Capitolo 3

La mensa dell’Accademia era un’enorme sala scavata nella pietra, con soffitti alti sorretti da archi gotici e lampadari di ossa intrecciate che diffondevano una luce spettrale. Le pareti, coperte di arazzi sfilacciati raffiguranti antichi duelli tra creature leggendarie, sembravano quasi respirare con la fiamma tremolante delle torce. L’odore di cibo speziato e ingredienti esotici aleggiava nell’aria, mescolandosi con l’occasionale soffio sulfureo di qualche studente dal respiro infuocato. 

Lunghi tavoli di legno annerito riempivano la sala, affollati di creature di ogni tipo: scheletri che sorseggiavano zuppe fumanti direttamente dalle cavità toraciche, ghoul che sgranocchiavano ossa con aria distratta, vampiri che versavano liquidi densi e scarlatti nei loro calici. Un gruppo di mummie discuteva sottovoce, avvolgendosi e svolgendosi le bende con gesti nervosi, mentre un unicorno dalla pelle opalescente lanciava uno sguardo annoiato alla sua insalata di erba e fieno. 

In un angolo della mensa, attorno a un tavolo vicino a una finestra dai vetri colorati, quattro figure erano immerse in una discussione che sembrava più vicina a un lamento collettivo che a un vero brainstorming. 

Lyra si lasciò cadere contro lo schienale della sedia, un’espressione esasperata sul volto. «D’accordo, ragazzi, mi arrendo. Evidentemente la nostra creatività è morta e sepolta. Qualcuno ha una pala per riesumarla?»

Sheerfox sbuffò, giocherellando con un pezzo di carne ancora fumante. «Potremmo sempre rubare un’idea a qualcuno. Magari un fantasma. Tanto loro non possono denunciarci».

Medes, appoggiata con disinvoltura al tavolo, sorrise con il solito sguardo enigmatico. «Troppo facile, tesoro. Voglio qualcosa che lasci tutti a bocca aperta. Un capolavoro. Qualcosa che li faccia tremare… o desiderare di essere nei nostri panni».

«Se solo sapessimo quali sono, i nostri panni», borbottò Mothanos, senza alzare lo sguardo dal bicchiere che faceva girare lentamente tra le dita. Non sembrava particolarmente coinvolto, ma chiunque lo conoscesse sapeva che, in realtà, era sempre attento. 

Lyra incrociò le braccia, guardando gli altri uno a uno. «Quindi, ricapitolando: vogliamo fare qualcosa di unico, grandioso, che lasci il segno… e non abbiamo la minima idea di cosa sia».

«Esattamente», confermò Mothanos, facendo roteare un coltello tra le dita con una grazia fin troppo casuale. 

Il silenzio cadde sul gruppo mentre attorno a loro l’Accademia continuava a brulicare di vita - e non-morte. Un gargoyle lanciò una risata roca, un licantropo fece schioccare le fauci mentre azzannava la sua bistecca sanguinolenta, e nell’ombra di un angolo buio, un paio di occhi luminescenti scrutavano la sala con curiosità felina. 

Medes sospirò, osservando il riflesso della luce lunare sui suoi artigli perfettamente curati. «Forse il problema è che stiamo cercando nel posto sbagliato».

Mothanos sollevò lo sguardo, finalmente interessato. «Che vuoi dire?»

Medes sorrise, sfiorandosi le labbra con un dito. «Che forse la risposta non è qui dentro, ma là fuori».

Lyra inarcò un sopracciglio. «Oh, che meraviglia. Aggiungiamo anche un tocco di mistero alla nostra disperazione».

Sheerfox si appoggiò al tavolo, gli occhi brillanti di un entusiasmo misto a inquietudine. «Ma non è una cattiva idea».

Per un attimo, il tavolo rimase in silenzio. Poi, lentamente, un’idea cominciò a prendere forma. E anche se ancora non lo sapevano, il loro progetto era appena nato.

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La biblioteca dell’Accademia non era un semplice luogo di studio, ma un dedalo oscuro e infinito di sapere proibito. Si estendeva per livelli sovrapposti, con balconate traballanti di legno antico, scalinate a chiocciola scolpite nella pietra e passerelle sospese che sembravano reggersi su pura volontà magica. L’aria era perennemente impregnata di incenso e pergamena in decomposizione, con l’occasionale scintilla di energia arcana che danzava tra le pagine dei volumi più irrequieti. 

Le pareti erano coperte da scaffali altissimi, così antichi che alcuni sembravano fusi nella pietra stessa del castello. Alcuni libri si muovevano da soli, scivolando lentamente sugli scaffali o sussurrando segreti a chiunque si avvicinasse troppo. C’erano intere sezioni sigillate da incantesimi, mentre altre sembravano cambiare posizione da un giorno all’altro, rendendo quasi impossibile ritrovare un volume nello stesso posto due volte. 

Lyra, prima dell'ora di cena, si aggirava tra le file di scaffali, facendo scorrere un dito sulle etichette ingiallite. Stava cercando un libro per il corso di Tecnologia Occulta e Artefatti Maledetti, ma dopo mezz’ora di ricerche infruttuose stava già perdendo la pazienza. Possibile che fosse così difficile trovare qualcosa di utile in una biblioteca piena di magia?

Proprio mentre stava per arrendersi e cercare un bibliotecario -una creatura spettrale che fluttuava tra gli scaffali, solitamente più interessata a guardarti con occhi vuoti che ad aiutarti- il suo sguardo fu attirato da qualcosa. 

Un angolo oscuro, in alto, quasi nascosto tra due grandi scaffali di marmo nero. 

Non era solo l’altezza a renderlo particolare, ma il fatto che quei libri fossero sigillati. Un pesante lucchetto di ossidiana chiudeva una grata metallica, impedendo l’accesso ai volumi contenuti all’interno. 

Lyra raggiunse fluttuando il punto interessato con facilità e strinse gli occhi, cercando di leggere i titoli dietro il metallo annerito dal tempo. La maggior parte erano coperti di polvere e impossibili da decifrare… tranne uno. 

Uno solo, perfettamente visibile, come se aspettasse di essere trovato.

«Sopravvivenza in Dimensioni Proibite – Studio delle regole per viaggiare e sopravvivere in altre realtà».

Lyra inclinò la testa. Dimensioni proibite? Viaggi tra realtà? Non aveva mai sentito parlare di niente del genere nei corsi dell’Accademia. Eppure… qualcosa nel titolo la affascinava in un modo strano, quasi inquietante. 

Sarebbe stato perfetto per il loro progetto.

Il problema? Era sigillato. 

Lyra tornò in camerata con il passo veloce e l’espressione accesa dall’eccitazione. Non vedeva l’ora di raccontare ai ragazzi ciò che aveva scoperto.

Aveva provato a chiedere il libro al bibliotecario, ma la reazione era stata tutt’altro che amichevole. La creatura spettrale l’aveva fissata con i suoi occhi vuoti e, senza nemmeno lasciarle finire la frase, aveva pronunciato un secco: «Accesso negato».

Lyra aveva insistito, spiegando che si trattava di una ricerca accademica, ma il bibliotecario si era irrigidito, il suo corpo trasparente vibrava come se fosse attraversato da scariche di energia. Poi, con un tono tanto gelido quanto definitivo, aveva aggiunto: «Quel libro non deve essere aperto. Mai».

A quel punto, Lyra aveva capito che non c’era modo di ottenerlo con le buone. E aveva anche capito che il bibliotecario era pronto a cacciarla via se avesse insistito ancora.

Appena entrata in camera, trovò gli altri adagiati in giro in posizioni rilassate: Medes era sul letto, intenta ad accarezzare la testa delle sue code che sembravano quasi sul punto di fare le fusa, Sheerfox era accovacciato su una delle sedie, le code che dondolavano pigre, mentre Mothanos stava nel suo angolo preferito, con l’aria di chi non ha voglia di parlare con nessuno.

«Ho trovato il soggetto perfetto per il nostro progetto», annunciò Lyra, esagerando un po’ per creare suspense.

Medes alzò un sopracciglio. «Oh? E sarebbe?»

Lyra si appoggiò al letto, piegandosi leggermente in avanti. «Un libro. Sigillato. Bloccato con un lucchetto di ossidiana. Si chiama Sopravvivenza in Dimensioni Proibite».

Mothanos alzò leggermente lo sguardo, segno che l’aveva incuriosito. Sheerfox invece si raddrizzò, le orecchie tese. «Dimensioni proibite? Suona rischioso».

«Ecco perché è perfetto!», esclamò Lyra. «Pensa a cosa potremmo scoprire! Nessuno sembra sapere nulla su questi viaggi dimensionali, e il fatto che il libro sia sotto chiave lo rende ancora più interessante».

Medes sorrise con aria divertita. «Quindi suppongo che tu l’abbia già ottenuto, vero?»

Lyra si afflosciò un po’. «Non proprio. Il bibliotecario quasi mi ha buttata fuori quando ho chiesto di prenderlo».

Ci fu un momento di silenzio, poi una voce calma e bassa ruppe l’atmosfera.

«Ci vado io».

Tutti si girarono verso Mothanos, che aveva parlato senza alzare troppo il tono.

Lyra lo fissò, sorpresa. «Sul serio?»

Lui si strinse nelle spalle. «Se è sigillato così bene, deve esserci un motivo. E questo lo rende ancora più interessante. Inoltre, io me la cavo meglio con queste cose».

Sheerfox lo osservò con un misto di ammirazione e scetticismo. «Dici di volerlo rubare? Perché sembra proprio un furto bello e buono».

«Lo sto prendendo in prestito», corresse Mothanos con un sorrisetto appena accennato.

Medes ridacchiò. «D’accordo, supponiamo che tu ci riesca. Come pensi di sgattaiolare fuori dalla camera durante l’ora proibita senza farti beccare?»

Gli occhi di Mothanos si spostarono lentamente su di loro. «Ecco dove entrate in gioco voi».

Lyra incrociò le braccia, un sorriso complice che le incurvava le labbra. «Oh, adoro già questa follia».

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La notte era scesa sul castello dell’Accademia, avvolgendolo in un silenzio pesante e carico di segreti. Il vento ululava tra le guglie, mentre la barriera magica che circondava i dormitori brillava di un bagliore spettrale, pulsando a intervalli regolari. Era un muro quasi invisibile, ma impenetrabile, progettato per tenere gli studenti al sicuro… e soprattutto dentro le camerate. 

Ma Lyra, Medes, Mothanos e Sheerfox avevano altri piani. 

Lyra fluttuava a mezz’aria sopra il pavimento, giocherellando con una piccola stella che si era materializzata sotto di lei. Medes sedeva con la schiena contro il muro, le gambe accavallate, osservando la scena con il suo solito sguardo intrigante. Sheerfox, invece, camminava avanti e indietro, le code bianche che si muovevano nervosamente. 

Mothanos, immobile e silenzioso, attendeva. Era lui il prescelto per la missione.

«Va bene», sbottò Sheerfox, incrociando le braccia. «Io ve lo chiedo di nuovo: come accidenti pensate di far passare Mothanos attraverso quella barriera?» 

Lyra si appoggiò alla nuvola con un sorriso ironico. «Pensavamo che fossi tu il genio delle scappatoie».

Sheerfox la fulminò con lo sguardo. «Oh certo, come no. Posso essere il più furbo di tutti, ma quella cosa è progettata per impedire a chiunque di uscire. E, nel caso non lo ricordiate, ci siamo dentro anche noi».

Medes tamburellò le dita sul ginocchio, pensierosa. «Forse non dobbiamo attraversarla… forse possiamo ingannarla».

Mothanos sollevò lo sguardo. «Spiegati».

Medes si accarezzò il mento. «Le barriere reagiscono alla presenza magica degli studenti. Se Sheerfox riuscisse a ridurre la sua temperatura abbastanza da simulare un’assenza di vita, la barriera potrebbe confondersi e bloccarsi, anche solo per pochi secondi».

Sheerfox aggrottò le sopracciglia. «E se invece si accorge del trucco e mi fulmina?»

Lyra si girò verso di lui con un sorriso sarcastico. «Allora sarà stato un piacere conoscerti».

Sheerfox la fulminò con lo sguardo, ma dopo un attimo sospirò e si mise vicino alla barriera. Chiuse gli occhi, concentrandosi.

La temperatura nella stanza cominciò a calare. All’inizio fu impercettibile, poi il freddo divenne più intenso, tanto che il respiro dei ragazzi si trasformarono in piccole nuvolette di vapore. Il pavimento iniziò a ricoprirsi di una patina di brina sottile, ma la barriera rimase intatta. 

Sheerfox strinse i denti, le mani tremavano per lo sforzo. Forse non bastava.

Improvvisamente, il gelo esplose dal suo corpo con una nuova intensità, la sua pelliccia bianca brillò per un istante, e un’onda di freddo si diffuse nella stanza. La barriera vacillò.

Per un attimo, le rune magiche che la alimentavano si spensero. 

Medes si illuminò. «Ora! Vai, Mothanos!» 

Non se lo fece ripetere due volte. «Si trasformò in una falena nera e attraversò la barriera prima che si riattivasse con un bagliore violaceo».

Sheerfox si accasciò a terra, ansimando. «Se dovessi farlo di nuovo… probabilmente mi ibernerei da solo».

Lyra gli lanciò un’occhiata divertita. «Saresti una bellissima statua di ghiaccio».

Sheerfox sbuffò, mentre Medes scuoteva la testa con un sorriso compiaciuto. 

Ora, tutto era nelle mani di Mothanos. 

Volò rapido attraverso i corridoi silenziosi, un’ombra indistinta nella penombra delle fiaccole. Le guardie notturne si muovevano con lentezza, i loro passi rimbombavano sulle pietre.

Quando arrivò davanti al grande portone chiuso della biblioteca, guardò con cura attraverso la serratura. Chiusa a chiave.

Ma non era un problema.

Si infilò attraverso una minuscola fessura tra le assi, riemergendo dall’altra parte. 

La biblioteca sembrava ancora più immensa di notte, un mare di scaffali che si perdevano nel buio. L’aria era intrisa dell’odore di pergamena antica e magia dimenticata. Il silenzio era assoluto. 

Mothanos si mosse con passo felpato fino all’angolo proibito.

Eccolo.

Lo scaffale più alto, dove i libri erano custoditi dietro un vetro rinforzato e sigillato con un lucchetto d’ossidiana. 

E dietro il vetro, il libro che cercavano.

Mothanos sentì un brivido. Quel libro… sembrava vivo.

Ora doveva solo prenderlo… e uscire da lì senza essere scoperto.

Il suo respiro era leggero e il battito delle ali quasi impercettibile, mentre fissava il lucchetto di pietra che chiudeva la teca contenente il libro proibito.

Si avvicinò, con attenzione. Rimase sospeso un attimo, osservando il meccanismo intricatamente intagliato nella pietra, con gli occhi aguzzi di falena che scrutavano ogni piccolo dettaglio.

Un altro passo avanti. Si concentrò e, con una fatica immane, rischiando quasi di ferirsi un'ala, Mothanos si fece strada attraverso la fessura, un'ombra che sfrecciava tra gli ingranaggi e le levette del lucchetto. A quel punto, non c’era nulla che non potesse manipolare, nemmeno il più piccolo dei meccanismi. Navigò nel sistema di leve e perni, e cominciò a spingere delicatamente in direzioni precise.

Il suono del clic del meccanismo che si sbloccava fu quasi impercettibile, ma Mothanos lo percepì chiaramente. Il lucchetto cedette, e la teca si aprì. Il libro proibito, finalmente a portata di mano. Ma proprio in quel momento, il suo orecchio percepì un rumore. Piccoli passi, appena udibili.

Una guardia.

Era troppo tardi per fermarsi. Mothanos si bloccò, il cuore che gli martellava nel petto. Cercò di non fare un movimento, rimanendo immobile come una piccola ombra tra i libri, senza fare rumore. La guardia si stava avvicinando, lentamente. Aveva sentito qualcosa. Mothanos trattenne il fiato, spingendosi ulteriormente nell'angolo più nascosto, cercando di non farsi scoprire.

I passi della guardia si avvicinarono sempre più. Mothanos sentì il rumore della porta che scricchiolava quando veniva aperta. La guardia era entrata nella biblioteca. Con gli occhi aguzzi, Mothanos la vide muoversi nella stanza, ispezionando l’aria, apparentemente ignara della sua presenza. Il suo cuore accelerò. La guardia si fermò a metà stanza, come se avesse avvertito qualcosa, ma poi, con un sospirato cenno di disinteresse, si voltò, cominciando a camminare nella direzione opposta, distratta da altre preoccupazioni.

Era il momento giusto.

Mothanos approfittò della distrazione.

In un battito d'ali, il piccolo corpo di falena si mosse rapido, silenzioso come un fantasma, e si sollevò fino a sfuggire dalla teca. Volò verso la porta appena socchiusa, spingendosi tra le ombre, oltrepassando il corridoio senza fare il minimo rumore. La guardia, lontana, non si accorse di nulla.

Mothanos, con il libro stretto tra le sue zampette, si lasciò scivolare fuori dalla biblioteca, sfruttando l’opportunità che la guardia gli aveva offerto. Arrivato al corridoio, ridivenne rapidamente come prima, il cuore ancora in gola per la tensione appena scampata. Con un sorriso furtivo, tornò verso le stanze, sicuro che quella notte nessuno avrebbe osato fermarlo.

Mothanos si trovava ora davanti alla porta della camerata, le mani sudate e i nervi tesi. La missione era andata a buon fine, ma ora restava l'ostacolo finale: rientrare prima che qualcuno si accorgesse che non era più lì.

«Dobbiamo fare in fretta», mormorò tra sé, alzando lo sguardo verso il punto in cui avrebbe dovuto passare.

Dall'altra parte della barriera, i suoi compagni erano pronti. Non c'era bisogno di parole esplicite, il piano era chiaro. In silenzio, ma con precisione, Sheerfox stava già agendo, cercando di indebolire la barriera come aveva fatto prima.

Accovacciato vicino alla barriera, tratteneva il respiro. Il suo potere di freddo si concentrò in una sorta di onda che serpeggiò nell'aria, creando un'istantanea distorsione. La barriera vacillò. Non era perfetto, ma era sufficiente.

«Ci sei quasi», mormorò Medes, una vibrazione di concentrazione nella sua voce. Non c’era spazio per errori. Non ancora.

Un altro piccolo tremito e la barriera finalmente si aprì, una fessura che sembrò strizzarsi per permettere il passaggio. Mothanos non aspettò altro. Senza pensarci, si gettò all'interno della fessura, il corpo che sfiorava appena l’aria e il freddo che si allentava attorno a lui.

Con un respiro trattenuto, si trovò al sicuro dall'altra parte della porta. Non un suono, non un movimento. La barriera si richiuse istantaneamente, ma il pericolo era stato evitato. Riuscì a girare la maniglia della porta della camerata e ad entrarvi senza fare rumore.

Dentro, il silenzio era carico di tensione. I suoi compagni erano già lì, ad aspettarlo, con gli occhi pieni di attenzione. Lyra lo guardò, un piccolo sorriso complice sulle labbra, mentre Medes annuiva con un’espressione di approvazione.

«Ce l'hai fatta», disse Sheerfox a bassa voce, ma il tono non tradiva alcuna lode. Era più che altro un'affermazione sorpresa.

Mothanos si tolse una goccia di sudore dalla fronte, cercando di riprendere fiato. Il libro, che ora teneva tra le mani, sembrava quasi più pesante ora che la tensione era calata.

«Siamo pronti per il prossimo passo», sussurrò Medes, gli occhi lucidi di un'insaziabile curiosità.

La missione non era ancora finita, ma quel piccolo trionfo li avvicinava alla realizzazione di qualcosa di più grande.

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