Capitolo 1

L’aria del mattino era carica di elettricità e tensione. Una nebbiolina sottile serpeggiava tra gli alberi contorti della Foresta Oscura, lambendo il sentiero che conduceva all’imponente Nightmare Academy, la più prestigiosa scuola di magia per creature mostruose. Davanti al cancello forgiato in ossidiana e incastonato con rune pulsanti di luce viola, centinaia di studenti si accalcavano, in attesa che i portali si spalancassero e che il loro destino venisse svelato.

C’erano troll dalle zanne affilate, goblin dai nasi adunchi, licantropi dal pelo irsuto e persino un paio di giovani banshee, il cui sussurro eccitato risuonava come un vento lontano. Alcuni studenti scalpitavano con gli artigli contro la terra umida, altri agitavano le code o ronzavano impazienti, come il piccolo sciame di fate oscure che vorticava sopra le teste dei più alti.

Proprio al centro della cancellata si trovavano i Tabelloni della Rivelazione, enormi lastre di cristallo magico che tremolavano con una luce arcana. Ogni pochi secondi, i nomi di coloro che erano stati ammessi all’Accademia comparivano, incisi in rune d’argento.

Un giovane ghoul, dalla pelle grigiastra e gli occhi incavati, si issò sulle spalle di un minotauro per leggere meglio. «Il mio nome! Dov’è il mio nome?», ansimò mentre le sue dita scheletriche sfioravano le rune in cerca di conferma.

Un gruppetto di zombie delle paludi, con gli occhi strabici e spenti, si affollò davanti a un altro tabellone, i loro occhi colmi di speranza e paura. «Lo vedete? Il mio è lì?», domandò una, agitando nervosamente le braccia mosce. 

Tra la folla in fermento, un’ombra alta e snella si muoveva con una calma innaturale. I suoi lunghi capelli lilla ondeggiavano nell’aria come se danzassero a un ritmo sconosciuto, sfidando la gravità con un’eleganza silenziosa. Attorno a lei, l’aria sembrava vibrare leggermente, e piccole stelline luminose scintillavano nel vuoto ogni volta che il suo passo si trasformava in un lieve fluttuare.

Si fermò davanti a uno dei Tabelloni della Rivelazione, incrociando le braccia mentre osservava i nomi scorrere con espressione impassibile.

«Il mio nome sarà apparso? O sono stata spazzata via dall’universo come un errore di trascrizione?», mormorò con un tono esageratamente drammatico, sollevando un sopracciglio. 

Si avvicinò al cristallo, socchiudendo gli occhi dietro le lunghe ciglia scure, e lasciò che lo sguardo scorresse sui nomi. 

E poi lo vide. 

Lyra Alioth - AMMESSA

Un lieve sorriso le incurvò le labbra. Una scia di piccole stelle luminescenti si disperse nell’aria, segno che nonostante volesse nasconderlo, la ragazza era molto felice. 

Lyra si fece strada tra la folla di studenti ancora stipati davanti ai tabelloni magici, alcuni esultanti, altri abbattuti. Il brusio di voci e risate riempiva l’aria, ma fu un’altra sensazione a catturare la sua attenzione. 

Un brivido. Un freddo improvviso. 

Si fermò, stringendosi le braccia. Non era la brezza del mattino, né un incantesimo disperso nell’aria. Era qualcosa di diverso.

Si voltò di scatto e lo vide. 

Un ragazzo dai tratti delicati e affascinanti, quasi scolpito nella luce del mattino. La pelle bianca come neve, i capelli argentei e leggeri che ondeggiavano appena. Ma ciò che colpì Lyra più di tutto furono i suoi occhi azzurri, profondi e sfuggenti, che brillavano come ghiaccio sotto il sole. 

E quel freddo... veniva da lui.

Il ragazzo sembrava tremare leggermente, ma non di paura. Era eccitazione.

D’un tratto, la sua espressione esplose in pura gioia. «Sono dentro!», esclamò, il suo sorriso ampio e sincero, quasi incredulo. 

Lyra sbatté le palpebre, osservando le sue nove code muoversi senza controllo dietro di lui, come se nemmeno riuscisse a contenerle dall’agitazione. 

«Tutto… okay?», chiese lei, ancora confusa dal freddo che lo circondava. 

La volpe rise, una risata limpida e leggera. «Non riesco a fermarlo. Quando mi emoziono troppo… beh, diciamo che divento un piccolo frigorifero vivente». 

Lyra inarcò un sopracciglio. «Interessante. Quindi se ti lancio in un deserto puoi risolvere il problema del caldo?»

Lui ridacchiò e le lanciò uno sguardo furbo. «Se mi porti con te, magari», le disse prima di allungarle la mano con un'eleganza inebriante. «Sono Sheerfox», si presentò.

Lyra gli strinse con decisione la mano, percependo subito il gelido che gli ricopriva la pelle bianca candida. «Lyra», si presentò lei di conseguenza prima di incrociare le braccia, un accenno di sorriso sulle labbra. «Sei strano».

«E tu fluttui e lasci stelline in giro. Siamo pari».

Lyra scosse la testa, ma la sua luce blu tremolò per un istante. Sheerfox era... stranamente simpatico.

E mentre lui si godeva il momento, le sue code lo avvolsero in un abbraccio morbido, come se nemmeno loro riuscissero a contenere la sua felicità. 

Un silenzio improvviso calò sulla folla quando i cancelli della Nightmare Academy iniziarono a muoversi. Le enormi porte di ferro nero, incise con rune antiche, scricchiolarono mentre si aprivano lentamente, lasciando filtrare un’aria densa di magia. 

Gli studenti trattennero il fiato. 

Dietro i cancelli, il viale lastricato di pietra scura si snodava tra torri alte e maestose, che sembravano respirare con la stessa energia arcana che permeava l’aria. L’Accademia si stagliava contro il cielo, un’imponente struttura gotica intrecciata di archi, guglie e vetrate incantate che riflettevano bagliori di colori impossibili. 

E proprio davanti al portone principale, ad attenderli, c’era Anubia Dreadpind, la preside. 

La sua figura torreggiante trasmetteva un’autorità incontestabile. Alta e slanciata, il suo manto scuro sembrava fondersi con l’ombra ai suoi piedi, mentre i suoi occhi dorati osservavano gli studenti con uno sguardo penetrante. I suoi capelli corvini, raccolti in una lunga treccia intrecciata con fili d’oro, brillavano alla luce del giorno. La sua pelle, di un pallore inquietante, sembrava quasi scolpita nel marmo, e la sua voce, quando parlò, risuonò chiara e potente, senza bisogno di alcun incantesimo per farsi udire da tutti. 

«Benvenuti alla Nightmare Academy» 

Un fremito attraversò gli studenti. 

«Questa Accademia non è un semplice luogo di apprendimento. Qui non sarete solo allievi, ma predatori e prede della conoscenza stessa. Ciò che imparerete dentro queste mura sarà la differenza tra l’essere dominati dalla magia… o dominarla».

Lyra sentì un brivido lungo la schiena. C’era qualcosa in quella voce che rendeva il tutto ancora più reale.

Sheerfox, accanto a lei, sembrava ancora raggiante per l’emozione, le sue nove code si muovevano senza sosta, ma la sua espressione si fece più seria mentre ascoltava. 

La preside fece una pausa, poi continuò: «Ora dirigetevi alla segreteria. Lì vi verranno assegnate le vostre camerate. Siate pronti. Il primo giorno segna l’inizio della vostra trasformazione».

Con un gesto della mano, le porte dell’Accademia si spalancarono, lasciando che un vento caldo di magia invadesse il cortile. 

Gli studenti iniziarono a muoversi, alcuni in silenzio, altri scambiandosi occhiate cariche di aspettative. Dopo pochi minuti, dopo aver raggiunto la segreteria, ai due ragazzi venne subito consegnata a loro le chiavi della loro camerata.

«Siamo dentro», mormorò Lyra, mentre varcava la soglia. 

«Sì, e ironia della sorte abbiamo la stessa camera», rispose Sheerfox con un sorrisetto. 

Lyra lo guardò, alzando un sopracciglio. «Spero per te che tu non russi».

Sheerfox rise piano. «Io? No. Al massimo mi agito nel sonno. Nove code, sai com’è…».

Lyra sospirò, nascondendo un sorriso mentre avanzava.

Varcare la soglia dell’Accademia significava entrare in un mondo a sé stante.

Le pareti delle immense sale erano fatte di pietra nera e liscia, incise con rune che brillavano debolmente a ogni passo degli studenti. Il soffitto sembrava non avere fine, dissolvendosi in un cielo stellato che mutava colore in base all’ora del giorno. Colonne scolpite con figure di creature ancestrali si innalzavano maestose, alcune sembravano osservare con sguardi viventi, altre sussurravano parole in lingue dimenticate. 

Le torce lungo i corridoi non emettevano fuoco normale, ma fiamme eteree che fluttuavano nell’aria, sfiorando i muri senza bruciarli. 

Lyra camminava accanto a Sheerfox, il quale sembrava estasiato dalla bellezza inquietante dell’Accademia. 

«Questo posto è assurdo», mormorò lui osservando un ritratto incantato di un antico preside che lo fissava con aria severa. 

Lyra annuì, il suo sguardo si soffermò su una statua di un’enorme bestia dalle ali spezzate. Sembrava quasi… respirare. 

«E anche parecchio inquietante».

Dopo aver attraversato l’atrio principale e imboccato una delle scalinate a spirale, finalmente giunsero nel corridoio delle camere. Il pavimento era coperto da un tappeto scuro con intarsi dorati che brillavano a ogni passo, come se la magia stessa scorresse sotto di esso. 

Lyra scorse il numero della loro stanza: 325.

«Eccoci», disse, aprendo la porta.

L’interno della stanza era spazioso, con quattro letti a baldacchino e ampie finestre gotiche che davano su un paesaggio spettrale, dove boschi avvolti nella nebbia si estendevano fino all’orizzonte. C’erano scaffali pieni di libri fluttuanti, armadi che sembravano sussurrare tra loro, e un grosso lampadario fatto di ossa incantate che brillavano di una luce soffusa. 

Ma ciò che attirò subito l’attenzione di Lyra e Sheerfox fu la figura già presente nella stanza. 

Seduta su uno dei letti, con una grazia quasi innaturale, c'era già una ragazza. 

Alta, snella, con un’aura sovrannaturale che la faceva sembrare una creatura appartenente a un’altra dimensione. I suoi lunghi capelli platino cadevano come seta sulle spalle, incorniciando il viso pallido e spettrale. Gli occhi rossi luminosi, privi di pupille, si posarono su di loro con un’intensità ipnotica. 

Ma fu il movimento alle sue spalle a far rabbrividire Lyra. 

Due enormi code-artiglio, nere con venature rosse incandescenti, si mossero leggermente, come se avessero percepito la loro presenza. Non erano semplici appendici, erano esseri viventi, predatori indipendenti. 

La ragazza sorrise, le sue labbra rosso sangue si incurvarono con un misto di malizia e fascino. «Oh? Siete voi i miei nuovi coinquilini?», la sua voce era vellutata, calma, ma con un sottotono che faceva venire i brividi. 

Lyra sbatté le palpebre, incantata. «Wow. Tu… sembri uscita da un antico poema sulla fine del mondo».

L'altra ridacchiò, inclinando leggermente la testa. «È un complimento?» 

Sheerfox sospirò, appoggiandosi sul letto. «Lo è. A modo suo».

La ragazza misteriosa li osservò per un lungo istante, poi le sue code si mossero, avvicinandosi appena, scrutandoli.

«Vedremo se sarete interessanti», disse infine, con un sorriso enigmatico. 

Lyra si scambiò un’occhiata con Sheerfox. 

La convivenza si preannunciava... interessante.

Lyra si lasciò cadere su uno dei letti, osservando la camera con un misto di curiosità e diffidenza. Sheerfox, invece, sembrava completamente a suo agio: si buttò su un materasso con le braccia dietro la testa, le sue nove code si muovevano pigramente nell’aria come se stessero tastando il terreno per lui. 

La ragazza misteriosa - che fino a quel momento era rimasta in silenzio - si passò una mano tra i capelli platino, lanciando uno sguardo valutativo ai due nuovi coinquilini. 

«Allora?», disse con voce vellutata. «Visto che dovremo convivere, sarebbe carino sapere con chi ho a che fare».

Lyra si tirò su a sedere, incrociando le braccia. «Lyra Alioth. Fluttuo, illumino le stanze e a volte esplodo», disse con tono sarcastico.

Sheerfox rise piano. «Sheerfox, kitsune delle nevi. Rilascio ondate di freddo incontrollato quando sono emozionato, e ho problemi di gestione delle code».

L’altra ragazza sorrise con un accenno di divertimento. «Mi chiamo Medes. Non vi dirò cos’ho di speciale, preferisco che lo scopriate da soli».

Le sue code-artiglio si mossero leggermente, quasi a sottolineare le sue parole. Lyra non poté fare a meno di notare come sembrassero avere una volontà propria, strisciando sul pavimento come serpenti in attesa di un ordine. 

«Cringe, ma interessante», commentò la ragazza con un sorrisetto. 

Medes inarcò un sopracciglio, ma non rispose. 

Dopo un paio di minuti di chiacchiere, i tre si resero conto di un dettaglio piuttosto fastidioso. 

«Aspettate un attimo», disse Sheerfox, guardandosi attorno. «Dove sono i nostri bagagli?» 

Lyra sbuffò. «Già, avrei dovuto avere un baule pieno di libri, incantesimi e qualche vestito decente. Invece niente».

Medes sembrava più infastidita che preoccupata. «Tipico. Probabilmente gli inservienti dell’Accademia sono troppo incompetenti per portarli su in tempo».

Mentre parlavano, la porta della loro stanza si aprì di scatto con un cigolio basso e inquietante. 

Nel vano della porta si stagliava una figura alta e slanciata, immersa in un’ombra che sembrava quasi palpabile. La luce delle torce eteree illuminò i suoi occhi rossi, brillanti come fari nella notte. Lunghi capelli neri, leggermente scalati, incorniciavano il suo viso pallido e dai lineamenti sorprendentemente delicati. Aveva un’aria di perenne stanchezza, accentuata dalle occhiaie rosee sotto gli occhi, e il suo sguardo era serio, quasi annoiato. 

Le sue mani - affusolate, ma con artigli lunghi e letali - reggevano un paio di pesanti bauli, che lasciò cadere con un tonfo secco nel mezzo della stanza. 

«Finalmente!», sbottò Lyra. «Era ora che qualcuno ci portasse la nostra roba».

Medes si voltò con fare altezzoso, scrutando il nuovo arrivato. «Ci hai messo un bel po’. Eri troppo impegnato a perdere tempo?» 

Sheerfox, nel frattempo, si stiracchiò pigramente. «Se c’è altro, puoi lasciarlo fuori dalla porta, facchino».

Un silenzio gelido calò nella stanza. 

Il ragazzo sollevò lentamente lo sguardo su di loro, senza cambiare espressione. Poi si passò una mano tra i capelli con un gesto annoiato e parlò con voce bassa e priva di emozione: 

«Facchino?» 

Il modo in cui pronunciò quella parola fece venire i brividi a Lyra. 

Medes fu la prima a capire l’errore. «Aspetta un attim-» 

«Tsk».

Il nuovo coinquilino lasciò cadere un altro baule con un tonfo che fece vibrare il pavimento. Poi fece un passo avanti, rivelando meglio la sua figura: era altissimo, ma la sua corporatura esile gli dava un’aria quasi ingannevolmente fragile. Tuttavia, quando si mosse, le ombre attorno a lui sembrarono tremolare leggermente, e in quel momento Lyra si accorse delle ali. 

Ali enormi, scure, venate di riflessi argentei. 

Non un facchino. 

Un coinquilino. 

Sheerfox si schiarì la voce, grattandosi la nuca. «Okay, uh… forse abbiamo fatto un piccolo errore di valutazione».

L'altro inclinò leggermente la testa, le sue pupille rosse sottili come fessure. «Un errore?» 

Lyra decise di salvare la situazione. «Niente di personale! Pensavamo solo che fossi… beh, qualcuno che portava i bagagli».

«Mmh».

Il nuovo mostro li squadrò per un altro lungo istante, poi scrollò le spalle con indifferenza e si diresse verso un angolo della stanza. Si sedette sul letto più vicino alla finestra, appoggiandosi contro la testiera con un’aria completamente distaccata. 

Medes fu la prima a rompere il silenzio. «...Okay, lo ammetto, almeno sei entrato con stile».

Lui non rispose. Chiuse gli occhi, come se fosse già stanco di loro. 

Sheerfox si voltò verso Lyra e sussurrò: «Questo tizio mi inquieta.» 

Lyra lo osservò per un momento, incrociando le braccia. «Secondo me potrebbe ammazzarci tutti nel sonno.» 

«Molto probabile,» concordò Medes con un sorrisetto. 

L'interessato aprì un occhio. «Se non smettete di bisbigliare come idioti, vi faccio vedere cosa significa davvero inquietante».

I tre tacquero immediatamente. 

Un silenzio carico di tensione riempì la stanza mentre il nuovo coinquilino rimaneva appoggiato contro la testiera del letto, le braccia incrociate e lo sguardo annoiato. 

Lyra, Sheerfox e Medes si scambiarono occhiate furtive, incerti su come procedere. 

Alla fine, fu Sheerfox a rompere il ghiaccio. «Okay, okay. Suppongo che, visto che dovremo convivere, sia il caso di fare le cose per bene.» Si schiarì la voce e si voltò verso il ragazzo con un sorriso incerto. «Piacere, io sono Sheerfox. Quella che fluttua e lascia scie luminose è Lyra, e quella con le code mortali è Medes.» 

Lyra sbuffò. «Parli come se io non fossi qui.» 

Medes si limitò a sorridere in modo enigmatico. 

Sheerfox ignorò entrambe e si rivolse di nuovo al ragazzo misterioso. «E tu, misterioso coinquilino dall’aria minacciosa? Chi sei?» 

Lui rimase in silenzio per un lungo istante, poi sospirò piano. 

«Mothanos». La sua voce era bassa, leggermente roca, ma incredibilmente controllata. 

Lyra inarcò un sopracciglio. «Solo Mothanos?» 

«Solo Mothanos».

Medes lo fissò con interesse. «E qual è la tua specialità?» 

Mothanos le rivolse uno sguardo lento e misurato, come se stesse valutando se valesse la pena rispondere. 

«Preferisco non dirlo.» 

Sheerfox incrociò le braccia, un sorrisetto divertito sulle labbra. «Oh, quindi sei il tipo misterioso, eh? Quello che preferisce rimanere nell’ombra e tenere tutti sulle spine?» 

Mothanos non si degnò di rispondergli, chiudendo gli occhi come se la conversazione lo stesse già annoiando. 

Lyra si appoggiò alla testiera del suo letto, osservandolo con curiosità. «Sai, se vuoi rimanere un enigma vivente, ci sta. Ma sappi che siamo persone curiose».

Medes sorrise. «Molto curiose».

Sheerfox annuì. «Quindi prima o poi scopriremo tutto su di te. È inevitabile».

Mothanos li guardò con un’espressione indecifrabile, poi si strinse appena nelle spalle. 

«Fate come volete».

E con questo, chiuse gli occhi, come se la loro esistenza non fosse altro che un fastidioso rumore di fondo. 

Lyra si scambiò un’occhiata con Sheerfox e Medes. 

«La sua compagnia è già un'esperienza estenuante», commentò Medes con una nota di disprezzo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top