Capitolo 42

Eren's pov.

Rimasi paralizzato nel momento stesso in cui la voce di Erwin ci raggiunse dalla radiolina. Nella mano stringevo nascosto dalle dita, ancora il foglietto con le coordinate che mai mostrai ad Armin, che vidi portarsi istintivamente le mani nei capelli tirandoseli appena, il capo reclino e le gambe che iniziarono a cedergli.

Farlan sarebbe tornato in patria sano e salvo, Levi lo avrebbe potuto riabbracciare e avrebbe avuto ancora un motivo per non odiarmi.

Ma che ne sarà della tua di patria? Hai compromesso una missione importante Eren, impara a prenderti le tue responsabilità.

Mi sentii la nausea salire minacciosa fino a farmi premere una mano sulla bocca per placare un conato di vomito.

Mi diressi verso la porta d'uscita spalancandola noncurante del rumore che echeggiò nell'area circostante, mi precipitai dietro la struttura accasciandomi a terra, la schiena premuta sui mattoni freddi e inospitali dell'impianto di comunicazione iniziando a respirare in modo sommesso.

Solo dopo pochi minuti vidi raggiungermi il biondo, il passo scaltro e silenzioso si affiancò al mio, la sua mano trovò l'appoggio sulla mia spalla.

"Eren"
La sua voce si perse nel silenzio del campo totalmente deserto, il giorno stava nascendo e mancava poco prima che i soldati si alzassero per svolgere i loro compiti.

Mi limitai a guardarlo addolorato, gli occhi circondati da occhiaie pronunciate, le labbra tremanti in preda ad uno stato di panico e di colpa.

"Andiamo da Erwin... non è sicuro rimanere qui"
Mi suggerì in modo dolce e pacato, la sua voce mi arrivò alle orecchie cullandomi come un sedativo.
Annuii scomposto iniziando a seguirlo una volta che si voltò per incamminarsi verso l'ufficio del Generale.

Quella volta l'iniziativa di bussare fu presa da Armin, che sollevò il braccio minuto percuotendo la porta con le nocche in un gesto deciso e rigido che mai mi sarei aspettato di udire.

Quando ricevemmo il permesso di varcare il ciglio procedemmo entrando in stanza con il capo basso e le mani giunte lungo la figura.

Smith era in piedi dietro la scrivania, entrambe le braccia tese che toccavano il tavolo, le dita bianche per la pressione esercitatavi.

"Siete degli incompetenti, sapevo di dover affidare questa missione ad un gruppo più esperto, fucking hell..."
Si lasciò sfuggire un'imprecazione in americano, era da settimane che non sentivo l'accento della mia terra e ciò mi provocò uno strano effetto.

"Generale noi-"
Iniziai, ma non riuscii a terminare che il biondo afferrò un posacenere in argento massiccio scagliandomelo addosso, mi colpì il sopracciglio e la parte superiore dello zigomo, provocandomi un'istintiva reazione di ritirata.

Non emisi alcun lamento, solo sorpresa per ciò che avvenne, ma non me la presi con lui, in fin dei conti la colpa era la mia, e capendo che di mezzo ci sarebbe finto anche Armin quel posacenere non mi sembrò più una punizione tanto crudele.

"Ora andate."
Finì poi, dopo qualche secondo di realizzazione lo vidi ricomporsi, la mano che stringeva tra l'indice e il pollice le sue tempie in un gesto che mi ricordò vagamente il corvino.

Armin restò immobilizzato, incapace di reagire, tutta la grinta di prima gli scivolò addosso completamente, pallido in volto e privo di reazioni.

"FUORI HO DETTO"
Ci urlò più forte questa volta ed eseguito il saluto militare, ci congedammo fuori sorpassando con il piede il blocco d'argento macchiato del mio sangue riversato ora privo di vita e innocuo a terra.

Una volta fuori verso la camerata, il biondo si bloccò all'improvviso, avvertii la sua presenza dietro di me fermarsi, così mi voltai puntando lo sguardo su un ragazzo in lacrime, il suo respiro sbalzato e singhiozzante. Le sue mani premute con forza sugli occhi come per ricacciare indietro le lacrime a forza, nonostante quest'ultime continuarono imperterrite ad inondargli i palmi e il viso.

Mi affrettai a raggiungerlo, il lato del mio volto ancora pulsante e gonfio per la collisione con il posacenere mi provocò un dolore lancinante nel momento in cui strinsi i denti, ma me lo feci scivolare addosso, mi precipitai sul biondo stringendolo in un abbraccio fraterno.

"Oh Armin..."
Sussurrai, il suo viso incastonato nell'incavo della mia spalla iniziò a bagnarmi le vesti.

"Mi dispiace così tanto... la missione era stata affidata a me e ne hai pagato tu le conseguenze, sono così desolato"
Mi confessò tra le lacrime, le parole sfalzate dal respiro interrotto.

Mi sentii morire, potei percepire il dolore del biondo entrarmi dentro, mozzarmi il fiato, le gambe molli, pregai in quell'istante il ragazzo si distaccasse, non sarei riuscito a reggere tutto quel peso, i suoi e i miei sensi di colpa iniziarono a schiacciarmi, a rendermi piccolo come un granello di sabbia nell'oceano.

"Non devi dire così, è stata affidata ad entrambi ed entrambi abbiamo tentato di portarla a termine, non addossarti tutte le colpe."

Sono stato io Armin, è colpa mia se il Generale non riporrà più la stessa fiducia in noi adesso, è colpa mia non tua, sono io la falla nel sistema di tutta questa missione.

"Mi dispiace"
Disse.

Capii solo in quel momento d'aver definitivamente perso la mia identità, tradii entrambe le parti rendendomi un esiliato senza onore.

Levi's pov.

9:00 p.m.

La giornata procedette al meglio, Farlan riuscì a sbarcare in Giappone senza intoppi e l'indomani sarebbe tornato al campo stilando verbali su ciò che successe durante la permanenza in mare.

La notte sveglia e in festa di suoni riempì il campo. Mi trovavo sulla collinetta dei giustiziati, iniziò a far proprio quel nome da qualche tempo e nessuno obiettò al riguardo.
La luna alta e a falce capeggiava sull'intero Giappone donandomi un senso di impotenza davanti ad essa.

Fumavo svogliatamente perso nei miei pensieri, poter rivedere Farlan andava oltre tutte le mie aspettative, accennai un debole sorriso all'idea.

Come diamine abbiamo fatto ad arrivare fino a qui, stupido biondino?

Aspirai, percepii il fumo invadermi la gola fuoriuscendo dal naso poco dopo.
Dei passi iniziarono a smuovere l'erba in un fruscio delicato e appena udibile.
Mi voltai e con la coda dell'occhio scorsi Eren.

"Caporale... che fa, mi aspettava?"
Chiese ironicamente abbozzando un sorriso compiaciuto.

Roteai gli occhi al cielo portandomi la sigaretta alle labbra.
"Ti credi davvero così importante?"
Gli domandai a mia volta suscitandogli una risata sincera.

Lo vidi avvicinarsi con discrezione, il suo volto prima oscurato dalla penombra venne alla luce mostrando una parte del viso completamente violacea e ricoperta di una striscia di sangue coagulato.

Corrugai improvvisamente le sopracciglia, incapace di comprendere come qualcuno avesse potuto fargli una simile escoriazione.

Notò il mio cambio repentino d'espressione rendendosi cupo in volto, tentò di voltarsi verso destra, così da coprire in modo più naturale possibile il danno nella medesima parte.

"Eren"

"Non è niente"
Aggiunse prima che potessi porgli qualsiasi domanda.

Rimasi a fissarlo sotto la luce gelida della luna senza dire nulla, la sigaretta ancora stretta fra due dita stava iniziando a bruciare il filtro.

Il silenzio creatosi fu tale da permetterci di udire quante voci il bosco avesse.

Chissà se fra quelle vi sono anche le urla dei soldati americani.

"Che cos'è stato a colpirti?"
Chiesi poi interrompendo i miei flussi di pensieri.

Il ragazzo vacillò nel rispondere abbassando lo sguardo sulle mie scarpe e poi di nuovo sul mio viso.

"Non ho prestato attenzione, è stata una mia mancanza"
Rispose poi, rivolgendomi uno sguardo che pregava chiaramente di credergli.

"È stato Erwin? Oppure un tuo compagno?"
Chiesi noncurante di ciò che mi riferì poco prima.

"Mi ha ascoltato?!"
Iniziò a scaldarsi iniziando ad alzare la voce, tipica reazione di chi è sotto pressione.

"Forte e chiaro"
Risposi gettando il rimanente della mia golden bat a terra e calpestandola con la punta dello scarpone.

Iniziò ad arrossire per la rabbia e la vergogna.
Mi avvicinai portando una mano sul suo volto, l'andatura delicata per non provocargli dolore.

"L'hai combinata grossa eh?"
Continuai accarezzandolo.

Lui socchiuse gli occhi, l'espressione che assunse fu di dolore, non fisico, ma di chi ne aveva piene le palle di trovarsi lì.

Delle lacrime iniziarono a passarmi sulla mano fino a cadere a terra.
Non mi scomposi, non ero abituato a consolare qualcuno, mi limitai a ritrarre l'arto attendendo che iniziasse a parlare, ma non avvenne nulla di tutto ciò.

I suoi singhiozzi appena accennati riempirono l'aria piegandomi piano piano ad un sentimento ormai addormentato da anni. Lo stomaco mi si aggrovigliò provocandomi malessere.

Mi resi conto solo in quell'istante di quanto iniziassi a tenere a quel ragazzo.

"Va tutto bene"
Gli sussurrai, la sua figura dritta davanti a me mostrava degli occhi grandi e luccicanti per le lacrime.

Va davvero tutto bene?

Spazio autrice.
Buonasera ragazzi!
Come state? Raccontatemi daii su su.

Comunque, ci tenevo a dirvi che sto intrattenendo in modo parallelo un altro progetto che penso a breve renderò pubblico, si tratta di una storia molto probabilmente composta da un unico capitolo sulla storia d'amore di Achille e Patroclo, spero vivamente possa essere di vostro gradimento nel caso. Ammetto di non essere bravissima nelle storie brevi, in quanto riesco a trasmettere molto meglio con storie articolate e abbastanza lunghe, ma sto spremendo comunque le meningi per far sì che quell'unico capitolo sia d'impatto, spero voi possiate darmi un feedback quando sarà ora della pubblicazione. Vi ringrazio in anticipo.
Buona serata a tutti♡
-Sof.

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