Capitolo 2 - NICOLÀE
La contessa fissa il marito e poi gli consegna il foglio, con lo sguardo fisso davanti a sé con una mano che stringe il telaio; dove poco prima stava eseguendo un ricamo.
« Tenete... leggete anche voi?»
Il conte prende la lettera in mano incominciando a rincorrere le frasi con gli occhi per leggere. Dopo aver recepito il messaggio che contiene, dichiara con imperturbabile calma:
« Nicolàe è stato chiamato alle armi!? E cosa c'è di strano, ha già l' età giusta ed è ora che si faccia le ossa e diventi un uomo»
Contrariata la moglie si leva di scatto dal sofà per poi affermare:
« Cosa dite! Non permetterò che il mio bambino finisca in qualche trincea o fossa sotto i colpi dei cannoni e baionette... Non posso nemmeno pronunciare simili frasi, rabbrividisco al solo pensiero che possa accadergli qualcosa!»
Il conte con disappunto urla imprecando contro la consorte:
« Bambino? Ha già ventuno anni è un uomo oramai, mettetevelo in testa. Anche se non è cresciuto sotto le vostre gonne ma è sempre stato protetto tra le pareti di questa casa. È arrivato il momento che conosca la vita e tutto quello che c'è lì fuori!»
« C' entrate voi dunque! Siete stato voi!»
Il conte, col suo fare tranquillo e composto di rimando:
« È ora che esca da sotto quella campana di vetro dove l' avete messo da quando è nato!»
Lei ribatte:
« Adesso siete ingiusto, volete dire che...»
Mentre i genitori discutono, la giovane Anajise, che nel contempo è stata invitata a uscire dal salotto, dove stava ricamando insieme a sua madre; ascolta senza volere l' acceso dibattito tra i due.
" Mia madre sta protestando con mio padre su qualcosa animatamente, ma non riesco a captare bene le parole per capire di cosa parlano. Mi hanno insegnato che non è educato origliare, ma lo faccio solo per capire il reale motivo per il quale strillato tanto"!
La ragazza accosta la porta, udendo la frase " se solo vorreste, con le vostre conoscenze potreste fargli evitare il servizio di leva. Non voglio che mio figlio vada in Russia dove imperversa una sanguinosa battaglia".
Le parole appena udite la lasciano perplessa e sconvolta al tempo stesso...
" Nicolàe! Dovrà partire per la guerra! Se parte lui, lo dovrà fare anche Julièn...! No! Non deve e non può accadere.
Si porta fuori in giardino correndo, profondamente scossa, vuole raggiungere il fratello e dargli la notizia.
Sa di trovarlo nel luogo dove è solito duellare per allenamento con il suo amico Julièn.
Infatti, percorsi pochi metri eccoli insieme. La fanciulla si precipita verso di loro e nel preciso momento che sta per arrivare, la radice di un albero che fuoriesce dal terreno, gli impedisce di proseguire la corsa, l' arresto improvviso di un piede le provoca una caduta. Ma proprio mentre sta per cadere, sente una forte presa cingerle la vita, evitando che finisca rovinosamente al suolo.
« A quanto pare mademoiselle,
non avete perso il vizio di inciampare! »
Il suono della voce di Julièn, la fa voltare di scatto proferendo in tono sarcastico:
« Menomale che ci siete sempre voi a sorreggermi, monsieur!»
Mentre i due ragazzi tuffano i loro sguardi l' uno nell' altra ecco sopraggiungere Nicolàe, che nel frattempo osserva quella scena per nulla infastidito e con un sorriso chiede alla sorella:
« Come mai correvi a quel modo nella nostra direzione?»
Lei smette di fissare Julièn e si discosta da lui andando ad affiancare il fratello annunciando:
« Ho sentito adesso che i nostri genitori ne stavano parlando. Stamattina è arrivata una m...»
Viene interrotta dall' arrivo del domestico che comunica a Nicolàe:
« Vostro padre desidera vedervi, signorino»
« Grazie Gaston, arrivo subito!»
Non appena l' inserviente si è allontanato, il ragazzo si domanda:
« Che vorrà ?»
A quel punto Anajise, capisce che è meglio che gliene parli il padre.
Infatti quando il fratello durante il percorso le chiede qual'era la cosa che avesse sentito discutere ai loro genitori,
la ragazza dichiara:
« È meglio che te ne parli nostro padre!»
Appena i ragazzi sopraggiungono in casa, Nicolàe si dirige verso lo studio del genitore, il quale lo sta aspettando.
Dopo aver bussato, l' uomo gli ordina di entrare e chiudere la porta.
Anajise, propone a Julièn una partita a scacchi mentre attendono, proseguendo con il gioco di poco prima.
« Gradireste una tazza di thè monsieur?»
Lui per non deluderla ( ma in realtà ha come il sentore che il conte non debba comunicare nulla di piacevole al figlio) e senza far trapelare la preoccupazione alla fanciulla, asserisce di rimando:
« Volentieri, mademoiselle! »
Lei sorridendo soddisfatta chiama la domestica agitando il campanellino.
« Marìe, ci portereste due tazze di thè, per me e il signorino Julièn! »
« Certamente contessina»
Intanto Nicolàe all' interno dello studio;
« Partire? In guerra? Io? Vi prego padre, non voglio recarmi in Russia a combattere. Fate qualcosa per impedirlo!»
Impreca latrando.
Alchè il genitore annuncia irremovibile:
« Tu partirai per il fronte domattina !
I miei ordini non si discutono! Non voglio sentire altre lamentele. Sei un uomo e come tale devi comportarti!»
Spalanca la porta a vetri dello studio e si allontana furioso.
Anajise e Julièn, rimangono silenti notando Nicolàe con lo sguardo fisso sulla porta-finestra davanti a sé, le mani posate sulla spalliera della poltrona in velluto verde e un foglio bianco quasi accartocciato all' interno di esse.
Julièn sta per alzarsi dal divano a raggiungere l' amico, ma Anajise lo ferma posando la mano sul suo braccio e scuotendo la testa.
La ragazza conosce il fratello e sa che in quel momento preferisce restare solo.
Quando arriva la sera è il momento della cena, ognuno dei commensali siedono attorno al tavolo circolare ( anche Julièn).
Nessuno dei ragazzi sembra avere fame, si limitano a passare i piselli, che si trovano all' interno del piatto, da una parte all' altra con la forchetta.
Ma le regole di quella casa sono rigide, impongono che anche se non si ha appetito, bisogna rimanere seduti. Ci si può alzare da tavola solamente dopo che lo avrà fatto il capofamiglia.
Trascorsa mezz' ora, finalmente il conte lascia la tavola per andare a fumare la sua pipa in giardino. Nel frattempo Julièn augura la buona notte ai signori conti e si porta fuori accompagnato da Nicolàe.
I due ragazzi si accorgono della presenza di Anajise che li ha seguiti.
« Anajise, torna dentro, questi argomenti non ti riguardano!»
Esclama seccato il fratello, ma lei imperterrita prosegue:
« Non mi riguarda? Certo che mi riguarda... tu sei mio fratello! E poi non vi disturbo »
« Non fare la bambina e vai in camera tua. Ubbidisci!»
Vedendo il viso tirato del fratello si limita solo a dire:
« Ma...! E va bene, buonanotte Julièn e buonanotte anche a te... Nicolàe»
« Dormi bene Anajise! »
Di rimando Julièn.
I due amici rimangono a parlare fino a notte inoltrata, osservati dalla ragazza attraverso la sua finestra aperta per cercare di carpire le parole che si dicono. Ma da quella distanza è quasi impossibile così decide di andarsene a dormire. Manda un bacio con la mano al suo amore Julièn e chiude la finestra.
Prima di mettersi a letto recita le sue preghiere, come le è stato insegnato fin da piccola.
« Mio Dio, ti prego affinché tu possa proteggere mio fratello Nicolàe e il mio grande amore Julièn. Che stanno per partire ( so per certo che lui lo seguirà, perché non lascerebbe mai da solo il suo migliore amico) per combattere la guerra di un' altra città»
Mentre lo dice, Anajise bagna le sue guance di lacrime copiose. Finisce di pregare e si mette a letto, umidendo il cuscino rosa di merletto, delle sue lacrime.
NICOLÀE
" Questa mattina è una giornata grigia e uggiosa, proprio come il mio umore. Non c'è stato verso di far cambiare idea a mio padre e ho anche scoperto che è stato lui stesso a mettere il mio nome fra quello dei volontari a partire per questa guerra che si svolge nei paesi baltici. Mi ripete ' ti servirà a diventare più uomo, dopo mi ringrazierai.
Ho già preparato i bagagli ieri sera, la carrozza è giù che attende che io scenda".
Finisce di compiere le ultime cose e discende la scala per raggiungere il salone.
Gradino dopo gradino, nota che ad aspettarlo ci sono sua madre, la sorella, il maggiordomo, che conosce da quando era piccolo e... suo padre.
Giunto all' ultimo gradino, la madre gli va incontro abbracciandolo, con il fazzoletto bianco ricamato, tra le mani per asciugarsi gli occhi dalle lacrime. Che gli declama:
« Mi raccomando tesoro, fai attenzione ti prego. Resta lontano dai pericoli! Abbi cura di te! E scrivi! »
« Lo farò madre, state tranquilla!
La sorella Anajise, lo abbraccia forte per poi asserire:
« Torna presto da noi! Abbi cura di te! »
Poi lo fissa senza dire una parola. Il ragazzo percepisce "Probabilmente è sconvolta e incredula quasi quanto me".
Maurìce, il maggiordomo si limita a dire: « Tornate presto sano e salvo, signorino Nicolàe. Che il buon Dio vi protegga»
Dopo aver salutato tutti rimane per ultimo il suo "caro" padre, il quale sta per fare il gesto di abbracciarlo ma lui lo ferma. Declamando:
« Padre! Sono un uomo ricordate! Una stretta di mano basterà»
Rimane di sasso per la risposta del figlio ( ma il ragazzo sa già che non lo darà mai a vedere).
Senza scomporsi gli stringe la mano per salutarlo.
« Sono orgoglioso di te, figliolo!» proclama soddisfatto.
Sale sulla vettura e sta per partire quando lo raggiunge Julièn, entrando al galoppo con il suo cavallo esclama:
« Aspetta Nicolàe, vengo con te stamattina presto sono stato in caserma e mi sono arruolato volontario!»
Felice di avere accanto il suo migliore amico esclama:
« Lo sapevo ! In cuor mio lo sentivo... ma non ci speravo! »
« Non potevo lasciarti andare da solo. Cinque anni sono lunghi e senza avere un amico accanto con cui parlare, diventeranno interminabili! »
« Grazie Julièn, sei come un fratello per me. Non lo dimenticherò»
I due si allontanano a bordo della carrozza. Lasciando i presenti in lacrime che li osservano fino a quando la vettura scompare, fra le alte spighe di grano.
Sono trascorsi cinque anni, da quando Nicolàe è Julièn sono partiti per la guerra.
Alla tenuta de Gardìn, si attende che da un momento all' altro, si dirami la notizia della fine della guerra e quindi il loro ritorno.
In questi anni una sua missiva è arrivata ogni settimana, a volte anche qualche giorno di più, normalissimo; vista la condizione nel quale versa il luogo.
Nelle sue lettere fa sapere di stare bene e di non essere a rischio, nel posto dove sono stati assegnati.
Anajise quando ascolta la madre mentre legge le missive mandatele pensa " Dice di stare bene e di non essere a rischio di vita! Ma come si fa in un luogo dove si sta combattendo una guerra, io so che mente, solamente per non farci preoccupare".
Mia madre piange tutti i santi giorni, celando il suo stato d' animo a mio padre, che con la sua solita calma e incuranza gli ha asserito:
« Non piangete mia cara, pensate che quando tornerà sarà più responsabile e divenuto un vero uomo»
Inaspettatamente un pomeriggio che pioveva a dirotto, sopraggiunge un corriere della reggia di Versailles coperto da un mantello per ripararsi dalle intemperie; che reclama a gran voce, il conte de Gardìn e famiglia, visto il maltempo che imperversa.
Il maggiordomo disserra la porta a fatica per la forza del vento e noi a seguito, l' uomo non appena nota che sono tutti sotto il portico ad ascoltarlo, srotola la pergamena senza smontare da cavallo, comunicando al capofamiglia:
« Vengo da parte della regina Maria Antonietta di Francia, Sua Maestà mi ha incaricato di portarvi questa notizia. Conte de Gardìn, voi avete il vostro primogenito sotto le armi! Ebbene vi dò la lieta notizia che gli Stati Baltici, hanno firmato un trattato di pace con la Turchia e quindi la guerra si è conclusa. Vostro figlio tornerà presto a casa. »
Aggiunge Anajise timorosa chiedendo:
« A-Anche J- il Marchese de Mercièr? È con lui!»
L' uomo la fissa per un solo secondo per poi asserire risoluto:
« Questo e quanto! Monsieur! Madame! Mademoiselle! Buonanotte!
Guida il cavallo bianco, che con la pioggia e la luce fioca della luna lo rende argenteo e quasi evanescente e sparisce nel buio della notte.
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