𝘀𝗸𝘆 ~ 𝘀𝗼𝗹𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼
words count: 3960
one shot for -winterhunter
summary: dove nico inizia ad amare ancora di più la sera, per via dei continui incontri con questo strano ma affascinante ragazzo biondino, bellissimo e misterioso. parlano tutte le sere, tutte le notti quasi fino all'alba. Ma la magia si spegne proprio appena i primi raggi del sole tornano a fare capolino.
rating: green-sfw praticamente solo fluff.
++ dopo aver letto da un commento che si poteva scrivere su questi due non potevo non farlo. Mi dispiace ancora per il ritardo spero che vada bene <3
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Io non credo nelle coincidenze, penso che nulla sia dovuto al caso, io, Nico di Angelo, etichettato costantemente come il pessimismo in persona, credo fortemente nel destino, il fatto che certe volte questi sia un infame che si diverte a vedere noi poveri mortali disperarci, è solo il campanellino d'allarme che ci deve ricordare che non tutto è rose e fiori. Certe volte, vorrei chiederglielo, al destino, se si diverte a vederci soffrire, a rincorrere le persone tossiche o a girare intorno cadendo sempre negli stessi stupidi errori.
Certe volte, vorrei scrivergli col pennarello indelebile un bel "vaffanculo" sulla porta di casa, perchè non credo sia tanto divertente manovrare la vita delle persone come se fossero delle bambole di pezza. Insomma io, Nico di Angelo, credo nel destino e per quanto lo ritenga uno stronzo insensibile, penso di aver finalmente ripagato a tutti miei errori perchè forse, per la prima volta, sta succedendo qualcosa di positivo nella mia vita.
Questa cosa ha occhi fin troppo azzurri e una zazzera di capelli fin troppo biondi, accompagnati da un abbigliamento fin troppo colorato. Ecco, se dovessi descrivere questa cosa con un aggettivo direi decisamente troppo. Questa cosa ha un sorriso dolce, i capelli legati dietro la testa in un codino, i polsi adornati da braccialetti e bandane, questa cosa ha un nome e cognome, che purtoppo ignoro, e questa cosa è uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto.
Io credo nel destino, credo che questo si sia capito, per cui dubito fortemente che sia solo una mera coincidenza che io e questo ragazzo ci incontriamo ogni sera sulla metro. Io odio la metropolitana di giorno, è un posto fin troppo affollato, le persone sono tutte ammassate come una scolaresca dopo il suono della campanella, in questo spazio troppo stretto. Le voci si sovrappongono tra di loro, creando un brusio insopportabile che va a trapanarti nelle orecchie. A volte poi, puoi anche avere la sfiga di non trovare posto e dover restare in piedi, rischiando di essere sbalzato a terra dai continui scossoni del mezzo. La metropolitana di sera invece, è fin troppo inquietante, quasi del tutto vuota e le poche persone che ci sono sembrano tutte così poco raccomandabili.
Ma lui no, lui è bellissimo e trasmette tranquillità nel suo tranquillo ondeggiare delle gambe, con quelle converse gialle alte, i cui lacci sono adornati da perline colorate, frasi di canzoni scritte sui bordi e uno smile disegnato sulle punte leggermente sgualcite. Lui trasmette calma, lui trasmette tranquillità. Credo nel destino ma prima di lui non credevo nell'amore a prima vista. Eppure, appena i miei occhi scuri hanno incrociato i suoi fastidiosamente azzurri, ho capito che se tutti noi abbiamo un filo rosso attaccato alla punta del dito che ci congiunge alla nostra anima gemella, i nostri sono per forza di cose indissolubilmente collegati.
Non saprei spiegare il perchè o il per come, so solo che è così, so solo che ogni sera, dopo essere rientrato dal mio turno serale come barista in un bar del centro, spero di trovarlo lì, seduto vicino al finestrino, vestito sempre con quei jeans chiari larghi e un po' scoloriti, le t-shirt oversize e la camicie o le giacche lasciate aperte a lasciar vedere le ennesima fantasie improponibili delle magliette.
Io amo la sera, amo tutto ciò che questa porta: la quiete, la luna e le stelle, il silenzio rilassante, interrotto solo dal bubolare dei gufi. La sera è il momento della giornata che preferisco, uscire fuori sul piccolo terrazzo del mio trilocale, prendere un libro e leggere mentre la città dinanzi a me dorme. Ma lui, lui hai reso la sera ancora più bella. Forse è stupido, forse è infantile, ma controllo spasmodicamente l'orario solo perchè non vedo l'ora che la sera cali e, di conseguenza, di vederlo.
Lui c'è sempre, ogni sera mi sorride, anche se non mi conosce, ogni sera, salgo che lui è già nella metro e scendo che lui è ancora lì dentro. Mi chiedo, ogni tanto, a quale fermata si fermi, dove scende, cosa fa, quanti anni ha, come si chiama. Mi sorride per cortesia? Fa così con tutti? Datemi dell'egoista ma spero che quel sorriso lui lo rivolga solo a me. Non so chi lui sia, so solo che mi piace da impazzire e la cosa mi fa sentire estremamente stupido e protagonista di una storia clichè.
La gente mi dice che sono asociale, ma io...io non sono asociale, sono riservato, il che è totalmente diverso. Io sono riservato, amo stare sulle mie, amo poter stare da solo con i miei pensieri, amo la tranquillità della solitudine e sto bene nella mia solitudine. Non sono asociale, ho i miei amici, che adoro, ma ho bisogno del mio tempo, dei miei spazi, ho bisogno di stare da solo. E sono introverso e forse anche paranoico, per questo credo di non aver mai avuto il coraggio di andargli a parlare. Ho paura che lui un giorno non salga più su questa metropolitana, che non ci sarà il suo sorriso ad accogliermi e a colorare le mie serate, forse è meglio che io mi faccia i fatti miei e non gli vada a parlare, perchè non so se potrei sopportare il fatto di non vedere più il suo sorriso.
Eppure stasera, quando salgo sulla metropolitana, più stanco del solito e consapevole di avere domani un'esame all'Università e che mi aspetterà una nottata di ripasso sfrenato, sento tutti i nervi sciogliersi nel vederlo qui. Le cuffiette nelle orecchie, la tempia poggiata contro il finestrino, il suo sguardo che si incrocia con il mio e il dolce sorriso che gli compare sulle labbra. Non vado a sedermi al solito posto, due sedie più avanti a lui, non so perchè, ma stasera non voglio vederlo solo dal riflesso del finestrino. Non c'è nessuno sulla metropolitana, o almeno non su questo vagone, arrivo lì, dove è seduto, un sorrisetto imbarazzato a indicare il posto accanto vuoto.
<Posso?>. Lo vedo lo stupore aleggiare in quegli occhi azzurri, vedo come si guarda intorno, come a volersi assicurare che stia parlando con lui, anche se mi sembrerebbe strano il contrario siccome siamo gli unici passeggeri. Mi guarda e mi sento sciogliere, perchè sembrano ancora più azzurri i suoi occhi visti da così vicino. C'è del mascara sulle ciglia vero? Sono scure e non chiare come ci si aspetterebbe, leggermente incurvate. Noto solo ora che ha il viso costellato di lentiggini e sì, ha all'incirca la mia stessa età.
<Certo, fai pure> la voce è dolce come se fosse miele, trasmette tranquillità come ogni particella del suo corpo. Chissà come suona il mio nome pronunciato da quella voce. Mi siedo accanto a lui, abbasso il cappuccio della felpa che avevo tirato su per il leggero freddo e, a differenza di come faccio di solito, non prendo le cuffie per mettere la musica, non mi metto a guardare il riflesso del misterioso ragazzo della metropolitana, perchè sta proprio qui accanto a me. Dovrei dire qualcosa? Probabilmente sì, ormai mi sono seduto qui dovrei rivolgergli la parola, forse uscirmene con una mezza battuta del tipo "di nuovo qui?" o qualcosa del genere...-
<Non pensavo saresti mai venuto a parlarmi> parla lui. Parla lui ed io ci metto qualche secondo ad assimilare quello che mi sta dicendo.
<Perchè non avrei dovuto?> chiedo quando sembra che sia riuscito a riacquistare la facoltà di parola.
<Pensavo mi trovassi inquietante> ridacchia piano lui, tenendo lo sguardo abbassato sulle proprie mani.
<Sai, sempre su questa metropolitana, solito posto, solito orario> spiega quando il mio sguardo si corruccia appena per la confusione. Io? Trovarlo inquietante? È il ragazzo più bello che io abbia mai visto, potrebbe mai ispirarmi inquietitudine? Ovviamente non dico niente di tutto questo, ma mi limito a scuotere appena la testa.
<Avrei voluto parlarti dal primo giorno in cui ti ho visto> confesso, non sapendo neanche dove trovo il coraggio di mettere in fila quelle parole. Vedo la sua testa alzarsi, il suo sguardo incrociare il mio, vedo una nota di stupore aleggiare in quegli occhi azzurri mentre mi sorride. Il suo sorriso ti rapisce, ti prende il cuore e te lo mette sottosopra, sprigiona uno sciame di farfalle nel tuo stomaco. Sorrido un po' anche io, un po' in imbarazzo, un po' perchè quel sorriso e dannatamente contagioso. Non fa in tempo a dire nulla, che la metropolitana si ferma e la familiare voce metallica mi avvisa che quella, è proprio la mia fermata.
"Chiedimi di restare", penso, "chiedimi di restare e giuro che lo farò, chi se ne frega dell'Università, degli esami, chiedimi di restare un altro po' con te, chiedimi di uscire e prendere un caffè, chiedimi di fare un giro in centro. Cinque minuti, solo altri cinque minuti, giuro che mi basterebbero".
Mi alzo, mi alzo mentre il sorriso sulle mie labbra prende una sfumatura un po' triste, gli faccio un cenno con la mano e mi avvio verso la porta per uscire, sto per mettere un piede fuori quando mi rigiro, mi sta guardando.
<Come ti chiami?> chiedo, perchè è la prima cosa che mi viene in mente, voglio solo poter dare un nome al ragazzo di cui sicuramente finirò per innamorarmi. Non risponde, abbassa lo sguardo come se non mi avesse sentito, probabilmente è così, ma non faccio in tempo a chiedergli di nuovo il nome che le porte stanno per chiudersi e mi fiondo giù dal mezzo con l'amaro in bocca.
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La seconda volta che ci parliamo, è esattamente il giorno dopo. Inutile dire, che per l'esame dell'Università ieri sera non ho studiato assolutamente nulla, leggevo le righe ma senza assimilare nulla, l'unico pensiero era il biondino della metropolitana. Inutile dire che non sono passato. Solito orario, solito freddo invernale, solita stazione vuota e lui, è sempre lì, sempre al solito posto e come ogni volta mi sorride quando lo vedo. Ricambio appena il sorriso, andandomi a sedere accanto a lui come l'ultima volta. Abbasso il cappuccio e sospiro pesantemente, passandomi una mano sul viso.
<Giornata stancante?> chiede e sobbalzo appena nel sentirlo parlare. Non me l'aspettavo che iniziasse anche stavolta una conversazione, ma invece così succede.
<Parecchio già> mi giro verso di lui, poggiando il gomito sulla coscia e la testa sulla mano.
<Come mai?> chiede sempre con quel leggero sorriso che lo connota. Riuscirei a distinguere il suo sorriso tra quello di otto miliardi di persone. Il modo in cui si incurvano le labbra, le fossette che si creano sulle guance, il modo in cui il naso si arriccia e si formano delle piccole rughette dell'espressione attorno agli occhi.
<Il mio capo è uno schifoso malato, ma io devo pagarmi l'Università e lasciare il lavoro non è un opzione, in più si approfittano di noi più giovani e lavoriamo un sacco per ottenere molto meno di quello che ci spetta> sospiro pesantemente <e stamattina sono stato anche bocciato ad un'esame dell'Uni, quel bastardo del mio migliore amico si è scordato di venirmi a prendere perchè doveva stare con la sua fidanzata. Mentre andavo a lavoro si è messo a piovere e sono stato con questa felpa bagnata durante tutto il turno> spiego facendo un gesto plateale con le mani <Eccoti la mia vita da sei mesi a questa parte>.
Lo sento ridere anche se non lo vedo, mi giro verso di lui e incontro il suo sorriso.
<Hai una vita davvero incasinata>
<Non sai quanto> sospiro, mentre ricade di nuovo il silenzio. Non è un silenzio pesante o colmo d'imbarazzo, cosa strana siccome tra due quasi totali sconosciuti, un silenzio è sempre imbarazzante. Forse è proprio lui, il suo modo di sorridere, di parlare, di gesticolare che ti mette a tuo agio anche senza che tu dica o faccia qualcosa.
<Tu stai tornando a casa?> chiedo dopo un po', mal celando palese curiosità. A mia discolpa, posso dire che mi sono creato così tanti film mentali su questa conversazione, che sprecare l'opportunità senza proferire parola è l'ultimo dei miei pensieri. Lui scuote la testa indicando il tabellone delle fermate.
<Scendo a quella lì, c'è una zona carina dove mi piace stare la sera> mi spiega, indicando una fermata che sta a tre dopo la mia. Non sono mai stato lì se non una volta perchè mi ero addormentato sulla metro e mi sono risvegliato decisamente troppo in là. Quella sera dovetti chiamare Jason, il mio migliore amico, per venirmi a prendere che erano quasi le due.
<A quest'ora?> chiedo piuttosto stupito. Lui si limita ad una scrollata di spalle, accompagnata da un sorriso <Certo che sei un tipo strano> aggiungo subito dopo, poggiando i piedi sui sedili di fronte, tanto non c'è nessuno che possa lamentarsene.
<Io? Sarei strano? Ma dai e tu?>
<Che cosa avrei di strano?> chiedo scettico, guardando come sono vestito e poi lui.
Ridacchia appena, chinando il capo mentre una ciocca che è sfuggita dal codino gli ricade sul viso. Vorrei potermi avvicinare e scostargliela.
<Oh avanti, ti ho sentito tutte le sere ascoltare quelle urla nelle cuffie e vuoi dirmi che non sei qualcuno con gusti strani?>.
Arrossisco appena, sia perchè non pensavo che ascoltassi la musica a così alto volume che anche gli altri potessero sentirla e sia perchè, da quanto ha detto, posso dedurre che anche lui mi ha guardato per varie sere. Il terzo pensiero che mi passa per la testa è però che lui, biondo ossigenato del cazzo (in realtà dubito che i suoi capelli siano tinti ma ho bisogno di qualcosa contro cui attaccarmi) ha insultato la mia musica.
<Idiota, quelle "urla"> dico mimando le virgolette con le dita <come le chiami tu, si chiamano Metal e non è musica da strani> sbuffo incrociando le braccia in un posa che deve risultare decisamente infantile <vorrei tanto sapere cosa ascolti tu di grazia> aggiungo piccato. Lui sorride come se nulla fosse, con quella punta di divertimento nello sguardo che non so se mi fa più innervosire o incantare perchè è bello anche quando spara cazzate o quando mi sta palesemente prendendo per il culo.
<Beh se scendi con me posso anche fartela ascoltare> dice, distogliendo lo sguardo, improvvisamente con un tono molto meno sicuro. Le noto, le guance che vanno via via ad arrossarsi mentre si schiarisce la voce <Sì, insomma, solo se vuoi ovviamente, non sei costretto so che non ci conosciamo neanche e sì, ecco, non mi offendo se hai di meglio da fare ovviamente->
<ehi, ehi, frena> ridacchio guardandolo <mi va bene, va benissimo, non ho nulla da fare...> mi affretto ad aggiungere. Leggo stupore misto a quello che sembra sollievo brillare nei suoi occhi, mentre annuisce abbassando lo sguardo.
<Bene>
<Bene> confermo. Restiamo in silenzio per il resto del viaggio, che alla fine dura solo qualche manciata di minuti prima che venga annunciata la fermata. Il biondino mi fa cenno di seguirlo, mentre saliamo le scale che ci riportano tra il movimento della sera. Si sente la musica dai locali, l'odore acre del fumo delle sigarette, il vociare e le risate dei ragazzi e delle ragazze, i rombi dei motorini e delle macchine e i tintinnii di bicchieri dalle porte dei bar.
<Ci mettiamo giusto dieci minuti da qui> mi avverte, imboccando una strada che ci porta fuori dalla calca di gente. Anche tra le centinaia di persone che ci circondano, i miei occhi seguono solo e solamente la sua figura che con scioltezza si fa spazio tra le persone. Tra tutti i ragazzi e tutte le ragazze, i miei occhi sono solo e solamente puntati su di lui e sarebbe così anche se al suo fianco ci fosse quello che viene ritenuto l'uomo più bello di tutti. Non mi accorgo che siamo arrivati, fin quando lui non si ferma di colpo ed io rischio di cadergli addosso.
<Eccoci qui> esordisce, facendo un cenno al paesaggio che si palesa davanti a noi. Siamo su una piccola altura piuttosto isolata, c'è qualche coppietta qua e là, ma tendenzialmente siamo abbastanza da soli. Da qui sopra, la città vive sotto i nostri occhi e continua nella sua quotidianeità. I rumori arrivano molto più soffusi, non riesci più a distinguere per bene le persone ma vedi solo calche di gente senza volto.
Si siede sull'erba leggermente umida, facendomi cenno di fare lo stesso e mi tende una cuffietta. Nella luce della sera, sembra ancora più bello se ciò è possibile. L'azzurro degli occhi sembra quasi risplendere nel buio della sera, il biondo sembra più scuro e sono sicuro che riuscirei a trovarlo ovunque, lo riconoscerei anche in mezzo alla folla, anche nel buio più totale.
Forse è stupido, forse è un po' da sottone, insomma, non lo conosco neanche questo ragazzo, ma quando mi tende una cuffietta tutto ciò passa in secondo piano. Mi tende la cuffietta, mi mette un braccio attorno alle spalle quando nota che ho freddo, parla a bassa voce tra una canzone e l'altra chiedendomi se mi è piaciuta e senza neanche accorgermene, siamo quasi all'alba e mi sta salutando. Vorrei chiedergli se ci vedremo domani, vorrei chiedergli il suo numero, vorrei chiedergli se lo ritroverò sempre sulla metropolitana domani sera, se mi aspetterà con il suo sorriso. Ma non faccio niente di tutto ciò e risalgo sulla metropolitana realizzando di non avergli neanche chiesto il nome.
Ed ogni sera, si ripete tutto di nuovo come in quei film dove qualcuno è costretto a ripetere per sempre la propria giornata fino a quando non riesce a sistemare le cose. Ma nel mio caso non sistemerei niente in alcun caso. Ogni sera scendo alla sua stessa fermata, saliamo sulla collinetta e ci mettiamo a guardare le stelle, o ascoltiamo la musica, io gli ho fatto ascoltare gli Slayer, i Metallica, gli Iron Maiden e i Black Sabbath.
Altre volte parliamo e basta, spettatrice dei nostri appuntamenti solo la sera, che porta con sè le stelle e la luna. Ed ogni volta, ogni volta che vedo i primi raggi del sole comparire, chiedo solo altri cinque minuti, solo cinque minuti e poi ve lo ridò, ve lo giuro. Voglio solo poter vedere il suo sorriso per altri cinque minuti, poterlo sentir parlare di cosa non importa. E non so neanche come si chiama, pensate come siamo messi. Perché arriviamo all'alba, che l'unico mio pensiero è che vorrei che il tempo si fermasse quando siamo insieme, chiedergli il nome neanche mi sfiora.
Questa sera, è una delle tante sere in cui siamo sdraiati sul prato ad osservare le stelle e anche questa sera spero che il tempo passi quanto più lentamente possibile perchè non voglio ritornare alle solite giornate monotone. È strano pensarci, perchè solitamente le persone vedono la sera e la notte come un momento quasi malinconico, triste. Io amo la sera, amo tutto ciò che porta e amo soprattutto che ciò comporti vedere lo "sconosciuto".
<Ma come non riesci a vederlo!> sbuffa ad una certa, distogliendomi dai miei pensieri. È da quando siamo arrivati, circa un'oretta fa, che si è fissato con l'idea che deve riuscire a farmi vedere alcune stelle e alcune costellazioni. Insomma, forse sarò io quello con un'immaginazione pari a zero, ma io questa costellazione del cane proprio non riesco a vederla.
<Vedi? Quelle dovrebbero essere le zampe> dice indicando un punto del cielo. Giuro che mi sforzo a seguire il punto da lui indicato, ma io riesco a vedere solo centinaia di stelle tutte uguali e non di certo le zampe di un cane.
<Te l'ho detta tremila volte, non riesco, ma dove le vedi ste zampe?> sbuffo, portando le braccia dietro la nuca e guardando il cielo.
<Un po' di immaginazione ragazzino, vedi quella stella lì? Quella così luminosa?> mi sento un minimo sollevato quando realizzo di vederla, altrimenti il biondino potrebbe davvero pensare che io sia completamente cieco.
<Mhmh> annuisco <quindi?>
<Quella è Sirio, la stella più brillante del cielo notturno e fa parte della costellazione del cane e...> mi perdo il resto del discorso. Me lo perdo perchè mi ha appena preso la mano, me lo perdo perchè sento lo stomaco sprofondare dapprima per le farfalle nello stomaco e poi per la delusione di aver realizzato che mi ha preso la mano solo per farmi indicare la stella che intendeva.
<Vedi? E se segui le altre stelle, quelle sono le zampe del cane, quella la testa e quella la coda!> conclude guardandomi speranzoso. È consapevole che non ho ascoltato un quarto di quello che mi ha detto? È consapevole che, razza d'idiota, così mi manda in tilt? No che non lo sa, altrimenti sarebbe un sadico del cazzo.
<Adesso sì> mento, fingendo di guardare questa costellazione che in realtà, io proprio non riesco a vedere. Il suo sorriso soddisfatto, mi blocca dal dirgli questo però, perchè non vorrei mai che lui smettesse di rivolgermerlo.
<Che belle le stelle stasera> esordisce, senza lasciarmi la mano ma lasciandole ricadere sull'erba del prato ancora intrecciate.
Le parole lasciano le mie labbra prima che io possa fare qualunque cosa per fermarle, forse sono stupido, forse sono un incosciente, forse ho un'innata capacità per rovinare le cose, forse tutt'e tre insieme, ma il primo comando che il mio cervello manda alle mie labbra è dire:
<Già, anche la luna è molto bella vero?>
Finisco di pronunciare le parole che mi sto già insultando mentalmente. La luna è molto bella, tsuki ga kirei desu me, in Giapponese questa frase significa ti amo. Forse è una cosa un po' stupida, forse è decisamente un modo stupido per dichiararsi soprattutto perchè io, questo ragazzo, neanche lo conosco. Eppure lo so, lo so e basta, so che io e lui siamo fatti per stare insieme, so che è la persona giusta per me ed è qualcosa che sento e basta. Ma è la prima volta che mi pongo l'interrogativo che, forse, non sono io quello giusto per lui. Magari è come in quei film dove incontri la tua anima gemella ma tu non sei la sua. Forse sto per rovinare tutto. Spero che non capisca, inizio a sperare quando ormai è troppo tardi, che lui non conosca il significato dietro questa frase e che si limiti ad annuire.
Ma no, no perchè sgrana gli occhi e si gira di colpo verso di me. Poi è tutto un attimo, tutto avviene in una frazione di secondo e le scuse che stavano per strabordare dalle mie labbra vengono attutite dalle sue labbra che si posano sulle mie e allora tutto smette di avere senso. Tutti i dubbi, tutte le domande e tutti i problemi spariscono appena le sue labbra si poggiano sulle mie, la sua mano mi sfiora la guancia e riesco a percepire il suo calore in ogni cellula. Ci stacchiamo dal bacio che l'unico pensiero che mi passa per la testa è "dammene ancora", perchè non mi potrei mai stancare di lui.
<Ti prego dimmi che non ho frainteso tutto> ridacchia, guardandomi con gli occhi che brillano leggermente. L'unica cosa sensata che mi viene da fare è prenderlo da dietro la nuca e baciarlo di nuovo, ancora e ancora e ancora. Le luci di sera le uniche spettatrici del nostro amore, le sue ombre che ci celano dagli occhi di tutti mentre ridiamo tra un bacio e l'altro.
<Will, comunque mi chiamo Will> lo guardo un attimo e lo ribacio a stampo,
<Nico, mi chiamo Nico> e poi di nuovo tutto d'accapo.
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