2 │that faucet in your eyes

Someone's turning the handle
To that faucet in your eyes
They're pouring out
Where everyone can see

Your heart's too big for your body
It's why you won't fit inside
You pour it out
Where everyone can see

La seconda volta di cui ho impressa l'immagine di te che piangi, Izuku, appartiene più o meno allo stesso periodo.

Stavolta di gioia: tutti noi mocciosi eravamo gasatissimi per l'uscita delle nuove carte di All Might, ed io e te avevamo trovato subito la stessa che volevamo.

Non era così speciale, in realtà. Di carte con l'immagine di All Might ce n'erano a non finire e anche di più epiche... Ma io volevo proprio quella e anche tu te ne eri convinto.

Non ricordo neanche il motivo. La posa fiera? I colori sgargianti come il mio quirk che mi convincevano che potevo diventare come lui, per poi ambire a superarlo, perché ero destinato a cose eccezionali come mi dicevano tutti i grandi? Il fatto che sorridesse perché salvava sempre le persone con il sorriso come piaceva a te, il nostro eroe preferito? E come poteva non esserlo. Era il Numero Uno, il fottutissimo Simbolo della Pace - da questo punto di vista non eravamo più speciali di altri migliaia di marmocchi che lo ammiravano...
Rimaneva il fatto che ad All Might ci eravamo affezionati davvero. Più forse per quello che c'era attorno: l'incoraggiamento a dare sempre il meglio di sé anche noi, la sicurezza, la fiducia nel mondo, e il calore di quando zia Inko mi faceva stare fino a tardi da voi, dove passavamo un tempo infinito a giocare con i pupazzetti e a disegnarci come eroi al suo fianco. Almeno, per me era il simbolo di tutte queste cose.

«Izu, secondo te come è venuto il mio...? Oi, cosa fai?»

Ricordo quella volta che avevo avuto una brutta giornata a casa. Mia madre perdeva spesso la pazienza con me che ero un tornado ingestibile. Mi aveva dato una sberla più forte del solito, io avevo pianto. Non perché mi avesse fatto davvero male, soltanto non c'era papà da cui andare a farmi consolare e non c'era nessun altro, ero stanco di sentirmi solo quasi più del fatto di essere un peso per mia madre. Lei aveva provato a coccolarmi, io avevo pianto più forte ed ero scappato per la strada che conoscevo a memoria.

Lo ricordo perché la tua mamma mi aveva accolto subito, come sempre e aveva lasciato noi due nella tua cameretta mettendoci il nuovo film di All Might al computer - avrei dovuto capire che saresti diventato irrimediabilmente un nerd. Doveva essere andata a chiamare mia madre, la sentivo al telefono in sottofondo insieme al rumore del forno in cui faceva sempre quei suoi biscotti divini; sarebbe finita che io e la vecchia strega avremmo fatto pace.

Ma ricordo una scena di quel pomeriggio che tu illuminasti con la tua stranezza.

Ecco, ci eravamo messi a disegnare ispirati dalla visione del film. Finché mi accorsi alzando lo sguardo dal mio capolavoro per chiederti un parere - cioè sentirmi adulare - che stavi lottando con le tue guance bagnate.

Che cavolo un'altra volta! «Perché piangi adesso?» insistetti in uno sbuffo. Ci stavo andando paziente, solitamente preferivo lasciarti perdere: avevo cominciato ad associare le tue lacrime, che fossero brutte o belle, ad un disagio che non sapevo spiegarmi.

«Kacchan ha detto che il mio disegno è bello! Sono felice!»

L'avevo fatto? Poteva darsi. Sfogarmi piangendo mi aveva fatto bene e per un po' il mio umore se ne stava a posto, consentendomi persino di non prendermela con te ed essere bravo.
In ogni caso non era una cosa per cui piangere! «Eh, adesso... Guarda che me lo rimangio. Alla fine è più bello il mio, vedi?»

Ti sfregasti i dorsi delle mani sugli occhi - ci volle un bel po' - e li riapristi sul foglio calcato di pastelli a cera che quasi lo bucavano, colori infuocati ed esplosioni. Rimasero diverso tempo sgranati sul disegno, seguendo ogni dettaglio, ed io seguivo loro.
«Sì, quello di Kacchan è più bello», concludesti infine, le labbra tremolanti finalmente stese in un sorriso. «Kacchan è sempre il migliorissimo...»

«Lo so.»

Una tirata del nasino, mentre pulivi le mani nella maglietta stropicciata. Stavo per sgridarti che facevi schifo, ti avevano insegnato o no ad usare i fazzoletti?, quando continuasti: «Sono felice che ci sono anch'io nel disegno di Kacchan. E che mi hai chiamato Izu. Puoi tornare a chiamarmi così sempre e non solo quando siamo da soli? Mi piace tanto».

Eri già imbarazzante a soli cinque anni. Mah, alla fine lo sei da sempre.

Temporeggiai gonfiando le guance, dandomi delle arie guardandoti severamente dall'alto. Mi sentivo importante, quando tu mi consideravi importante e mi osservavi in contemplazione con quegli occhioni come se potessi decidere della tua vita o della tua morte e qualsiasi cosa sarebbe andata bene, l'avresti fatta per me. «Mh. Vedremo.»

Per te fu un «Sì!» bello e buono. Non solo guardavi tanti film, te li facevi anche e molto fantasiosi! Adesso sappiamo che non sarebbe stato così.

«Kacchan mi vuole bene!»
«No, non è vero!»

Per ora, nei miei ricordi, ti buttavi ad abbracciarmi. Provavi anche a baciarmi le guance, io a quel punto ti facevo scollare, dandoti un pugnetto nella pancia che era più un farti il solletico per lasciarti morente sul tappeto di disegni, andavo a prenderti quel maledetto fazzoletto perché non riuscivi a fare niente da solo. Facevo ancora l'uomo vissuto della situazione perché ancora ti consideravo una mia responsabilità.

Tu ricominciavi a piangere mentre ridevi.

Anch'io fantasticavo, allora, quella ed altre volte in cui mi capitava di prendere a studiarti più intensamente, scettico. Iniziavo a credere che avessi una malattia o simili, per la quale i tuoi occhi non erano come quelli di tutti gli altri. Possibile che non riuscivi a regolarti? Per cosa poi, neanche ti faceva male qualcosa, perché... eri felice? Ogni occasione era buona, non ti vergognavi di scoppiare davanti a tutti e una volta partito diventavi inconsolabile. Il tuo rubinetto delle lacrime, sì, quello che tutte le persone avevano da qualche parte dietro agli occhi, era difettoso? Si apriva senza che lo potessi controllare e non si chiudeva più? Dovevi fare attenzione o allagando tutto così ci saresti finito annegato un giorno!

Ho ancora quei disegni. Sono in un cassetto top secret in agenzia, insieme alla carta di All Might, tutti rovinati anche loro. Ma ancora lì. Ogni tanto li riguardo e ricordo tutte le volte in cui hai illuminato le mie giornate con la tua inconsapevole saggezza, insegnandomi che si può piangere anche di felicità.

art ::
@/ kacchansass, X
(anche se l'ha tolta :'))

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