Capitolo 13 🧡
"Se fosse mai esistita, un'altra vita
per ritornare sui nostri passi e
per ritrovare la pace che non c'è
un'altra vita, insieme a te. Ci vorrebbe un'altra vita
per comprendere ogni cosa
prima che sia già passata fra le mani
per difenderti domani
dall'ipocrisia del mondo e dai giudizi
dall'ingenuità che il tempo
ha trasformato in vizi. Ci vorrebbe un'altra vita
per amarti nuovamente
liberarci del passato
e non sbagliare niente"
∞
CAPITOLO 13
"Al dopo, penserai dopo"
Settembre, 1983
Le lettere, che Manfredi aveva mandato in quegli anni a Rosa, erano sempre state accompagnate da una poesia. Erano in tutto venticinque e Rosa le aveva conservate gelosamente. Riposte accuratamente dentro una piccola scatola di latta.
Rosa le aveva nascoste a Rodolfo, convinta che se le avesse trovate, sarebbe scoppiato il finimondo. Aveva setacciato con la mente tutti gli scenari possibili in caso di scoperta e in nessuno di essi quelle poesie ne sarebbero uscite integre. E forse, neanche lei.
Così durante una delle ultime giornate di tirocinio, Rosa si era ritagliata del tempo per poter parlare al signor Proietti. Gli voleva mostrare quel tesoro. Lo aveva fermato nel corridoio di quella grande struttura dove lavorava. Dopo quasi un anno le veniva ancora un po' difficile orientarsi, ma la strada fino al camerino del signor Proietti la conosceva a memoria.
«Qualche problema?» aveva chiesto lui.
Rosa scosse la testa. «No, ma le vorrei parlare di una cosa.»
«Adesso sono di fretta», rispose lui. «Domani mattina, se vieni un po' prima, ne parliamo.»
E così Rosa fece. L'indomani mostrò al signor Proietti quelle poesie e iniziò a raccontargli buona parte della storia. Gli disse dei suoi sensi di colpa nei confronti di Manfredi. Gli disse di sapere perfettamente di aver allontanato dalla sua vita l'unica persona che voleva il suo bene, ma che non avrebbe potuto fare altrimenti. Gli disse che era cosciente di averlo ferito, tutto per cercare di correre dietro al suo sogno.
«Alla tua età bisogna correre dietro i sogni», le disse il signor Proietti. «E molte cose purtroppo rimangono dietro di noi ad un certo punto.»
Rosa aveva cercato di accennare un sorriso per quelle parole, però non si sentì di raccontargli quale fosse la reale situazione. Non gli disse di Rodolfo che era sempre lì, con il fiato sul suo collo, a sparpagliare ostacoli sulla sua strada e forse, anche vincendo.
Rosa alla fine del discorso era arrivata anche ad implorarlo, chiedendogli di aiutarla a scrollarsi di dosso quel forte senso di colpa, quel peso sul petto che non la lasciava dormire la notte.
«Questo è un po' al di fuori della mie competenze, Rosa.»
«Capisco, mi dispiace averla disturbata.»
«Ma non sembrano male queste poesie.»
Sentendo quella frase gli occhi di Rosa si riaccesero.
«Proverò a presentarle a un editore. Non prometto niente.»
«La ringrazio infinitamente! Va benissimo così, non si preoccupi», esclamò Rosa, con un sorriso a percorrerle tutto il volto.
«Sicura di volermele dare tutte? Non so se torneranno indietro.»
«Le tenga lei. Almeno saprò di aver provato.»
Il signor Proietti aveva concluso dicendole che le avrebbe fatto sapere tramite lettera.
E quella lettera era finalmente arrivata.
Le diceva che presto sarebbe sceso nuovamente a Palermo, aggiungendo che gli avrebbe fatto estremamente piacere incontrare quel suo amico talentuoso. Lo avrebbe messo in contatto con l'editore a cui quelle poesie erano piaciute.
Adesso, Rosa doveva capire solo come comunicarlo a Manfredi.
∞
Per quanto fosse rimasta a ragionarci su per un paio di giorni, non trovò altra soluzione.
Con quale faccia avrebbe potuto presentarsi da lui? Soprattutto dopo la discussione dell'altro giorno. L'imbarazzo la invadeva. Sarebbe passata per una pazza, per una sadica egoista, per colei che continuava a rigirare il dito nella piaga.
Ma Manfredi doveva sentire quella notizia. Era per il suo bene, per il suo futuro.
Così si presentò alle tre e mezza di notte al porticciolo. Sapeva fosse l'ora in cui Manfredi e suo padre salpavano per andare a pescare. E di fatti, li trovò lì. I loro gesti erano rischiarati dalla luce giallastra di un lampione. Gaetano avvolgeva delle corde in cerchio sulla barca. Manfredi caricava a bordo le cassette vuote.
«Nino...» lo chiamò piano nel silenzio spettrale di quell'ora.
Manfredi si bloccò, le rivolse prima uno sguardo confuso, poi riprese a lavorare e la rabbia prese il sopravvento.
«Nino», ritentò lei.
«Cosa vuoi?»
«Devo parlarti di una cosa importante.»
«A quest'ora?»
«Perché è veramente importante.»
«O forse perché farti vedere con me in pieno giorno ormai è diventato un problema?»
Rosa fu strattonata da quella domanda. Non rispose e Manfredi lo prese per un sì.
«Sto lavorando. Non ho tempo.» Manfredi continuò il suo lavoro, senza curarsi della presenza di lei. Era così stufo, stufo di tutto.
«Ti prego, è importante.»
«Non penso che abbiamo altro da dirci.»
Manfredi si recò a prua per non doverla vedere.
«Si può sapere cosa stai facendo?»
Guardò suo padre infervorato, poi tornò a lavorare. «Quello che mi avete detto voi: non le parlo e la ignoro.»
«Però prima di chistu devi essere educato», lo rimproverò Gaetano. «Ti pare maniera di comportarti?»
Manfredi non rispose, Gaetano allora si avvicinò a Rosa. «Scusalo. Non capisco cosa ha in questi giorni.»
Rosa scosse la testa, dicendogli che non era un problema e gli porse la lettera. «Potrebbe dargliela da parte mia? È troppo importante.»
Gaetano si asciugò le mani sui vestiti e l'afferrò. Si girò a guardare Manfredi, lo beccò ad osservarli di nascosto.
«La ringrazio», disse Rosa, per poi allontanarsi.
«Una lettera d'amore?» domandò Gaetano.
Manfredi sbuffò. «Queste ipotesi me le proporrebbe solo Totò.»
«Sto solo cercando di capire mio figlio.»
«Non l'hai mai fatto e vuoi iniziare adesso?»
«Manfredi.» Il suo nome risuonò severamente nell'aria salata.
«Scusa», mormorò il ragazzo. «In ogni caso, non ti preoccupare. Ho tagliato i rapporti con lei definitivamente.»
«E perché?»
«Mi avete sempre detto di farlo, per il bene della famiglia.»
«Ma tu non l'hai fatto per noi», ribatté Gaetano. «È perché si deve maritare?»
«Papà, evitiamo, per favore.»
«Allora leggerò a lettera.»
«No!»
Gaetano si fermò, ma quando suo figlio distolse lo sguardo, riprese.
«Piuttosto buttala», asserì Manfredi, commentando poi a bassa voce: «Delle scuse non ho bisogno».
Ma intanto suo padre aveva già letto il mittente.
La fronte si corrucciò cercando di leggerlo al meglio delle sue possibilità. Quando intese il senso generale, tornò serio e si rivolse di nuovo a Manfredi.
«Conosci un certo signor Proietti?»
Capì che fosse veramente così quando suo figlio gli rivolse un'espressione che mai gli aveva visto in volto.
«In tal caso dovresti leggerla.»
∞
Manfredi aveva letto e riletto quella lettera. L'aveva consumata con gli occhi. Era incredulo. Ma cos'era passato per la mente di Rosa? Perché fare quella cosa per lui? Lo respingeva e poi faceva questo. Prima lo allontanava e poi tornava per giocare con il suo cuore. Si sentiva estremamente confuso. Quel comportamento non aveva senso. Lo aveva abbandonato tre anni prima, perché prendersi allora tutta questa premura nei suoi confronti, adesso che non erano più vicini? Non capiva in cosa credere. Rosa era un grande punto interrogativo.
Ma di una cosa era certo: aveva tempo due settimane per prendere una decisione. In ogni caso il signor Proietti sarebbe sceso a Palermo e toccava a lui decidere se andare o no a parlargli.
«Sto uscendo fuori di testa», mormorò Manfredi una di quelle sere, rannicchiato nel suo letto. Pensò a Totò. Lui avrebbe sicuramente saputo cosa consigliargli. Ma non era lì. Non ci sarebbe stato mai più.
∞
«Ti stai ancora struggendo appresso a chidda lettera?» gli chiese Gaetano, qualche giorno dopo.
Manfredi, seduto sul molo, si rigirava quel foglio di carta tra le mani.
«Si può sapere che c'è scritto?»
Ma ancora Gaetano non ricevette risposta. Così scrollò le spalle e continuò il suo lavoro.
Manfredi restò fermo a fissare il vuoto, giusto il tempo che suo padre finisse di ormeggiare la barca. Poi lo sentì sedersi lì accanto e sorpreso si girò a guardarlo.
«E allora?»
«E allora cosa?»
«Mi fai leggere a lettera?»
Manfredi si abbandonò ad un verso di lamento e gliela passò. L'uomo l'analizzò leggendola con la lentezza di chi possedeva solo la licenza elementare. In silenzio rifletté.
«Sei arrabbiato?»
«No», rispose Gaetano.
Manfredi annuì.
«Vorresti tanto Totò qua, eh? Iddu saprebbe dirti cosa fare.»
«Già.»
Gaetano piegò il foglio a metà e lo diede nuovamente a suo figlio.
«Penso che Rosa ti stia dando un'opportunità.»
«E perché dovrebbe?» chiese Manfredi. «In questi anni mi ha dimostrato che per lei non valgo niente.»
«Può essere che non è accussì.»
«Quindi mi sbaglio?»
«È possibile.»
«No», ribatté Manfredi. «È stata lei ad allontanarsi da me. Non il contrario.»
«Magari, ha dovuto farlo.»
«Perché allora? Perché?»
«Chistu non possiamo saperlo», disse Gaetano. «Ma resta il fatto che se chista lettera esiste, è picchì idda ti ha pensato e vuole il tuo bene.»
«Mi vuole bene, certo», mormorò Manfredi con una punta di amarezza nella voce.
«A chistu incontro ci devi andare.»
«Cosa?»
Gaetano si ritrovò ad essere fissato dagli occhi sgranati di suo figlio.
«A chistu incontro ci devi andare», ripeté allora.
«Stai scherzando? Mi hai ripetuto per anni di star lontano da Rosa.»
«Qua non si tratta di incontrare Rosa.»
«E allora di cosa si tratta?»
«Di provare ad avere un futuro migliore.»
«Giuro che non ti capisco. Hai insistito così tanto con la storia del pescatore.»
«Ho insistito picchì per me è importante portare avanti u mestiere di famiglia. Ma durante il tuo anno di assenza, ho parlato tanto cu Totò e iddu mi ha aiutato a capire delle cose. Non siete solo voi giovani ad avere paura del futuro; abbiamo paura anche noi. Magari anche più di voi... Vorrei tanto che tu e tua sorella poteste avere 'na vita dignitosa, con sempre qualcosa da mangiare a tavola. Fare il pescatore può garantirvelo. Però chi mi garantisce la vostra felicità? Non posso obbligarvi a vivere come voglio io.»
Senza accorgersene, sul viso di Manfredi si delineò un piccolo sorriso.
«Mamma cosa ne pensa?»
«Con tua madre non ho parlato.»
«Si arrabbierà.»
«Può essere. Ma non buttare all'aria un'opportunità. Che la tua storia cu Rosa sia finita, è un conto. Non devi lasciare che ciò influenzi la tua decisione. Apprezza piuttosto cosa idda abbia fatto per te. E vai a incontrare il signore Proiettili.»
«Proietti.» Lo corresse il ragazzo.
«Quel che è.»
Vi fu un momento di silenzio. Manfredi si perse ad osservare il mare sotto di sé.
«Forse hai ragione.»
«Ma sì che ho ragione! Pensaci. Cosa ti direbbe Totò in un momento come chistu?»
Manfredi così disse: «Cosa hai da perdere?»
E allora Gaetano annuì. «Tanto vale andare. Se ti dice di no, continuerai con la tua vita di sempre. Se ti dice di sì... buon per te.»
«Ho paura», ammise Manfredi.
«Ma paura di chi? Manfré, per favore. Stai parlando senza ragionare», lo riprese suo padre. «Devi solo andare e scambiare due chiacchiere, niente di più. Al dopo, penserai dopo.»
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