Capitolo 77.

Levi's pov.

21/07/1945 - 7:46 a.m.

"Brutto bastardo, sei ancora vivo..."
La mia voce fattasi più delicata alla sola vista dei suoi occhioni lapislazzuli. Percepii come se i miei lineamenti avessero preso a rilassarsi da uno stress ormai persistente.
La sua figura sorridente contrastò con lo sguardo svigorito ed esausto.
"Non muoio mai Levi"
Mi rispose nell'esatto momento in cui i nostri corpi entrarono in contatto, la sua voce ravvicinata al mio orecchio mi fece sospirare di sollievo, e non era forse vero che è là dove troviamo la felicità che siamo a casa?
Ed io mi considerai a casa in quel momento, più di quanto non lo avessi fatto circondato da quattro mura.

"Pensavo d'averti perso"
Gli confessai una volta distaccatici dall'abbraccio, mi ricomposi nascondendo la mia contentezza dietro ad un'etichetta da soldato impeccabile.
"Ho pensato lo stesso di te"
Si confidò non infrangendo il nostro sguardo, entrambi consapevoli d'essersela scampata ancora una volta.

"Brandy?"
Mi propose alzando entrambe le sopracciglia.
"E chi sono io per rifiutare?"
Risposi incrociando le braccia al petto.
"E che brandy sia!"
Esclamò con tono più alto in un disperato tentativo di celare la sua desolazione, non lo biasimai per quello, ognuno finiva per reagire in modo differente una volta tornato dalla guerra. Vi erano coloro che come Farlan si rifugiavano nel vano ottimismo di non cadere nella tentazione di spararsi un colpo alla testa e poi vi erano persone come me, che dalla vita non ricevettero altro che sconfitte su sconfitte, trovando nell'alcool un ottimo escamotage per sfuggire ad una situazione tanto difficile nel modo più vigliacco possibile.
Non che facesse davvero effetto, purtroppo il mio metabolismo non riusciva a mettermelo in circolo facilmente, ma la sensazione d'amarezza che finiva per lasciarmi in bocca fino ad infiammarmi la gola mi era sempre parsa un compromesso a dir poco perfetto.

Raggiungemmo la mensa e nonostante l'orario ci accomodammo al tavolo con due bicchieri ricolmi del liquore color ambra.
Il mio indice passò sui bordi del vetro aspettando l'uomo avesse iniziato a parlare.
"Abbiamo perso il segnale per un totale di trenta giorni, ci siamo ovviamente ritirati il prima possibile, ma i nemici sapevano bene quello che facevano"
Iniziò con sguardo fisso sul suo drink.
L'osservai senza proferire parola né commentare.
"Ci hanno accerchiati nel mezzo del Pacifico decimando la flotta Imperiale"
Ammise ombrato in volto, la sua mandibola apparve tirata dalla morsa delle sue arcate dentali che la misero in maggiore evidenza.

"Di che nazionalità?"
Chiesi continuando ad osservarlo senza sbilanciamenti di tono o d'espressione.
"Dimmi Levi... ha più importanza? Stanno morendo tutti attorno a noi"
Mi sussurrò, i suoi gomiti appoggiati ai tavoli gli fecero intrecciare le dita fra i capelli biondo cenere.
"E dimmi tu invece, ti sembra una novità che muoiano tutti attorno a noi?"
Gli domandai aumentando inconsapevolmente la presa sul bicchiere fino a far sbiancare le nocche.

Il fardello che un capo di guerra si sarebbe dovuto portare dietro non sarebbe potuto essere stato paragonato con nient'altro che con l'indifferenza di Dio nei confronti dei suoi discepoli, fin troppo sottile come paragone, ma nulla vi sarebbe potuto essere più doloroso di concepire la morte e il dolore degli uomini che affidarono la propria vita a te ed alle tue uniche e sole capacità di decidere.

"Sì ma io sono stanco adesso"
Pronunciò con un filo di voce sollevando lo sguardo sul mio, i suoi occhi cerulei apparvero velati da una patina lucida, come se fossero stati sul punto d'esplodere e solo allora afferrai istintivamente la sua mano stringendomela in petto.
L'idea che anche quella volta sarebbe crollato in mille pezzi per la sua anima buona ed incapace d'assimilare l'odio della guerra mi distrusse.

Quando imparerai a non affezionarti? Ti ucciderai di questo passo...

"Adesso non c'è tempo per essere stanchi, lo sai bene"
Pronunciai determinato ma con le dita che iniziarono a tremarmi fra le sue ancora premutemi sul petto. Se solo fossi stato in grado di portare tutti alla vittoria quelle anime avrebbero smesso di tormentarsi.

E quanto sangue spargeresti dall'altra parte?

"Dobbiamo fare ciò per cui siamo stati addestrati"
Continuai tentando di convincere più me stesso che il biondo.
"Non c'è istruzione più difficile d'apprendere per un soldato se non quella di ubbidire agli ordini che ritiene sbagliati"
Contestò con voce apparentemente calma e distaccata.

Mollai la presa sulla sua mano incrociando le braccia al petto, i miei occhi presero ad assottigliarsi appena.
"Hai detto bene, ma noi non siamo soldati, siamo Ufficiale e Caporale, non scordartelo"
Lo freddai in modo più acido di quanto avessi realmente voluto.
Lo sentii accennare una risata schernita.
"Che Dio ci aiuti allora"
Rispose con ancora un delicato sorriso addosso, gli occhi puntati nuovamente sui miei si contornarono di lacrime brillanti.

Resisti ancora un po', vedrai che prenderò le scelte giuste, te lo prometto, ma tu combatti, opponiti alla sofferenza e stammi accanto...

"Sai Levi"
Spezzò il silenzio all'improvviso, come se avesse lottato dentro di sé nel decidere se riferirmi la pressante realtà che finì per aleggiargli in testa.
Ci osservammo rispecchiandoci reciprocamente l'uno nell'altro, come fossimo stati uguali per quell'istante soltanto, chiedendomi se lui mi avesse visto esattamente come apparvi nelle sue pupille nero cenere.
"Non ho idea di che cosa mi tenga ancora legato a questa vita"
Iniziò a ridere istericamente, una di quelle risate stanche di come la vita si fosse presa gioco di lui, di noi. 

"Farlan che cosa stai dicendo?"
Gli domandai corrugando le sopracciglia con un magone crescente nel petto.
"E chi se lo sarebbe mai aspettato? Che avrei preferito la morte alla vita, come si può portare un uomo a disprezzare tanto il continuare del sorgere e del tramontare del sole?"
Finì una volta cessata la risata sempre più debole.
Abbassai lo sguardo sul mio bicchiere ormai vuoto se non fosse stato per un ultimo sorso.

Un ultimo sorso di vita.

"Eppure sei qui"
Gli dissi quasi in un sussurro, come per ricordarlo a me stesso, come avessi avuto il timore che pronunciarlo a voce alta gli avrebbe fatto cambiare idea, come se sussurrarlo lo avrebbe calmato.
"Eppure sono qui"
Confermò lui in un bisbiglio passandosi la mano sul volto in un sospiro di rassegnazione.

Perché non l'ho mai visto prima? Tu sei morto da anni Farlan, ti sei ucciso con le tue stesse mani, non hai fatto altro che stringere sempre un po' di più quella corda ogni volta la vita ti dimostrava l'ennesima perdita, l'ennesima delusione.

"Sai cosa? Non me ne frega un cazzo di tutto questo tuo malessere, tu non ti toglierai la vita per il semplice fatto che non ne hai le palle o... le forze, e anche se riuscissi a farlo ti riempirei di calci prima, perché la scelta di lasciare sole le persone a questo mondo potrebbe essere condivisa solo da un codardo... e tu non lo sei mai stato"
Conclusi sbattendo entrambe le mani sul tavolo in modo piuttosto violento, i bicchieri al di sopra si smossero appena.
Le mie parole tradirono il mio sguardo lucido. Lasciai la mensa senza che nessuno avesse aggiunto altro.

Eren's pov.

4:56 p.m.

Passai la giornata assieme ai miei compagni raccontandogli in grandi linee la mia esperienza in guerra senza però soffermarmi troppo né su Niccolò né su Connie non sentendomi ancora pronto per affrontare nuovamente un dolore simile.
L'essere tornato all'apparente normalità mi fece apprezzare tutte le piccole cose, dalle docce fredde e brevi, ai risvegli all'alba, al punzecchiarmi di Reiner, alla dolcezza di Marco. Tutti i ragazzi saputo del mio ritorno si presero la libertà di raggiungermi accogliendomi al cancello, l'espressione che si dipinse sul volto di Armin fu impagabile, spaccandomi nuovamente in due, fra l'amore fraterno dei miei compagni e l'amore puro fra me e Levi. Che cosa avrei dovuto fare?

"Sai, nei tuoi giorni di assenza questi due non hanno fatto altro che digiunare ed isolarsi"
Pronunciò Reiner avvolgendo entrambe le braccia attorno al collo di Armin e Marco che arrossirono appena.
"Ma che cosa stai dicendo?!"
Replicò il lentigginoso alzando appena il tono di voce apparendo ugualmente educato, non sarebbe mai riuscito a privarsi della sua dolcezza nemmeno da infuriato.
"R-Reiner e tu?! Non sei per caso scoppiato a piangere come un bambino?!"
Lo attaccò il biondo gracilino.
Il ragazzone in tutta risposta si ritirò prontamente indietro sgranando gli occhi.
"EH?!"

Scoppiai a ridere di gusto osservandoli litigare pur di celare il loro affetto.
"Ragazzi..."
iniziai scuotendo appena il capo con dissenso ancora sorridente per il loro modo goffo d'imbarazzarsi.
"Già che è un esaltato... così gli faremo montare la testa ancora di più"
Continuò il ragazzone guardando altrove e facendo borbottare tutti gli altri con sbuffi d'assenso.
"Ehi ma non è vero!"
Tentai di contestare ridendo ed iniziando a giocare assieme ai ragazzi. Per un istante mi parve d'essere tornato indietro agli anni dell'addestramento, rimpiangendo quei giorni relativamente felici e spensierati. 

"Siete tutti dei gran figli di puttana sappiatelo-"
Non feci in tempo a terminare che da sopra le mie spalle si proiettò un'ombra a terra che fece rimpicciolire tutti i presenti davanti a me.
"Spero questo insulto non comprenda anche me"
Pronunciò il Generale Smith facendomi sussultare.
Mi voltai alzando le mani al petto in segno di resa.
"Sono contento tu sia tornato"
Mi disse prima che avessi potuto prendere parola.

"Grazie signore"
Risposi sinceramente colpito dalla sua preoccupazione.
Mi scompigliò i capelli in un gesto d'affetto tutto suo, mi lasciai cullare riportandomi all'affetto paterno che nella mia infanzia scarseggiò parecchio. Gli sorrisi guardandolo dal basso verso l'alto data la sua presenza non trascurabile.
"Dovrai fare rapporto assieme al signor Ackerman nel suo ufficio, ti ci accompagno"
Mi riferì poi, abbozzando un sorriso a labbra strette che gli accentuò una fossetta sulla guancia destra.
Iniziai a perdere un battito al solo udire del suo nome, guardai in direzione dei miei compagni con la stessa angoscia di un malvivente colto sul fatto, nonostante non avessero sospettato ovviamente nulla da quelle semplici e tranquille parole.
"Vedete di non ribaltare la stanza, quei verbali mi servono il prima possibile... lo sai, devo fare rapporto"
Asserì con tono di voce appena più basso, iniziai ad accaldarmi vorticosamente non riuscendo a formulare un qualsiasi tipo di frase di senso compiuto.

Salutati i ragazzi mi diressi all'ufficio del Caporale, il sole ancora abbastanza alto prese ad inondare il campo di una luce dorata, quasi divina.
"Hai visto cose brutte in guerra?"
Mi chiese, la sua figura si ritrovò qualche passo davanti alla mia, il suo tono di voce apparve tranquillo e con un accenno di rammarico.
"Non mi va di parlarne signore, mi perdoni"
Risposi sinceramente dispiaciuto nel rifiutare una tale confidenza con l'uomo.
"È incredibile quanto ci voglia per crescere un uomo e quanto poco basti per distruggerlo"
Continuò lui arrivando subito dopo alla struttura degli uffici.

"Che cosa intende?"
Domandai sinceramente incuriosito.
"Vent'anni per crescere un ragazzo, ce ne voglio venti, e paradossalmente bastano anche venti secondi per distruggerlo facendogli vedere la guerra... ecco perché non voglio figli, che futuro potrei dargli? Se è questa la realtà in cui dovrebbero vivere bhe, no grazie"
Mi spiegò aprendo la porta ed iniziando a percorrere il corridoio affollato di soldati, lo seguii a ruota.
"Ti sembro cinico?"
Mi chiese poi voltandosi appena.
Sobbalzai per l'improvviso sguardo.
"N-no signore! Al contrario, il suo pensiero è nobile senza alcuna ombra di dubbio"
Ammisi abbassando lo sguardo e continuando ad avanzare finché non scontrai la fronte sulla schiena dell'uomo che si piazzò davanti alla stanza del corvino.

"Ad ogni modo, lui sarà qui a breve, aspettalo dentro"
Mi suggerì abbastanza di fretta.
Iniziai a sbattere convulsamente le palpebre come per realizzare.
"M-ma come? Nel suo ufficio senza di lui?"
Gli chiesi titubante.
"Oh andiamo Eren, hai fatto cose peggiori mi sembra"
Mi schernì aprendo la porta e buttandomici dentro per poi andarsene.

Una volta all'interno iniziai a dondolare sui talloni per il disagio.

Levi's pov.

"Sì quelli li dovrai portare al Colonnello"
Riferii al ragazzo affianco a me intento a reggere dei documenti.
"Sissignore"
Mi rispose con tono duro e sicuro.
"In ufficio ho altri verbali, te li do subito"
Continuai afferrando la maniglia della stanza seguito dal soldato.

Aprendo vi scorsi il moro seduto in modo composto sulla mia poltrona dietro la scrivania, come mi vide sobbalzò iniziando ad arrossire. Alzai appena le sopracciglia del tutto sorpreso, seguito dal ragazzo che mi restò affianco.
"C-Caporale"
Iniziò con occhi sbarrati dall'imbarazzo.
"Sono questi"
Dissi ignorando completamente il tedesco afferrando invece dei fogli porgendoli al mio sottoposto che una volta eseguito il saluto lasciò la stanza alla svelta.

"Che ci fai qui?"
Chiesi addolcendo il viso raggirando la scrivania e posizionandomi con le natiche appoggiatevi sopra e le braccia conserte al petto, le sue gambe strette toccarono le mie.
"M-mi ha ordinato il Generale Smith di aspettarla qui, non pensavo-"
Non lo feci finire piegandomi fino ad arrivare ad avere le sue ginocchia al mento.

"Va bene Eren, non ti sto rimproverando"
Tentai di rassicurarlo baciandogli l'arto.
Il suoi occhioni presero a brillare appena non riuscendo ancora ad incrociare i miei.
"Com'è stato il ritorno al Campo, mh? Dai raccontami piccolo, mi piace sentirti parlare"
Gli chiesi poi, abbozzando un accennato sorriso a labbra strette, il mento al di sopra d'entrambe le braccia poggiate sulle sue ginocchia.
Lo vidi sorridere riportando gli occhi sui miei.
"Bene! I miei compagni sono addirittura venuti ad accogliermi smettendo il proprio lavoro!-"
Iniziò entusiasta come se quello fosse stato un argomento del quale avrebbe parlato per ore, che lo avrebbe reso felice, ed io lo ascoltai ben volentieri nonostante i suoi occhi e la mia stanchezza finirono per distrarmi in continuazione facendomi perdere pezzi del suo discorso, ma come avrei potuto farlo smettere scorgendolo tanto spensierato?

"Non lo so Eren"
Lo interruppi poi, il gomito ancora poggiato sul suo ginocchio mi resse la guancia con il palmo della mano.
Lui subito s'interruppe, preoccupato d'aver parlato troppo o a sproposito.
"Sei sempre più bello"
Gli sussurrai innamorato perso della sua persona. Solo allora mi resi conto che l'unica persona all'infuori di Eren a cui permisi di sedersi sulla mia poltrona fu Hanji, troppo accecato da quel ragazzo da rendermi anche minimamente conto di dove si fosse seduto.

Spazio Autrice.
Buonasera ragazzi miei!
Come state? Dai raccontatemi che non ci sentiamo da un po', e piccola parentesi, so che ogni tanto non rispondo e si, mi becco ben volentieri tutti i vostri insulti e me ne sto anche zitta, ma tra le tante cose che ho da fare finisco per non riuscire a rispondere a tutti, ma su una cosa potete stare tranquilli, io leggo TUTTO letteralmente, quindi non pensate mai i vostri racconti (in particolare) siano parole spese al vento, c'è qualcuno che vi ascolta e lo fa con piacere ;)

Ad ogni modo avevo una piccola curiosità, non è nulla di che in realtà, ma sono finita per chiedermi una cosuccia ed essendo estremamente curiosa ve lo devo domandare per forza. Allora, la storia sta andando verso la fine e penso voi lo abbiate intuito dal numero di capitoli e allora mi sono chiesta, voi quando vi leggete una storia finite per ipotizzare finali prima di arrivare effettivamente alla conclusione o vi lasciate trasportare non formulando nessuna ipotesi per avere più enfasi poi?
Ripeto, è solo una curiosità, il finale di questa storia è già ben studiato, era solo perché io nel mio piccolo non saprei che rispondere. Detto questo vi auguro una buona serata. ♡
-Sof.

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