[SPECIALE] Un aiutino...?
Hello, my darlings! Come state? Spero tutto bene.
Io? Mi mancate. La mia pausa procede: in questi giorni sto avendo delle piccole gioie, e il mio umore è migliorato. La pausa mi sta facendo proprio bene. Mi sento allegra, più "leggera", e ho una notizia buona e un'altra un po' meno.
Partiamo dalla brutta? Sì dai: la mia pausa durerà ancora un altro po'. Questo perchè non voglio affrettare i tempi e voglio dare alla mia sanità mentale tutto il tempo che si merita per "guarire" al meglio, e poi perchè con le storie che sto attualmente scrivendo sono ancora un po' bloccata.
Volete la bella, adesso? Eccovela: sono riuscita a scrivere qualcosa che non mi fa totalmente schifo, e voglio condividerla con voi! Un po' perchè sono veramente felice di esserci riuscita, un po' perchè è per una storia nuova e volevo l'assoluta certezza che non facesse pietà.
Specifico che è un WORK IN PROGRESS, non ho scritto molto (per la verità, ho scritto solo questo ahah) e che se qualcuno si azzarda a rubarmi l'idea lo Crucio, grazie prego ciao.
E' una HarryxOC e NON APPARTIENE A NESSUN SIDE. La protagonista NON appartiene al mondo di HP, vediamo se immaginate quale...
Questo sarebbe il prologo, ovviamente parziale. Questo progetto, con ogni probabilità, si chiamerà "CROSSROADS" (e scrivo apposta la data, così se me lo fregate siete fregati anche voi 15/02/2022) e si incrocerà con la storia di una delle mie OC già esistenti :D
Datemi il vostro parere, onesto e brutale. Mi serve ç_ç
***
Ho un grosso, grosso problema.
No, non mi riferisco a questa tizia di mezza età con i capelli rossi che mi fissa apprensiva, torreggiando su di me -anche se non ho idea di chi accidentaccio sia. E no, non sto nemmeno parlando della stramba stanza in cui mi trovo (ehi, quella padella si sta davvero lavando da sola? E perché quell'orologio non ha i numeri e ha delle facce sulle lancette?). Va beh, non sto parlando nemmeno del bambino che mi fissa curioso dal quadro appeso alla parete (che cavolo, da quando i quadri si muovono?!).
Boh, forse dovrei considerarli come "problemi", in effetti. Niente di quello che sto vedendo è normale. Ma ho l'assoluta certezza che ce ne sia uno che sormonta tutto quanto.
Non mi ricordo chi sono.
Giuro. Se questa donna dovesse chiedermi qual è il mio nome, qui e adesso, non saprei cosa cavolo risponderle.
Il mio cervello sta iniziando a viaggiare ad una velocità pericolosissima. Un mucchio di domande si stanno affollando nella stanza dove cerco sempre di contenere i miei pensieri, ovviamente senza successo. Li sento scendere verso le labbra, e a quanto pare quella cosina che dovrebbe un minimo filtrarli non esiste proprio.
«C-coschheee? Dovvv-qua?» balbetto incoerentemente.
La donna inarca un po' le sopracciglia e mi fissa, confusa. «Come, cara?» mi domanda.
E' cortese. Mi sembra di percepire una vaga nota di preoccupazione nel suo tono di voce, ma forse è perché sono un'estranea in casa sua e probabilmente ha una famiglia che teme che mi metta a sgozzare da un momento all'altro.
Perché sono un'estranea... giusto?
Dei, non ci capisco niente. E poi, perché ho detto "dei"? Quanti Gesù bambino esistono, in questo mondo? Devono essere tanti... o almeno, sono convinta che sia così. E' una certezza tipo "il cielo è blu", e roba simile. Chissà perché.
«Vuoi metterti seduta?» mi domanda la donna, premurosa.
La fisso. Dietro di lei colgo un movimento, e mi accorgo solo in quel momento che c'è della gente, sulla soglia della porta. Un bambino alto e allampanato, con una zazzera di capelli rosso fuoco e il volto coperto di lentiggini, e due ragazzini totalmente identici in piedi dietro di lui. Anche loro hanno i capelli rossi e le lentiggini, e mi fissano perplessi.
Provo il fortissimo impeto di controllare di che colore siano i miei capelli. Alzo le mani e me li tocco mentre mi metto lentamente a sedere. A parte che mi fa male tutto... sembra che mi sia passato sopra un tram, o qualcosa di ugualmente pesante... ma va beh. Ho i capelli lunghi, a quanto pare. E sono neri come la notte.
Sono quasi sconvolta dalla delusione. In un qualche modo, colore di capelli a parte, sento che questa gente non è la mia famiglia. Quindi... che cavolo ci faccio, lì?
Ma scopro proprio in quel momento che il mio cervello funziona in modo strano. Ho già dimenticato la mezza delusione, perché ho notato qualcos'altro. «Quella patata si sta davvero affettando da sola?» domando, indicando il lavello «Cioè... sono ammattita, o la vedete anche voi?»
Il silenzio nella stanza è così denso che quasi è visibile. I tre rossi sulla porta si scambiano un'occhiata; i due gemelli stringono le labbra, come se volessero trattenere una risata. La donna, che certamente è la madre, per un attimo non sa cosa dirmi. Apre e chiude la bocca come un pesciolino rosso. Poi, alla fine, si decide. «Come ti chiami?» mi chiede.
Ah, ecco. Il momento che temevo arrivasse. La fisso di rimando per un lungo momento. Per un nanosecondo spero che il mio cervello si ripigli, ma perdo quasi subito le speranze. Poi me ne esco con la risposta più intelligente del mondo: «boh».
Silenzio, di nuovo. Stavolta sbigottito. I tre alla porta mi fissano con vago sospetto, ma non la donna. E penso proprio che dovrebbe farlo, visto che ha l'aria di essere l'adulto responsabile, ma chi sono io per dirle come deve vivere la sua vita?
Eh, per la verità non ne ho idea. Va beh, battuta uscita male.
«Non... non sai come ti chiami?» mi domanda lentamente.
Probabilmente pensa che sia pazza. Dei, lo penserei pure io, sinceramente. «Per la verità non so... beh...». Sospiro. «Non so come mettervela giù senza sembrare una squinternata totale»
«E' troppo tardi per quello» borbotta uno dei tre sulla porta.
Ridacchiano. La donna si volta a fulminarli con lo sguardo, e tacciono all'istante. Bello. Mi piace questa signora. «Che ne dici di provare lo stesso?» mi incoraggia, un sorriso gentile che le adorna il volto.
«Okay, be'...». Mi stringo nelle spalle. «Non so come mi chiamo, non so dove mi trovo, non so chi lei sia o chi siano quei tre sulla porta e non ho idea di come faccia quella padella a lavarsi da sola o il bambino del quadro a muoversi»
«Dev'essere una Babbana» sussurra uno dei gemelli agli altri due.
«Secondo me no. Come ha fatto a trovarci, sennò?» ribatte il più piccolo dei tre.
«Ha chiesto del quadro e della patata, come se non avesse mai visto usare la magia...»
«Magia?» ripeto.
Qualcosa si smuove al centro del mio petto. Una specie di fiammata gelida nasce repentinamente in me e corre lungo tutto il mio corpo, e facendomi rabbrividire.
Il fuoco nel camino si accende d'improvviso. La donna e i suoi tre figli sussultano, girandosi a guardare le fiamme brillare allegramente nel loro alloggio. «Ma come...?» borbotta lei, confusa.
E io, finalmente, qualcosa la capisco. Così, d'improvviso.
«Non puoi più restare qui»
Non riesco a vedere chi mi sta parlando. Davanti a me c'è solo un'ombra, cupa e vorticante. Provo una disperazione che non ho mai provato prima. La situazione è grave, lo so, perché lei non mi avrebbe mai allontanata in quel modo in circostanze normali.
Sto piangendo. La vista mi si annebbia, e l'ombra davanti a me tremola. Sento le lacrime bagnarmi il viso. Una mi finisce tra le labbra; è salata, ed è anche amara, come la delusione che sto provando.
«Perché?» domando.
Vorrei urlare, ma la mia voce esce piatta e monocorde. Come se le implicazioni di quella sua affermazione non mi toccassero minimamente, come se non cambiassero e stravolgessero totalmente il mio mondo.
«Ci sono cose che non puoi capire. Non ancora»
La rabbia mi infiamma all'istante. Sento la sua energia distruttiva incendiarmi le viscere. E' l'unica arma che posso usare, in quel momento. Usare i miei pugnali su di lei sarebbe inutile, e comunque so perfettamente che non sarei mai stata in grado di ferirla come stava facendo con me.
«Non sono più una bambina!» protesto a gran voce.
«Per me lo sarai sempre, angelo»
C'è una dolcezza nella sua voce che mi da la nausea. La detesto, perché è falsa. Non tiene a me, non mi vuole bene, altrimenti non mi separerebbe dall'unica famiglia che conosco.
«Non chiamarmi così! Non dopo quello che stai cercando di fare!»
«Lo faccio per te, ma non pretendo che tu capisca»
Sbuffo. Non riconoscerà mai la mia intelligenza. Mi sottovaluterà sempre. «Dove hai intenzione di mandarmi?» domando rabbiosa.
«In un luogo dove potrai vivere» mi risponde.
«E qui non posso?»
«No. Qui, per te, c'è solo morte. L'ho visto»
«Allora morirò!»
«Se non sarai tu, sarà tua sorella»
La rabbia torna ad annebbiarmi la vista. «E' una minaccia?!»
«No, è un dato di fatto. Ti sto salvando. Vi sto salvando entrambe»
«Bugiarda...»
«Ora devi andare»
«No!»
«Addio, Louise. Ricorda: lo sto facendo per te».
«Louise» annuncio.
I quattro si girano verso di me. «Hai detto qualcosa, cara?» mi domanda la donna.
«Il mio nome» rispondo. La guardo. «Mi chiamo Louise. E il camino l'ho acceso io».
***
Eccolo. Beh, che dire... buttatemi addosso i vostri pareri :3
vi si ama, ci si vede prestissimo ♥ la vostra Gin
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