🪞 Il conte vanitoso

C'era una volta un bel conte gagliardo,
allegro, imbroglione, aitante e bugiardo
che si divertiva a giochi d'azzardo.
Era padrone di un grande castello,
nessuno riuscì mai a batterlo in duello
e aveva servi per "questo" e per "quello".

Vinceva denaro con molti inganni,
migliorava col passare degli anni
e aveva anche fama di dongiovanni.
Sguainava spade con grandiosità
ed era orgoglioso della sua beltà,
ma l'arma vincente era la vanità.

Un dì si vide diverso allo specchio,
notò che il volto divenne più vecchio
e con i servi si arrabbiò parecchio:
pensò di aver ingerito un veleno,
rifilatogli in un vassoio pieno,
che rendeva il suo aspetto assai osceno.

Uno di loro iniziò la protesta,
lo accusò di pazzia e folli gesta
e il conte volle tagliargli la testa.
Un altro gli disse che era normale,
che nessuno aveva fatto del male
e il conte lo gettò giù dalle scale.

Si fece avanti una donna servile
che lo specchio tolse in modo gentile
e il conte la chiuse dentro un barile.
Un'altra donna cercò di calmarlo
dicendo che continuava ad amarlo
e il conte la esiliò senza spiegarlo.

Tanto fece quel bel conte impazzito
che rimase lì da solo e impunito
e in quello specchio si era inesaudito.
Passava il giorno a guardare il riflesso,
a pregare il tempo come un ossesso
e a elogiare il suo viso complesso.

Una sera gli apparve una saetta:
era il diavolo con una carretta,
disse che la sua anima era perfetta
e dalle preghiere era stato attratto.
La voleva comprare con un patto
per fargli smettere di essere matto:

Poteva nutrire la sua vanità,
rimanere bello per l'eternità
senza poter mai andare nell'aldilà.
Il conte, allettato, gli disse di sì,
in questo modo la sua anima obbedì
e la vendette per restare così.

Il diavolo svanì in un momento
e il conte immortale restò contento,
ma quando si specchiò divenne cruento:
Niente riflesso e finì per vagare.
E che resta del conte e dell'affare?
Un fantasma che non si può specchiare.

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