Capitolo 84.

Eren's pov.

05/08/1945 - 8:15 p.m.

Il tronco della Quercia alla quale rimasi appoggiato osservando probabilmente l'ultimo tramonto quieto della mia permanenza in Giappone apparve più scomodo del solito, la sua corteccia ruvida e scabra mi punse la schiena come per maledirmi.

Come hai potuto appoggiarti a me nei momenti più bui quando proprio ora che ne ho bisogno io ti volti dall'altra parte?

Non poteva parlare, ma se avesse potuto, sarebbero state quelle le parole che avrebbe finito per sputarmi addosso con un odio ed un tale ribrezzo da devastarmi. Ed allora gli avrei risposto che io sono solo un soldato, solo un ragazzo e che finii per odiare me stesso più della guerra, ma gli alberi non parlano ed io non riuscii più a considerarmi né un soldato né tanto meno un ragazzo, quanto invece un inutile traditore, traditore d'Amore e di Nazione.

La mia ombra mi venne proiettata anonimamente affianco, come fosse stata lo specchio della mia persona, vuota, vacua, come a ricordarmi che alla fine dei giorni l'unica che mi sarebbe rimasta accanto sarebbe stata quella che finii per odiare maggiormente, come avrei potuto convivere con me stesso dopo quello che avrei fatto?
La osservai, ci osservammo, come per perdonarci a vicenda del dolore a cui avremmo preso parte il giorno seguente, ma senza la vera intenzione d'espiare i propri peccati.

Voltai il mio sguardo al crepuscolo capendo in quell'istante come il giorno e la notte non fossero stati creati per stare assieme nonostante i continui tentativi, nonostante le loro volontà più sfrenate nel sorgere e ricadere da sempre, semplicemente non sarebbe stato possibile. Capitava però alle volte che si fermassero, forse entrambi esausti, finendo paradossalmente per incrociarsi e toccarsi dando vita allo spettacolo più folgorante.

I miei occhi consumati si posarono sul tramonto, l'incontro dei due astri creò una dipinto surreale, i raggi di luce spinsero fino all'ultimo pur d'incrociare l'imbrunire ormai sfumato in un rosa antico, come fosse arrossito alla determinazione del primo d'incontrarlo anche solo per rubargli un bacio.

Quanto sono fugaci le cose belle? Dimmi Levi... quanto siamo effimeri nella nostra bellezza?

Rimasi seduto con le ginocchia portate al petto e cinte da entrambe le braccia in una totale contemplazione finché la luna non prese il sopravvento iniziando a far apparire milioni stelle come fossero state lentiggini luminose.
Little Boy venne caricato sul B-29 e la missione sarebbe stata prevista per il 6 agosto.

- 8:30 p.m.

La mensa pullulò di soldati intenti a cenare, a chiacchierare e a scherzare, protetti da quelle quattro mura che da sempre li isolò dal mondo esterno.

"Saremo in Patria in men che non si dica, ragazzi, potremo finalmente tornare a casa, non siete elettrizzati all'idea?"
Domandò Reiner agitando appena la mano con la quale resse una forchetta, i suoi occhi distrutti suggerirono un piccolo bagliore di speranza.
"Lasceremo tutto questo alle spalle e saremo liberi"
Aggiunse Berthold subito dopo il ragazzone.

"Ne sei così sicuro?"
Prese parola Armin con ancora una piccola ferita ormai incrostata sul naso.
I presenti si voltarono nella sua direzione con sguardi corrucciati.
"Se pensi davvero che dopo tutta questa esperienza saremo liberi bhe, hai una concezione di libertà davvero particolare"
Riprese subito dopo con rammarico, le sue parole non apparvero presuntuose quanto invece afflitte.
"La libertà è semplicemente un concetto astratto Armin, si è liberi solo mentre si lotta per conquistarla e noi abbiamo fatto esattamente questo"
Concluse Marco puntando uno sguardo tagliente al biondo come mai prima d'ora. Il suo repentino cambio di tono fu dovuto soprattutto al suo presumibilmente pensiero fisso che fu la morte di Jean per una causa comune.

Abbassai lo sguardo sul piatto in porcellana poggiato al tavolo ancora quasi tutta la cena immacolata, non sarei riuscito a mangiare nulla ed il mio fisico iniziò gradualmente a risentirne.
I miei compagni continuarono a parlare tranquillamente nel mentre che la mia mente spaziò a mille pensieri diversi. La forchetta svogliatamente trattenuta fra due dita andò a punzecchiare il cibo quasi con disgusto, non per un suo sapore sgradevole ma per la nausea che continuò a pervadermi da cima a fondo. Poggiai il gomito sul tavolo così che fosse stato in grado di sorreggere il mio volto totalmente spento.

Sbuffai appena storcendo le labbra, intuii sarebbe stato inutile immettermi nel discorso dei miei amici ormai entrato troppo nel vivo per potervici partecipare, istintivamente alzai gli occhi puntandoli sul tavolo nel quale sedette il corvino.
Lo vidi intento ad ascoltare l'Ufficiale con una mano poggiatagli sulla bocca, il pollice gli andò a toccare il mento e l'indice si mosse orizzontalmente sulle labbra storcendole appena.
Mi persi nei suoi gesti nonostante si fosse trovato a quattro tavoli di distanza. Il mio viso sempre più assente iniziò a scivolare dalla mia mano, finché l'uomo non voltò lo sguardo sul mio non scomponendo la sua postura, un fugace occhiolino attraversò la stanza andando a perforarmi il petto di un calore inumano.

Tentai di reprimere un sorriso a labbra strette iniziando a storcere le labbra, le mie gote presero a scaldarsi appena ed i miei occhi vacillarono sui suoi.

Levi's pov.

Lo vidi sorridermi in modo contenuto, i suoi occhi presero a brillare facendosi più vividi sui miei.
Mi sentii sollevato a quella vista constatando quanto le mie azioni avessero potuto influenzare il suo stato d'animo. Consapevole mi sarei avvalso di quella particolarità per rassicurarlo ogni qualvolta si fosse sentito fuori posto o con tutti contro.

Il suo sorriso fu in grado d'infondermi un calore che mi provocò un accennato sorriso, sfatando il mito che quell'emozione fosse potuta essere stata scaturita solo dal contatto dei nostri corpi, trovandoci in quel momento a ben quattro tavoli di differenza.

Il mio indice posto sulle labbra si smosse roteando su sé stesso in modo da fargli intuire ci saremmo incontrati finita la cena, ma il ragazzo smosse appena il capo con dissenso, il suo volto continuò a sorridere in modo discreto. Assottigliai gli occhi incuriosito dal suo modo d'opporsi ai miei ordini.
Lo vidi mordersi il labbro inferiore non distogliendo lo sguardo dal mio, osservai la sua figura scivolare lentamente fuori dalla sedia, le sue perle smeraldo mi provocarono non servendosi di nessuna parola per farmi pervadere da una scarica d'eccitazione lungo tutta la schiena.
Continuai ad esaminarlo scuotendo impercettibilmente il capo con dissenso come a persuaderlo a non commettere stupide azioni, ma il sorriso furbo dipintoglisi sul volto mi fece intuire non sarebbe stato possibile.

Il ragazzo si alzò dalla sedia sotto gli sguardi dei suoi compagni uscendo velocemente dalla porta della mensa.

"Ad ogni modo domani ci saranno inviate le coordinate della flotta-"
L'Ufficiale si bloccò di colpo vedendo la mia sedia scaraventarsi indietro, i miei occhi ancora puntati alla porta non si sarebbero distolti per nulla al mondo. Intuii parecchio tempo prima l'effetto che quel ragazzo avesse su di me, riuscendo ad isolarmi dal mondo esterno come se nulla all'infuori di lui fosse più esistito, nemmeno i continui richiami del Generale e di Farlan riuscirono a liberarmi da quell'illusione.

Uscii dalla mensa senza dare alcuna spiegazione ritrovandomi accolto da una brezza serale che iniziò a smuovermi in modo tenue i capelli, il mio petto si alzò ed abbassò nervosamente dopo la breve tratta dal tavolo all'uscita, percorsa interamente in apnea.
Cominciai a cercare disperatamente la figura del moro come se fosse stata essenziale per il mio organismo, come fosse stata necessaria alla mia sopravvivenza.

Sentii poi nel voltarmi a destra, delle mani che mi si poggiarono delicate sul viso riportandolo a sinistra, le riconobbi all'istante lasciandomi trasportare dalla loro leggerezza, il suo viso andò incastrandosi col mio in un bacio concreto e passionale, entrambi con espressioni quasi corrucciate da quanto bisognose l'uno dell'altro.

Il cielo ormai governato dal primo accenno di buio, misero in penombra la scena avvalendola di una tonalità greve riempita di chiaroscuri che misero in risalto i suoi lineamenti.
Le mie dita si mossero sulla sua pelle sollevandogli appena la divisa.
"Non ce l'avrei fatta a resistere fino alla fine della cena"
Iniziò lui sfiancato dai continui baci, la sua voce apparve volteggiare da tanto sollievo nel percepire le mie labbra sulle sue.
"Ce ne siamo andati praticamente assieme davanti a tutti, lo sai vero?"
Gli domandai non smettendo però di perlustrare il suo corpo con milioni di baci, le mie mani non smisero di toccarlo nonostante fossi stato consapevole quello che finimmo per fare fu del tutto incosciente ed impulsivo.

"Dovremmo rientrare?"
Chiese a sua volta con voce paradisiaca, il suo tono andò a sfumarsi in un sussurro che preannunciò un gemito contenuto.
"Dovremmo, sì"
Risposi facendo intrecciare le nostre lingue in un impeto di passione irrefrenabile, entrambi troppo catturati per smettere d'assaporarci.

"Perché diamine mi ha seguito? Lo sa che faccio solo cose stupide, è per caso impazzito?"
Mi domandò sorridendo appena socchiudendo gli occhi per il piacere delle mie labbra posateglisi sul collo.
"Sono impazzito nel vederti Eren"
Ammisi del tutto sincero spingendolo contro il muro della mensa, consapevoli dietro sedessero i soldati quasi totalmente ignari di ciò a cui iniziammo a prendere parte.

Ognuno si ciba in modo diverso, ed io preferisco cibarmi di te...

Le sue dita mi accarezzarono le guance dolcemente facendo sì che i nostri istinti si fossero potuti alleviare per qualche istante, il giusto da farci rendere conto di non poter rimanere in quel posto tanto esposto nonostante il ragazzo avesse avuto già fra le gambe una considerevole erezione.

Gli afferrai il polso trascinandolo al di sopra della collinetta da noi ormai già battezzata da tempo, la corsa contro il tempo che intraprendemmo fu deleteria per entrambi, sotto la luce lunare iniziammo a correre a pieni polmoni come a voler scappare da quella vita, da quelle responsabilità, da quegli orrori.
Il ragazzo si lasciò trascinare guardandomi per la prima volta con un tale stupore e leggerezza che mi fecero mancare un battito. Percepii le mie gambe inconsistenti come mai prima d'allora, i nostri capelli ci finirono sugli occhi e tutt'intorno senza però preoccuparcene, che cosa avrebbe mai potuto fermarci in quel momento? Ci sentimmo invincibili.

Raggiunta la collina a strapiombo sull'oceano ci fermammo, esausti ma mai così appagati, entrambi pervasi dal fiatone ci riprendemmo, io con entrambe le mani poggiate sulle ginocchia appena piegate, ed il moro affianco, steso sull'erba con il volto rivolto al cielo.
Respirammo pesantemente ma con uno sguardo alleggerito e libero.
Voltò il viso nella mia direzione, ciuffi d'erba andarono ad accarezzargli la guancia mentre un sorriso abbagliante mi si rivolse addosso.
"Non guardarmi così"
Gli riferii scuotendo leggermente il capo ancora con il fiato corto.
"Così come?"
Chiese portandosi un dito alle labbra, il suo petto continuò a sollevarsi ed abbassarsi velocemente e le sue gote presero ad arrossarsi per lo sforzo.

Mi morsi il labbro raggiungendolo. Le mani poggiate a terra affianco la sua figura e i miei baci lungo tutto il corpo, come a volerci disegnare sopra. Lo sentii ridere appena, i nostri respiri ancora corti si mischiarono assieme in una mescolanza di baci, gemiti e risa.
"Così, come sai fare solo tu, mi ipnotizzano i tuoi occhi"
Risposi non accennando a smettere la mia corsa sul suo corpo.

Le sue braccia si strinsero sul mio collo e le mie andarono a sollevarlo così da invertire la nostra posizione, il ragazzo mi fu sopra abbandonandosi alle mie dita che si mossero sulla sua pelle come avessero riconosciuto in essa un luogo comune.
Ci spogliammo davanti allo squarcio di cielo, alla fine dell'universo ed ai confini dell'esistenza.
I vestiti riversi a terra ed i nostri gemiti interrotti solo dai baci incorniciarono la notte che mai saremmo riusciti a scordare, io al suo interno e lui accogliendomi non mollando la presa dalla mia schiena nemmeno per un attimo.

Lo strinsi dal bacino percependo le nostre pelli madide di sudore e calore. Il suo movimento continuo dall'alto al basso aiutato anche dalle mie mani fecero ansimare entrambi, amalgamando le nostre voci assieme a quelle della foresta  affianco a noi.
"La prego non smetta di amarmi"
Si lasciò sfuggire fra un gemito e l'altro.
"Non ci riuscirei nemmeno volendo"
Gli risposi guardandolo dritto negli occhi esausti e pervasi dal piacere.

Continuammo a fare l'amore finché entrambi al limite ci lasciammo andare assieme, ed una volta rilassatici ci stendemmo sull'erba fresca e soffice. Posizionai un braccio sotto la mia nuca, percependo poi la mano del moro cercare timidamente la mia ancora posta lungo il fianco, vi puntai uno sguardo alzando un sopracciglio per poi intrecciare le mie dita con le sue fino a portarmele alle labbra baciandole.

"Il tempo che cos'è a parer suo?"
Mi chiese ad un tratto posizionandosi di lato così da osservarmi meglio, la mano libera la posizionò sotto la guancia guardandomi con due occhioni pieni.
"Mh... è una domanda difficile, non sono sicuro di riuscire ad appagarti appieno con la mia visione"
Risposi in tutta sincerità.
"Ci provi ugualmente, non abbia timore"
Continuò lui sorridendomi.
Mi morsi l'interno della guancia lasciandomi persuadere da quel ragazzo ancora una volta.
"Il tempo è il più bastardo e doppiogiochista che esista, ti fa credere di averne a valanghe e poi ti viene tolto proprio quando più ti serve da sotto i piedi facendoti cadere a terra, per questo l'attimo vale più di una vita intera"
Dissi tentando di spiegare i miei pensieri.
Il moro mi ascoltò con assuefazione.
"Non le fa paura come concetto?"
Mi chiese sinceramente incuriosito.

Mi fermai qualche attimo studiando i suoi occhi.
"Ne sono terrorizzato"
Ammisi sussurrando ed aumentando la presa sulla sua mano. La sua figura avanzò fino ad attaccarsi alla mia.
"E allora che ne dice se ce ne andiamo dove il tempo non esiste?"
Mi domandò con occhi lucidi.
Gli baciai la fronte tentando di rassicurarlo con tutto l'amore di cui fossi stato a disposizione.
"Non ne abbiamo più, è così?"
Gli domandai perfettamente consapevole.

Lo vidi sgranare gli occhi mordendosi l'interno della guancia subito dopo.

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