« 𝗖𝗵𝗮𝗽𝘁𝗲𝗿 7



Quel suono improvviso, mandò completamente in tilt la mente del povero ragazzo accasciato a terra.

‹‹ No . . . no, no! Tsutomu! NO! ››

Gridò, con quel briciolo di voce che gli rimaneva.
Per le poche forze, non riusciva a tenersi sollevato sulle ginocchia e si era abbandonato un'altra volta alla gravità, che lo trascinò lentamente in un altro doloroso pianto.
Non poteva averlo davvero perso, non lui, non così.

Non quel ragazzino che era entrato a fare parte della sua vita, ed era diventato in pochissimo tempo come un fratello minore per lui.
Perchè sapeva che anche per Wakatoshi fosse così.
Lui adorava quel ragazzino.
Tsutomu provava una così forte ammirazione per loro, che non smetteva mai di puntare in alto, di pregarli affinché gli assegnassero compiti più ardui, ed anche quando negavano, si impegnava per stupirli.

Satori era orgoglioso di ciò che il minore era diventato in pochi mesi.
Ed era sicuro che avrebbe ben presto superato quella paura di ferire a sangue freddo qualcuno.
Doveva solo lavorarci su.
Gli voleva bene come un fratello, e sapere che se ne fosse andato, che fosse stato ucciso per colpa sua . . . lo spezzava davvero nel profondo.
Si odiava, si odiava così tanto, che sperava di ricevere presto la giusta punizione.
Sperava che la sua ora giungesse veloce, che Tooru tornasse per finire ciò che aveva iniziato.

Perchè si sentiva come se il mondo gli fosse crollato addosso.
Le sue vittime, e gli altri membri delle bande, avevano sempre avuto ragione.
Quelle voci nella sua testa, che gli dicevano come comportarsi, erano vere.
Lui non aveva un cuore e nemmeno sentimenti.
Era un mostro, che aveva abbandonato una persona cara, che aveva tradito un innocente e lo aveva lasciato morire.
Che non aveva avuto il coraggio di dire delle semplici parole per salvarlo.

Si sentiva come un nulla, destinato a soccombere a quelle mostruose grida e nella sua testa.
Si meritava di morire da solo.
Senza poter rincontrare colui che aveva amato fin dal primo momento.
Perchè sicuramente, non meritava nemmeno quello.
Ne era sicuro.
Satori non meritava di essere amato.

Le lacrime straripavano dagli occhi rossi e gonfi, sia per quella lunga nottata passata a contorcersi dal dolore dell'imminente perdita, sia per le poco gentili percosse da parte dei due sequestratori.
Scendevano lungo le guance come un fiume in piena, e sapeva che non avrebbero smesso per molto, molto tempo.

Si era sempre ripromesso di non piangere davanti agli altri.
Quando era solo, riusciva a tirare fuori il dolore di quei sentimenti con tono basso, e questo forse era un bene.
Ma quando era con Wakatoshi, quando il minore gli chiedeva di piangere, era tutta un'altra cosa.
Quando c'era lui, riusciva in qualche modo a sfogarsi per davvero e gridare, forte, quel che sentiva dentro di sé.
Poteva liberarsi, lasciando uscire ogni cosa che premeva nel suo petto, come cupi pensieri ed amari ricordi.
Con lui, poteva essere se stesso, anche nel suo peggio.

Ma in quel momento era solo, e sapeva che nessuno sarebbe venuto a prenderlo.
Con rabbia, sollevò i polsi, conducendoli alle labbra.
Aprendo la bocca, strinse con i denti la corda che li legava insieme cercando, furioso, di liberarsi in qualche modo.
Sentiva il suo respiro affannarsi per gli sforzi sprecati, il dolore ai denti che stringevano corde troppo dure da slegare, e quei ringhi riconducibili solamente ad un animale adirato.
Quando poi, finalmente, comprese che mai ci sarebbe riuscito in tale maniera, batté i poveri pugni sul pavimento, esalando un forte e sentito "Cazzo!", tornando in seguito a respirare con difficoltà.

Non aveva speranze.
Sarebbe rimasto lì e avrebbe fatto la fine di Tsutomu.
Ma almeno, al contrario suo, se lo meritava eccome.

‹‹ Tempo di alzarsi, mostro! ››

Sentì così la voce squillante di Tooru, e si tirò immediatamente seduto.
Lo sguardò spento e vagò sulle due figure, ora appoggiate entrambe allo stipite della porta della sua cella.
Hajime, teneva tra le mani il solito pugnale, sfiorandone dolcemente la punta con l'indice, e lo guardava con ribrezzo.
Probabilmente ne aveva davvero abbastanza di lui, e questo non poteva che far scappare al rosso una sorta di risata.

Morirò qui per davvero allora.

Il castano gli si avvicinò, fermandosi solo a qualche misero metro, per poi iniziare.

‹‹ Allora, forza, ci dirai quello che vogliamo sapere? ››

‹‹ Fottiti ››

La risposta fu immediata.
Tooru caricò la pistola, puntandogliela alla tempia.

‹‹ Ultima possibilità, strambo ››

Questa volta, ci fu silenzio.
Satori sorrise, e sputò sulla camicia del ragazzo, guardandolo in viso.
L'aria era la solita: beffarda e pungente.
Come se lo stesse sfidando.

‹‹ Sei proprio una testa di cazzo... ››

Beh, tanto era anche ora.
Questo era solo tempo preso in prestito.
Il più bello della mia vita...

Si preparò al colpo, serrando gli occhi, immaginandosi la figura di Wakatoshi nella mente.
Quel ragazzo meraviglioso e seducente, dall'aria talmente ferrea da essere incantevole.

Addio Wakatoshi, mi dispiace, ma doveva andare così

Però era felice.
Sorrise.
Sarebbe morto con un sorriso soddisfatto.
Un po' ammaccato forse, ma esaudendo il suo più grande desiderio.

Sarebbe morto proteggendo la persona che amava.
E non poteva desiderare di meglio.

Gli spari che ne seguirono, esplosero nella stanza, echeggiarono tra le pareti, eppure Satori non sentì alcun dolore.
Si aspettava di crollare a terra, eppure percepiva ancora il proprio respiro.
Il tonfo, di qualcosa che cadeva rumorosamente a terra, gli fece aprire invece gli occhi, e finì per soffermarsi sul corpo inerme di Tooru davanti a se.
Aveva un foro perfettamente al centro della fronte, dal quale sgorgava un veloce rivolo di sangue, che sul pavimento, creava una lucida pozza cremisi.

I suoi occhi guizzarono rapidi sull'altro ragazzo, che accasciato a terra, era stato invece colpito al petto, come poteva osservare dall'ultimo respiro che i suoi polmoni riuscirono a compiere, prima che le iridi perdessero la propria lucentezza.
Il suo sguardo buio era puntato sull'unica figura ancora in piedi nella stanza, che teneva in mano la pistola, e che fu artefice di quella carneficina.
La pistola appena piegata di lato, per la mira perfetta.
Il viso serio come una statua di cera, e le sopracciglia accigliate.
Aveva le labbra sigillate, come se non provasse emozioni, eppure Satori poteva ben notare la preoccupazione e la paura in quei meravigliosi e magnetici occhi verdi.

Non poteva essere.

‹‹ Wakatoshi! ››

Singhiozzò il giovane, portando il busto ferito in avanti, per tentare di strisciare il più vicino a lui.
Non ci poteva credere.
Non poteva essere la realtà.
Un angelo all'inferno?

Il castano si precipitò da lui, una volta assicuratosi di non aver nessuno alle calcagna, e lo avvolse in un forte abbraccio.

‹‹ Sei...sei vero? Sei reale? ››

Satori appoggiò il mento alla sua spalla, permettendogli di stringerlo.

‹‹ Sono...sono morto? ››

Wakatoshi, prima di rispondere, si staccò per tagliare le corde che tenevano legati i suoi polsi, e sparare alle catene attorno alle caviglie, per poi tornare a tenerlo a sé ed appoggiare la mano sulla sua testa.

‹‹ Satori...no, sono qui...sono qui ››

Si, lui era lì, lì con lui.
Wakatoshi era venuto a salvarlo.
Era venuto davvero per lui.

E pianse, perchè fino a quel momento ebbe il terrore di non rivederlo più.
Le lacrime scesero con disperata gioia, fino a bagnare la camicia del ragazzo, al quale era avvinghiato con forza.
Le mani si strinsero ancor di più al tessuto dell'indumento, come attaccato ad una parete rocciosa sopra ad un dirupo.
Perchè lui era il suo appiglio sicuro, in un dirupo di incubi e tormenti.

‹‹ Toshi...hanno...ucciso Tsutomu... ››

Iniziò, e al solo rimembrare ciò, altre lacrime, di una luce molto più amara, precipitarono dagli stanchi occhi.
Stavano succedendo così tante cose.
Era salvo e Wakatoshi era venuto a prenderlo, ma quel pensiero, quel viso, non se lo sarebbe mai tolto dalla mente.

‹‹ Non...non potevo dirgli quello che volevano...nemmeno per lui...mi dispiace...mi dispiace...così tanto...mi...mi dispiace... ››

Ripeté così tante volte quella frase, che se l'avesse sentito qualcun altro, avrebbe sicuramente pensato fosse pazzo.
Non che non lo fosse, in qualche modo, eppure sembrava che il castano ignorasse completamente questo lieve dettaglio.
Infatti, egli si staccò nuovamente, ma solo per posare i palmi delle mani sul volto contorto dal rammarico del rosso.
Sviò qualche lacrima con il pollice, nonostante di nuove continuassero a precipitare impetuose, e lo guardò, con un viso che sarebbe potuto sembrare serio, sebbene Satori lo conoscesse troppo bene per cedere ai mediocri pensieri della massa.

‹‹ Hai fatto ciò che era giusto...e non è morto Satori ››

Eh?
Mi sta prendendo per il culo?

Come poteva essere?
Eppure . . .

‹‹ M-ma lo sparo...Toshi, ho sentito... ››

‹‹ Sottovaluti così le mie doti nel travestimento? Nemmeno un grazie, stronzetto? ››

Sentita una terza voce, il maggiore dovette guardare oltre alla figura del castano, per poter mettere a fuoco colui che ora teneva le braccia incrociate al petto, e se ne stava con la spalla appoggiata allo stipite della porta.
Un sorrisetto fiero, beffardo come i soliti che egli rivolgeva alla gente, era dipinto sul volto del giovane dai grigi e spumosi capelli.

‹‹ Semi-Semi! ››

Esclamò, con lo stesso tono di pochi minuti prima.
Il cuore esplose dalla gioia, martellando nel petto con un' altra botta di confortante adrenalina.
Si era ripromesso di non farsi vedere in quel modo, vulnerabile ed umano, eppure non riusciva a stroncare nemmeno un singhiozzo.

Anche l'amico lo strinse in un forte ma tenero abbraccio.
Un bellissimo abbraccio che sapeva di intimità e di solida fiducia.
La stretta di due ragazzi, che senza alcun legame nel DNA, si sentivano come veri e propri fratelli.
Migliori amici che si capivano l'un l'altro, che come bambini facevano di tutto per darsi fastidio, e che possedevano quel meraviglioso ed indissolubile legame, forte come la più resistente delle catene.

‹‹ Sei ridotto male eh? ››

Eita interruppe il breve silenzio, mentre teneva a se il magro ragazzo, che ora appariva ancor più scheletrico di pochi giorni prima.
Sebbene lo avesse detto con estrema simpatia e ironia, nella voce si trovava pur sempre una forte punta di preoccupazione.

‹‹ Non...ti libererai così facilmente di me ››

La risata che ne seguì, fu molto meno compatta delle solite, eppure fu più che sentita.
Perchè nonostante il dolore, la difficoltà a compiere ampi respiri ed il viso in fiamme, così come il resto del corpo, Satori era sollevato.
Era commosso, loro erano venuti a salvarlo.
Lui, Tendou Satori, un mostro senza anima e sentimenti.
Avevano rischiato tutti la loro vita per salvare la sua.
E c'era anche Kenjiro, che in lontananza dava l'ordine agli uomini di aprire il fuoco.
C'erano tutti, proprio tutti . . .

‹‹ Satori, puoi muoverti? Dobbiamo sbrigarci ed uscire da qui ››

Aveva poi detto Wakatoshi, che insieme ad Eita aiutò il maggiore ad alzarsi da terra.
Dovette però praticamente trascinarlo, data la debolezza delle gambe.
Quasi non le sentiva nemmeno più, eppure tentava di muoverle per non appesantire i due in ulteriori modi.

Ma poi, ebbe un colpo di tosse, e gli occhi si fecero sempre più pesanti.

‹‹ Toshi... ››

I muscoli delle gambe, per l'assenza di sonno, cibo e per il troppo sangue perso, cedettero, facendolo cadere.
Attese la botta che mai avvenne, dato che vide subito il viso di Wakatoshi davanti a sè, segno che lo avesse afferrato prima che potesse toccare terra, e sorrise, posando il palmo della mano sulla sua morbida guancia.
Gli occhi del castano, brillavano di una luce viva, e per un secondo, pensò che non sarebbe stato male svenire dopo quella vista stupenda, in realtà.

‹‹ Satori..no, no, stai con me, hey...Eita, Kenjiro, andiamo! ››

Riuscì a sentire ciò, prima che tutto si facesse nuovamente buio e i rumori scomparissero del tutto.

//


Satori si risvegliò nel suo letto, un profumo nostalgico inebriava quella stanza dalle pareti scure come fuliggine.
Lasciò andare un sussurro addolorato non appena cercò di muoversi, di conseguenza sbuffò e tornò nella posizione iniziale con uno svogliato sospiro.
Alzando un braccio però, accennò una lieve risata a labbra sigillate.
Pareva una mummia con tutti quei bendaggi su gambe, busto e braccia.
Gli faceva quasi ridere.

Poi, girandosi, notò finalmente il ragazzo seduto su una sedia accanto al letto, e non poté che sorridere davanti a tale scena, commosso e divertito nello stesso momento.
Wakatoshi, il boss della mafia, aveva un viso così rilassato e dolce quando dormiva, e lui amava guardarlo.
Perchè tutti i muscoli si alleggerivano, e il volto si ammorbidiva con adorabile delicatezza.
Il cuore si riempì ulteriormente, quando notò che la mano adagiata al materasso fosse stretta a quella del minore.
Un gesto così dolce, che fece tornare i suoi poveri e sfiniti occhi umidi.

Allungò quella stessa mano per sfiorare i suoi morbidi ciuffi castano-oliva, ora davanti alla fronte.
Sorrise dolcemente, nel vederlo così sfinito.
Era rimasto lì, a vegliare su di lui, fino ad addormentarsi.

Beh, immagino di potermi permettere di prendere altro tempo in prestito

Pensò, e solo a ciò, esalò un'altra piccola risata, cosa che smosse appena il corpo del più alto, che aprì gli occhi.
Non appena lo vide, Wakatoshi si illuminò.
Le iridi ripresero immediatamente colore, e fu come se tutto attorno a loro riassumesse vitalità.

‹‹ Satori.. ››

Aveva detto, prima di avvolgere nuovamente il rosso tra le sue braccia.
Lo tenne a se, con la paura che potesse scomparire da un momento all'altro e che si volatilizzasse davanti a lui.

‹‹ Hey ragazzone... ››

Ridacchiò teneramente Satori, facendosi stringere ben volentieri.
Gli abbracci di Wakatoshi, erano un qualcosa di cui non avrebbe mai fatto a meno.
Erano forti, eppure stava sempre attento a non fargli male, come se avesse paura di romperlo.
Dannatamente tenero.

Ma poi, quando sentì qualcosa di umido sulla spalla, si staccò dall'abbraccio preoccupato.
Ciò che vide, gli fece restringere il cuore.
Wakatoshi, non piangeva mai.
Non pianse alla scomparsa della madre, e nemmeno per le innumerevoli perdite dei suoi uomini, alcuni anche considerati amici.
Eppure, ora piangeva e da quei meravigliosi occhi di un verde spento, grondavano fiumi di lacrime.

‹‹ Temevo non ti saresti più svegliato... ››

Disse quelle parole con terrore, con un magone enorme in gola, che premeva nel petto come una morsa.
E ciò uccideva Satori, nel profondo.

‹‹ No Toshi, sono qui...sono qui... ››

Cercò quindi di tranquillizzarlo, fiondandosi in un altro sentito abbraccio.
Sentì la sua mano accarezzargli il capo, con quella delicatezza che solo lui possedeva, e sorrise, sereno.
Stava piangendo per colpa sua.
Maledizione.

‹‹ Non ho saputo proteggerti... ››

Proprio no, quella frase non doveva proprio dirla.
Che stava blaterando?

‹‹ Toshi, guardami... ››

Si staccò una seconda volta, rivolgendogli un caldo sorriso.
Gli prese poi il viso tra le mani, con i bendaggi che sfioravano la pelle più scura del minore e sviavano qualche lacrima.

‹‹ Sono qui...per davvero...e mi hai salvato, per la seconda volta... ››

Gli sorrise ancora una volta, mentre si lasciava andare anche lui ad un lieve pianto, singhiozzando.

Poi, gli occhi caddero sulle sue labbra, ora inumidite dalle lacrime calde e lucenti.
Come avrebbe voluto baciarlo, il cuore desiderava solo quello.

Che ho da perdere?
Sono quasi morto!

Eppure, la consapevolezza e il terrore di venir respinti e di rovinare quel bel rapporto, stava vincendo sui sentimenti.
E faceva male, molto più male delle ferite superficiali.

‹‹ Satori...io...spero che tu capisca...quanto io tenga a te... ››

E lì, tutto si fermò.
Non sentiva più nulla, ne le mani che avevano preso delicatamente le sue, ne il profumo dei medicinali sul comodino, e neppure la pioggia che batteva fuori dalla finestra.
Quello che però riusciva a sentire, era un battito veloce, e quelle morbide labbra sfiorare le proprie, in un bacio leggero quanto delicato.
Non se l'aspettò, eppure il desiderio di qualche istante prima, si era appena avverato.
Wakatoshi lo stava baciando, in un modo talmente dolce, da farlo quasi ridere.

Sentendo infatti la sua risata, il castano si staccò preoccupato.

‹‹ Perchè ridi? ››

Aveva chiesto, con tutta la confusione che gli si poteva leggere in quegli occhi lucenti.

‹‹ Perchè...non è un bacio Toshi...questo è un bacio! ››

Questa volta, fu Wakatoshi colui che venne colto da una piacevole sorpresa, in quanto dovette resistere dal ricadere sulla propria sedia quando Satori si fiondò letteralmente sulle sue labbra, rapendole in un bacio molto più profondo.
Non era spinto, per nulla, e sapeva di dolcezza e disperazione.
Sapeva di desiderio di parlare, di dichiararsi, di raccontare tutto, e di dire forti "ti amo!".

E Satori si sentiva felice, per davvero.
Quel bellissimo ragazzo, quel meraviglioso e perfetto ragazzo lo aveva salvato, ricambiava i suoi sentimenti, e lo aveva baciato.
Dio, cosa poteva volere di più dalla vita?
Proprio quella vita che sperava di finire su quel ponte tempo prima, che desiderava scomparisse come se non fosse mai esistita.

Ora, quell'esistenza aveva raggiunto un bellissimo e commovente scopo: quello di amare ed essere amato da Ushijima Wakatoshi, e di vivere, vivere per lui.

Staccatosi per riprendere fiato, Satori lo guardo con occhi inumiditi.

‹‹ Speravo che accadesse... ››

‹‹ Mi dispiace essere arrivato tardi... ››

Ma alle parole del castano, il maggiore scosse piano il capo.

‹‹ Sei arrivato giusto in tempo, come sempre... ››

E sorrise, ancora, non aveva mai sorriso così tanto per una persona.

‹‹ Se non ricordo male, ho promesso che ti avrei sempre protetto ››

Disse poi l'alto ragazzo, tenendogli la mano con finezza.

‹‹ Ci stai riuscendo abbastanza egregiamente dai... ››

Ironizzò poi Satori, ridacchiando alla sua stessa battutina, e non si aspettò di sentire il cuore esplodere quando, silenziosamente, anche Wakatoshi accennò una risata tranquilla.

Lo amava, dio se lo amava.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per quel ragazzo.
Tutto.
Anche morire.

Era così bello tenerlo per mano e guardarlo negli occhi con una dolcezza infinita, come se si fossero entrambi dimenticati della notte di fuoco due anni prima, e quella fosse la prima volta tra loro così in intimità.
E forse, lo era per davvero.
I cuori non erano mai stati così vicini, i sentimenti non erano mai scoppiati così forte prima di quel momento.

Ora si, ora si che sapevano di amarsi.

‹‹ Tendou-san! ››

La voce di Tsutomu attirò l'attenzione dei due, che senza staccare la presa dalle mani l'uno dell'altro, guardarono il giovane che aveva spalancato ora la porta.
Satori non poteva crederci.
Sapeva di non star guardando un fantasma, aveva gli occhi troppo lucenti per essere morto, e quel viso era più brillante di qualsiasi altra stella avesse mai potuto ammirare.

Sorrise tremolante, non appena il minore si fiondò tra le sue braccia per stringerlo forte a se e scoppiare in un sentito pianto liberatorio.
Ed anche lui, ricoperto da bende su gambe e torace, era entrato con delle stampelle, che giacevano sul pavimento incustodite, per non intralciare l'abbraccio tra i due.

‹‹ Pensavo...che non... ››

Nemmeno riuscì a concludere la frase, quel giovane dai buffi capelli a caschetto, tanto da accoccolarsi dolcemente al petto del maggiore per godersi delle morbide e soffici carezze.
Satori esalò del flebili "shh" per calmare quell'animo disperato e felice, posando la mano sui suoi ciuffi corvini.

‹‹ Tsu-chan...mio dio... ››

Si lasciò però andare ad un altra stretta, portando il capo del minore alle labbra per lasciargli un tenero bacio in fronte.
Gli voleva troppo bene...troppo.
Lo adorava.

‹‹ Semi-san diceva che avrebbe preso volentieri la tua stanza se fossi morto, io gli ho detto che doveva solo azzardarsi... ››

Spiegò Tsutomu, quando il rosso scoppiò a ridere di gusto.
Quando era triste, il giovanissimo diceva cosa al quanto divertenti, eppure sapeva che fosse una cosa che Eita avrebbe ben volentieri detto.
E per questo faceva assai ridere.

‹‹ Sei davvero un traditore Tsu...e dovresti rimanere anche tu a letto ››

Parli del diavolo...

‹‹ Hey! E tu non mi vieni a salutare? Stronzo ››

Satori, nel vedere il suo migliore amico allargò un braccio, lentamente e per non farsi male, accogliendolo in un altro abbraccio.
Si, quella giornata l'avrebbe passata rintanato in tutti gli abbracci possibili.

‹‹ Ti sei ripreso in fretta ››

Fece Eita, sorridendo e accarezzandogli piano la fronte.

‹‹ Comunque, lasciamo i fidanzatini da soli, Tsu muoviti a tornare a letto, altrimenti rimarrai con le stampelle per molto più tempo ››

Raccomandò lo stesso grigio, guardando divertito il minore che stringeva il braccio di Satori.
Poi, Tsutomu annuì sospirando e lo seguì fuori dalla porta, con Eita che rivolse un occhiolino all'amico rosso in viso sdraiato sul letto.

‹‹ Quel ragazzo imparerà molte cose, anche se devo dire che è già bravo.. ››

Satori iniziò così a parlare, rompendo il breve silenzio.

‹‹ Già ››

Il castano gli colse ancora una volta la mano, guardandolo negli occhi, come se stesse ammirando un quadro, ne era ammaliato.

E Satori? Se n'era accorto, e solo questo riusciva a sciogliergli il cuore, per l'ennesima volta.

‹‹ Wakatoshi... ››

‹‹ Mh? ››

Il minore si avvicinò, sfiorando i bendaggi delle dita con il pollice, mentre Satori scoccò un ultimo bacio sulle sue labbra.

‹‹ Dormiresti...con me anche oggi? ››

‹‹ Si, e te lo prometto, non ti lascerò mai più solo Satori, mai ››




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