7 │ Impareremo a cadere

art :: unki0809, X

È come nelle favole, ogni volta tornerò da te
Forse nessuno ci crede
E vincerò solo con te tutte le guerre dentro me
Impareremo a cadere

«Ahh, un bel bagnetto risolve sempre tutti i problemi! Non trovate?»
«Sì lo dici sempre. Quindi vedi di sbrigarti o ti lasciamo qui.»
«Cattivo Hanta! Anche Baku non si sta sbrigando ma a lui non dici niente!»
«Denks, bro, forse ti sfugge un piccolo dettaglio: quello mi ammazza.»
«Uhm. Anche questo è vero.»

Katsuki sbuffò pesantemente. Finì di sistemarsi i boxer e tirò lo sciacquone, per uscire dalla cabina degli spogliatoi e fulminare i due cretini. Faccia da Scemo e Faccia Piatta, chi altri se non loro avevano questa straordinaria capacità di gridare sempre troppo e rompergli altamente i coglioni?
«Uno non può neanche più pisciare in pace, che cazzo?»

Quando si annunciò così, Capelli di Merda, appoggiato al muro a braccia conserte come una madre che bada ai propri figli, o piuttosto come il fratello maggiore che finisce a farsi coinvolgere nelle loro cazzate, rise forte. «Bentornato tra noi, Bakugō Katsuki.»

Era più di una frase banale. Dopo le strane settimane passate e la ricostituzione della classe al completo, l'amico esplosivo stava tornando quello di un tempo un po' alla volta: il semplice sentirlo imprecare a quella maniera lo faceva quasi commuovere. Anche perché Eijirō si lasciava spesso andare a virili lacrime.

«Tch...» Come sempre i due sembravano comunicare telepaticamente. Katsuki ghignò e gli permise di avvolgergli le spalle, dopo una poderosa pacca, in una sorta di abbraccio.

«Dai, veloci voi due! Sono già tutti di là!»
«Sei tu che hai perso tempo a fare la principessa.»
«Han ma che hai oggi? Latte e veleno a colazione?»
«Era una tisana e in effetti dovrei chiedere a Todoroki.»
«Ma- Vabbè. Kat, Eiji, allora? Andiamo!»

Successe tutto velocemente: Katsuki fu trascinato dagli amici a mettersi in fretta e furia l'accappatoio sopra l'intimo e uscire in direzione del bagno comune.

In effetti le altre comparse erano tutte lì, chi agli sgabelli con le doccette e chi già nella vasca. Present Mic quel giorno aveva concesso agli studenti di concludere prima l'allenamento con l'ordine di andare a rilassarsi insieme. Con gioia della Ragazza Rana la scelta era ricaduta sui bagni che avrebbero potuto usare un po' di più in via eccezionale a mo' di terme. Con meno gioia del Grappolo Pervertito si era stabilito di mantenere rigorosamente la distinzione tra quelli maschili e femminili e che chi fosse andato a sbirciare negli altri sarebbe stato punito, utilizzato alla prima occasione come cavia sacrificale contro i villains.

Il biondino aveva sempre trovato quella separazione stupida. Nel senso, se si voleva mantenere la privacy e rispettare l'orientamento di ognuno e bla bla, allora anche nei gruppi dello stesso sesso si sarebbe dovuta mettere come altra regola almeno la decenza di presentarsi con dei maledetti costumi e non buttarsi tutti insieme appassionatamente nella medesima vasca come mamma li aveva fatti... Ma lui non era neanche il tipo che si vergognava del suo fisico, modestamente era un cazzo di Adone, che guardassero pure; schizzinoso qual era si limitava a starsene in disparte e ringhiare a chi osava disturbare il suo momento di pace.

Pace un corno, però.

A parte che anche le battute del sensei lo facevano seriamente pensare ai villains e che il casino là fuori era solo iniziato e per un singolo cazzo di giorno avrebbe voluto solo non preoccuparsene dimenticando ogni cosa...

Era stato un errore farsi mettere il cellulare in tasca dagli idioti. Tra le chat, quella in cima non ancora cliccata recitava: "Katsuki, dobbiamo parlare". Non era un bene quando la vecchia strega mandava quelle frasi passivo-aggressive, o almeno si figurava così il suo tono. Proprio per niente. Considerando l'ultima cosa che le aveva scritto durante la sua pazzia...
Sotto di essa, le spunte blu dei messaggi di quella volta allo stupido nerd ed uno eliminato, letti senza risposta.
In un moto di stizza se lo rimise in tasca.

Nel sollevare lo sguardo, si accorse che un'ulteriore cosa non andava.

Mentre sfilava sciabattando forte con le infradito sul passaggio accanto alla vasca si sentiva osservato. Da diverse paia di occhi in verità, che in breve divennero quelle di tutti quanti erano lì.

«Beh? Che avete da guardare, comparse?»

Di solito quando berciava così persino il più stolto degli stolti capiva che era il caso di tornare a farsi i cazzi propri che non era giornata - trattandosi di lui, davvero un'infima percentuale costituiva i casi in cui lo era. Invece, continuarono a fissarlo e qualcuno osò perfino... ridere?

Hah?!

Bastardo a Metà si girò da uno sgabello dove si stava lavando. Inclinò la testa piena di shampoo all'indietro. «Bell'accappatoio, Bakugō», commentò con la solita flemma e l'ombra di un sorrisetto.

«Cos...»

Ridusse gli occhi a due fessure e seguì meglio il tragitto di quelli bicolore, abbassandoli lentamente sul proprio accappatoio. Davanti e poi dietro.

La morbida stoffa bianco puro era marcata da delle linee nere. Ad evidenziare le curve in corrispondenza dei pettorali... e del suo culo.

Troppo non casuali per essere sporco e non nascondere lo zampino di qualcuno. Ci passò le dita. Cazzo era, pennarello? Vernice indelebile? Non veniva via!

Respirò a fondo. Tanto a fondo. «IDIOTI.» Tuonò con tutta l'aria che aveva potuto radunare in corpo. Individuati Faccia Piatta e Faccia da Scemo che sghignazzavano davvero antisgamo poco più in là, si gettò a rincorrerli. «IO VI AMMAZZO, FOSSE L'ULTIMA COSA CHE FACCIO!»

«Ma no, ti dona invece! Sei bellissimo Kacchan!»
«Non scaldarti però era uno scherzo parliamone-»

«MORIIITEEE!»

Così per diversi minuti il bagno comune fu allietato da corse per la vita, piccole esplosioni e scivoloni sul pavimento bagnato, che videro gli sciocchi compagni salvarsi gettandosi in acqua solo perché Katsuki sulle sue caviglie appena guarite finì culo all'aria, naturalmente con tanto di altre parole poco gentili per il dolore.

Che dire. Ne aveva fatte in vita sua, ma il suo karma personale era veramente la più puttana di tutte.

Dopo qualche vaga minaccia sul fatto che non sarebbe finita lì, si ritirò in piedi. «Che cazzo!» ripeté passando e ripassando la mano sull'accappatoio. Era un ragazzo abbastanza vanesio considerato quanto teneva al suo aspetto e anche toccare i suoi vestiti equivaleva a fargli un torto irreparabile. E lui amava quell'accappatoio!
Dita a secco, dita insaponate, lavandino... Niente da fare. Addirittura si bagnò il palmo della mano con la lingua per tentare di rimediare al didietro ma il nero non se ne voleva andare nemmeno da lì, oh ovviamente, fanculo, continuò a imprecare mentre si strofinava le fottute chiappe che avevano avuto la brillante idea di farsi amici quei cretini!

Era così concentrato a pulirsi, con tanta energia che si stava praticamente sculacciando da solo, quando qualcosa come il caso o l'istinto lo spinse a rialzare la testa.

Verde.

E piccole rughe d'espressione che facevano sorridere quegli occhi, guance leggermente distese all'insù in un sorrisino leggero, divertito, quasi... no, chiaramente perculatorio, e ancora qualcos'altro di indecifrabile mentre lo sguardo indugiava su quei segni.

«Prendi per il culo anche tu Deku?! Guarda che ti faccio esplodere!»

Sobbalzò, il coglione in ammollo nella vasca. «K-Kacchan! No io... cioè, veramente...!» Si morse le labbra e mise le mani avanti borbottando falsissimo che non voleva prenderlo in giro o non stava pensando a niente o-

Katsuki smise di ascoltarlo già da prima che le aprisse quelle labbra e lo liquidò con uno «Tch».

Ci mancava dover pensare pure allo stupido! Perché se di solito l'avrebbe divertito litigare più o meno per finta anche contro di lui, dopo la faccenda della sua fuga e ritorno le cose erano ancora poco chiare, strane. Come se già prima il loro rapporto fosse arcobaleni e fiorellini o quantomeno civile.

Non capiva la precisa causa. Gli aveva già detto tutto sotto la pioggia e se scordava l'episodio di invidia dell'altro giorno davvero non c'era nulla che...

Sbuffò. Non ci voleva pensare.

Scazzato, si svestì velocemente e tuffò. Attirando l'ennesimo rimprovero di Quattr'occhi che insieme a Bastardo a Metà era a fianco proprio di Deku tipo angeli custodi, e mandando non troppo segretamente a fanculo pure lui prima di sistemarsi nell'angolino più isolato possibile.

Sventura voleva che in quei mesi Katsuki come angeli custodi si fosse invece attirato Denki, Hanta ed Eijirō, i quali per l'appunto dopo un po' di scuse e moine ottennero di stargli nelle vicinanze senza venire fatti esplodere. Soltanto perché in acqua il suo quirk non funzionava bene, chiaro.

Non stette davvero ad ascoltare i discorsi con cui riempirono una buona mezz'ora. Non lo faceva mai, i suoi neuroni sarebbero già stati liquefatti da tempo immemore altrimenti, ed era ancora impegnato a starsene sulle sue giusto se non si fosse capito che non era assolutamente uno permaloso.

Soprattutto non voleva pensieri. Voleva che tutto smettesse e tornasse normale e punto.

«No ma io ho troppo questo dubbio sul latte: nella colazione all'occidentale voi lo mettete prima o dopo i cereali?»
«Eccolo che è rimasto a una cosa di un'ora fa... A volte penso che tu sia più stupido di me.»
«È una domanda importante e sei cattivo Haaan!»
«Dai, non infierire, Sero! Cioè non esagerare-»
«Ma Eiji, Shinsō dice che gli piace essere insultato. Sto tentando di farlo sentire più a suo agio.»
«Oddio non sei serio... Sì, lo sei. Ok. Come dire... Io non credo che Shinsō intendesse in questo senso.»
«Pronto? Io sono qui. Sì, ho un degradation kink il che è normale e Hitoshi è bravissimo con me!»
«Lalalala adesso ho capito e non voglio sapere! Certo che un kink-come-si-chiama per gli insulti è...»
«Ce ne sono varie sfumature in realtà. Se volete ve le rispiego.»
«Pff, credo che Sero ne abbia già abbastanza. E tu Baku, che ne pensi? ... Baku?»

Katsuki nemmeno sentì.

Discussioni simili già lo mettevano a disagio, in più era troppo concentrato su altro. Perché nonostante tutto non ci riusciva proprio a fregarsene del coglione.

Deku stava facendo di nuovo lo strano. E non lo strano suo di default che lo contraddistingueva perché tutto in quell'essere l'aveva sempre trovato un po' tale, più uno strano che non si addiceva alla sua stranezza. Tanto da generargli questi trip inconcludenti.

Non poteva proprio evitare di soffermarcisi. Perché... Perché gli dava sui nervi che non fosse il solito Deku spensierato e gentile, probabilmente. L'altro giorno con Faccia Tonda, Dio perché ci ripensava sempre, lo era stato fin troppo ma era solo una faccia della medaglia... L'altro lato era il Deku che in questo momento salutava sorridendo Bastardo a Metà e Quattr'occhi che uscivano e non appena spariva dal loro raggio visivo si rabbuiava. Il suo sguardo vagava, perso nei pensieri che facevano quasi rumore e Katsuki poteva sentire fin lì dall'altra parte della vasca senza poterli decifrare. Si specchiava nell'acqua abbassando il capo, prima di giocherellare a intingerci i capelli e poi tutto il viso; dopo l'apnea tornava su e una mano si aiutava a spostare le ciocche dalla fronte, le gocce che scivolavano sulle guance accaldate e le labbra socchiuse che sospiravano a intermittenza, gli occhi di nuovo vuoti a scrutare il soffitto.
Quindi ancora giù, o davanti a sé... Stavolta Katsuki lo beccò che lo osservava, come aveva continuato a fare credendo di non essere notato. In realtà perso in quel modo non insisteva proprio verso la sua faccia, quanto un po' più in basso. Il pezzo di busto che affiorava sopra l'acqua.

Beh, si poteva sapere che cazzo aveva?

Prima che potesse formularsi la domanda e non raggiungere comunque una risposta, perché Deku rimaneva un maledetto enigma per lui, fu scosso per una spalla.
«Kacchan? Tu cosa ne pensi?»

«Hah?! Non me ne frega un cazzo di queste cose!» sbottò a Faccia da Scemo che aveva ripetuto la frase di Capelli di Merda, con il nomignolo con cui era solito prenderlo in giro che lo scaldò più del dovuto.

«Di sesso, puoi dirlo. Lo so. Anche se...» Denki lo guardò come chi la sapeva lunga, insinuando qualcosa che l'amico non poteva comprendere.

Katsuki scoccò solo un'ultima occhiataccia a Deku, irritato, come se la colpa di averlo distratto o direttamente di tutti i mali nell'universo fosse sua. Stava fissando la scena, non capiva se realmente ascoltando, se sì cosa ne stava pensando, e perché all'improvviso dovesse interessargli la sua opinione.

Si impose di ignorarlo e basta.

Si tenne occupato a giocare un po' con gli amici, cioè rispondere agli schizzi imprecando che non erano in un cazzo di acquapark e se lo disturbavano ancora durante il suo riposo sacro potevano considerarsi morti. Nemmeno quello lo alleggerì.

Eijirō intuiva sempre se il biondino esplosivo aveva qualcosa anche quando si sforzava di mantenere quel suo ruolo per non mostrare il resto a nessuno. Lasciò che i ragazzi si sfogassero prima di trascinarli fuori dalla vasca con qualche scusa e dire che si sarebbero visti dopo, lasciandogli del tempo per sé. Per sé e per Deku, perché il loro comportamento era insolito e doveva ancora esserci molto di non detto.

A noi due, Deku: a questo punto avrebbe pensato così Katsuki, con un brivido di sfida come durante i combattimenti da soli in cui si cacciava volontariamente. Ma, ora, non era così sicuro di aver voglia di affrontarlo.

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Mentre la vasca si svuotava, Katsuki non riusciva a svuotare la testa. Trascorse un tempo indefinito con quei pensieri, più si ripeteva di rilassarsi e più era peggio e più l'istinto era sfidare Deku una volta per tutte ma falliva sempre in partenza.
Già, perché nemmeno lo stupido mollava. Anche se la sfida era solo nella sua mente. Izuku era rimasto insieme a lui l'unico superstite nel bagno comune ad un tratto troppo silenzioso e continuava ad insistere con quello sguardo vacuo, adesso non più tanto involontario ma quasi sfacciato.

L'aveva capito, alla fine: la cicatrice. Dalla clavicola sinistra al petto scomparendo sotto la linea dell'acqua, era su quel segno indelebile dell'ultima battaglia che gli occhi verdi si soffermavano.

Ormai Deku nemmeno lo nascondeva in quel muto studiarsi reciproco, ai lati opposti della vasca, tra sbirciate fugaci e incontri di verde e rosso prima di scappare e ricominciare. Le parole che volevano uscire o forse no tanto avevano tutto e niente da dirsi.

Katsuki non sapeva come interpretarlo. Aveva sempre fatto fatica a capire Deku e ora come non mai lo portava all'esasperazione. Non era che gli desse fastidio quello sguardo addosso... Oppure sì? L'aveva sentito bruciargli sulla pelle tutta la vita, in quegli anni in cui si erano confrontati senza sosta, in cui lo stalker sembrava competere su chi metteva su più muscoli o indagare ogni minima variazione agli allenamenti e alla dieta per imitarlo o cose del genere.
Solo che in questa circostanza era più strano del solito. Lo... agitava... Perché non capiva che cazzo fosse quello sguardo sulla cicatrice che per la cronaca si era preso per lui, in fin dei conti. Pena? Compassione? Senso di colpa? Lo aveva fatto perché aveva voluto farlo, punto, cazzo! Il suo corpo prima ancora della sua mente in black out avevano agito da soli. Questo era il ringraziamento! Occhiate incomprensibili e nient'altro, non una parola su quell'evento o sulle sue sofferte scuse, il comportamento strano di quei giorni e invece lo spettacolino con Faccia Tonda che... Perché ci ripensava?!

Fanculo.

Espirò profondamente.

Non credeva di starlo per fare...

Con una piccola spinta dei piedi si spostò sul lato più lungo. Sempre più vicino all'angolo che lo univa a quello più corto, nella sua metà di vasca, però era... un segno o qualsiasi cosa volevano che fosse. Uno dei suoi mezzi segnali, piccoli sforzi che di tanto in tanto gettava e se lo stronzo voleva accogliere bene altrimenti cazzi suoi perché non era il tipo da scendere a compromessi più di così. A maggior ragione dopo le sue scuse non voleva trattarlo di merda ma non poteva spingersi oltre con il garbuglio di sentimenti non chiariti che faceva fatica solo a identificare con questo nome.

Si sedette meglio, incrociò le braccia. Chiuse gli occhi nel tentativo di riposare, o non dare l'idea che aspettasse disperatamente la reazione dell'altro e ci sarebbe rimasto male se non fosse andata come voleva. Alla fine nemmeno lui lo sapeva, che cosa voleva...

Izuku, da parte sua, era invece il tipo di persona che se gli tendi un dito ti prende il braccio o anche direttamente l'intero corpo. In senso genuino ma anche distruttivo al tempo stesso. Ogni singola volta come se dovesse elemosinare attenzioni e quando ne riceveva un briciolo si emozionava oltre ogni misura, le ripagava mille volte, un troppo non richiesto nel caso di Kacchan fino ad una devozione esagerata e ingiusta, sbagliata, che Katsuki non riteneva più come da bambino di meritare.

Uno sguazzare sottile e la leggera vibrazione della parete piastrellata: sollevò di poco le palpebre solo per avere ulteriore conferma che Deku si era cautamente spostato al suo fianco, nella sua metà, ad un paio di metri di sicurezza.

Come al solito, era lui il più coraggioso che faceva il primo vero passo.

Un altro studiarsi interminabile, gli occhi evitanti di Katsuki e quelli spudorati di Izuku quando tornava a chiuderli come ad indovinare come sempre il suo stato d'animo nonostante quello che doveva stare più male fosse lui.

«Allora?» la voce grattò nella gola del più grande, che implicitamente ammise la propria sconfitta.
Ah, fanculo, per una volta non doveva renderla una sfida su chi cedeva prima alla tensione. Non riusciva a dare una logica non solo all'atteggiamento di Deku ma anche al proprio. Fare il prezioso per cosa? Perché la guerra e la fuga e tutto li avevano allontanati? Perché il rivale-amico non aveva raccontato nulla e non aveva risposto alle sue scuse e nel complesso non sembrava più lui? Katsuki non poteva essere arrabbiato, non poteva avercela ancora con lui per qualcosa, giusto?
Sbagliato. Non perdonava facilmente come lui, fare l'evasivo era la via più facile non sapendo come gestire l'irrisolto.
«Allora,» ripeté azzardando appena un'occhiata di sbieco, «che hai?». Shigaraki non si era rifatto vivo per ora. Poliziotti ed heroes rimettevano gradualmente ordine nelle città. Deku era tornato alla sua accademia, aveva anche risolto con All Might. Non c'era più niente che poteva turbarlo no? Allora perché faceva così e perché questo si rispecchiava tanto su di lui?! «Se non hai niente da dire, puoi anche lasciarmi in pace.»

Ecco che le parole uscivano male e il viso di Izuku si rabbuiava nuovamente. Ignorava che a tormentarlo fosse proprio il bisogno di risolvere più che con tutti con lui, e che non aveva più forze per abbattere da solo quei suoi immotivati muri in cui gli faceva credere di aver aperto uno spiraglio per poi chiudersi ancora.

Entrambi allo stremo, senza volerlo riprendevano a ferirsi, come sempre incessantemente.
Katsuki lo odiava questo loop del cazzo e odiava sapere di esserne la causa senza riuscire a fare niente con sé stesso per quanto si sforzasse. La dimostrazione? La tregua raggiunta con la sua richiesta di perdono stava già andando a rotoli per una frase sbagliata.

Sbagliato, sbagliato, sembra tutto sbagliato.

«Scusa se volevo fare due chiacchiere», ribatté Deku inacidito.

Ah faceva anche lui lo stronzo? «Beh, non c'è niente da dire, mi sembra.»

«Ma perché fai lo scazzato ad un tratto?»

Scattò a squadrarlo. Era di certo passato il tempo in cui si faceva mettere i piedi in testa e non sapeva rispondergli a tono, ma adesso sembrava quasi l'opposto. In sole poche settimane in cui, di nuovo, chissà che merda aveva passato perché non aveva confidato i dettagli a nessuno tra i compagni, sembrava cresciuto così tanto che pareva un'altra persona. Oppure aveva capito che la vita era breve e aveva tutto il diritto di comportarsi come voleva davvero dietro la sua facciata sorridente ritornandogli indietro lo schifo che gli aveva fatto passare... E Katsuki ci sarebbe anche stato, questo si meritava, ma cazzo non era il momento!

«Prima ti scusi e mi tieni d'occhio, quasi come... se in fondo ci tenessi un po' a me. Poi torni a rispondermi male.» Le guance lentigginose si mossero in un sorriso amaro. «Che stupido sono stato a illudermi che... Oh, ma lo so perché ce l'hai con me.»

«Ah sì? Sentiamo», ghignò tirato. Che cosa aveva mai intuito il grande Deku? Il migliore di tutti, che comprendeva e aiutava sempre gli altri con quella sua compassione al posto di pensare un po' a sé stesso, con la presunzione di avere la verità in tasca ma non sapeva un cazzo di lui perché nemmeno Katsuki ci capiva qualcosa?! «Cosa sapresti esattamente? Non mettere bocca su cosa credi che io provi perché sono cazzi miei.»

«Ma cosa pensi, che non mi senta una merda per averti lasciato così?!» gridò Izuku più forte.

L'incoerente risposta, come un cazzotto in faccia, riecheggiò nel nuovo silenzio.

«No, lo penso. E penso anche che mi sembra il minimo.»

«Ho capito che sei ancora arrabbiato. Ma non puoi-»

«Non sono arrabbiato!» Katsuki sbatté un pugno impotente contro l'acqua. Vide l'altro sobbalzare e ricacciò in gola brutti ricordi per entrambi. Perché lo aveva sempre allontanato e invece durante la sua assenza non avrebbe voluto altro che averlo vicino e adesso... Tornava al punto di partenza, a non sapere cosa fare, tutto questo lo faceva sentire...
Si torturò i capelli con le dita, coprendosi il viso. «Sono... Io sono...»

Deku lo osservò a lungo. Come ad infierire. Oppure a compartecipare al suo dolore, senza sapere più come alleviarlo però, perché soffriva altrettanto ed esisteva un limite anche per quel ragazzo alle cicatrici altrui che poteva portare.
«Mi dispiace averti ferito, Kacchan. Non hai idea di quanto», riprese piano.

«Io non sono feri-»

«Te e tutti gli altri. Ma anch'io sono ferito e non mi va di farti da sacco da box emotivo ancora.»
Che cavolo stava dicendo ora?
Una mano piena di tagli sfregò gli occhi già inumiditi. «Sei ingiusto. Non puoi trattarmi così. Andarmene era l'unica opzione che sentivo di avere... Per proteggerti. E so che è questo a farti rabbia, ma ti avevo chiesto per una volta di affidarti a me e comunque non mi pento della mia scelta», il labbro inferiore tremolò, a nulla bastarono gli incisivi affondatici forte per fermarlo, «Mi pento delle conseguenze. Ti ho già chiesto perdono. Non so come altro rimediare. Mi dispiace... Voglio so-solo sistemare tutto, Ka-cchan voglio...»

«Non devi», la voce di Katsuki si ridusse ad un sussurro. Aveva sempre detestato vederlo piagnucolare, lo metteva a disagio e in più stava riaprendo le ferite che credeva già rimarginate.
Si rigirò a guardare un punto indefinito davanti a sé. Temporeggiò mordicchiandosi l'interno di una guancia - doveva averlo preso da lui quel vizio, o forse era il contrario?
«Ti ho già detto che so che dispiace anche a te. Va bene così, finiscila di tormentarti. Non devi credere che io stia cercando di... punirti... Cazzo.» Si strinse nelle braccia incrociate, abbassò la testa incontrando dai loro riflessi lo sguardo meno diretto di lui. Non si era reso conto di essersi avvicinati, di averglielo lasciato fare così spontaneamente. «Sì, non voglio che pensi di dovermi proteggere. Avrei preferito che...» Che ce ne fossimo andati insieme. Che mi avessi portato con te. «Niente. Ma non pensare che ce l'ho con te per questo. Dopotutto ti conosco, stupido nerd con la sindrome del salvatore... Sapevo che avresti agito così e hai fatto la cosa giusta. Mi serve soltanto un po' di spazio e di tempo, capisci? Tipo per elaborare tutto e non impazzire immagino. Se dovesse succedere di nuovo o- In generale questa situazione non è facile per nessuno e... Ecco.»

Wow, ci mancava fare lo sconclusionato. Dal punto di esplodere a farfugliare questo: ora sì che Deku poteva essere tranquillizzato sulla sua stabilità mentale.

Il suo silenzio non aiutava.

«Allora io vorrei soltanto che non cercassi di controllarmi come hai fatto in questi giorni, piuttosto che mi parlassi ed imparassi ad avere fiducia in me.» La voce esitante ma i gesti decisi: Izuku gli sfilò la mano più vicina infossata nel braccio piegato e la strinse con sicurezza tra le sue. «Kacchan, non succederà più. Senti? Sono vivo e non me ne vado più da nessuna parte. Non senza... senza di te.»

A destabilizzarlo forse fu proprio che lo lesse attraverso perfettamente, più che il gesto improvviso in sé.

Prima ancora che finisse Katsuki lo scacciò via, quasi balbettando un «Che fai?» più sconvolto di quanto volesse.

Ancora, non era rabbia. Un prurito alle mani diverso di quando prendeva a pugni qualcuno. Forse la traccia quasi palpabile lasciata da quelle sorprendentemente grandi, ruvide per la troppa acqua e le cicatrici e calde di Deku.

I suoi occhi feriti lo trafissero da parte a parte più di quanto era riuscito a fare quel pazzoide di Shigaraki.

Non servirono parole, stavolta. La delusione parlava per lui. La fottuta vita a cercare di avvicinarsi e venire mandato via e quando pensava che Kacchan l'avesse accolto riprendeva a respingerlo ancora e ancora. Per anni la sua domanda ricorrente era stata che cosa avesse fatto di male per meritarlo e se mai sarebbe riuscito a sfiorarlo, averlo davvero come amico. Il suo periodo fuori invece l'aveva fatto riflettere tra le molte altre cose: adesso si correggeva da solo dicendosi che non lo meritava e basta. Non lo meritava e anche se era difficile doveva avere un po' di amor proprio e darci un taglio con questo stronzo.

Se Katsuki non comprendeva le ragioni di Izuku, Izuku non comprendeva quelle di Katsuki. In realtà era grato di come lo aveva rassicurato, perché era ciò che più aveva bisogno di sentirsi dire, ma era anche confuso e questo aveva la meglio facendolo girare attorno ad un semplice punto.
Era soltanto stufo, Izuku, di andargli dietro come un disperato e ricevere porte sbattute in faccia e venire ridotto in mille pezzi. Ogni. Fottuta. Volta.

«Sai cosa?» fece nel suo tono grave, spaventosamente calmo. Un completo contrasto con gli occhi appannati.

Quindi fu Katsuki a venire preso in contropiede: un'ondata di acqua gli si schiantò addosso.

Cosa... Aveva osato...!

Se la tolse in un gesto secco dalla fronte a dai capelli appiccicati, tossicchiò quella che gli era entrata in bocca ancora aperta per lo shock.

«Va-Vaffanculo Deku!» riuscì solo ad imprecare.
«Te lo meriti!»
«Vaffanculo!»
«Vaffanculo tu Kacchan!»
«Tu!»
«No tu!»

Dopotutto si sapeva: Bakugō Katsuki era altamente infiammabile, bastava una minuscola scintilla per sbaglio. E da tempo immaginava di sfogarsi sulla principale causa dei suoi problemi anche se sapeva che non era il modo giusto per risolverli.

Non tardò oltre a restituire il favore; Deku fece altrettanto. Si scatenò una battaglia di tentativi di annegamento e parole che nessuno dei due voleva veramente dire e sarebbero state difficili da dimenticare, forse facevano più male di quel non riuscire a respirare sott'acqua.

Niente giochi o finte litigate stavolta. Non che si sarebbero seriamente uccisi a vicenda, però... Quando Deku faceva tutto il supponente e tentava di sottometterlo in quel modo lo faceva incazzare, e quando Katsuki faceva lo scostante pezzo di merda valeva uguale per l'altro, molto meno docile di quel che poteva apparire, non se si trattava del loro rapporto di cui era così stanco e frustrato.

Il maggiore ebbe la meglio riuscendo ad afferrare Deku per le spalle e saltare con il proprio peso a spingerlo giù.

Soltanto allora si diedero una calmata, se non altro per tornare a inglobare correttamente ossigeno. Stavano lottando così duramente da chissà quanto che a momenti dimenticavano perché avevano iniziato.

«CRISTO POTEVI UCCIDERMI!» esclamò d'un fiato Deku quando riemerse annaspando come una schiappa. Tch, principiante.
«Non fare quel ghigno Kacchan, sono serio! Stavo per morire!»

«Anch'io sono serio! Credi che tutto questo sia per divertirmi come un sadico bastardo? È passato quel periodo. Perché tutti pensate che non posso stare male in pace e basta? Non sto giocando! Cazzo, io... Almeno adesso lo capisci come mi sentivo io quando non c'eri. Lo capisci, hah? Stavo affogando e tu- tu non c'eri Izuku!»

Ecco il semplice punto: Izuku gli era mancato come l'aria.

E non avrebbe sopportato di perderlo di nuovo ma nel tentativo impossibile di farglielo capire con l'orgoglio che si metteva di mezzo si stava avviando proprio per quella strada. Tra i due, non era facile dire chi fosse il migliore ad autosabotarsi.

Katsuki era il primo a non sapere come avesse vomitato le parole disordinate e quel nome né soprattutto come il ragazzo di fronte a sé li avrebbe interpretati.

Non guardarmi così...

Le iridi verdi erano sempre state la sua condanna in fondo. Esitavano sulla sua figura, accompagnate dalle labbra schiuse in quella sua espressione da coglione stupito, facendolo sentire così... vulnerabile, nudo più che mai con la sua anima esposta. Era in gabbia e non gli piaceva e voleva scappare ma non poteva da quello sguardo che lo teneva tra le sue catene, come sempre era stato.

Izuku guardava quella testa calda di un Kacchan che da anni conosceva come se fosse stato un alieno o un drago a due teste o- no, una figurina di All Might speciale che vedeva per la prima volta e per la sua indole di ultimate nerd era impossibile che non possedesse.
Paragoni astrusi della sua mente ma... Lo guardava come se si stesse immaginando tutto, e fosse la cosa più preziosa che avesse mai visto e ne voleva ancora. Voleva che continuasse a fargli vedere come si sentiva veramente, voleva che rimanesse esposto, voleva che ripetesse il suo nome.
Perché Kacchan non era uno stronzo. Non solo... Questo già lo sapeva e cominciava anche a comprendere, se qualcosa di Kacchan gli poteva essere finalmente accessibile, che c'erano dei veri sentimenti al di là della sua rabbia in quell'assurda discussione. Sperò fossero i suoi stessi.

«Senti dimenticatelo e basta», Katsuki stava per aggiungere una scusa qualsiasi per poter uscire di lì, quando successe.

Rise.

Deku rise e lo stomaco si attorcigliò all'improvviso tanto quanto improvvisa era quella risata.

Ma che...

Lo prendeva per il culo?! Dopo che aveva cercato di dirgli sul serio cosa provava?
No, era più... una di quelle sue risate piene, il motivo probabilmente lo conosceva soltanto lui, che contagiavano ancora più di quelle di Capelli di Merda, spingendolo alle lacrime e a tenersi forte la pancia.
E il dolore allo stomaco non era come quando dentro lui tutto crollava, ma più come il dolore necessario alla ricostruzione. Era come se Deku che rideva per la prima volta da quando era tornato, niente a che vedere con i sorrisi stanchi o mortificati per aver fatto preoccupare tutti, il motivo davvero non importava, stesse riaggiustando un po' anche Katsuki.

Il ragazzo con le lentiggini lesse il suo smarrimento. Non riusciva nemmeno ad articolare una protesta delle sue per quanto era scioccato.
«Oh, è così assurdo! Siamo noi due, soli, in una vasca, quante volte avrò sognato questo momento, che anche in una situazione del genere riusciamo ad alimentare incomprensioni inutili e ci meniamo. Sei troppo divertente, Kacchan!» Si asciugò l'ultima lacrima mischiata a gocce sullo zigomo, prima di realizzare di aver parlato troppo. «I-Io... Non intendevo...»

Comunque Izuku non aveva da temere: Katsuki era troppo instupidito per capire, o lo tralasciava di proposito non sapendo come decifrarlo e avendo troppo altro da elaborare.

Innanzitutto, che doveva dare una risposta a Deku che lo scrutava un po' in ansia e un po' divertito perché il buon senso aveva abbandonato pure lui, mordicchiandosi l'interno delle labbra troppo sboccate che aggiunsero: «Forse sì. Lo intendevo».

«Cosa?»
«Cosa?»

Anche al biondino bollivano le orecchie, non per una risata però, ma nemmeno per qualcosa che riusciva ad afferrare con precisione. La sua parte più impreparata si rifiutava di unire i puntini. «Tch, tutto questo è solo colpa tua che sei rimasto una testa di cazzo tale e quale a prima», farfugliò soltanto.

Era un chiaro tentativo di alleggerire la tensione, non più offenderlo o dargli davvero la colpa. Izuku lo accolse con un sorrisino stupido. Per qualche secondo si godette ancora Kacchan arrossito in quel modo, quindi si decise a lasciar perdere.
Non era pronto per quel genere di cose... Tipo flirtare con leggerezza come due persone normali, anche perché loro due normali non lo erano, ed accogliere i suoi sentimenti. Magari non lo sarebbe mai stato. Dopotutto solo di recente anche lui aveva iniziato a lasciarsi andare assaporando ogni secondo di più che poteva passare con le persone a cui teneva - a costo di fare un po', un po' tanto l'idiota come con Uraraka-san. Soprattutto, aveva realizzato che l'ossessione verso il biondino non era semplice stima nutrita per anni insieme alla consapevolezza di quanto sapesse essere orribile, che però non era il suo vero centro, lo era qualcos'altro che gli rimaneva ancora in parte imperscrutabile... Kacchan gli piaceva proprio perché era così impossibile.
Da hero e da ragazzo, Izuku evidentemente non poteva fare a meno di complicarsi l'esistenza.

Scosse il cespuglio smorto che si ritrovava come capelli e colpì Katsuki con un timido schizzo d'acqua. Rise e vi si nascose sotto, per ripararsi da una sicura controffensiva. Tentava a sua volta di invitarlo ad una tregua e a giocare davvero, senza pensieri, sapendo che Katsuki non si faceva mai sfuggire una sfida.

Infatti...
«DANNATO DEKU TI DISTRUGGO!»
«NON SE LO FACCIO PRIMA IO!»

Da quanto non scherzavano così?, arrivò a chiedersi Katsuki tra un attacco e l'altro. Da quanto non se lo permettevano, da quanto le amichevoli minacce di morte e le risate di Deku non riecheggiavano legandosi nella stessa aria?

Tra ammissioni pesanti sotto la pioggia e rabbia immotivata per dei cioccolatini, tenersi d'occhio a distanza e non parlarsi oppure farlo e peggiorare tutto, perché invece non poteva essere sempre così? Avrebbero mai... Insomma... Avuto un futuro di qualsiasi tipo o comunque si sarebbero distrutti l'un l'altro e da capo sarebbe ripartito il loop infinito?

La mente di Katsuki si riaffollò, mentre si prendeva una pausa e lasciava Deku a sguazzare felice come un bambino. Giocava all'apnea o alle capriole tentando di coinvolgerlo ancora, ricevendo dei sonori «No. Mi hai rotto le palle» perché non avrebbe mai ammesso che lo aveva stancato. Era sempre stato troppo iperattivo quello sgorbietto verde a puntini.

Quello di certo era che doveva lavorare ancora su sé stesso se voleva che ci fossero più momenti simili tra loro. E paradossalmente quello che era il problema era anche la soluzione: solo con Deku... Izuku... avrebbe potuto continuare a migliorarsi tra inciampare e rialzarsi, accettando nel momento del bisogno di tendersi reciprocamente la mano.

«Dai Kacchan, l'ultima cosa!» lo implorò per l'appunto, distogliendolo dai pensieri in cui si stava rammollendo troppo per i suoi gusti.

«Ho detto no. Tra poco esco e vorrei avere due minuti di pace. Chiedo tanto?»

«Uffi. Sei così noioso.» Deku gli fece una linguaccia. Per ulteriore sfregio si tuffò all'indietro, riemerse e terminò con tanto di fontanella di acqua che spruzzata dalla bocca gli si riversò su tutto il viso mentre faceva una piroetta su sé stesso, come per fargli vedere che divertimento si perdeva.

Katsuki ghignò. «Sì, sì, goditi pure l'acqua più sporca di quella di fogna. Sono abbastanza sicuro che Faccia Piatta e il Grappolo abbiano riproposto lo scherzo di pisciarci dentro prima.»

Il modo in cui sbiancò alla bugia e si affrettò a tirare fuori la lingua per pulirla con le mani altrettanto bagnate fu impagabile.

Siamo pari, stronzo.

«Ma che succe... Ah, ragazzi, siete voi! Ancora qui?»
Deku si voltò di scatto verso la porta del bagno comune affogando nel processo, mentre Katsuki si limitò a girare la testa avendo già capito di chi si trattava.
Capelli di Merda era lì da chissà quanto tempo. Si infastidì un po' all'idea. «Wow, ehm... Scusate se vi ho... interrotti? Eheh. Io e Iida stavamo controllando che fossero usciti tutti ma se volete rimanere vi lascio le chiavi e chiudete voi. Tra mezz'ora la scuola spegne tutto e blocca l'ingresso principale, quindi non metteteci tanto a tornare al dormitorio! Vi aspettiamo là per la cena.»

«Grazie mille Kirishima-kun! Gentile come sempre!» sorrise Deku. Katsuki assottigliò gli occhi su di lui. Era un sorriso diverso quello che dedicava agli altri, ora che lo notava... Non avrebbe saputo descrivere in che senso.

In ogni caso, il nerd era anche l'unico che poteva competere con la parlantina dei suoi amici. Il rosso aveva già fatto scivolare le chiavi sul pavimento più vicino a loro e aggiunto altro: «Comunque non preoccuparti per la storia del piscio, Midoriya. Baku scherza sempre ma ti assicuro che oggi i ragazzi hanno fatto i bravi».

«Baku...» ripeté sottovoce il verdino. Di nuovo vago ed indecifrabile. «Uhm, grazie anche per questo allora», fu veloce a rimettere quella maschera sorridente con Eijirō. Ma che gli prendeva ancora?

Si scambiarono qualche battuta finché la testa di merda capì di lasciarli. Non che ci dovesse fare chissà cosa con Deku, però-
«Ragazzi», concluse più intenerito, «Sono così contento che andate d'accordo».

«Meh. Sogna», Katsuki brontolò qualcosa. Sapeva che con uscite così lo metteva... Insomma, in imbarazzo. Aveva una gerarchia tutta strana di cose per cui imbarazzarsi in effetti. Ma non intendeva smentire ciò che l'amico aveva detto: era vero e sotto sotto sperava che continuasse così. Entrambi i ragazzi sembrarono comprenderlo.

Dunque Capelli di Merda si dileguò.

«Sicuro che vada tutto bene, Deku?»

Il nominato fu sorpreso tanto quanto Katsuki della cauta domanda. Poi la sua espressione si addolcì. Nuotò ancora un po' fino a raggiungerlo un'altra volta al suo fianco, leggermente più vicino. «Che dici, Kacchan, stiamo andando d'accordo?»

«Scemo...» Lo affogò ancora prima che potesse intravedere un minuscolo sorriso sincero anche da parte sua.

Dopo gli ordinò di stare zitto ed immobile, che doveva recuperare il sonno che gli aveva fatto perdere. L'altro annuì con un «Sissignore» e lasciò che si accomodasse contro la vasca chiudendo finalmente gli occhi. Quando credette che si fosse addormentato, Izuku si avvicinò ancora un po' di più. Solo un po' di più.

Finì che entrambi crollarono lì: Izuku accasciato a sbavare sulla spalla di Katsuki con l'acqua pericolosamente alla bocca e Katsuki con la testa su quella verde.

Sì, c'era ancora qualcosa di non chiarito, ma che importava? Potevano ripartire da qui.

Perché quando sei con me diventa tutto più complicato, e insieme facile. Sbagliato e giusto. Come in una favola o un sogno migliore dei miei sei tornato e posso combattere le battaglie dentro me adesso. Accettando di esprimere tutto piano piano... Di imparare a cadere come fai sempre tu.

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