« 𝗖𝗵𝗮𝗽𝘁𝗲𝗿 2
Non ci volle molto prima di arrivare a quella che fu, almeno all'apparenza, una semplice villa al cui interno si celava una vera e propria base nascosta.
Satori avrebbe giurato di stare per svenire, il suo povero cuore pulsava incessantemente e si sentiva così a disagio sotto gli occhi del padre di Wakatoshi che, appena entrati nella grande sala, aveva iniziato ad osservarlo dall'alto.
Era come se la gravità lo stesse appiattendo sempre più, quasi come venisse schiacciato da tutta quella tensione che era andata a crearsi insieme ad un nervoso silenzio.
Percepiva le goccioline di sudore accumularsi dietro alla nuca, trattenendo il respiro e cercando con occhi socchiusi lo sguardo del più alto o per lo meno un suo incerto sostegno morale, ma lui era immobile ed attaccato alla parete, probabilmente per non ostacolare il giudizio.
Dopo qualche minuto, che allo stesso esile ragazzo parevano secoli, l'adulto fece cenno al figlio di seguirlo fuori dalla sala, lasciando così Satori in piedi nel bel mezzo della stanza.
Se non stava per crollare dall'ansia prima, adesso stava davvero lottando contro le gambe ed il loro desiderio di diventare dei morbidi spaghi.
Non osava neppure smuovere un muscolo, tanto da volersi concentrare solamente sulla porta dietro alla quale erano spariti Wakatoshi ed il padre, non voleva nemmeno guardarsi in torno per capire dove, effettivamente, si trovasse.
Quando sentì la porta acricchiolare, e notare la figura seria del ragazzo castano rientrare ed avvicinarsi a lui, temette veramente il peggio, ma egli gli rivolse un pollice in su.
‹‹ Sei stato accettato ››
Senza accorgersene, le labbra del rosso iniziarono a tremare, e si ritrovò ad avvolgere il più alto in uno stretto abbraccio.
Percependo il piacevole calore che Wakatoshi riusciva ad infondergli, egli rilasciò un sospiro sollevato, staccandosi poi dal suo petto per guardarlo con iridi brillanti ed un grande ed acceso sorriso in volto.
‹‹ Grazie . . . grazie grazie grazie! ››
Esclamò quindi, trattenendosi dallo saltellare preso dall'emozione del momento.
Vedere Satori così felice, fece piegare impercettibilmente le labbra del castano in un piccolo sorriso, che scomparve non appena se ne accorse.
‹‹ Beh, devi ancora giurare fedeltà e devo farti il nostro tatuaggio, ma . . . come si dice, sei dentro ››
Colmo d'eccitazione, il rosso prese letteralmente a saltare, con quel grande sorriso che a momenti pareva potesse strappargli i poveri muscoli facciali da quanto ampio era diventato.
‹‹ Avrò un - Ho sempre desiderato un tatuaggio! ››
Gridò quasi, il che fece rimbombare la sua esclamazione per tutta la stanza, tappandosi di conseguenza le labbra ridacchiando.
Ma poi, la sua espressione mutò radicalmente, ed indietreggiò.
‹‹ Tendou, se stai avendo dei ripensamenti - ››
‹‹ No! ››
Gridò ancora, questa volta più deciso, tanto da spaventare quasi entrambi.
Dopo una breve pausa, egli abbassò lo sguardo, fissando le scarpe sgualcite.
‹‹ Solo, non immaginavo che mi avresti fatto un tatuaggio, ecco ››
Sussurrò quindi, tenendosi il lembo della maglietta con mano ferma.
‹‹ Se non ti fidi di me per il tatuaggio, non preoccuparti, l'ho già fatto un sacco di volte prima - ››
‹‹ Non è questo Wakatoshi ››
Lo interruppe il rosso, guardando poi il più alto che aspettava solamente un suo continuo.
‹‹ Solo mh . . . preparati ››
Prima che Wakatoshi potesse dire qualcosa, il ragazzo si tolse con cautela la morbida maglia a maniche lunghe, sedendosi poi girato di schiena su una sedia posta davanti al castano.
In quel momento, gli occhi di Wakatoshi si spalancarono mentre osservava il coetaneo.
La pallida e candida pelle di Satori era piena di cicatrici.
Alcune erano sottili e numerose, altre più grandi e disposte casualmente, altre ancora erano piccole e di forma circolare ed era sicuro che qualunque cosa le avesse causate, doveva essere doloroso e doveva essere accaduto più volte.
A casa mia, non va come dovrebbe andare
Satori sbirciò e voltando appena il capo dietro di sè, impallidì nel notare l'espressione di Wakatoshi.
A cosa stava pensando?
Le cicatrici.
Sicuro è disgustato.
Il respiro si fece ancora una volta pesante da sostenere, così come il battere del suo cuore.
Perchè non dovrebbe esserlo?
Chi mai vorrebbe avere a che fare con te?
Sei inutile!
Una mano andò ad appoggiarsi sulla sua schiena, riuscendo a riportarlo alla realtà e generare una risata imbarazzata quanto falsa.
‹‹ So che non sono molto belle Wakatoshi-kun, capisco se non vuoi farmi il tatuaggio ››
Questa volta, la sua voce riuscì ad uscire, nonostante il dolore di quel pesante macigno che premeva in gola.
‹‹ Tendou- ››
‹‹ Capisco se non vuoi che uno come me lavori per te, voglio dire, cavolo, è proprio spaventoso ››
‹‹ Tendou- ››
Il rosso si alzò di scatto dalla sedia, girandosi per poter raggiungere la porta dalla quale erano entrati quasi due ore prima.
‹‹ Posso andare, non voglio che tu debba- ››
‹‹ Tendou! Giù... ››
Satori squittì, preso dalla durezza e serietà di quella frase.
La mano appoggiata sulla schiena, adesso era scesa sui fianchi e gli occhi scarlatti scattarono su quelli di Wakatoshi.
‹‹ Stai seduto ››
E ritornò sulla sedia, giocherellando con le dita per calmarsi, quando un profondo silenzio scese indisturbato tra loro.
‹‹ É stato tuo zio? ››
Satori perse un battito, il suono del palpito riecheggiò nella stanza e girò il viso - quel tanto che bastava per potersi far vedere - annuendo.
Wakatoshi esalò un forte sospiro, mentre appoggiava il palmo della mano su un punto della schiena dell'altro.
‹‹ Lo faccio qui, va bene? ››
E ancora, Satori annuì, non si fidandosi della propria voce.
‹‹ Se fa male dimmelo ››
E dopo l'ultimo cenno del capo, il rosso si girò di nuovo, udendo il castano allestire il necessario.
Preparò l'inchiostro, i guanti e potè finalmente iniziare, buttando ogni tanto l'occhio sul viso dell'altro, volendo controllare il suo stato.
D'altra parte, il magro ragazzo non emise nessun suono, non fiatò nemmeno, quasi come stesse trattenendo il respiro e fosse abituato a tutto quel pizzichio.
Ed in un certo senso lo era eccome.
Quando il tatuaggio iniziò a prendere forma, Satori potè quasi ritenersi curioso e decise di voltare gli occhi per spiare l'operato di Wakatoshi.
Il simbolo era una maestosa aquila, con al di sotto uno stendardo e la scritta "forza irresistibile" al suo interno.
Una volta concluso il tutto ed il tatuaggio venne avvolto con delicatezza nella plastica protettiva, il maggiore si infilò la maglia mantenendo il capo chino.
Si vergognava e si sentiva vuoto, come se in qualche modo avesse deluso il ragazzo.
Fece quindi un inchino, girandosi per lasciare la stanza, quando Wakatoshi lo afferrò per il polso.
‹‹ Tendou ››
Disse allora, cercando di far incontrare ancora una volta i loro occhi invano, dato che quelli del ragazzo erano nuovamente fissi sul pavimento.
‹‹ Tendou, guardami ››
Cercando di lottare e non ascoltare le sue parole, Satori cedette alla tentazione ed incastonò le iridi vermiglie a quelle verde-oliva dell'altro.
Come se non potesse allontanarsi dalla sua presa, si lasciò cadere alla dolce tentazione di osservare quegli occhi sottili ed inflessibili.
Avrebbe potuto ammirarli per ore intere, come fossero una sorta di magnete.
‹‹ Non gli permetterò più di farti del male ››
Ancora una volta, le gambe di Satori parvero di gelatina, avrebbe tanto voluto svenire ed essere lasciato li a terra.
Ascoltava quella che sperava fosse vivamente una frase sincera, che ciò che aveva detto non fosse una stupida bugia e che tutto questo non fosse soltanto uno splendido sogno.
Avrebbe voluto darsi perfino un pizzicotto, ma riuscì a trattenersi.
‹‹ Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare tutto questo, ma ti prometto che da ora in poi, non dovrai più temerlo, ti proteggerò sempre ››
Tutta quella convinzione, data in oltre da uno sguardo per niente beffardo e scherzoso, colpì del tutto il fragile animo del rosso.
Poteva davvero crederci?
E che cavolo, ovvio che voleva crederci.
‹‹ Non ti faccio schifo? ››
Borbottò quindi egli, con un fil di voce.
‹‹ No, sei stato molto forte a sopportare tutto ciò da solo Tendou ››
Dichiarò Wakatoshi, come se fosse la cosa più ovvia che sia mai esistita, quando notò poi una nuova ondata di lacrime bagnare gli zigomi del ragazzo.
‹‹ Grazie Wakatoshi-kun ››
Disse infine Satori, con voce spezzata e arrotolando le maniche affinché potesse asciugare le lacrime da sé.
Era felice adesso, forse ancora un poco incerto, ma quel sentimento d'incertezza stava pian piano svanendo sempre di più.
Il più alto annuì, voltandosi per andarsene e si fermò alla porta facendo segno al rosso di seguirlo.
Prendendo profondi respiri e liberando la mente da quei cupi pensieri, lo seguì a ruota, per quei lunghi corridoi.
Si guardava in torno curiosamente, specialmente perchè alle pareti erano appesi numerosi quadri, che fossero ritratti o semplici opere d'arte, in un certo senso lo affascinavano.
Poi, Wakatoshi lo condusse nella propria stanza, la quale era accanto a quella che sarebbe poi andata al rosso, separata solo da un bagno.
A giudicare da quanto avevano camminato, Satori pensò che si dovessero trovare in un'ala della villa, ma era davvero grato della presenza dell'altro così vicino alla sua camera, anche perchè sarebbe stato un problema se fosse rimasto solo.
‹‹ Puoi prendere alcuni miei vestiti, dovrebbero andarti un po' larghi, ma per adesso andranno bene ››
Disse quindi il castano, porgendo al ragazzo un mucchio di vestiti per dormire.
Effettivamente, erano abbastanza larghi, ma non gli recava alcun fastidio, anzi, adorava dormire con abiti comodi.
‹‹ Grazie...uhm, intendo, per tutto questo ››
Disse Satori piano, prima di voltarsi per andare nella sua stanza per riuscire finalmente a dormire.
Dopo essersi cambiato ed infilato sotto le calde coperte, diede un occhiata veloce alla camera.
Era in perfetto stile Giapponese, con tutti gli elementi nipponici che componevano una vera stanza: porte scorrevoli, dei grandi dipinti di samurai, o forse i vecchi membri della famiglia, e delle maschere.
Una in particolare, che rappresentava un demone rosso con corna e zanne sporgenti catturò la sua attenzione e la osservò per qualche secondo, prima di crollare finalmente in un profondo sonno.
Mani.
Mani ovunque, su tutto il corpo.
Cercò di gridare ma quando schiuse le labbra non ne uscì alcun suono.
La sua voce era intrappolata nella sua gola e sembrava che centinaia di mani lo afferrassero e lo tirassero.
Fermati, per favore fermati!
Provò a supplicare ma ancora non riusciva a dire nulla.
"Dai, Satori, non ti piace come ci si sente?"
La voce dell'uomo raggiunse le sue orecchie e finalmente riuscì a gridare.
‹‹ Tendou . . . Tendou . . . Svegliati! ››
Percepì altre mani in quel momento, che lo scossero e si rialzò poi di scatto, scontrandosi contro qualcosa di solido.
Sentiva il viso completamente impregnato di sudore, il respiro pesante e i le mani strette a pugni che stringevano il comodo copriletto.
Gemette e riaprì gli occhi, accorgendosi che Wakatoshi fosse sopra di lui ed anche quest'ultimo di tenne la fronte.
‹‹ Stavi urlando nel sonno ››
Borbottò, notando i tentativi del rosso di ristabilizzare il proprio respiro ed il battito del cuore.
‹‹ Scusa . . . mi-mi dispiace ››
Mormorò in risposta il maggiore, guardando il ragazzo con occhi spalancati.
‹‹ Hai avuto un incubo? ››
Chiese quindi il castano, strofinandosi la fronte prima che le mani gli cadessero dal viso, ricevendo un semplice cenno di affermazione da parte dell'altro sotto di lui.
Ne seguì un profondo silenzio, disturbato solo dagli ampi respiri che il giovane compiva per riprendere il controllo della ragione.
‹‹ Allora torno nella mia stanza ››
Wakatoshi fece per voltarsi e andarsene, ma la mano di Satori scattò fuori da sotto le coperte, afferrando il suo polso come una morsa.
Prima di parlare però lo guardò, con lieve esitazione, in volto e socchiuse le labbra.
‹‹ Puoi . . . restare? ››
Chiese con voce tranquilla, o per lo meno tentando di apparire tranquillo, sperando davvero che la richiesta non venisse ignorata.
E per sua fortuna, Wakatoshi lo guardò per un momento prima di annuire.
Il rosso rilasciò un sospiro che non riuscì a trattenere.
Lasciò andare il polso del ragazzo e rigirò le coperte, spostandosi e lasciargli spazio per scivolare affianco a lui.
Per un momento rimasero a letto insieme, e Satori pensò che Wakatoshi si fosse riaddormentato.
‹‹ Vuoi parlare dell'incubo? ››
La voce di Wakatoshi squarciò improvvisamente il silenzio, come un'affilata lama.Egli esitò.
Penserà che sei disgustoso.
Se non ha pensato così alle cicatrici, lo farà per questo.
Ma ha detto che mi avrebbe protetto...
‹‹ Era . . . riguardava mio zio ››
Disse, allora, con voce ancora molto calma nell'oscurità.
Wakatoshi rimase in silenzio, in attesa che il maggiore si esprimesse.
‹‹ Le cicatrici sulla mia schiena . . . non sono nemmeno la parte peggiore ››
La gola di Satori sembrava si stesse chiudendo, si stava formando un nodulo che gli rendeva impossibile respirare.
Notandolo, il più alto si stese accanto a lui.
‹‹ Lui . . . mi faceva delle cose, ecco di cosa trattava l'incubo, le sue mani . . . che mi toccano ››
La voce di Satori sembrava così debole anche alle sue stesse orecchie.
Sentì il letto spostarsi quando Wakatoshi si girò e si sollevò sul gomito per guardarlo.
Nella stanza buia, il rosso riusciva appena a distinguere il contorno del suo viso e un riflesso di luce nei suoi occhi.
Il minore continuò a fissarlo e, sotto l'intensità del suo sguardo, Satori iniziò ad agitarsi.
‹‹ Lo odio così tanto. ››
Disse quindi, con la voce ancora rotta.
Le lacrime gli scorrevano lungo le guance ed iniziarono a bagnare il morbido cuscino.
Pianse piano finché non sentì una mano sulla spalla che lo tirava in un abbraccio.
Egli seppellì il viso nel collo di Wakatoshi, singhiozzando sempre più forte.
D'altra parte, il castano non disse nulla, avvolse semplicemente le sue braccia attorno al ragazzo che piangeva al suo petto.
Questo ragazzo a cui erano successe cose così terribili, eppure riusciva comunque a sorridere. Che non aveva esitato ad aiutare Wakatoshi con i suoi problemi quella sera mettendo da parte i propri.
Che non aveva esitato a riporre in lui la sua fiducia e a donargli la sua lealtà.
Quando non udì più nessun suono, abbassò gli occhi sulla figura dell'esile giovane, che in quel momento si era addormentato.
Pareva così calmo adesso.
Il viso contornato dalle calde lacrime si era rilassato e le labbra socchiuse e tremanti, avevano trovato un'apparente stato di quiete.
Lo tenne un po' più stretto, deciso a proteggere il ragazzo che piangeva tra le sue braccia.
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