⭒ lonely hearts club 。

haikyuu - yamaguchi tadashi + tsukishima kei 

(one sided love)

彡 ꒰ 🌨️ ꒱.ೃ

Il sole cocente di un pomeriggio di giugno faceva brillare i suoi grandi occhi nocciola, rivelando delle sfumature dorate ed olivastre che incorniciavano le sue pupille. Il suo sguardo vagava placido e imperturbabile sullo scenario che si presentava fuori dal finestrino dell'autobus, accarezzando gradualmente le sagome dei palazzi che si stagliavano come giganti neri e grigi contro il cielo limpido. I miei, invece, di occhi, si posavano sul suo viso, ne ammiravano i più piccoli particolari – le sue sottili labbra serrate, la forma leggermente allungata dei suoi occhi, contornati da ciglia chiare e sottilissime e semi-nascosti da un paio di occhiali con la montatura nera, i suoi capelli biondi e disordinati, la sua espressione così calma e distaccata. Sembrava essere immerso in un mare di pensieri, cullato dalla corrente, e io non potrei fare a meno di chiedermi a cosa stesse pensando, cosa gli passasse per la testa. Non potei fare a meno di pensare, con il cuore che mi sussultava nel petto, che fosse bellissimo.

D'improvviso, come se avesse potuto leggermi la mente e carpire le mie emozioni, girò di scatto la testa nella mia direzione. Si era forse accorto che il mio sguardo aveva indugiato un po' troppo sulla sua figura? Il mio cuore sobbalzò e sembrò fermarsi.

"Che c'è?", mi chiese, con un tono tanto freddo quanto genuinamente confuso, come un soffio di vento gelido che sferza e punge la pelle, facendo rabbrividire. Distolsi lo sguardo, concentrando tutta la mia attenzione sulle mie mani appoggiate in grembo, osservandone prima il palmo e poi il dorso, ed infine chiudendo le dita a formare un pugno per non far notare il tremore dal quale erano scosse. Sentivo quei suoi enormi occhi castani scrutare tutto il mio viso, provocando un lieve pizzicore sulla mia pelle.

"Scusa, Tsukki. Stavo solo... pensando", dissi, e feci un gesto con la mano, come per scacciare tutti quei pensieri che brulicavano nella mia testa, così vividi da manifestarsi anche davanti ai miei occhi e forse, se avessi allungassi abbastanza il braccio, sarei riuscito a toccarli.

Il ragazzo seduto di fronte a me si limitò ad annuire con un mormorio sommesso prima di ritornare a fissare vacuamente le strade della nostra città fuori dal finestrino. Diamine. Mi maledii mentalmente per aver rimirato eccessivamente quello che era il mio migliore amico. Dovrei smetterla, pensai fra me e me, sono inquietante, probabilmente Tsukishima penserà che io sia strano.

Eppure non riuscivo a farne a meno. Non riuscivo proprio ad evitare che il mio sguardo si posasse su quel ragazzo biondo con gli occhiali, con la voglia di scrutare minuziosamente ogni suo particolare e imprimerlo nella mia mente, e con la disperata speranza di incrociare i suoi occhi. E tutte le volte che questo accadeva sentivo il mio stomaco contorcersi, la testa diventava leggera e piacevolmente vuota, e riuscivo a percepire il cuore che iniziava a battere così forte fa schizzarmi fuori dal petto, oppure dritto in gola, pronto ad essere vomitato fuori insieme a tutti i miei sentimenti.

Ciononostante lui sembrava non accorgersi di niente. Sembrava non essersi mai accorto di tutte le volte in cui arrossivo, del modo in cui mi agitavo tanto da balbettare, di tutte le occhiate furtive e incaute che gli lanciavo, dei sorrisi pieni d'amore e i piccoli gesti che gli dedicavo. Nonostante fosse una persona così razionale e attenta ai dettagli, sembrava non essersi mai accorto di quanto io fossi innamorato di lui – o forse fingeva. Forse se n'era accorto, ma per non mettermi in una situazione alquanto imbarazzante e spiacevole aveva continuato a far finta di niente. Ma magari era semplicemente meglio così: la cinerea paura di rovinare la nostra amicizia mi tormentava più di quanto avrei mai voluto ammettere, fino a privarmi del sonno notturno e lasciarmi svuotato da ogni altra emozione.

Non avrei mai voluto che smettesse di essere mio amico perché avevo iniziato a provare verso di lui un'attrazione romantica. Non avrei mai voluto rovinare quello che c'era fra noi: era mio amico sin da quando eravamo bambini, l'unico che davvero mi era sempre rimasto accanto, anche durante i momenti complessi e confusi della mia adolescenza. E l'ansia di perderlo non faceva altro che corrodere il mio cuore. Avrei perso insieme a lui una parte di me. E allora preferivo semplicemente rimanere in silenzio, cercando di non far notare i miei sentimenti, convincendomi che non avevo bisogno del suo amore: mi bastava vederlo ogni giorno, averlo vicino, parlare con lui di tutto e sentire la sua voce calma e profonda, riuscire a percepire persino il suo odore di vaniglia e miele. Condividere con lui le mie giornate. Anche se lui non mi vedeva con gli stessi occhi con cui lo vedevo io.

Mi voltai anch'io verso il finestrino solo per incontrare lo sguardo del mio riflesso nel vetro. Mi concentrai per un attimo sui suoi occhi scurissimi e dalla forma allungata, sui suoi capelli neri spettinati, sulla sua pelle chiara. Feci per raggiungere le lentiggini che costellavano le sue guance e il suo naso: tutto quello che riuscii ad ottenere fu il freddo contatto del vetro con i miei polpastrelli. Sospirai. Ma chi era quella figura che mi scrutava così intensamente? Era una persona che stentavo a riconoscere, così diversa da quella che era stata una volta. Mi scavava dentro con quei suoi occhi vuoti eppure luminosi. Era forse quello lo sguardo di una persona innamorata?

Dietro e attraverso quella figura gli alberi e i negozi scorrevano via rapidi come una macchia informe di colori, il sole ruggente faceva brillare l'asfalto rovinato, mentre le utilitarie sbuffavano e rombavano quando passavano accanto all'autobus e sfrecciavano via.

"Yamaguchi, che hai? Ultimamente sembri sempre distratto, c'è qualcosa che non va? Che pensieri hai nella testa?". La voce di Tsukishima mi arrivò alle orecchie come in sogno, come se fossi chiuso in una bolla e stessi galleggiando nel cielo, allontanandomi sempre di più dalla terra e da questa città. Lui aveva parlato senza neanche voltare la testa verso di me.   

"Sai, mi stavo chiedendo: ti sei mai innamorato?", chiesi. Questa domanda era tutt'a un tratto balenata nella mia mente, e incombeva pesante su tutti i miei altri pensieri.

"Innamorato? In che senso?"

"Sei piuttosto scemo per essere quello che prende sempre il massimo dei voti in tutte le materie", ridacchiai. "Per innamorato intendo dire: innamorato sul serio. Hai mai provato amore verso qualcuno? Sai almeno cosa sia l'amore?"

Sembrò riflettere a lungo sulla mia domanda, il tempo sembrava dilatarsi e contorcersi, accartocciarsi su sé stesso sotto lo sguardo color miele di Tsukishima. Probabilmente stava ripercorrendo mentalmente tutti i volti delle persone che finora aveva amato, udendo le loro voci lontane, rivivendo in un attimo tutti i loro momenti vissuti insieme. Al solo pensarci, sentii la gelosia gorgogliare nel fondo del mio stomaco.

"No, non credo... non penso si possa definire amore", si portò una mano a grattarsi la nuca, palese segno d'imbarazzo, forse non era a suo agio a parlare di quelle cose. "Beh, lo sai anche tu, no? L'anno scorso, con quella ragazza..."

Annuii freneticamente. Sapevo cosa intendeva, lo sapevo benissimo. L'anno precedente aveva avuto una relazione fugace con una ragazza della nostra scuola, una ragazza proprio bella che frequentava i corsi di arte e teatro della scuola, con i capelli corti neri, due occhi azzurri profondissimi e un profumo inconfondibile di viole. Però loro due insieme erano durati veramente poco, forse perché da principio ad unirli non c'era niente: nonostante qualcosa in comune l'avessero – come l'amore per i videogiochi, i film e l'arte – rimanevano per ore a fissarsi negli occhi senza spicciare una parola. Camminavano mano per la mano mentre passeggiavano, ma non si erano mai baciati neanche una volta. Non è che non si piacessero, questo lo sapevo, era solo qualcosa di troppo diverso, troppo strano e troppo frettoloso per entrambi. E dopo non molto tempo riuscirono a capire che semplicemente non erano fatti l'uno per l'altra, e andava bene così. E ai miei occhi – gli occhi di una persona completamente innamorata – sembrava meglio che fosse andata in questo modo.

"Però, ecco... da qui a definirlo 'amore', quello, è un po' dura", continuò Tsukishima, mentre spostava lo sguardo dal mio viso al corridoio dell'autobus, dove una donna anziana camminava traballando verso la porta più vicina, minacciando di cadere tragicamente sotto il peso di tre borse della spesa straripanti di pacchi di farina e biscotti integrali. Tsukishima si alzò e indossando il sorriso più luminoso che poté offrì una mano alla signora, aiutandola a portare due delle borse giù dal mezzo, appoggiandole sulla panchina proprio sotto alla pensilina della fermata. La donna non finiva più di ringraziarlo, elogiando la sua educazione e la sua prontezza, la sua generosità e la sua forza. Non potei fare a meno di ridere un po', mentre lui saliva nuovamente sull'autobus e ritornava a sedersi di fronte a me, col il viso rosso dall'imbarazzo.

"Smettila di ridere", mi lanciò uno sguardo che avrebbe potuto incenerirmi vivo, ed io mi affrettai a scusarmi, portandomi una mano alla bocca per nascondere l'ultimo strascico di una risata.

"E tu, invece, che mi dici?", mi chiese a un certo punto, cogliendomi un po' alla sprovvista. "Di tutta quella faccenda sull'amore, intendo", precisò.

"Mah, io...", iniziai, guardando fuori col fare di chi sta pensando a qualcosa di importantissimo ed estremamente serio. In realtà la mia mente cominciò ad annebbiarsi, ed ogni pensiero perse la sua forma, ogni parola si sciolse, ogni ricordo si trasformò in cenere e vapore. Il mio cuore smise di battere.

In un certo senso, speravo che mi facesse quella domanda. Di sicuro avrei dovuto aspettarmela, poiché di solito era in quel modo che funzionavano le conversazioni: si pone una domanda, si riceve una risposta, e dopo tocca all'altra persona rivolgere un quesito. Era forse quella la mia occasione per rivelargli i miei sentimenti? Ci voleva solo un po' di coraggio... Mille paranoie presero il sopravvento. Avrei dovuto solo trovare le parole con le quali iniziare il discorso, poi il resto sarebbe venuto da sé. Bastava una sola briciola di coraggio e il cuore in mano.

Perché io, prima di lui, non avevo mai amato davvero, non avevo mai amato nessuno in assoluto. C'è un detto molto famoso che dice:"il primo amore non si scorda mai" – ma io non sapevo dire se fosse vero o meno. Tutto quello che sapevo era che era stato lui ad insegnarmi il significato di questa parola e la potenza di questo sentimento. E questo non avrei mai potuto scordarlo. Prima di lui avevo sognato a lungo un amore vero ed eterno, romantico come quelli rappresentati dai film, travolgente e mozzafiato, speciale ed indimenticabile. Lo avevo desiderato, bramato, immaginato fino a starci male. E, alla fine, era giunto da me quando meno me lo aspettavo, quando avevo smesso di cercarlo disperatamente. Un sentimento così forte da stravolgermi la vita si trovava proprio lì, davanti a me, e lo era sempre stato: negli occhi color nocciola del mio migliore amico. Sentii le mani tremare e temetti che, se avessi aperto bocca, la voce mi si sarebbe spezzata mentre parlavo.

"Allora? Ti sei perso nei meandri dei tuoi pensieri?", mi incalzò Tsukishima con un'acidula nota di sarcasmo nella voce e un ghigno divertito in viso. Non disprezzavo affatto il suo uso smisurato dell'ironia, riusciva sempre a farmi spuntare un sorriso sul volto e ad alleggerire ogni situazione complessa e snervante, proprio come questa.

"No, no", ridacchiai. "Stavo pensando al fatto che non mi sono mai innamorato."

Non mi sono mai innamorato. Udii quelle parole scivolare fuori dalla mia bocca prima che potessi anche solo accorgermene e fermarle. Non ero decisamente pronto ad aprire il mio cuore a Tsukishima. Mi mancava il coraggio di rischiare, il coraggio di rovinare la nostra amicizia, la cosa più importante che avevo. Se solo non fossi un codardo, fu l'unica cosa a cui continuai a pensare per il resto della nostra corsa in autobus. Il torbido pensiero di aver perso un'occasione importante continuava ad apparire davanti ai miei occhi, e si scontrava con veemenza con la debole certezza di non aver rovinato tutto quanto, pronto a far crollare quest'ultima.

"Non lo trovi strano? Siamo adolescenti, quasi adulti ormai, e non abbiamo mai provato l'amore", mi disse lui, guardandomi a fondo negli occhi, leggendomi nell'animo come un libro aperto, facendo palpitare il mio cuore. Poi s'alzò d'improvviso, si mise lo zaino in spalla, si sistemò gli occhiali sul naso e s'incamminò verso la porta aperta dell'autobus. Non mi ero nemmeno reso conto che il mezzo si era fermato, né tantomeno che fossimo arrivati alla fermata dove lui era solito scendere.

"A domani, Yamaguchi", sussurrò, appoggiando per un secondo la sua mano sulla mia spalla. Non feci in tempo a salutare che era già sparito alla mia vista.

Passai il resto del viaggio fino alla mia fermata immerso a mollo nei miei pensieri, tutti focalizzati irremovibilmente sulla conversazione che avevamo appena avuto: continuai a ripensare ad ogni sillaba che avevamo pronunciato, ad ogni singolo sguardo che ci eravamo scambiati, provando e riprovando ad analizzare il comportamento del biondo nei miei confronti. Tutto quello che ottenni fu un gran mal di testa. 

Probabilmente avrei continuato a vivere con la speranza di smettere di amarlo una volta per tutte. Avrei continuato a vivere ogni giorno pregando di svegliarmi la mattina seguente e non sentire le farfalle nello stomaco al solo pensare a lui. Ma sapevo che avrei continuato ad amarlo per molto tempo. 

彡 ꒰ 🌨️ ꒱.ೃ

pubblico prima di pentirmene. so che nel fandom di haikyuu questa ship è piuttosto mainstream, però i loro personaggi e la loro relazione si adattano benissimo a quello che dovevo scrivere e ai miei sentimenti, perciò ho pensato perché no? in più yamaguchi ha tutto il mio cuore. 

ps. come si supera definitivamente un amore che ti ha lasciato col cuore infranto? 

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