𝐗𝐈. ━━ l'ultima battaglia

𝟎𝟏𝟏. « 𝕷' 𝖀𝐋𝐓𝐈𝐌𝐀 𝕭𝐀𝐓𝐓𝐀𝐆𝐋𝐈𝐀 »
❪ 𝚁𝙾𝙻𝙴𝙿𝙻𝙰𝚈 ❫ ━━ ❛ game of thrones ❜
l'ultima battaglia - 𝖚𝖓𝖉𝖎𝖈𝖊𝖘𝖎𝖒𝖔 𝖈𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔

IL FREDDO FECE tramontare gli ultimi spifferi del mite clima lasciato dall'estate, e il crudo inverno fece scendere il suo bianco velo sul Continente Occidentale. La nuda pietra di Roccia del Drago, colorata di bianco, era ancora visibile nelle ordinate impronte dei passi dei soldati, che sparivano all'imboccare della costa, da cui le navi ammiraglie erano salpate per dirigersi sulla terra ferma. Le sale della rocca marittima si svuotarono, i lord e le lady che tra quelle mura avevano sostato in attesa della ristrutturazione della capitale si divisero nel viaggio verso l'attesa dello scontro e l'attesa del rivedere i propri cari, lasciando tornare Roccia del Drago il freddo castello che per anni era stato inabitato.
Dalla successiva spiaggia che accolse il più grande esercito fino ad allora costituito, decina di migliaia di corazze, lance, zoccoli e lame fecero risuonare il paesaggio invernale durante la marcia, i ringhi indispettiti dal freddo dei draghi che aumentavano il fracasso nell'area vuota.

Durante la marcia dei soldati, le aeree evacuate emanavano solitudine, gelo e imminente devastazione, mentre nel cammino i villaggi più poveri non risparmiavano la vista di qualche ragazzino, adulto, vecchio o bambino, rannicchiati immobili in attesa che il freddo sciogliesse quel rigido strato di morte che li aveva cristallizzati all'esterno delle loro case. Il castello di Seagard era vicino al mare, che spandeva nell'aria il poco calore rimastogli dall'estate, alleviando in minima parte i freddi, ancora più pressante in quell'area nordica. Il castello venne attrezzato a sostenere l'ingente quantità di soldati e nobili, gli accampamenti iniziarono a sorgere tutt'attorno al perimetro circostante, mentre delle mura lignee iniziavano a venir innalzate a meno di mezzo chilometro dal castello. Gli stemmi delle casate comparivano nelle stoffe delle tende esterne, così come si muovevano al vento, colorando commemorativamente le mura di Seagard: la guerra globale aveva per la prima volta unito famiglie nemiche sotto una stessa metaforica bandiera e incerto era se quegli stemmi stessero svezzando per orgoglio del singolo o formalità bellica.

In una secondaria zona, le navi offerte da Dagon Greyjoy navigavano placide nelle acque, presenti forse più per sostegno di massima emergenza che per zona attiva di combattimento. In esse, erano state equipaggiate delle catapulte con bersaglio a lungo raggio, nel caso in cui i piani fossero falliti e la linea dell'esercito fosse retrocessa di troppo. I punti più illuminati erano riservati agli ultimi addestramenti dei soldati prima del giorno dell'effettivo schieramento, in cui avrebbero combattuto la loro possibile ultima battaglia.

Mentre la neve cadeva sui capi dei soldati, il sole picchiava su quello di coloro che non avrebbero preso parte alla battaglia: l'inverno era giunto anche a Dorne, eppure ancora si poteva percepire quel suo tipico tepore; non v'era, insomma, quel rigido clima nordico.
Era a Stelle al Tramonto, dimora del casato Dayne, che si trovava il resto dei nobili. Fra i luminosi corridoi si aggiravano le mogli dei combattenti con i loro figli in grembo o per mano, i bambini che giocavano a rincorrersi ignari del pericolo che aleggiava sopra le loro innocenti teste, magari anche qualche lord che, per debolezza o malattia, non avrebbe mai potuto brandire un'arma. Eppure, nonostante l'atmosfera potesse sembrare lieta e calma, nei cuori di quegli aristocratici non v'era altro che terrore.

Si parla delle turbe di coloro che guardano in faccia la morte, ma non è forse ancor più orrido ignorare cosa possa succedere a coloro a cui si tiene? A leghe di distanza, fra gelo e sangue, c'erano i loro figli, i loro fratelli, i loro padri, i loro mariti, che avevano salutato da settimane con la speranza che non fosse un addio. Per ogni ciglio che battevano, per ogni respiro che emettevano, un loro caro poteva star rischiando la morte.

Perché loro sapevano che a nord avrebbero combattuto quei mostri...ma non avevano idea di quando quelle creature avrebbero schierato le loro file. Ogni istante che vivevano poteva esser contemporaneo alla morte di un uomo, al massacro di tanti.

Ed allora alcuni tentavano di distrarsi, altri tentavano di ignorare, qualcun altro tratteneva le lacrime. Era oramai un rito guardare la giovane Zarya Tyrell tirar quotidianamente con l'arco nel cortile, con lo sguardo di qualcuno a cui piaceva pensare che quel bersaglio fosse il cuore gelido di un estraneo, al massimo scambiava due parole con la dolce cognata Daìrine, che altrettanto distrutta cercava di occuparsi con qualsiasi passatempo le passasse per la mente, suonando il suo flauto o giocherellando con la sua Nhida; Ethelfleda Velaryon era brava a fingere, ad ostentare sorrisi di convenienza per rincuorare gli altri, mentre le notti le passava a carezzarsi il grembo con gli occhi lucidi, e i membri della sua famiglia presenti in quel palazzo facevano finta di non accorgersene, poiché sapevano che altrimenti non avrebbe fatto altro che preoccuparsi per loro; si potrebbe poi parlare di Klissa Sand, che passava le giornate a guardare nessuno se non il suo piccolo Oberyn, la sua piccola gioia ignara, bimbo che sembrava darle ancora la forza di non disperarsi nonostante le piacesse dirsi che, alla fine, non era così tanto preoccupata, in contrasto con la testa alta e fiera che portava Bryana Tully, che però non era intimorita dal mostrare la sua preoccupazione, un dolore con cui ahimè aveva imparato a convivere, che forse la rendeva fiera.
Ed infine, Sharra Arryn, la regina, che se ne stava tesa come una corda di viella al sol pensare a quel conflitto, il cuore le bruciava nel sapere in pericolo suo fratello Artys, suo zio Hoster, o Raymont, quel dolce marito con cui aveva imparato a convivere; nel suo animo, però, v'era anche l'orgoglio di sapere i suoi cari non come soldati, no...
Come eroi.

La neve cadeva da settimane, oramai Seagard era ricoperta da un soffice e candido manto la cui purezza sarebbe stata presto violata da cremisi gocce, da corpi senza vita, da salate lacrime.
Dieci giorni erano trascorsi dall'arrivo dei soldati, dieci giorni nei quali le mura di legno erano state innalzate e i preparativi della battaglia erano stati raffinati; dieci giorni in cui i guerrieri erano stati a lavorare, senza tregua, in attesa di quel conflitto suicida contro mortali creature di ghiaccio.
Erano giunti nel luogo dello scontro dopo la lunga e angustia marcia, sui loro destrieri, viaggiatori su viaggiatori si erano accumulati man mano che si era avanzati; passarono città massacrate dal gelo e dalla povertà, a cui l'inverno aveva strappato ogni gioia e ricchezza; persino agli uomini più imponenti, il cuore si era stretto. E poi, giunsero alla prescelta Seagard, dove ad accoglierli ci fu il campo che avrebbe fatto loro da casa fino all'infame giorno.

Ma all'interno di quel campo non c'erano eroi, non c'erano i combattenti senza macchia e senza paura di cui parlavano le fiabe e le ballate. C'erano padri, figli, fratelli; ragazzini appena usciti dall'infanzia o adulti oramai anziani, chiunque avesse la forza di sorreggere una spada, seppur qualcuno non avesse neppure idea di come maneggiarla. V'era forse qualche donna addestrata nell'arte della guerra che arte non era, che si destreggiava fra gli sguardi colmi d'odio e pregiudizio. Non contava fossero nobili o popolani, re o contadini: erano tutti uguali, tutti umani a cui nulla era rimasto se non sperare, se non pregare, se non allenarsi per qualcosa per cui, alla fine, non sarebbero mai stati pronti. Mille domande e nessuna risposta da darsi: avrebbero rivisto le amate mogli che avevano abbandonato? Avrebbero potuto invecchiare, vedere i loro figli crescere? O forse quei saluti non erano stati altro che addii, destinati ad esser l'ultima cosa che i loro cari lontani avrebbero potuto udir da loro prima di sprofondare nella terra e divenire null'altro che un mucchio di ossa? Forse, l'unico lieto pensiero in quei giorni era stato saper coloro che amavano e che non potevano combattere lontani, al sicuro nel tepore del Sole dorniano; erano proprio essi a determinare quella flebile speranza accesa in quei cuori tormentati da innumerevoli paure ed incertezze. E difatti, cosa rimaneva se non sperare?

Fra le tende degli accampamenti s'era potuto respirare il tanfo di morte che già sembrava appestarli, ad ogni angolo era sembrato di sentire il lesto battito di cuori infestati di paura...
Ma non soltanto.
Il sentimento più forte era stata la determinazione, la volontà di vincere quelle creature e metter in salvo l'intero regno, a costo di dar la vita.
Ecco, cos'era stata la vita in quell'accampamento, durante quei giorni. 
Ma oramai il dado era tratto, il passato era tale. La battaglia era vicina, gli ultimi preparativi erano in corso, meticolosamente messi in atto seguendo gli ordini degli strateghi che avevano passato i loro ultimi attimi di tranquillità a spostare le pedine su quel grande tavolo, a studiare ogni mossa si potesse attuare, pur consapevoli che, contro quei mostri, non vi sarebbe mai potuto essere un preciso schema. Il piano era uno: sopravvivere. 

Ed in men che non si dica giunse la notte, silenziosa e crudele quanto un predatore; una notte senza stelle, oscurate dalle fitte nubi, l'unica luce era quella donata dalla luna e dalle torce accese.
Le armi erano sfoderate, il destino era incerto, il buio era padrone.

Gli accampamenti allestiti nel perimetro di Seagard erano stati sgombrati; le rocciose mura del forte erano riempite di soldati in fila, armati di archi e frecce, delle torce in prossimità di ogni postazione per infiammare i dardi. Le torri vennero occupate come postazioni di bersaglio, in cui vennero installati trabucchi, mangani e onagri per raggiungere la distanza della prima difesa di Seagard, a quattrocento metri dal castello. Nel cortile della rocca vennero organizzati degli schieramenti mobili di soldati, pronti a intervenire in precise formazioni in caso di infiltrazione nemica all'interno della struttura di difesa. Ai piedi delle mura, gli Immacolati erano disposti a falange romana e falange macedone, disposti in formazioni rettangolari e blocchi uniformi, le lance ancora impugnate verso l'alto, a protezione di un complesso di fossati e picche che si ripetevano in sequenza, avanzando per un totale di cento metri oltre l'area muraria della roccaforte. L'insieme di lance e scudi era percepibile dal castello per le scintille scure che la luce dei fuochi espandeva nel terreno circostante  e lo schiocco degli zoccoli e i nitriti dei cavalli dei Drothraki oltre la prima cinta difensiva. Occupavano un'area di duecento metri, dalla sezione di fossi a cento metri dal castello fino a un primo complesso di mura in legno, che dal forte si distanziava di trecento metri. Nel mezzo dei due perimetri, i Dothraki erano stati sistemati in battaglioni di armi miste da archi e arakh.

Tra i trecento e i quattrocento metri prima del castello era rimasto uno spazio vuoto, il cui limite era segnato da una prima colonnata di mura in legno, dove sarebbe avvenuta la prima scrematura dell'esercito del Re della Notte. L'area priva di milizie e antecedente alla prima barriera muraria sarebbe divenuta per i non morti un campo minato sotto la mira di dardi infiammati e del fuoco dei draghi. In corrispondenza dell'avanzata dei non-morti, i rispettivi ordini militanti si sarebbero mossi e assieme si sarebbe spostato il raggio d'azione dei draghi, già in volo ad alta quota, nascosti dal buio della notte. In lontananza, i freddi venti dell'inverno andavano appesantendosi, mentre lo scricchiolio scheletrico dei passi dei non morti si faceva sempre più vicino. I non morti apparirono alle luce delle torce come una nube indistinta e incriccata, quasi chiara nel buio notturno.

Come una tempesta di neve si avvicinava nuvolosa nell'aria, gli Estranei portarono il loro gelo con un lungo e veloce soffio freddo, espandendosi e aumentando di volume man mano che la loro vicinanza permetteva di discernere i loro tratti dallo sfondo. Vi furono attimi di immobilità, tra il buio che ostacolava la vista e apparente inerzia dei non-morti. Il silenzio venne interrotto in un rapido paio di veloci attimi: un alto e stridulo urlo si alzò assordante dal marasma avversario e fiammate rossastre si infransero dall'alto a poca distanza dalle mura più lontane, mentre iniziava a diffondersi un avanzante e regolare stridio di passi e fischi, diretto verso Seagard.

❪ 𝘢𝘥𝘳𝘪'𝘴 𝘴𝘱𝘢𝘤𝘦 ☕ ❫
Eccomi qui. Non ho intenzione di togliere molto tempo alla pubblicazione del capitolo, già ritardato dalla sottoscritta da mesi, e mi dispiace tantissimo per ciò e soprattutto per non aver mantenuto la mia parola in merito al mio ritorno in role, risultando nuovamente incoerente con il mio dispiacere e le mie scuse. Ho intenzione di scusarmi meglio magari con un avviso in un altro capitolo, nel quale potremo parlare di questa situazione (se lo riterrete necessario) e di eventuali provvedimenti da prendere per trovare una soluzione adatta a tutti

❪ 𝘮𝘦𝘵 & 𝘥𝘢𝘯'𝘴 𝘴𝘱𝘢𝘤𝘦 ☕ ❫
Salve ragazzi! Qui parla Met.
Dopo tanto lavoro, possiamo finalmente presentarvi questo capitolo; come avrete notato, porta la firma di Dan e Met, dato che Adri è stata impossibilitata a far parte alla scrittura.
Questo è un capitolo importante: ruoleremo la battaglia contro gli estranei. E proprio per la sua importanza, c'è bisogno di qualche specificazione. Sappiamo tutti come funzionano le battaglie, ma ricordiamo ancora che è necessario scrivere commenti di media lunghezza e concentrarsi sulle azioni, non sui pensieri, poiché durante uno scontro non c'è tempo per le riflessioni: è necessario tutto scorra veloce e soprattutto si necessita la collaborazione di tutti, poiché saremo noi rolemaker a mandare commenti che creino situazioni specifiche, mentre invece non sarà necessario aspettarci per iniziare la battaglia, dato che nel capitolo è già specificato che lo scontro è già cominciato.
Ed ora, lascio la parola alla nostra Dan.
Passiamo all'argomento "culmine" della battaglia: le morti. Non serve dirlo, si tratta di uno scontro in larga scala quindi i personaggi saranno in costante rischio della propria vita, chi in una situazione chi in un'altra, infatti starà ad ogni roler muovere i propri oc come meglio crede. È anche abbastanza sottinteso che ogni gesto di ogni personaggio sortirà determinate conseguenze, su cui non si può tornare indietro. Questo riguarda tutti, ma soprattutto il gruppo di rolers che ruola un personaggio nel gruppo contro il Re della Notte: ricordatevi che gli oc di lui sanno poco o nulla e molti, se non tutti, loro non hanno mai visto un Estraneo prima d'ora, quindi se li fate gettare nella mischia disarmati, feriti o in una zona dove non arriva la luce delle torce, non aspettatevi R'hllor che scende miracolosamente a salvarli. Da qui ci ricolleghiamo alla morte di più personaggi: non sono solo gli npg e gli oc non ruolati a rischiare e questo vuol dire che anche voi avrete voce in capitolo a riguardo. Questo scontro non sarà come la battaglia nella serie televisa, dove, nonostante il gran numero di soldati e le disposizioni di difesa molto meno organizzate, sono morti quattro gatti in croce o molti (anche incapaci a combattere) sono sempre stati salvati da altri per il rotto della cuffia. Morirà un discreto numero di personaggi e avvisiamo già l'improbabilità che in uno scontro così grande il numero degli OC si divida completamente tra morti e completamente illesi. Ci saranno feriti, anche molto gravi, che verranno o orchestrati da noi o da voi, in caso un determinato trauma o evento sia necessario allo sviluppo dei vostri personaggi. Naturalmente però, del secondo punto bisogna esser avvisate in anticipo, gradiremmo non leggere da un momento all'altro di un oc che perde un occhio, mano o altro a causa di una circostanza di cui non sapevamo nulla. E anche da qua ci ricolleghiamo col dire questo: è stata stabilita una strategia molto precisa dello svolgersi della battaglia che è già stata esposta nello scorso capitolo e sul gruppo. È a vostro rischio e pericolo decidere di rompere e eventuali formazioni e schemi prescritti, soprattutto se questa scelta rischia di incidere sulla sicurezza degli altri voi. In caso un vostro personaggio per sua volontà abbia intenzione di fare qualcosa da sé, fino a quando questo è in-character, è liberissimo di farlo. Quando si arriva a metter in pericolo oc altrui per questo, no. Le morti comunque non arriveranno subito, avviseremo noi ufficialmente quando arriverà il momento. Potete già iniziare a pensare a qualcosa che vi serve, se vi serve, ma non si fa nulla fino ad un determinato momento: ci sono le povere anime che muoiono cadendo dalle scale della torre prima dell'inizio dello scontro, ma vorremmo evitare morti inusuali. E, in caso vogliate direttamente uccidere un vostro personaggio, senza ferirlo o altro, badate che potrete farlo solo dopo aver dato dei motivi specifici, coerenti e intelligenti, e con questo non è detto che vi sia risposto di sì.

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