosa, come pensano gli altri del mio segno particolare che li fa voltare tutti a guardarmi quando vado in giro senza che abbia desiderato io di averlo ed essere notato per questo. Izuku dice che è bella perché riflette quanto sono bello io dentro, un mosaico dei pezzi che ero e che sono diventato e che diventerò. Quindi posso prendermi tutto il tempo che mi serve per capirlo anch'io e per accettarmi davvero, con lui che non lascerà mai il mio fianco.

Per questo, per me, è Izuku con le sue cicatrici e imperfezioni, con quanto sa essere una persona buona e a volte anche difficile e problematica, il più speciale di tutti.

Insomma, non capita tutti i giorni che qualcuno si spacchi una mano per te durante uno stupido festival, solamente per farti capire quanto vali. Un po' è lui che ha modi estremi e masochisti di fare le cose... Ma comunque.

Se i suoi segni mi piacciono e per Izuku è lo stesso per i miei, allora proverò a pensare anch'io così. Voglio accettare aiuto e voglio accettare me stesso, per essere migliore. E sentirmi amato ogni singolo giorno, da quella volta, ogni singolo istante mi ripaga di ciò che mi è sempre mancato e fa pensare che ne vale proprio la pena.

Mi guardo di nuovo.

Gli angoli della mia bocca sono un po' piegati all'insù e c'è anche quell'invisibile calore che si espande dal centro del petto a pensare a questa parola.

"Speciale".

Sì, credo che sia lei alla fine quella che meglio riassume entrambe le facce della medaglia, sia della mia situazione che della relazione mia e di Izuku. Il mio rapporto con le cicatrici e il mio rapporto con Izuku non sono strani, sono speciali, davvero speciali.

E credo anche, no, sono sicuro, che quello che provo con lui e soltanto lui sia...

Un rumore improvviso mi fa sobbalzare impercettibilmente. Viene dalla mia stanza.

Esco dal bagno e mi ci precipito.

«Ma che...?»

Mi ritrovo una scena confusa davanti. Izuku è sul pavimento accanto al letto che borbotta qualcosa tenendosi la testa. Quando mi vede, avvampa con fare colpevole e si avvolge ancora di più nelle coperte che si è trascinato dietro con lui, con solo le braccia e le gambe candide costellate di lentiggini irregolari, e dei discutibili calzini natalizi ai piedi, a sbucare dal suo bozzolo.

«... Tutto bene?»

«'G-Giorno!» lui lancia un acuto. «Tutto benissimo, stavo... solo cercando di prendere... una cosa e...»

«Sul pavimento?»

«Sì. Sì proprio così,» esclama, «ehm, era... sotto al letto, ecco.»

«Mh. E l'hai trovata quindi?»

«Sì.»

«E dove sarebbe?»

«L'ho... messa via. Non era niente di importante... Già.»
Annuisce ancora come se volesse convincere più sé stesso, in quel modo troppo vigoroso, le mani intrecciate in qualche posizione strana e le punte delle orecchie rosse, di quando sta mentendo. Tutto il suo viso è rosso, in realtà, facendolo sembrare una fragola con tanto di puntini scuri e cespuglietto verde in cima.

Scuoto la testa. Incrocio le braccia e mi appoggio con una allo stipite della porta del bagno. «Izuku, di' la verità. Sei caduto mentre dormivi.»

«N-Non è vero! So che è già successo ma stavolta non...» si zittisce in un sospiro, accorgendosi che sta facendo tutto da solo come al solito.

Per la cronaca: non è la prima volta che rimane qui la notte e dorme così beatamente che non si rende conto di star scivolando via finché si ritrova giù dal letto in un tonfo. Bakugo, nella camera proprio sotto la mia al quarto piano del dormitorio, si lamenta sempre dei nostri rumori. Di preciso, più di altri...

«Beh, non ti alzi? Vuoi rimanere sul mio pavimento tutto il giorno?»

Il ragazzo, no il mio ragazzo mugugna qualcosa, nascondendosi il viso tra le braccia incrociate, che gli devo chiedere di ripetere un paio di volte. «I... -stiti... Non... Non trovo più i miei vestiti Todoroki-kun», butta fuori alla fine.

Ah. Ecco cosa non mi voleva dire e perché si sta imbarazzando tanto. Anche se non c'è nulla di cui vergognarsi e chiamarmi per cognome, adesso, dopo ieri voglio dire...

Trattengo uno dei miei piccoli soffi dal naso che dovrebbero stare per una risata. «Non ti ricordi? Ieri sera noi due abbiamo fatto se-»

Mi interrompe d'un fiato: «Ti prego me la ricordo quella parte!»

«Così ho portato i vestiti alla lavanderia comune, ma a quanto pare eri così stanco che non ti sei accorto. Sei crollato subito ora che ci penso.»

«È colpa tua...»

Corruccio le sopracciglia. «Di entrambi, se mai. Aspetta, ti presto qualcosa.»
Controllo nei cassetti dell'armadio e recupero una semplice maglietta bianca come quella che indosso io e un maglione da metterci sopra che potrebbe andargli. Quanto ai pantaloni della tuta, dovrà accontentarsi di andare in giro con dei risvoltini enormi.
Gli appoggio il tutto sul letto, sotto il suo sguardo timido. «Quindi?» inclino la testa dopo secondi di attesa, «Non li metti? Se non vanno bene puoi dirmi-»

«No, no, vanno benissimo.»

«Mh. Allora qual è il problema?»

«Todoroki-kun perché sei così ingenuo», piagnucola. «Dovresti... andartene. Vorrei un po' di privacy, sai com'è, sono abbastanza... scoperto qua sotto le coperte. Anche se è uno strano gioco di parole e-»

«Ma ti ho visto nudo meno di dieci ore fa.»

«T-Todorokiii!» Mi schiaffeggia una gamba. «Non è la- la stessa cosa!» mormora disperato, prima di rannicchiarsi su sé stesso per coprirsi la faccia definitivamente in fiamme.

«Va bene, va bene.»
Alzo le mani in segno di resa e lo lascio a cambiarsi in pace.

Non lo faccio apposta a portarlo all'esasperazione a volte... ok, spesse volte.

Però è anche... bello, da vedere, Izuku. Ha dei modi strani di over-reagire a tutto, come se non potesse trattenere ogni tipo di emozione che prova sempre così intensamente neanche per un singolo momento. Un po' gliel'ho sempre invidiata questa capacità di essere tanto trasparente e vero.

Approfitto per andare in balcone e respirare un po' di aria fresca di questa mattina di fine dicembre. Il paesaggio è quasi un totale indistinto bianco, con il cielo chiaro segnato dalla nebbia e da un solitario raggio di sole e con la distesa di neve sulla collina della scuola, sugli alberi che la avvolgono tutt'intorno.

Questa vista mi mette pace.

L'inverno è una delle cose che mi piacciono. Forse perché mi ricorda la mamma, forse perché sentire il freddo che entra fin dentro le ossa mi ricorda che sono vivo e c'è un perché.

Mi vibra il telefono nella tasca dei pantaloni.

Un altro messaggio da loro...

Evito prontamente la chat in cima e apro quella un po' più sotto invece, i cui messaggi risalgono a diverse ore fa.

Un nuovo messaggio non tarda ad arrivare dopo la mia risposta non esattamente da tempo record.

Sì, Bakugo è quel tipo di persona che scrive troppo, tipo metodo alternativo per sfogare la rabbia repressa, e che dà prova del suo perfezionismo, tra le altre cose, mettendo sempre i punti a fine frase.

Infatti...

E sì, d'accordo, io non sono serio. Non del tutto... Solo, mi diverto a prenderlo in giro così.

Ho capito che la mia ingenuità gli fa saltare facilmente i nervi e a me sotto sotto divertono le sue scenate. Così capita che lo faccio arrabbiare spesso, a volte di proposito e più spesso senza neanche volerlo.

Negli ultimi due anni ho anche capito che possono esistere vari tipi di amicizia e a quanto pare noi riusciamo ad essere amici in questo modo. Anche se lui non vuole definirsi formalmente mio amico.

Le parole "sta scrivendo..." sotto il suo nome compaiono e scompaiono un paio di volte. Passano diversi minuti prima di ricevere qualcosa di prevedibile.

Oh beh, non è nemmeno la prima volta che mi blocca. Basterà lamentarmi con Kirishima e lui, non so bene i dettagli e non li voglio sapere, farà il resto.

Rimango ancora un attimo a rileggere uno degli affettuosi saluti del mio amico. Un angolo delle labbra mi si alza ancora all'insù senza che me ne renda conto a soffermarmi sullo sfondo, una foto che risale a una ronda in centro città di questi ultimi giorni festivi. Izuku si era bloccato a guardare incantato un albero di Natale ed è stato istintivo per me catturare di nascosto quell'attimo.

A proposito...

«Etcì!» Izuku si annuncia così uscendo e raggiungendomi alla ringhiera del balcone. «Todoroki-kun ma fa freddissimo! Vuoi ammalarti con solo la maglietta addosso?!»

«In realtà-»

«Con il tuo quirk ti autoregoli la temperatura, lo so, lo so», mi anticipa. «Però mi viene spontaneo preoccuparmi lo stesso...»

«Mh. Ti preoccupi per me, Izuku?»

Avvampa, non capisco per cosa di preciso. Si stringe nelle spalle, che continua a sfregarsi abbracciandosi da solo per scaldarsi. Soltanto adesso faccio caso a come il mio cashmere gli pende un po' su una spalla e arriva a corpirgli interamente le mani, facendolo sembrare più piccolo di quanto è.
«Certo che mi preoccupo per te», ammette piano, esibendo un sorrisino imbarazzato. «Ehi, guarda! Ha iniziato a nevicare?»

Alzo anch'io la testa, seguendo la traiettoria del suo sguardo meravigliato.

In breve siamo avvolti dal silenzio e da dei pigri fiocchi di neve che cominciano a cadere sopra le nostre teste.

Sono riscosso da una sua risatina.

«Todoroki-kun, hai un fiocco proprio... Fermo, te lo prendo.» Mi preme delicatamente un indice sul naso. «Uffi... Si è sciolto...» Lo dice come se avesse ucciso lui quel povero ammasso di acqua cristallizzata e si sentisse in colpa, con il labbro inferiore sporto un po' in fuori.

«È normale. È l'effetto della temperatura mista alla pressione del tuo dito che-»

Mi arriva un pugnetto sul braccio. «Daiii, così spezzi tutta la magia!»

«Scusa, scusa.»

Ha anche questa capacità di stupirsi per la minima cosa, trovare qualcosa di speciale nei più piccoli particolari, che io non ho. Non so se perché ho dovuto imparare presto a smettere di sognare o se è proprio il mio carattere che a prescindere mi rende così.

Torno a scrutare il cielo, come a cercare di vedere anch'io la magia di cui parla. Penso a voce alta. «Sembra che nevicherà per un bel po'. Ci saranno tanti altri fiocchi oggi che potrai prendere. E quando finiranno, con il mio lato destro potrò creartene altri, tutti quelli che vorrai. Devo ancora capire se posso ricavarli consapevolmente dal ghiaccio e come, in effetti, ma-»
Un colpo, stavolta al petto, mi fa mancare il fiato un attimo. Izuku ci si è catapultato e mi sta stringendo in uno dei suoi abbracci immotivati ed eccessivamente forti.
«Aiuto così non respiro-»

«Oddio, scusa!»

Allenta la presa. Solo per un po', con la testa ancora infossata tra le pieghe della mia maglietta troppo leggera.

«Perché questo abbraccio all'improvviso, comunque?»
Non gliel'ho detto che ancora mi ci devo abituare. Al contatto fisico in generale e al suo nello specifico, perché posso controllare quanto voglio la mia temperatura ma non i battiti accelerati. Non gliel'ho mai detto, però in fondo lo sa perché capisce me, l'indecifrabile Todoroki Shoto, più di chiunque altro.

«Oh ingenuo stupidino Todoroki... Non ti rendi conto di quanto sono dolci alcune cose che dici. Mi viene tanta voglia di abbracciarti, tutto qui».

«Mh. Se lo dici tu.»

Gli sbattono i denti, nel momento in cui mi richiama ancora. «Todoroki, abbraccio», reclama stringendomi di nuovo, ricordandomi che in tutto ciò dovrei fare lo stesso. L'ho detto che non sono abituato.

Trema così tanto tra le mie braccia che temo mi possa andare in ibernazione. Rilascio senza pensarci un po' di calore dal mio lato sinistro.

Delle voci provenienti dal cortile ci fanno presente che anche i nostri compagni rimasti in dormitorio si sono accorti che sta nevicando. Saranno usciti per un'altra delle tante battaglie di neve che ci hanno accompagnato in questi giorni, tra pause concesse da qualche lezione, divertimento e raffreddori.

Così Izuku propone di rientrare, scaldarci un attimo e prepararci per andare a giocare un po' anche noi. «Abbiamo ancora qualche minuto prima del pranzo», riflette mentre mi trascina in camera per un polso.

A quel "pranzo" mi irrigidisco.

È da tempo che sto rimandando il pensiero. È venuto il momento di farci per forza i conti... anche se non vorrei. Non so bene cosa mi fa sentire, qui all'altezza dello stomaco, so che non è una sensazione che mi piace.

«Che c'è? Tutto bene?» si gira quando mi fermo in mezzo alla stanza, sul tatami che accompagna il resto dell'arredamento in stile giapponese.

Scrollo piano le spalle, ma sono lo sguardo sfuggente e l'indice con cui mi gratto la guancia in un vago gesto di disagio a tradirmi.

«Todoroki-kun...»
Izuku si riavvicina. Facendosi coraggio, perché che sia lui quello più espansivo della coppia non significa che non si agiti teneramente ogni volta, mi prende le mani con le sue fredde e mi spinge a ricambiare lo sguardo.
«Todoroki, io sono qui. Va bene se non ne vuoi parlare, lo sai, ma non ti chiudere con me. Sono il tuo ragazzo», il ponte del naso gli arrossisce ancora di più che per la temperatura fuori, «Sono il tuo ragazzo quindi per qualsiasi cosa io sono qui. Sì?»

«... Sì», sospiro, facendogli spuntare un sorriso di sollievo. Penso che sappia già cosa ho in realtà, è solo che non vuole forzarmi e aspetta i miei tempi. L'importante è che so che posso contare su di lui ed è disposto a ricordarmelo fino alla morte se necessario.
«Però smettila di chiamarmi Todoroki.»

Ridacchia al mio broncio accennato. «Hai ragione, a volte mi capita anche quando siamo da soli. Lo farò... se mi dai qualcosa in cambio.»

Si picchietta furbamente un dito sulle labbra e, prima che io possa connettere, mi avvolge le braccia al collo e trascina giù per rubarmi un bacio.

Poi, divertito dalla mia reazione, mi riprende per i polsi e arretra fino a scontrarsi con le gambe contro il bordo del letto.

Mi lascia solo per andare a sdraiarcisi sopra. Batte una mano accanto a sé, sulle lenzuola sfatte. «Shoto, coccole.»

Un giorno mi farà impazzire. Il misto di timidezza e intraprendenza è una delle tante cose che fanno di lui un paradosso vivente: piagnucolone quanto così forte, che tiene più a degli sconosciuti in pericolo che alla propria vita, con poca fiducia in sé stesso quando è una delle persone più belle su questa terra, tanto timido quanto affettuoso. Per non dire come si trasforma quando facciamo quello... "quello", che la gente chiama amore e che sempre più spesso mi chiedo se non è semplicemente ciò che provo anch'io, ciò che posso permettermi anch'io.

Il mio ragazzo si sistema sulla schiena e fa appoggiare me di fianco, con la testa sul suo petto così da riuscire ad accarezzarmi i capelli e bearsi del calore della mia parte sinistra. È stato uno dei primi scopi per cui, un paio di anni fa, ho iniziato ad usare più volentieri questo quirk.

C'è un motivo per cui gli chiedo di chiamarmi per nome. È un'altra di quelle cose che mi piacciono.

Mi piace davvero. Un po' di più delle altre cose.

È che Izuku lo fa così diversamente da come sono stato abituato fin da piccolo. Non è come il suono grave e infinito di mio padre, che se non altro negli anni è diventato meno rabbioso, né come quello pacato della mamma mentre mi teneva in grembo a guardare il mio Hero preferito in televisione.

Il suo "Shoto" scivola dalle sue labbra in un modo sussurrato e dolce come se fosse una cosa soltanto di noi due e come se fosse... così giusto. È gentile e accogliente, in un senso diverso da materno anche se un po' ci somiglia. Direi che sa di casa.

Mi ricorda che Izuku è stato il primo a riconoscermi come persona, non come figlio dell'Eroe Numero Due o come capolavoro che doveva superare All Might, non come quel ragazzo distaccato di inizio liceo. Non come Todoroki, ma come Shoto.

Sa di legame mai avuto così stretto con qualcuno che non lo credevo possibile, dopo che ha scavato a fondo oltre la corazza fino a raggiungermi l'anima. Sa di baci teneri e di sorrisi rubati, sa di miele sulle mie ferite e carezze sulle mie lacrime.

Sa proprio di casa, una famiglia diversa che posso avere in lui se me lo concedo e io voglio concedermelo.

Il mio chiamarlo a mia volta per nome è come un modo intricato di dirglielo, e anche di farlo mio.

Voglio anche poter dire di essere io una casa per lui. Nonostante spesso sia io quello più bisognoso e complessato...

Però, davvero, voglio.

Lo voglio così tanto...

«Shoto...» sorride, così ipotizzo dalla leggera inclinazione della voce che ho imparato a conoscere anche senza guardarlo, senza bisogno di distogliere gli occhi dalla sua pelle che mi azzardo a sfiorare con un dito.

La cicatrice sulla mano destra che si è fatto al festival sportivo.

Il palmo che si muove a combaciare con il mio e tenerlo per un po' tra le sue dita.

Poi il polso, l'avambraccio, l'altra cicatrice sul bicipite del ritiro nei boschi percorsa dal mio indice da sopra il maglione.

E poi ancora traccio i contorni delle altre piccole imperfezioni accompagnate dalle lentiggini sulla spalla, sul petto, i fianchi, che ormai so a memoria senza dover vedere per ogni volta che mi ha concesso di ammirarle, sfiorare con le labbra, amarle.

Sono così belle, le cicatrici di Izuku.

«Shoto», ripete ancora Izuku e mi blocca la mano. «A-Aspetta. Mi fa... Ehm... Non è che non voglio, ma mi fa male- lì, dopo... stanotte.»

Rialzo poco volentieri la testa dal mio cuscino vivente per cercare i suoi occhi che mi spieghino cosa intende e perché si sta agitando. Non ottengo molto se non un'espressione di chi sta pregando intensamente che io ci arrivi da solo, le lentiggini tutt'uno con un nuovo rossore e il labbro inferiore torturato tra i denti.

E l'illuminazione giunge. Sono migliorato con i tempi, modestamente. Sempre nello standard dei miei di tempi.
«Ah, intendi fare sesso? Veramente non pensavo a quello», lo rassicuro. La scorsa notte è stata più che sufficiente e non ci tengo a distruggere il mio fidanzato. «Volevo solo accarezzarti. Come fai tu con me di nascosto quando credi che sto dormendo. Rimani sveglio un sacco dopo di me ad accarezzarmi ed ecco perché dormi fino a tardi la mattina e cadi dal mio letto.»

L'imbarazzo esplode ufficialmente sulla sua faccia prima ancora che finisca di parlare.

Pensava che non mi fossi accorto di tutto questo? E anche se fosse, dov'è il problema? Non dico spesso queste cose, ancora meno ad alta voce... ma trovo che sia tenero quello che fa. Vorrei non smettesse mai.

È così nel panico che non risponde. Mi sa che l'ho rotto davvero.

«Izuku?»

«Perdonami, ho... caldo», farfuglia coprendosi il viso con le mani. E mi sa che è vero a giudicare dal suo colorito ma anche che è una scusa.
«Per favore, ti sposteresti? Adesso devo proprio fare una cosa.» Senza spiegare ulteriormente mi fa scivolare da sopra di lui. Si gira a pancia in giù tenendosi su solo con le braccia e infine, teatralmente, si lascia andare in un piccolo tuffo sul cuscino e ci sprofonda un urlo soffocato. «Stupido, stupido, stupido sono uno stupido, stupido-»

«Izuku-»

«... Ho subito pensato male, mi sento così stupido e ti sembrerò un pervertito e credo di poter morire dall'imbarazzo in questo preciso momento e...»

«Ti stai sentendo male?»

«In senso figurato, Shoto.»

«Ah, ok.» Rilasso le spalle. «Cioè, meglio però...»

«Sono. Uno. Stupido», scandisce prendendosi a testate contro il letto.
Continua per un po' con i suoi borbottii su quanto ha rovinato un bel momento, morirà in senso figurato e non riuscirà più a guardarmi in faccia.

«Calmati, dai...»
Faccio abbastanza pena ad empatizzare con le persone e la mia unica strategia di consolazione già fallisce miseramente: gli faccio un piccolo pat-pat sulla schiena e per poco non mi becco un calcio caricato con One for All per quanto è teso e non se lo aspettava.
«Davvero non è successo niente. Sono anche io che sono... ambiguo, a volte.»

Si sente un suo «Pff» ovattato contro la stoffa. «Beh, questo è vero.»

«Visto? Non sono bravo a far capire le mie intenzioni...» né a capire io quelle degli altri, se è per questo, «o ciò che sento, anche se ci provo. Nemmeno a consolare e queste cose. Facciamo che siamo pari e riuscirai ancora a guardarmi in faccia?»

«Oh Sho...»
Gira appena la testa, facendo sbucare un occhio dalla piega del cuscino in cui si è infossato.

Un pensiero profondo mi colpisce.

Allungo la mano libera, la destra, sulla sua guancia arrossata. È davvero calda. Se non morirà di imbarazzo, morirà di autocombustione.

Non sono solito fare queste cose spontaneamente o per primo.

Izuku è un po' sorpreso. Dopo, si scioglie in uno dei suoi sorrisi che mi scaldano più di quanto possa fare io stesso con il mio quirk e mi imita.

Nel nuovo piacevole silenzio di questa carezza, il pensiero si forma più chiaramente nella mia testa: mi è venuto questo impulso perché... Izuku è così problematico a volte.

Mettendo tra parentesi che sono io a dirlo.

Izuku... dà tutto sé stesso sempre, incurante di farsi male.

È semplicemente un ragazzo cresciuto senza affetto. Un po' come me, o meglio senza l'affetto e l'accettazione che avrebbe voluto al di là di quelli di sua madre, da parte del suo migliore amico "Kacchan" e gli altri bambini, il sistema scolastico e il mondo intero che non volevano un inutile senza quirk, in questo invece così diverso da me che avevo tutto in apparenza. Aggiungendoci che è molto emotivo e non si trattiene proprio... Negli anni gli è come scattato questo meccanismo per cui ha sempre dato senza volere nulla in cambio perché non si riteneva all'altezza di avere qualcosa da qualcun altro, e alla minima attenzione degli altri verso di lui si sentiva in dovere di ricambiare anche quando non richiesto e confondendo le cose.

A volte succede ancora, per questo ha mal interpretato il mio gesto prima.

Ma se lui sta rendendo migliore me, così lui con me si sta liberando di questi pensieri sbagliati, sa che non si deve sentire in obbligo di niente, che io lo ascolto e che potrà avere tutto l'affetto di cui ha bisogno. O almeno mi sto impegnando tanto per farglielo capire ogni giorno, allo stesso modo di come lui ha sempre fatto con me.

«Anche il non riuscire più a guardarti in faccia non lo dicevo sul serio», mi riporta alla realtà specificando così, perché non si sa mai.

«Mh, ci avevo pensato, ma ho chiesto per sicurezza.»

«Giusto, giusto.»

Finalmente la sua risatina, che viene presto sovrastata dal suono di una notifica.

Izuku rotola su sé stesso fino a raggiungere il suo cellulare sul comodino.

Lo riappoggia poco dopo. Fa un sospiro e torna a guardarmi. «Dato che siamo in tema... Tua sorella ti ha mandato dei messaggi per chiederti un parere su un piatto per il pranzo ma non hai risposto, idem a tuo fratello. Li stai facendo preoccupare, per questo hanno scritto a me. Sho... Se ti va provi a dirmi perché non vuoi rispondere a Fuyumi-san e Natsuo-san?»

Ed è arrivato il famoso momento che rimandavo.

Non sono stupito. Come avevo pensato, lui sa qualcosa e per giunta i miei fratelli non devono avergli lasciato molti dubbi. Non fanno per intromettersi nella mia vita privata, semplicemente sono contenti che il loro fratellino socialmente strambo abbia una relazione e che sia Izuku lo sfortunato, di cui approfittano per sapere più di me o avere notizie quando scompaio così all'improvviso. Il che non è un fatto nuovo, da quando mi nascondevo da mio padre in posti sperduti della nostra villa a quando sono cresciuto e qualche volta lo faccio ancora, mi isolo non per cattiveria quanto per elaborare in solitudine delle sensazioni nuove che mi scombussolano.

Sensazioni come questa allo stomaco, ancora, a pensare all'invito al pranzo di Natale della famiglia Todoroki quest'anno esteso anche ai Midoriya.

Non lo so cosa mi rende tanto... nervoso?

Ci sarà tutta la famiglia, ok. Le cose vanno meglio tra noi.

Ci sarà anche il mio ragazzo, ok. Non è la prima volta che lo vedono, anzi, per la scuola e per altro siamo spesso insieme. Inoltre mio padre sospettava di noi da molto prima che siamo fidanzati in modo non proprio antisgamo, credo da quel suo incontro con Izuku al festival sportivo, e in questo senso ci ha fatto sempre sentire accolti.

Endeavor... Papà avrà tanti difetti sotto diversi punti di vista ma l'omofobia non rientra tra di essi, a lui importa che una persona valga qualcosa e sappia dimostrarlo al di là della sua sessualità che non costituisce di certo un vantaggio o uno svantaggio. All'agenzia recluta gente di ogni tipo, basta che sia competente e votata a costruire una società migliore. In più ha acconsentito a prendere Izuku e Bakugo come tirocinanti con me solo perché io ci tenevo. È proprio cambiato, papà.

Sto divagando. Questo vizio me lo deve aver passato Izuku, che intanto mi aspetta come sempre, anche per una risposta che non arriverà mai.

«È solo che...» tento di riordinare tutti i pensieri. Mi prude un'altra volta la guancia, proprio sotto la cicatrice. «Non lo so. È da stamattina che quando penso a tutti noi a tavola come una vera famiglia... mi prende una cosa qui, alla pancia. Ma non ho mangiato niente di strano in questi giorni».

«Ok», Izuku annuisce piano. Mi prende sempre sul serio anche se i miei pensieri e modi di esprimerli possono essere stupidi. Mi guida ad elaborare: «Vediamo... Cosa pensi più di preciso? Quali sono le immagini che ti vengono a farti sentire così?»

«Mh... Penso...»
Chiudo gli occhi. È un metodo che mi ha consigliato sempre lui, improvvisandosi occasionalmente mio psicoterapeuta. Faccio un respiro profondo e provo a descrivere nel dettaglio lasciandomi andare.
«Penso a come sarà tornare a casa. Salutare il gatto e aiutare Fuyumi a finire di cucinare anche se la rendo triste perché faccio pena. Penso a tutti noi che mangiamo e parliamo allegramente come forse non è mai successo. Poi io e i miei fratelli scartiamo i regali sotto l'albero come da piccoli e io ti do il tuo e tu sorridi e tua madre insiste per farci una foto che metterò come sfondo del cellulare. Verso sera torniamo al dormitorio, ci addormentiamo così e io sono... felice.»

Lo sento sorridere intenerito. «Sono delle belle immagini, non trovi?»

«Sì.»

«Non è una sensazione brutta allora, quella allo stomaco. È un'ansia positiva. Anch'io ce l'ho, sai? Significa che sei emozionato.»

«Dici? Però... penso anche che potrei... non so, illudermi? Non sarebbe la prima volta che nella nostra famiglia si fa un passo avanti e due indietro. Magari sarà un disastro, magari invece andrà bene ma la prossima volta sarà un disastro e allora potrò- Io potrò mai essere felice?»

«Shoto... Tu hai paura di non essere mai felice?»

Riapro gli occhi su di lui. Non capisco cosa succede, all'improvviso lo vedo un po' appannato e li devo sbattere qualche volta. «... Forse» la mia voce si incrina leggermente, «Può essere? Non me lo sono mai detto così direttamente ma... Credo che- in fondo sia un po' questo...?»

«Oh, Sho», ha più lacrime agli occhi di me, paradossalmente. Mi si tuffa addosso in un altro abbraccio comprimi-polmoni. «Ma tu ti meriti di essere felice. Non è una cosa di cui avere paura. Succederà. E anche se non succederà ti prometto che io ci sarò sempre.»

«Questo lo so», mormoro posandogli una mano sulla schiena, uno dei miei massimi gesti di affetto. «Comunque dovrei essere io a piangere, non tu. Non piangere Izuku, non volevo renderti triste.»

Sbuffa un sorriso. «Hai ragione. Anche piangere fa bene, sai? Ma è vero, adesso non c'è bisogno.»

Si regge sui gomiti e si asciuga sbrigativamente le guance. Dopo fa lo stesso con la mia destra, con l'unica lacrima solitaria di cui mi rendo conto solo adesso. La bacia via piano, delicatamente. Mi posa un altro veloce bacio sulle labbra e poi dall'altra parte percorre con cura tutti i bordi della cicatrice, infine strofina la punta fredda del naso col mio e appoggia la fronte contro di me.

Sta per dire qualcosa quando...

«Aaaa! Ma chi è che rompe ancora?!»
Stizzito butta un braccio alla cieca per riprendere il cellulare sul comodino e silenziarlo prima ancora di controllare chi lo stava chiamando.
Dopo realizza. «Cacchio, era mia mamma.» Sbianca. «Mi ucciderà... E starà aspettando che la vado a prendere, è tardissimo.»

«Mh, è l'una passata», convengo lanciando uno sguardo alla sveglia sulla mensola di fronte al letto. Quella di All Might che mi ha regalato lui perché così matchiamo. Per fortuna ieri sera, preso dal... momento, non si è accorto che l'avevo nascosta in un cassetto per ritirarla fuori stamattina. Da non fraintendere, anch'io ammiro moltissimo All Might, ma credo che mi sarei sentito un po' in soggezione ad amare Izuku tutto quel tempo con lui che ci osservava.

"Amare"...

La parola si sovrappone sempre di più all'immagine del mio ragazzo in questo momento, anche quando sbatte il cellulare sul ripiano di legno e torna a me risoluto. «Sai che c'è? Chi se ne frega. Tu ti prendi tutto il tempo per decidere cosa fare. Se vuoi andare al pranzo o no, stare qua, scendere a giocare con gli altri... Qualsiasi cosa andrà bene se la scegli per te stesso. Perché tu ti ascolti così poche volte Shoto... Scegli quello che ti può rendere felice, senza paura. Sì?»

Più convinto, annuisco. Comincio a capire che cosa intende quando spesso mi dice questo genere di cose.

«Shoto, abbraccio.»

A un'altra delle sue richieste-ordine mi faccio riaccogliere tra le sue braccia aperte, in una stretta più umana stavolta.

Ci risdraiamo come prima. «In realtà», ammetto senza pensarci troppo, «adesso non vorrei altro che questo».

«Va bene. Allora io non vado da nessuna parte. A me starebbe bene anche stare qui tutto il giorno e passare il Natale così.»

Ed è qui che un altro dei miei pensieri profondi mi colpisce.

Se c'è una cosa che ho capito dal mio amico Bakugo e i nostri discorsi, è questa: ci sono più modi di amare.

Non dico adesso nella sfera sessuale di cui abbiamo discusso prima, anche perché forse è inquietante che parliamo di Izuku in questo senso e lui non lo dovrà mai sapere...

Dico, ci si può amare facendo l'amore e ci si può amare anche facendo solo conversazioni infinite, o rimanendo perfettamente in silenzio, accarezzandosi quando l'altro non vede rinunciando al sonno o coccolarsi a vicenda e basta come in questo momento al suono di uno «Shoto, bacio».

Abbiamo tanti modi di amare e di amarci io e Izuku e io non voglio più trattenermi da nessuno.

«Ok, ehm- un attimo, ho... caldo.»

«Ancora?»

«Non di imbarazzo però», puntualizza subito, ma neanche troppo così che non capisco davvero cosa ho fatto per farlo scaldare. Non mi sembra di aver attivato inconsapevolmente il quirk o qualcosa di simile, perché sì qualche volta a lui è successo, quindi...
«Cioè è un imbarazzo in senso positivo. Piacevole, ecco, se ha senso. Ho fatto», Izuku finisce di straparlare mentre io strapenso osservandolo che si toglie goffamente il mio cashmere, rischiando di perdercisi dentro, e rimane in maglietta.
Si rituffa sul cuscino e mi ricirconda gentilmente il collo con un braccio, attirandomi a sé. «Shoto... un altro bacio...»

Le sue dita scostano le mie ciocche rosse e accarezzano la cicatrice, io faccio altrettanto con la sua sulla mano prendendogliela timidamente.

Un raggio di sole più intenso irrompe dalla finestra a sciogliere la nebbia e cullare i nostri corpi che intrecciandosi tornano a volersi bene.

E io mi sento a casa e mi sento felice senza paura di questa nuova sensazione.

Già, Shoto Todoroki sa essere felice. Lo sta imparando, almeno. Grazie alla persona che è la più speciale per me, perché mi insegna giorno per giorno, minuto per minuto, la cosa più importante: amare me stesso. È solo dopo aver capito questo che posso permettermi di amare a mia volta e lasciarmi amare da qualcun altro e quel qualcuno non può che essere Izuku. Quindi sì, sono felice di esserci trovati, noi due, con le nostre anime spezzate che si completano, e sono felice di specchiarmi nei suoi occhi e vedere la persona che voglio essere potendomi dire finalmente che mi piaccio.

Nell'arte giapponese del kintsugi, si rimettono insieme i cocci dei contenitori rotti attraverso l'oro, dandogli nuova vita e valorizzandone le crepe uniche. Tipo quel vaso strano che mi ha regalato Fuyumi a un compleanno e che sta accanto alla sveglia di All Might sulla mensola. Ecco, credo di capirla adesso: la bellezza è nelle cicatrici.

La bellezza è nelle fratture, nei difetti, nelle ferite che lasciano tracce indelebili diverse su ognuno di noi.

È nel dolore e nell'imperfezione che ci rendono chi siamo.

Non dobbiamo nascondere i nostri segni sul corpo e sul cuore, fingere che non ci siano e che ciò che rappresentano non ci tocchi più. Saranno sempre, inevitabilmente, una parte di noi. Che però non siamo definiti esclusivamente da essi, quanto da come impariamo e andiamo avanti indossandoli con orgoglio.

Allora non è che non ci dovrebbero essere cicatrici alla nostra bellezza, ma che la nostra bellezza è fatta proprio di cicatrici.

L'imperfezione fa la perfezione.

È la pelle vissuta a raccontare la nostra storia e contenere il nostro futuro, andando a comporre un mosaico bellissimo di noi che, mi viene un po' da pensare, siamo come quei fiocchi di neve che prima ammiravo cadere con Izuku.

Siamo fiocchi di neve, tenaci e fragili e bisognosi di contatto, calore e affetto umano, che cercano qualcuno con cui rendere meno dolorosa la caduta trasformandola in una bella danza nel cielo, fin quando si schiantano e sciolgono al suolo a causa del sole e gli resta solo da sperare di rimanere insieme fino alla fine.

Io il mio fiocco l'ho trovato.

Perché credo anche, no, sono sicuro, che quello che sento sia amore e non voglio smettere di provare a modo mio questa sensazione altrettanto speciale, che non mi illude o sforza a credere ma mi fa sentire che sto bene.

Come l'oro, riunisce un po' i miei pezzi, quelli del vecchio diviso Shoto Todoroki.

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angolino sclerotico ::

Io che volevo scrivere una cosa corta massimo massimo 3000 parole pff- vabbè inseriamolo nella lista dei miei invidiabili fallimenti. Questi TodoDeku fluffosi mi hanno preso, il Natale / inverno mi è sempre sembrato il periodo di loro due uniti alla più pura dolcezza e poi niente la situazione mi è sfuggita di mano (vedi anche l'aggiunta scema di Katsuki perché sì non ce la faccio ce lo devo mettere ovunque)... In sintesi: nulla di nuovo loool

Also, so che è un po' strano questo Shoto ma anche lui lo vedo così, complessato, fragile e adorabilmente tonto insieme, piccolo gelatino da proteggere. Però non solo... perché non ho finito con lui... E questa potrebbe essere una minaccia.

Spero che questi Shoto e Izuku vi facciano compagnia durante le feste o anche un giorno a caso dell'anno in cui leggerete, perché spero anche che la loro dolcezza e il messaggio del love yourself arrivino sempre. Se vi sono piaciuti fatemi sapere con una stellina e ci si vede (o sente? non so mai come dire, la domanda mi devasta) alle prossime os!

— Melissa

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