⠀𝐎𝟐.⠀❪ 🖇 ❛ ᥡ᥆ᥙ'rᥱ ᥡ᥆ᥙ, ᥲᥒძ ᥒ᥆ ᥆ᥒᥱ ᥱᥣsᥱ ❫
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𝙄𝙣𝙛𝙤𝙧𝙢𝙖𝙩𝙞𝙤𝙣:
𝐒𝐓𝐎𝐑𝐘 𝐓𝐘𝐏𝐄: hurt/comfort
𝐂𝐇𝐀𝐑𝐀𝐂𝐓𝐄𝐑𝐒: nightingale candace, hagström henry (Vivy's oc)
𝐖𝐎𝐑𝐃𝐒: ~ 17 k
𝐑𝐄𝐋𝐄𝐀𝐒𝐄𝐃 𝐎𝐍: 22.01.22
𝐑𝐄𝐕𝐈𝐒𝐄𝐃 𝐎𝐍: 23.09.23
𝐓𝐑𝐈𝐆𝐆𝐄𝐑 𝐖𝐀𝐑𝐍𝐈𝐍𝐆𝐒: incubi, perdita di un genitore, violenza domestica, sangue, parolacce, unhealthy copying mechanism
𝐑𝐈𝐀𝐒𝐒𝐔𝐍𝐓𝐎: una foto che scaturisce una reazione a catena. Forse essere la primogenita femmina della famiglia non è la migliore cosa, soprattutto quando sei comparata a tua madre.
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" cosa hai trovato? "
L'uomo sulla ormai cinquatina raggiunse la figlia adulta, quale stava seduta a gambe accavallate su un lato del letto matrimoniale, e teneva sulle sue cosce una scatola in cartone rovinata e polverosa.
Rimasta sorpresa ed ipnotizzata dalle foto scovate sotto il grande letto matrimoniale, non diede risposta subito ma bensì rimase ad analizzare quest'ultime come se ci fosse qualcosa di sbagliato ma affascinante in esse.
Era una foto di una coppia su un ampio prato verde. L'uomo vestiva di uno un completo giacca e cravatta nero, dei pantaloni e moccassini del medesimo colore ed una camicia bianca, l'unica parte del vestiario di un colore diverso.
La donna, d'altro canto, vestiva un grande e grosso vestito dalla gonna ben elaborata e composta da vari strati di tessuto, quale la rendevano ampia ed ingombrante, ed il corsetto poco decorato e apparentemente liscio, cui aveva pure una grande scollatura a "V" e mostrava quasi per intero il petto pallido, non era in possesso di maniche lunghe; sui suoi lunghi capelli biondi c'era un cerchietto con che aveva un velo che toccava il suolo; fra le sue mani si trovava un mazzo di fiori, per la precisione rose rosse, avvolte da uno strato di carta nera e legato infine con un nastro dorato. L'intero outfit della donna era completamente di un sol colore: nero. Nero come la pece, mentre entrambi sorridevano. Erano felici abbraciati assieme e l'uomo stava dando un bacio sulla guancia all'altra.
Era rimasta stranita dalla donna in quell'abito nero. Aveva l'aspetto di un modello per i matrimoni, ma era nero.
Da quel che lei sapeva gli abiti da nozze per le donne erano sempre bianchi.
Non reputava quest'ultimo penoso, anzi, era abbastanza colpita nel sapere che quella donna, sua madre, avesse deciso di vestire di tale colore in uno dei giorni più importanti della sua vita.
" perchè mamma ha addosso un vestito nero? Non era il vostro matrimonio, per caso ? "
La sua voce esprimeva curiosità e perplessità, volendo saperne di più al riguardo. Sapeva che ella fosse stata una donna particolare, ma ancora non si spiegava il motivo di tale scelta.
Non dava l'aspetto di un funerale così?
Non credeva che molte persone l'avrebbero criticata?
Non pensava che avrebbe rovinato l'atmosfera che si trova ai matrimoni?
L'uomo si sedette vicino all'altra, portando peso dalla sua parte di materasso e affondando un po' più in giù.
" ah giusto, tua madre voleva mettere un vestito del genere. Non mi ha mai spiegato perchè. Diceva sempre che fosse un'idea originale o cazzate varie "
Ridacchiò lui stesso alle affermazioni fatte, come se esse fossero state parte di uno scherzo.
Lei però non le trovò spiritose, bensì tirò un sospiro per l'insoddisfazione.
Doveva aspettarselo. Sua madre era stata una donna da idee considerabili poco normali, ci si poteva aspettare di tutto da lei, anche questo, purché riuscisse a colpire d'occhio le persone.
Passò la mano sulla foto per spostarla e trovò sotto di essa un'altra.
Questa volta lo sfondo cambiò e si trovavano fuori una struttura bianca.
Non riusciva ad immaginarsi dove fossero i due con precisione, eppure non volle soffermarsi su questo, bensì su i 3 bambini nella foto, assieme alla coppia.
Due maschi ed una femmina.
I due più grandi e quella più piccola.
I due suoi fratelli maggiori e lei da piccoli.
In questa foto avranno avuto all'incirca 11-12 anni, mentre lei a malapena 3.
Si soffermò su cosa lei vestisse.
Era un abito rosa chiaro ed un cerchietto dello stesso colore.
Non aveva alcuna memoria di queste foto, né tantomeno del matrimonio in generale. Era piccola dopotutto.
" oh guardati, mi ricordo ancora quando stavi lanciando dei petali assieme alle tue cugine. Dovevi vederti: eri proprio adorabile "
Passò una mano sulla testa della figlia, inziando a scuoterla in modo scherzoso per rovinarle i capelli scuri.
Lei, d'altro canto, arrosì e rise imbarazzata.
Certo, era un momento di gioia, ma pensare a tutti quei occhi puntati addosso degli invitati la portavano a sentirsi un po' ridicola.
Rimasero su quel lettone matrimoniale per un po' di minuti, sfogliando le varie foto con tanto di commenti dell'uomo più vecchio e domande senza o con risposta incerta fatte dalla più giovane.
Da quando aveva visto quelle foto non aveva smesso di sorridere, come se fosse l'unica emozione che provasse nel vederle fosse gioia. Niente commenti negativi o nostalgici. Era un lontano ricordo che lui sembrasse tenere caro della persona cui si era promessa di stare assieme fino alla morte.
Non gli dava fastidio per caso?
Non credeva fosse solo un'ingiustizia?
Non le mancava per caso?
Era lei quella piena di risentimenti?
Davvero? Non gli fregava?
Era l'unica che provasse amarezza nel vedere queste foto?
Strinse i denti e mise pressione con il pollice della mano destra, quale era in possesso dell'ennesima foto.
Erano abbracciati l'un l'altra e si stavano baciando.
" come era mamma ai quei tempi? "
" uhm... molto testarda e non si faceva problemi a dire la sua o a farsi in 4 per la famiglia. Sai, le assomigli proprio. Certe volte sembra proprio che la sua presenza non se ne sia mai andata quando ci sei tu in casa "
Cessarono le sue parole ed un silenzio scomodo calò nella stanza.
Non... Sapeva a come reagire a quell'affermazione.
Doveva essere un complimento, supponeva.
Ma non sembró prenderla bene.
Non capiva perchè.
" oh beh, grazie mille di averle trovate. Probabilmente ne incornicerò alcune e lascerò sul comò "
L'uomo si alzò stiracchiando le braccia e poggiò lo sguardo nuovamente sulla ragazza.
" sembri stanca. Vuoi una birra? Hai riposato di recente? "
" meglio di no. Sono arrivata con la motocicletta. Eh sì, dormo che una meraviglia "
Si lasciò scappare una piccola risatina, mentre l'altra accennò un lieve sorriso sulle labbra.
" ora, se non ti dispiace, vado a controllare cosa stanno combinando quelle due. C'è troppo silenzio e la cosa non mi piace "
Avrebbe voluto passare del tempo con le sue due sorelline prima di tornarsene a casa, magari per trovare un po' di conforto in loro o dimenticandosi delle sensazioni e domande che ha.
Ed effettivamente fu così: sentire le chiacchiere di una mentre l'altra commentava con espressioni facciali davvero drammatiche aveva aiutato ad allontanare quei brutti ricordi come al solito, ma non se ne sarebbero mai andati.
...
Il bastone fatto in legno di cocobolo continuava a girare fra le sue mani ad una velocità assurda, quasi sparendo dalla vista poiché non si riusciva a stare allo stesso passo della tecnica dell'artista.
Non aveva ancora messo cibo in bocca, ma al momento la sensazione di fame non era nulla al confronto delle emozioni che ella stesse provando.
Si sentiva così confusa dal motivo che scatenò questo suo cambio d'umore.
Erano solo delle stupide foto, nulla di più.
Perchè si sentiva triste?
Perchè si sentiva delusa?
Perchè si sentiva debole contro questi pensieri?
Perchè si sentiva abbandonata a sè stessa?
Perchè si sentiva come se, appena smettesse di stancarsi durante gli allenamenti extra nelle arti marziali, tutte quelle sensazioni ed emozioni l'avrebbero aggredita? Magari proprio dietro le sue spalle.
No, non poteva permetterselo di cadere così.
Era nata con uno solo scopo: proteggere ciò che più le sta caro.
Non poteva permettersi errori, attacchi a sorpresa o tralasciare piccoli segnali che potessero essere prova finale di essi.
Giorno e notte si allenava con questo obiettivo.
Giorno e notte si prendeva cura dei suoi fratellini.
Giorno e notte riusciva a tenere tutto dentro, non disturbando nessuno.
Perchè fermarsi adesso?
Aveva iniziato così sin sa quando sua madre lasciò questo mondo. Che senso avrebbe cessare come se ella stesse lasciando un grosso progetto alle spalle?
Un passo falso e sarebbe stata la fine per lei.
Un passo falso e tutto ciò di cui era in possesso, la sua ragione di vita, poteva sparire con uno schiocco di dita.
Un passo falso e lei sarebbe caduta da quel grande, alto precipizio su cui rimaneva in equilibrio sul bordo da ormai fin troppo tempo.
Doveva tenersi all'allerta.
Doveva saper prevedere le mosse che l'avversario poteva usare nel tentativo di metterla fuori gioco.
Non gli avrebbe concesso la vittoria.
Doveva sempre essere quella più veloce, agile e coordinata e far valere il suo nome e titolo da campionessa in arti marziali.
L'oggetto in legno continuava a fare giri e le sue mani stavano iniziando a far male, poiché non avesse preso una pausa come si deve.
Non la necessitava.
Non era nulla.
Questo dolore non era niente a confronto dei duri allenamenti a cui si era sottoposta.
L'unica cosa importante era allontanare le sensazioni negative.
Sì, allontanare la figura della donna in abito da sposa il più possibile da lei.
Allontanare ciò che la stava tormentando, non importa quanto stanca potesse sentirsi dopo ciò.
Doveva farlo.
Era d'obbligo.
Non molla la spugna così facilmente.
Che figura avrebbe fatto, in caso avesse cercato di sbarazzarsi dell'oggetto fra le sue mani?
Non una positiva. Di quelllo ne era certa.
Continuava e continuava, faceva giri su sè stessa quasi alla stessa velocità con cui il bastone continuava ad agitarsi per aria e fra il suo corpo.
Si immaginava davanti a sè una semplice persona, difendersi da essa e colpirla ed prendersi la gloriosa vittoria.
Ed uno.
E due.
E tre.
E quattro.
E cinque.
E così via.
Non si fermavano ad arrivare.
Ma lei non stava minimamente pensando di arrendersi, continuando a segnare punti vittoriosi su una lavagna creata nella sua testa.
Eppure questi pensieri, quelle semplici figure quali faccia era assente, non sembravano allontanarsi.
Si avvicinavano invece.
Non riusciva a scoraggiarli.
Non riusciva a puntare quel bastone per allontanarli abbastanza.
Non riusciva a spingerli più lontano di qualche centimetro.
Ed a loro volta, questi non si facevano problemi a raggiungerla.
Venivano stesi dalla sua ira, ma continuavano a rialzarsi.
La sua faccia non esprimeva nè paura, nè timore, piuttosto concentrazione e furore.
Perchè non si fermavano?
Perchè continuavano a tornare?
Perchè non si stancavano alla sua stessa velocità?
Perchè non si arrendevano?
Cosa stava tralasciando nel doverli portare il più lontano possibile da lei?
E ancora e ancora continuava a scendere in quella sorta di limbo in cui lei stessa si era cacciata.
A scacciare quei pensieri.
A atterrare quelle semplici figure.
A far roteare quel bastone fra le sue mani.
A combattere senza sosta.
" Candace? "
La figura della donna si mosse con così tanta velocità e grazia, che la persona davanti a sè poteva credere del fatto che lei si fosse appena teletrasportata a pochi centimetri di distanza.
Puntava il bastone verso la sua faccia, a pochi centimetri dal colpirla.
Con quella faccia arrabiata, seria e minacciosa.
Non sapeva cosa pensare in quel momento, poiché si sentì il battito cardiaco pulsare dentro le orecchie, convincendosi in quei nanosecondi la sua vita sarebbe finita a causa di un bastone sul viso da parte della sua ragazza.
Rimasero così per pochi secondi, quali nella mente di entrambi sembravano minuti, anzi ore, a guardarsi fissi negl'occhi.
Uno impaurito dalla mossa improvvisa.
L'altra ancora oscurata dai suoi pensieri.
Ci mise poco a realizzare cosa stesse succedendo, successivamente mollando l'oggetto e facendo una faccia sorpresa.
" a-ah, scusa ero concentrata- "
" n-non ti preoccupare, colpa mia per averti disturbato... Ti ho portato dell'acqua? "
Le mostrò la bottiglietta d'acqua fredda fra le sue mani, per poi allungare le braccia e passargliela.
La ragazza afferrò la bevanda, senza proferire parola ed iniziò a scolarsela tutto d'un colpo.
La stanchezza si stava iniziando a far sentire, questa volta così pesantemente che, se ne avesse avuto la possibilità, si sarebbe pure appisolata sull'erba del piccolo giardino sotto casa sua.
Il silenzio fra i due era così assordante e scomodo.
Solitamente era lei quella a mandare avanti il discorso, magari con qualche commento scherzoso sulla faccia che l'altro avesse fatto qualche momento fa.
" ... hai un nuovo torneo per caso? Ti stai allenando da qualche ora... E si sta facendo buio, ahah "
Rimase a guardarlo con una faccia seria, per poi scuotere la testa come per scacciare i brutti pensieri.
Certo, rimanevano, ma almeno riusciva a degnare il ragazzo di una risposta.
" sì, hanno detto che non sanno la data precisa, ma sarà programmato sicuramente fra... due mesi a questa parte "
Annuí con aria decisa, sperando che fosse una scusa buona. Dopodiché sbadigliò.
Effettivamente si stava facendo tardi... Saranno state le nove di sera... supponeva. Solitamente è attorno a quell'ora che il sole tramonta.
" oh mhm, chiaro. Vedo che ti stai impegnando. Non che tu non lo faccia già di tuo, eh. Ti impegni sempre in ciò che fai... Sto dicendo che si notava molto nel tuo sguardo ecco... Meglio se sto zitto, va."
Queste parole fecero reagire Candace in modo positivo, portandola quasi a ridere.
E dal nulla, la donna più bassa avvolse le sue braccia attorno al torso dell'uomo, affondando la testa nel suo petto.
Poteva sentire ancora le mani di quelle figure assenti tirarle i capelli, aspettando solo che fosse a terra per prendersi ripicca.
Si doveva calmare, pensare a qualcos'altro.
Iniziò a prendere respiri profondi, concentrandosi su di lui.
Sentiva l'odore della colonia da uomo, quale egli sempre metteva, mischiato a quello del cibo che probabilmente stesse preparando per cena, prima che scendesse giù ad portartarle la piccola bottiglietta d'acqua.
Sentiva sulla sua guancia il cotone della camicia dell'altro mentre quest'ultimo avvolgeva le abbraccia attorno il corpo dell'altra, ricambiando l'abbraccio.
Lo sapeva che lei voleva bene a lui.
Glielo ricordava ogni giorno.
Lo sapeva perfettamente che era una persona diretta.
Quando lei diceva una cosa lo intendeva veramente.
Eppure dentro di sè sentiva come se non riuscisse mai a mostrare quanto effettivamente lei tenesse alle persone più importanti nella sua vita.
Sentiva questa sensazione che riusciva a farle battere il cuore all'impazzata.
Una sensazione che la portava a dubitare di sè stessa e delle sue abilità.
Una sensazione che le provocava tremore.
Una sensazione che le faceva provare paura.
Ma non siamo ridicoli.
Questa era paura.
" va tutto bene? Sicura di non esserti spinta oltre oggi? "
" nah, sono solo un po' stanca. Odori di cibo. Andiamo a mangiare? "
Avrebbe voluto dirgli come si sentisse uno schifo, una merda totale.
Non ci riusciva.
Non poteva permetterselo.
Sarebbe tutto passato dopo la fine di questa giornata, no?
Era una questione di tempo.
Di resistenza.
Nulla di più.
Nulla di meno.
L'aveva fatto per tutta la sua vita.
Perchè fermassi adesso?
Non le serviva aiuto
Non lo necessitava.
Se l'era cavata sempre da sola e così andrà avanti ad essere.
" oh, allora ci penso io a sistemare la cucina dopo cena. Tu vai pure a dormire "
" ti aiuto, non è un problema "
" no, no, insisto. Ho visto quanto ti stavi impegnando. Prendila come una ricompensa. Suppongo... "
L'altra tirò un sospiro in risposta, staccandosi dell'abbraccio.
Stava cercando di convincersi che fosse una buona idea per una volta.
Dormendo, il tempo sarebbe passato più velocemente, no?
Non ci teneva nemmeno ad avere una "discussione amorevole" su chi dovesse pulire i piatti.
" e va bene. Hai vinto tu. "
Accennó un piccolo sorriso, incammonandosi verso l'entrata dellla loro casa con passo veloce.
Ancora sentiva quelle sagome che volessero aggredirla nel giardino, le loro mani nella sua lunga chioma quasi la stavano per far cadere e venir trascinata sul campo da "battaglia".
Quanto avrebbe voluto essere in possesso di un paio di forbici per tagliar i capelli fino a raggiungerle le spalle.
Si sarebbe sentita più tranquilla.
...
Sì, era solo una questione di tempo.
Domani sarà un altro giorno...
... Doveva solo sopravviverci. Come faceva sempre dopotutto.
...
𝘎𝘰 𝘢𝘯𝘥 𝘧𝘪𝘹 𝘺𝘰𝘶𝘳 𝘮𝘢𝘬𝘦 𝘶𝘱
𝘸𝘦𝘭𝘭 𝘪𝘵'𝘴 𝘫𝘶𝘴𝘵 𝘢 𝘣𝘳𝘦𝘢𝘬 𝘶𝘱
𝘙𝘶𝘯 𝘢𝘯𝘥 𝘩𝘪𝘥𝘦 𝘺𝘰𝘶𝘳 𝘤𝘳𝘢𝘻𝘺
𝘢𝘯𝘥 𝘴𝘵𝘢𝘳𝘵 𝘢𝘤𝘵𝘪𝘯' 𝘭𝘪𝘬𝘦 𝘢 𝘭𝘢𝘥𝘺
Rovinato.
Il primo aggettivo che veniva in mente a guardare la scena era rovinato.
La luce che illuminava la parte della chiesa, quale mancava parzialmente di un tetto, ed il buio pesto già presente nella struttura erano comparabili all'olio e l'acqua: non si mischiavano.
Il taglio presente fra le due "sostanze" era netto, assente di sfumature.
I muri su cui giacevano le opere d'arte cristiane erano piene di crepe, piante rampicanti che andavano persino al loro interno, muschio dal colore verde scuro e tendente grigio e sbavature provenienti dai disegni, quali ormai non si riuscivano più a distinguere la loro rappresentazione.
Le panchine in legno ed il pavimento erano nella stessa identica situazione.
La natura aveva preso il sopravvento attorcigliandosi attorno alle gambe degl'oggetti in legno crescendo muschio, erba ed ogni altro tipo di piante possibili, fra cui rovi.
Nel mischio di verde si distinguevano quei appuntiti artigli col loro colore nero e marrone, quali percorrevano l'intero pavimento del luogo e rendendo impossibile camminare senza sentire i propri piedi bruciare dal dolore.
E lei sbucò fuori dall'oscurità.
In un vestito degno ad una regina del buio.
Il corsetto nero assente di spalline e decorato da gioielli color pece, la gonna formata da vari strati di tessuto, quali rendevano il vestito più ampio ed imponente, il velo scuro che copriva interamente i suoi capelli sciolti ed arrivava a percorrere metri sul pavimento rovinato ed il meraviglioso mazzo di rose nere fra le sue mani poteva definitivamente affermare tale titolo.
La sua faccia era, però, apatica, assente di emozioni e sensazioni.
Guardava davanti a sè con i suoi occhi bordeaux-castani e spenti, mentre camminava sopra quel lungo tappeto rosso scuro, sporco e bucato da quei rovi.
Camminava ignorando completamente il dolore.
Il corsetto troppo stretto che la soffocava faceva male.
Eppure non si fermò.
I rovi che trafiggevano i suoi piedi nudi facevano male.
Eppure non si fermò.
Il mazzo di rose nere che forzava le sue mani a stare unite, poichè perforavano quest'ultime, faceva male.
Eppure non si fermò.
La pinza del velo era conficcata nel suo cranio faceva male e, per qualche ragione, riusciva a sentire come se qualcuno le stesse tirando i capelli.
Eppure non si fermò.
Non colava sangue, no?
Non era ancora crollata, no?
Non era un motivo valido per fermarsi, no?
Non era un motivo valido di fermarsi, no?
No?
Sentiva come percorrere questo tappeto fosse qualcosa di volontario.
Eppure sentiva come se venisse forzata a farlo.
Volontario perchè ormai era l'unica presente in quella chiesa, nessuno le aveva detto di sforzarsi a camminare su quei rovi. Era stata una sua idea. Doveva esser stata una sua idea, altrimenti non si sarebbe spiegato il motivo di tale scelta.
Involontario perchè si voleva fermare e lamentarsi del dolore, eppure aveva fin troppa paura che qualcosa di negativo sarebbe successo se si fosse fermata.
Tutto quel dolore non era nulla a confronto di ciò che ha passato.
Non doveva lamentarsi.
Non poteva lamentarsi.
Perchè?
Perchè doveva dimostrare di essere forte.
Perchè voleva ignorare che questa scelta fosse davvero pessima.
Perchè voleva mentire a sè stessa che poteva farcela senza problemi.
Perchè, in fondo, trovava il lamento un SUO segno di debolezza.
Non aveva mai trovato il lamento delle altre persone debole, se non il suo stesso.
Ogni volta che si lamentava non era mai soddisfatta.
Ogni volta che cercava di tirare fuori la rabbia, la tristezza, la paura, tutte le emozioni negative falliva nel suo intento.
Ritirarsi non faceva parte del suo vocabolario.
Tuttavia c'era sempre scritto in lettere enormi e sottolineate la parola "rimpianto" perchè effettivamente ne aveva tanti.
Come questo qui.
La camminata sui rovi sembrava non finire più, tuttavia più la corvina si avvicinava e più riusciva a sentire in senso d'ansia salire per tutto il suo corpo, nonostante ella non lo diese a vedere.
Le campane suonavano così come l'organo. La sinfonia celebre dei matrimoni era però trasandata, distorta, quasi irriconoscibile.
Chi la stava suonando?
Dove stavano le campane?
Perchè era sola davanti a quell'altare?
Doveva esserci qualcuno, se non una persona sola.
Invece stava lì ferma.
A guardare il buio davanti a sè.
Da sola.
Completamente da sola.
Non riusciva a capire perchè si sentisse destinata a questo destino.
Non riusciva a capire perchè la maggior parte delle persone a cui voleva bene doveva andarsene.
Non riusciva a capire perchè si pentisse delle sue azioni ogni singola volta.
Non riusciva a capire perchè certe emozioni continuavano a persistere insensatamente dentro di sè.
Non riusciva a capire perchè adesso, davanti a sè, si trovasse una bara in legno piena di fiori.
Non riusciva a capire perchè era aperta.
Non riusciva a capire perchè era vuota.
Non riusciva a capire perchè... Il suo nome era inciso su quella bara.
Ed il tempo non sembrava volerle darle una risposta od una pausa per realizzare cosa stesse succedendo.
Se il momento prima si trovava in piedi a conquistare quei riflettori inesistenti, ad essere la regina dello spettacolo senza spettatori, in un battito d'occhi si ritrovava a guarda la luce che illuminava la bara.
Da dentro la bara.
Il suo vestito era fin troppo lungo per stare all'interno di esso, così come il lungo velo ancora attaccato alla sua testa.
Le rose nere erano finite sparse e poggiate delicatamente sul resto della flora appassita e le sue mani perforate stavano vicino ai suoi fianchi.
Le sue gambe ormai erano insensibili. Non riusciva a muoverle nemmeno con tutte le sue energie.
La pinza del velo sembra esser affondata nella sua testa e fra i fiori ormai.
Il corsetto nero invece era bagnato e sporco.
Sporco di sangue.
Ed esso stava pervadendo il terreno sottostante senza mai fermarsi.
Faceva male.
Tanto male.
Avrebbe voluto urlare.
Eppure nulla le permetteva di farlo, come se la sua voce venisse a mancare.
Come se essa non fosse mai esistita in primo luogo.
Poteva solo stare ferma immobile senza chiedere aiuto.
A guardare la luce davanti a sè che bruciava i suoi occhi.
Mentre aveva quel dannato mal di testa che conosceva fin troppo bene e che, dentro di sè e con tutto il suo cuore, sperava di non risentire mai più nella sua vita.
Non sapeva cosa doveva fare ma una cosa era certa: la bara era stretta.
Non sapeva se maledire o benedire il fatto che la bara non fosse stata ancora chiusa.
Aveva fin troppa paura che ciò accadesse.
La limitazione ai suoi movimenti era qualcosa che non riusciva a sopportare sfortunatamente.
Non riusciva ad allargare le sue braccia più di tanto poichè le pareti glielo impedivano.
Il suo battito cardiaco era accelerato in modo davvero veloce e preoccupante.
Sentiva come se potesse uscire dal petto da un momento all'altro.
Sentiva pulsare fino alle sue orecchie.
Il suo respiro era affanoso.
Sentiva come se stesse venendo soffocata viva.
Sentiva come se l'ossigeno stesse scomparendo da un momento all'altro.
Il suo senso di panico si stava facendo sempre più presente.
Sentiva che da un momento all'altro ne sarebbe uscita pazza.
Sentiva che la bara intorno a sè si stesse facendo sempre più stretta.
Non stava minimamente cercando i calmarsi ormai.
La bara poteva chiudersi da un momento all'altro.
Pregava che non succedesse.
E se fosse successo invece?
Come doveva fare poi?
Da sola.
In uno spazio stretto e buio.
Senza ricevere alcun tipo di aiuto.
Tutto a ma non ciò.
Avrebbe fatto di tutto purchè non venisse rinchiusa da qualche parte.
Nel bel mezzo delle sue paranoie sbucò una sagoma nera.
Non riusciva a riconoscere i tratti somatici in parte per la luce che contrastava e dall'altra perchè probabilmente il suo panico la stava quasi oscurando la vista, rendendola sfocata.
Riusciva a riconoscere solo i capelli lunghi.
Tutto qui.
Era questa la persona che l'aveva spinta nella bara?
Era questa la persona che l'aveva ferita e sporcata del suo stesso sangue?
Era questa l'unica persona presente ad assistere quello che si potrebbe rivelare un funerale fra un momento all'altro?
Voleva alzare le sue mani per chiedere aiuto.
Eppure il suo corpo non voleva collaborare.
Voleva urlare affinchè qualcuno la sentisse.
Eppure la sua gola non produceva alcun suono.
L'unica cosa che poteva fare era guardare quella figura nella speranza che facesse qualcosa.
Eppure nulla succedette.
Non capiva perchè rimanesse impalata a guardarla.
Voleva prenderla in giro?
" anche te qui? "
...Mamma?
'𝘊𝘢𝘶𝘴𝘦 𝘐 𝘳𝘢𝘪𝘴𝘦𝘥 𝘺𝘰𝘶 𝘣𝘦𝘵𝘵𝘦𝘳
𝘨𝘰𝘵𝘵𝘢 𝘬𝘦𝘦𝘱 𝘪𝘵 𝘵𝘰𝘨𝘦𝘵𝘩𝘦𝘳
𝘌𝘷𝘦𝘯 𝘸𝘩𝘦𝘯 𝘺𝘰𝘶 𝘧𝘢𝘭𝘭 𝘢𝘱𝘢𝘳𝘵
𝘉𝘶𝘵 𝘵𝘩𝘪𝘴 𝘢𝘪𝘯'𝘵 𝘮𝘺 𝘮𝘢𝘮𝘮𝘢'𝘴 𝘣𝘳𝘰𝘬𝘦𝘯 𝘩𝘦𝘢𝘳𝘵
...
Un profondo respiro fu preso non appena la donna si svegliò.
Spalancò gl'occhi nella speranza di non doverli mai più chiudere e tornare in quello stato penoso in cui si trovava nell'incubo.
La sua respirazione, però, dopo quel primo respiro, andò subito a farsi più veloce, breve ed affanosa perchè il suo cuore sembrava esser appena stato su una montagna russa davvero alta.
Si continuava a ripetere di calmarsi, di cercare di capire cosa stesse succedendo e separare ciò che era frutto della sua stanca mente da ciò che era effettivamente la realtà dei fatti.
Era in camera sua. Riconosceva la sagoma del comodino vista al buio.
Era nel suo letto. Riconosceva dal tatto la morbidezza del cuscino, delle coperte e dei materassi.
Era da sola. Riconosceva nel sottofondo una sinfonia proveniente dal piccolo studio del fidanzato.
Era un semplice incubo. Riconosceva di essersi preoccupata per nulla.
Non era vero.
Non c'era sua madre.
Se ne era andata tempo fa.
Non si trovava in una chiesa.
Non indossava nessun abito sfarzoso e molto simile a quello nelle foto.
Non aveva alcuna ferita alle mani e piedi.
Non stava sanguinandi dallo stomaco.
Un po' di mal di testa l'aveva, però.
Si alzò in una posizione seduta mentre i suoi gomiti si poggiarono sulle ginocchia coperte e le mani coprivano i suoi occhi.
Non si era affatto calmata.
Riusciva ancora a sentire il cuore che sembrasse voler uscire dal petto.
Il respiro tornò tremante così come lei in quel momento.
Avrebbe voluto piangere. A dirotto.
Avrebbe voluto urlare.
Avrebbe voluto lamentarsi.
Avrebbe voluto un po' di conforto da parte di qualcuno.
Avrebbe voluto che Henry la ritrovasse sul punto di non-ritorno e la tirasse fuori di lì.
Avrebbe voluto un semplice abbraccio.
Le bastava persino una leggero tocco sulla sua spalla per riprendersi.
Non poteva chieder nulla di ciò, però.
Non doveva chieder nulla di ciò.
Che figura avrebbe fatto?
Quella della debole.
Non era qualcosa che non fosse già capitato in passato, ma era riuscita lo stesso a non far alcun rumore.
Era riuscita a tacere ed aspettare che il dolore passasse.
Era riuscita a stenderci un velo pietoso sopra questi incubi.
Eppure questa volta non sembrava riuscirci.
Si era indebolita?
Non poteva essere.
Cosa aveva sbagliato in questi anni per ridursi così?
Si era allenata duramente.
Aveva protetto la famiglia da qualsiasi pericolo che ci fosse al meglio delle sue forze.
Perchè continuava ad avere paura?
Cos'altro stava mancando nel proteggere?
Le mani passarono dalla faccia ai suoi capelli, stringendo i pugni con al loro interno parti della chioma nera.
Continuava a prendere respiri nel tentativo di calmarsi.
Doveva liberare la mente, cercare di pensare ad altro cosicché si potesse rilassare.
Non ci riusciva.
Era come se quelle sagome nere combatutte in precedenza fossero entrate dentro la sua mente, in cerca di vendetta per le miriadi di sconfitte.
Era come se fosse venisse martellata in testa più e più volte da un oggetto davvero pesante.
Era come se qualcuno avesse deciso di tirarla per i capelli giusto perchè voleva disturbare il suo sonno.
Come poteva fare a pensare ad altro?
All'artista di arti marziali venne solo un'idea in mente.
C'era solo un piccolo problema: Henry.
Nel senso, non voleva allarmarlo inutilmente e necessitava del tempo da sola.
Sarebbe riuscita a cavarsela da sola.
Come sempre dopotutto.
Voleva semplicemente uscire di casa a prendere una boccata d'aria.
Magari fare un giro sulla sua moto.
Non se la sentiva molto a guidare, in realtà.
Non voleva riferirglielo perchè avrebbe visto lo stato in cui si era ridotta: tremante, capelli spettinati ed occhi lucidi sul punto di piangere e mollare tutto.
Si sarebbe preoccupato.
Non le serviva qualcuno che si preocupasse di lei in questo momento.
Le serviva un luogo ampio per liberare la sua mente.
Non sarebbe mai riuscita a tornare a dormire in queste condizioni e, ancora peggio, poteva finire per dar di matto facendo allarmare qualcuno per qualcosa che lei sapeva gestire perfettamente.
Almeno, secondo la sua opinione elle riusciva a gestire tale situazione.
La realtà sfortunatamente non combaciava.
Sta di fatto che doveva essere più lenta e silenziosa nei movimenti, poichè era notte ed egli aveva un udito piuttosto svillupato rispetto al suo stesso.
Finchè sentiva le note del pianoforte sapeva di star andando bene.
Doveva solo mettersi una felpa e dei pantaloni ed uscire dall'appartamento.
Facile, no?
Si sentiva ancora tremante a causa dell'incubo, ma era riuscita ad alzarsi dal letto.
La musica continuava a suonare.
Fece piccoli passi a piedi nudi mentre si avvicinava al suo armadio.
La musica continuava a suonare.
Aprì quest'ultimo e prese i primi capi d'abbigliamento comodi, ovvero una felpa, dei pantaloni sportivi e delle ciabatte. Avrebbe perso fin troppo tempo ad allacciarsi le scarpe.
La musica continuava a suonare.
Ora si passava alla parte difficile.
Aprì con cautela la porta della camera da letto condivisa ed osservò il buio assoluto presente nel corridoio. Il piccolo studio stava più lontano dall'uscita della casa fortunatamente.
La musica continuava a suonare.
Sulla punta dei piedi si diresse davanti alla porta d'ingresso e, tenendo il più stretto possibile la sua copia delle chiavi, così da non far rumore, girò quelle presenti nella serratura, nonché quelle di Henry, ed aprì la porta con cautela.
La musica continuava a suonare.
Candace riuscì a fare qualche passo fuori necessario e chiuse la porta dietro di esse, iniziando a correre giù per le scale del condominio.
La musica si fermò.
...
...
" esci da questa cazzo di casa adesso! "
Le urla della donna si potevano sentire per l'intera casa, tanto che la bambina più piccola, al momento presente nel salotto, dovette tapparsi le orecchie con entrambe le mani.
La visione davanti a sè era qualcosa che, nonostante le causasse talmente paura da rimanere bloccata al suo posto sul divano mentre teneva vicino al suo petto uno dei cuscini poggiati si di esso nel tentativo di una protezione, tutto ciò non si poteva considerare una sopresa nell'ambientazione familiare in cui era nata.
Sarann state le 17 del pomeriggio quando l'uomo, nonchè marito della donna arrabbiata nera, era tornato dal lavoro stanco.
Non sapeva del perchè di quelle urla.
Era concentrata a guardare uno dei suoi programmi preferiti davanti alla piccola televisione, i suoi fratellini si ritrovavano nelle rispettive stanze a dormire o giocare, il fratello più grande stava dando una mano in cucina e la donna sembrava totalmente calma.
Non sapeva il perchè di quelle urla.
Era come se una bomba fosse stata appena gettata in mezzo all'appartamento.
Un momento prima era tutto sereno e perfetto.
Il momento dopo la guerra sembrò iniziare.
Non sapeva il perchè di quelle urla.
Magari il padre aveva detto qualcosa di sgradevole alla madre?
Era successo qualcosa di grave nella famiglia?
Non sapeva il perchè di quelle urla.
Una cosa era certa: le mettevano sempre fin troppa paura.
La donna le metteva sempre fin troppa paura in queste situazioni.
Non sapeva mai cosa aspettarti.
L'imprevedibilità la spaventava a morte.
I suoi occhi si distaccarono subito dalla tv a guardare la scena.
Non la sopportava, per nulla.
Eppure le non sembrava possibile distogliere lo sguardo che passava dall'uomo alla donna, quali visi ormai erano minacciosi e pronti ad una litigata sonora.
" tesoro non ho voglia di star a sentire le tue urla. Lasciamo 'sto discorso per domani "
" oh sì, certo, con comodo. Pensi che rimandando tutto migliori la situazione, no? Tanto qua stai rinchiusa con una matta ormai. Perchè non vai a berti qualcosa con i tuoi amici e non torni a casa per un po', eh? Tutto pur di star lontano a tua moglie, no? "
" ti ho già detto che il telefono era in silenzio- "
" non sono sorda, so quello che esce dalla tua fogna. Esci da questo posto prima che chiami la polizia "
" assolutamente no, pago l'affitto per starmene qui e tu ora mi pensi seriamente che ti stia ad ascoltare?! "
" fino a prova contraria sei stato tu quello che ha deciso di sposarmi! Vuoi davvero che tiri fuori le carte del divorzio? Non c'è nessun problema, tanto a te che te ne importa di una squilibrata e la sua famiglia a questo punto! "
" perchè devi mettermi in bocca parole che non ho mai detto? "
" sì che le hai dette, invece. Pensi che io non capisca cosa ci sia nella tua testa. Ora alza il culo dal divano e vattene! "
" scordatelo "
" non mi far perdere la pazienza...! "
" la pazienza che hai tu dura meno di 3 secondi in ogni caso. Ora lasciami in pace "
" VATTENE ADESSO CAZZO! "
Le urla non smisero, l'uomo si alzò dal divano ancora con addosso i vestiti del lavoro, la donna continuò a spingerlo verso l'uscita con quanta forza poteva tirando giù i peggio insulti che aveva disposizione sul momento ed il ragazzo rimase a guardare la scena con una faccia sorpresa.
Lei, invece, non si era mossa da quel divano.
Stava attaccata ad esso come se ne dipendesse la sua vita.
Stava tenendo stretto a sè quel cuscino come se ne dipendesse la sua vita.
Cosa doveva fare adesso?
Che fine avevano fatto i suoi genitori?
Si erano fatti del male?
Stanno bene?
Voleva andare a controllare, davvero.
Eppure affondare la schiena nell'angolo del divano le sembrava l'unica cosa possibile da fare.
Voleva fermare i due adulti dall'odiarsi.
Eppure poggiare la sua faccia sul cuscino le sembrava l'unica cosa possibile da fare.
Voleva cercare il conforto da parte di sua fratello maggiore.
Eppure rimanere ferma a tremare le sembrava l'unica cosa possibile da fare.
Non ce la faceva a sentirli.
Non ce la faceva a stare ferma a non fare niente.
Era la paura che la bloccava.
E l'unico modo che sembrava possibile far uscire la sua frustrazione fu attraverso le lacrime.
Tremante ancora, socchiuse gli occhi lucidi cercando di soffocare i lamenti sul cuscino, sperando che nessuno la sentisse.
" candace, per favore, vai in camera "
Il diciassettene, però, aveva notato e mandato in fumo il piano dell'altra.
Guardó prima il fratello, dopo lo schermo della tv notando come ci fosse una pubblicità in trasmissione, dopo ancora rivolse lo sguardo nuovamente sul ragazzo, poi guardò il cuscino notando questa volta due piccole chiazze scure, parte bagnata dalle sue lacrime, per poi annuire debolmente.
Si asciugò le lacrime rimaste col la sua mano destra mentre tirava su col naso, nel tentativo di calmarsi.
Non voleva fiatare una parola.
Non aveva il coraggio di farlo.
Sapeva che sarebbero state cose insensate oppure singhiozzi.
Sarebbe tornata in camera sua ed avrebbe aspettato che le acque si sarebbero calmate.
Sperava e pregava solo che le cattive notizie sarrebero finite lì.
Tuttavia la fortuna non parve essere dalla sua parte questo pomeriggio.
I passi della donna si fecero più pesanti, rumorosi e vicini quando la più piccola stava per uscire dalla stanza in tempo.
Troppo tardi.
Davanti alla porta si presentò la madre e, dal punto di vista della figlia, ella pareva alta ed imponente.
Sua madre non sembrava in vena di spiegazioni o chiacchiere pacifiche.
" dove credi di star andando? "
Quelle parole così affilate la fecero congelare sul posto.
Schiena dritta, mani ai lati, sguardo basso, sentiva le lacrime agl'occhi sul punto di scoppiare.
Non doveva però.
Ci mancava solo quello.
Il figlio invece rimase vicino al bancone della cucina.
Sapeva che la donna al momento non era in vena di ragionare.
Sapeva che la sorella non si sentiva a suo agio.
Doveva cercare un modo per farla uscire da lì. Era suo compito cercare di placare l'ira della madre, non doveva lasciare qualcun altro subirsi i danni.
" lasciala stare, sarà stanca e vorrà andare a dormire "
" non ho chiesto la tua di parola "
" sì, ma- "
" shh, taci se non vuoi che sbatta pure te fuori "
E tacque.
Non gli conveniva rispondere ulteriormente per quanto egli volesse.
Sapeva che la donna era capace di tutto, persino di farlo uscire fuori di casa per qualche giorno senza nulla da mangiare, non sarebbe finita bene per il resto della famiglia senza la sua assistenza. Gli avevano affidato il compito di starle affianco per evitare che l'altra facesse grossi sbagli. Sfortunatamente non poteva evitare tutto.
La donna dalla fronte corrugata rivolse lo sguardo verso la figlia, avvicinandosi, chinandosi al suo livello e poggiando una mano sulla sua spalla.
" allora? "
" ... "
" dove stavi andando? Non osare alzare lo sguardo quando ti parlo "
" ... in camera "
" perchè? "
" ho sonno... "
" è troppo presto per andare a dormire, non trovi? Sei rimasta alzata per tutta la notte? "
La bambina dai capelli neri scosse la testa.
" allora perchè menti? "
" ...mento? "
" dici bugie. Alla mamma soprattutto. Davvero mi fai questo? "
" ... "
Il suo battito si faceva sempre più accelerato, quasi da uscire dal suo piccolo e magro petto.
Il suo respiro era sempre più rumoroso. Si poteva notare in tutto il suo corpo quanto grande era l'assunzione di ossigeno.
Cosa doveva dire in quel momento?
Se avesse detto la verità, ovvero che era spaventata dalla sua presenza, se la sarebbe presa tanto male.
Se avesse continuato a mentire l'avrebbe solo irritata ulteriormente.
Stessa cosa se se ne fosse stata zitta.
Non aveva altre possibilità in quel momento.
Zero.
La via d'uscita sembrava così vicina e lontana, così straziante da vedere.
Dio solo sa cosa sarebbe successo l'istante dopo.
Continuò a non alzare la testa.
Voleva solo andarsene.
Non sapeva come.
" perchè te ne stavi andando via da me? "
" ... "
" rispondimi, cazzo "
La mano grande passò dalla sua spalla fino alla nuca, tirando forte la chioma nera della ragazzina.
La donna esprimeva furore ed irritazione dal suo sguardo e gesto.
Gli stessi sentimenti che stesse provando qualche minuto fa mentre urlava contro al marito.
Faceva male.
Ovvio che faceva male.
Sentire quella grossa mano rovinarle i capelli mentre cercava di tirarli fuori dalla radice non era piacevole.
Sentire l'obbligo di tirare indietro la testa a causa di tale mano non era piacevole.
La faccia della figlia si trasformò in una smorfia di dolore.
Nel mentre stava ancora cercando di non scoppiare a piangere davanti a lei.
" ah-! "
" sei proprio come tuo padre. Pensate che scappare dalla situazione risolva tutto. Non è così. Se te ne fossi stata al tuo posto non sarebbe successo, vedi? C'è davvero bisogno di farmi fare tutto ciò? "
La mano si strinse e tirò ancora più forte, le unghie corte si potevano sentire al contatto con lo scalpo dell'altra. Di risposta l'altra mise le sue minuscole mani sopra a quella della madre, cercando un modo per levar essa od allentare la presa. I suoi occhi si strinsero a loro volta.
E come se non fosse ancora abbastanza, l'altra mano della donna si alzò in aria.
Il momento successivo la ragazzina aveva una guancia arrosata dal colpo ricevuto.
" pensi che aiuti farmi sentire ancora più male? Pensi che faccia apposta e senza un senso tutto ciò? Vuoi che chiuda fuori pure te? O preferisci stare da qualche parte da sola per un po' a riflettere? "
" mamma ora basta. Le ho detto io- "
" ancora peggio. Dovrebbe imparare a fare di testa sua e non starti dietro. Fai schifo come esempio. "
" capisci che le stai facendo male-?"
" HO DETTO CHE DEVI TACERE, BUONO A NULLA "
Nel momento di rabbia la donna si alzò di scatto mantenendo la mano sui capelli, tirando per sbaglio troppo forte.
L'altra, a causa di ciò, perse l'equilibrio cadendo sulle sue ginocchia mentre costretta a tenere lo sguardo basso.
D'istinto si morse l'interno delle labbra affinché non tirasse un urlo.
Non voleva finire nei guai ulteriormente con ciò.
Probabilmente si sarebbe lamentata di come esso poteva disturbare i vicini.
O la sua di "quiete".
Qualunque fosse il motivo, avrebbe trovato un'altra scusa per criticarla.
" so perfettamente cosa sto facendo. Sto dando una lezione per farvi capire che razza di uomo ho sposato.
A chi stai credendo di parlare adesso, eh? Ad un tuo amico? Sono tua madre cazzo, tua madre. Ma dico io il rispetto insegnato l'hai buttato giù nel cesso? Se un adulto ti dice di star zitto, tu te ne stai zitto, chiaro?! "
Con la mano libera che si alzò in aria per quello che sembrò essere qualche istante, si susseguì un sonoro paf ed una guancia arrossata.
Quella di suo fratello.
Gli aveva tirato una sberla bella forte, tanto che la testa si mosse leggermente di lato, come se il suo intento fosse quello di staccarla dal resto del corpo.
I secondi successivi furono un silenzio tombale.
Il rumore del respiro della madre era, forse, l'unica cosa percettibile.
Nessun altro osava fiatare.
Nessun altro aveva voglia di un secondo round con ella.
Cosa potevano farci loro se lei non si sentiva bene mentalmente e fisicamente?
Ancora tenuta per i capelli, la ragazzina stava veramente cercando di non scoppiar a piangere in un momento del genere.
Sfortunatamente non ci riuscì.
Era fin troppo per lei quel tardo pomeriggio: la litigata col padre, la tirata di capelli ed ora se la stava prendendo con suo fratello.
L'unica cosa che desiderava fortemente in quel momento era che tutto tornasse come prima.
Pace e tranquillità.
Quanto avrebbe voluto saper tornare indietro nel tempo per evitare che tutto ciò accadesse.
Mise le mani davanti alla sua bocca e naso nel tentativo di soffocare quelli che successivamente erano dei singhiozzi involontari, così come le lacrime.
Fu lei quella a rompere questo silenzio.
La donna la guardò con ancora uno sguardo furioso, quale si trasformò in uno di sorpresa.
Lasciò andare i capelli della figlia, cui caddè per terra di faccia.
Dunque Candace, nonostante la botta presa in pieno sul naso e la fronte, cercò di rialzarsi il più in fretta possibile.
Non voleva causarle ulteriori problemi.
Non voleva beccarsi ulteriori sgridate per dio sa solo cosa.
Non aveva il coraggio di alzare la testa e guardarla, rimanendo a guardare il pavimento su cui era appena crollata con vergogna, piangendo, singhiozzando e tossendo incontrollatamente.
" ... vai in camera e non uscire da lì. Non voglio più vederti per oggi "
La lasciò sorpresa il tono della voce che la madre usò.
Non era più uno di rabbia.
Era uno di malinconia.
Aveva fatto qualcosa per renderla triste?
Doveva rimanere per terra finchè non le avrebbe detto di alzarsi?
Era colpa sua e del suo pianto che l'han resa così triste tutto d'un tratto?
Non era sua intenzione far ciò.
Davvero.
Voleva contenersi dal farlo.
Era colpa sua se ora si sentiva così.
" scusa... "
Fu l'unica parola che riuscì a dire durante quel momento patetico.
Non voleva farle questo.
" per favore, vattene "
E dopo quelle parole, la bambina si fece strada in camera sua ancora con la testa bassa, evitando di farsi vedere dal resto della famiglia in casa, chiudendo la porta alle sue spalle, buttandosi sul suo letto e affondando la faccia sul cuscino.
Davvero le dispiaceva.
Non voleva causare tutto questo macello.
Non sapeva che tutto ciò sarebbe accaduto se si fosse alzata da quel divano, se avesse ascoltato il ragazzo più grande.
Avrebbe preferito rimanere lì se significasse evitare tutto questo macello.
Iniziò a tremare di brutto, soffocando i singhiozzi sul pezzo di stoffa bagnato.
Non voleva farsi sentire da nessuno.
Non voleva che qualcuno la cercasse.
Si sarebbe sentita ulteriormente ridicola.
Ed andò avanti così per... Minuti? Ore? Non stava tenendo conto del tempo, a malapena alzava la testa dal cuscino per riuscire a riprendere fiato.
Certo, stava iniziando a calmarsi lentamente, ma tale cosa veniva sosituita col mal di testa dato il prolungamento del pianto.
Ma questa sorta di loop infinito ebbe un fine quando sentì la porta aprirsi.
Si girò di scatto e, quando vide la madre davanti ai piedi del letto, il battito cardiaco sembrò mancare per un istante.
Si asciugò nuovamente le lacrime e si alzò subito dal punto in cui stava sdraiata. Nuovamente tenendo lo sguardo basso.
Ecco, l'avrà sentita piangere senza contegno ed ora voleva solamente sgridarla per averlo fatto.
Si stava cercando di prepararsi al peggio nonostante sapesse perfettamente di non esser pronta.
I passi lenti della donna facevano aumentare i battiti della corvina, quasi come se stesse per uscire dal petto.
Sopresa lo fu qualche istante dopo, poichè si aspettava di tutto.
Davvero di tutto.
Ma non un abbraccio per quello che aveva fatto.
Non ricambiò subito poichè confusa.
" scusami tesoro, davvero... mi sono fatta prendere dal momento e... "
La sua voce risultava tremante, malinconica e nasale, come se ella avesse pianto a dirotto prima di raggiungerla.
La donna strinse la ragazza fra le sue braccia, leggermente tremante, avvicinando le labbra sul suo orecchio.
" sai che certe volte... la mamma esagera... però ti vuole sempre bene. Non lo dimenticare mai, ti prego "
Sentire quelle parole la portarono nuovamente allo stato d'animo di prima.
Si era veramente scordata l'amore che la donna provasse nei suoi confronti?
Come l'aveva capito lei?
Le guance ormai asciutte tornarono bagnate, mentre cercò l'affetto materno da parte dell'altra.
" ti prego Candace... non diventare come me. Non prendere esempio da quel che faccio. "
...
...
𝘠𝘰𝘶 𝘭𝘰𝘰𝘬 𝘴𝘰 𝘣𝘳𝘰𝘬𝘦𝘯
𝘸𝘩𝘦𝘯 𝘺𝘰𝘶 𝘤𝘳𝘺
𝘖𝘯𝘦 𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘢𝘯𝘥 𝘵𝘩𝘦𝘯
𝘐'𝘭𝘭 𝘴𝘢𝘺 𝘨𝘰𝘰𝘥𝘣𝘺𝘦
Ormai accecata dalla rabbia, l'artista di arti marziali pareva aver perso il controllo.
Durante il suo cammino avrà calciato tante lattine trovate sul marciapiede fino a buttarle sotto qualche auto, quando vedeva un cestino dell'immondizia le veniva spontaneo spingerlo giù per creare più casino sull'erba affianco, certe volte scattava e correva senza preavviso pensando che avrebbe aiutato a calmare la rabbia, quando non c'era nulla da fare si limitava a scrocchiare le dita delle mani con tanta forza, quasi come se cercasse di rompersele nell'intento.
Davvero non stava capendo cosa avesse scaturito tale rabbia.
Ma una cosa certa era il fatto che stesse dando di matto a causa di ciò.
Magari erano i ricordi che aveva della madre prima della sua morte?
Magari erano le parole di suo padre che le aveva riferito quel pomeriggio?
Magari era solo la sua testa che le stava giocando un brutto scherzo?
Sta di fatto che in quel momento avrebbe voluto urlare.
Spaccare ciò che trovava davanti.
Tirare fuori la rabbia distruggendo ciò che stava nella sua strada.
Qualsiasi oggetto che potesse avere a disposizione le andrebbe bene.
Ormai aveva imparato a tirare fuori i momenti di rabbia attraverso atti violenti.
Lanciare, calciare... davvero tutto ciò che vi si possa immaginare.
Per sua fortuna aveva, come minimo, imparato a buttare tutta sta rabbia sulle cose inanimate.
Non ci teneva a venir denunciata per aggressione dopotutto.
Specialmente se non stava ancora nello stato d'animo giusto.
Come avrebbe dovuto spiegare tutto ciò alla famiglia?
Come avrebbe dovuto spiegare la sua fuggita notturna al suo ragazzo?
Preferiva che queste domande rimanessero senza risposta.
Sentendo sempre più perdere il controllo, i rari passanti che passavano per andare dalla direzione opposta - lei nemmeno sapeva dove si stava dirigendo - le rivolgevano uno sguardo confuso o leggermente impaurito. Teneva ancora il cappuccio della felpa sopra la sua testa per coprire i capelli, quali al momento non voleva vedere nemmeno per sbaglio. Troppi ricordi.
" Certe volte sembra proprio che la sua presenza non se ne sia mai andata quando ci sei tu in casa "
Per quanto volesse bene a suo padre, al momento desiderava tirargli un cazzotto bello forte in faccia per avergli detto ciò.
Lo sapeva perfettamente che non lo intendeva con cattiveria.
Lo sapeva perfettamente che si stava solo facendo paranoie e pensieri inutili.
Ma
Davvero le assomigliava?
Davvero sarebbe finita nella sua stessa situazione fra qualche anno?
Davvero verrà diagnosticata della stessa malattia quale portò al baratro la donna?
Davvero finirà per avere sbalzi d'umore e cambiare idea ogni volta?
Davvero finirà per essere violenta nei confronti di chi voleva più bene?
Davvero finirà di smetterla di amare la sua famiglia?
Davvero finirà in tale agonia fino a volersi solo fare del male?
Ormai non stava capendo nemmeno cosa stesse facendo, dove si stesse dirigendo, perchè lo stesse facendo.
Ma era finita per prendere a pugni un albero.
Perchè? Perchè non sapeva cosa altro fare.
Non le importava quanto male facesse.
Non le importava se il sangue iniziasse a fuoriuscire.
Non le importava se si rompesse qualche osso nel tentativo.
Era persa in quel momento.
Ogni colpo che sterrava alla pianta diventava sempre più forte.
Bam, bam, bam.
Il rumore che le ossa facevano allo scontro con il legno sembravano dei colpi di pistola alle sue orecchie.
Bam, bam, bam.
Ormai sembrava finita con l'intenzione di autodistruggersi.
Non le importava quanto dolore dovesse passare prima per riuscirci.
Non era nulla.
Ovvio che non era nulla.
Stava tutto nella sua testa.
I pensieri.
Le paranoie.
I sentimenti.
Il dolore.
Avrebbe fatto di tutto pur di non finire come quella donna.
Bam, bam, bam.
Non poteva impedire niente però.
Sapeva che non poteva controllare i geni che si ereditano dai genitori.
Sapeva che non poteva controllare questi scatti di rabbia totalmente "casuali".
Sapeva che non poteva chiedere aiuto al riguardo.
Non ce l'aveva mai fatta prima d'ora.
Non ce la stava facendo.
Non ci sarebbe mai riuscita in futuro.
Non rientrava nei suoi piani ricercare assistenza al riguardo.
Era un SUO problema che doveva affrontare da SOLA.
Se qualcun altro finisse nella mischia rischiava di ferirlo a sua volta, per poi scusarsi senza sosta.
Bam, bam, bam.
Il suo comportamento era la prova.
Si stava facendo prendere più dalle emozioni che dalla ragione. Stava rompendo la pace e quiete che l'aggirava.
Allo stesso tempo non sembrava avere intenzione di fermarsi, finchè non sarà stato troppo tardi.
Sì, le assomigliava.
Sì, sarebbe finita nella sua stessa situazione fra qualche anno, a meno che lei già non ci era finita.
Chissà magari quella malattia sarà solo la goccia che farà traboccare il vaso.
Non poteva sapere quando e se si sarebbe scatenata.
Era diventata quello ormai: una copia di una persona violenta senza autocontrollo.
Bam, bam, bam.
Non è mai stato sua intenzione finire così.
Magari era il destino.
Magari era una maledizione.
Non sapeva quando ebbe iniziato a comportarsi così.
Non sapeva quando avrebbe smesso.
Non sapeva nemmeno se effettivamente ci fosse un fine a tutto ciò.
Ma finchè a subire era solo lei andava bene.
Finchè non faceva male ai suoi cari andava bene.
Finchè nessuno era in sua presenza in quei momenti di perdita andava bene.
Se lo meritava.
Sapeva di meritarselo.
Pensare di far del male alla propria famiglia era da villani, codardi, egoisti e chi ne ha più ne metta.
Sapere che ne fosse capace la faceva detestare ancora di più.
Sapere che poteva far del male a ciò che più teneva la faceva arrabbiare di più con sè stessa.
Bam, bam, bam.
Bop.
Gemette dal dolore.
Un brivido forte partì dalla sua mano destra, pervase il resto del suo corpo fino ad arrivare ai piedi e la fece tremare fermandosi dal continuare a tirare i pugni.
Il suo intento era sì, quello di provocarsi dolore, ma non si aspettava che un colpo tale la bloccasse.
Era come se qualcosa nella sua mano fosse appena esploso.
Ed ora tale esplosione le impediva di muoverla a dovere.
Rimase a fissare il tronco ruvido ormai sporco per una parte del suo sangue, tenendo stretto la ferita e cercando di isolarla e placare il dolore.
Faceva male.
Era abituata a sentire tale dolore dai suoi allentamenti ormai.
Eppure le risultava insopportabile in quel momento.
Avrebbe preferito tagliarsi via la mano piuttosto.
Avrebbe continuato a tirar pugni se significasse coprire tale cosa, invece rimase a guardare immobile la pianta.
Cosa doveva fare ora?
La rabbia doveva essere passata a questo punto, no?
Perchè si sentiva ancora di più uno schifo?
Perchè nulla stava passando?
Era così che si sentisse sua madre dopo quei scatti di rabbia?
Voleva solo che tutto passasse.
Voleva tornarsene a dormire come se nulla fosse.
Voleva saper tornare indietro nel tempo e non aver mai trovato quelle foto, non aver mai chiesto a suo padre la storia dietro di esse, non esser mai andata a casa loro ma direttamente a casa sua e del suo fidanzato.
Perchè non poteva succedere?
Perchè doveva accadere a lei fra tutte le persone?
Non poteva nascere con un carattere più normale?
Doveva sopportare questi sentimenti finchè non si sarebbero bruciati al punto di non sentire nulla?
Caddè sulle sue ginocchia mentre teneva ancora la mano stretta ed avvicinandola al petto.
Continuava a tremare come una foglia.
Poteva sentire le sue lacrime agl'occhi.
Non riusciva a portarsi a piangere però.
Non sapeva perchè non ci riusciva.
Ma era straziante.
Le veniva voglia di tirarsi via la pelle se significasse piangere per tirar fuori ciò che al momento sembrava bloccato dentro il suo petto.
Le veniva voglia di urlare fino a quando le sue corde vocali non la pregavano di smetterla.
E, ancora, si sentiva ad un passo nel farlo.
Eppure non ci riusciva.
Avrebbe voluto che qualcuno in quel momento la fermasse.
Qualsiasi persona andava bene.
Voleva uscire in quel limbo quale si era cacciata troppe volte ormai e, forse, quale non era mai uscita.
" drin drin "
Cosa era quel rumore?
" drin drin "
Perchè non poteva tacere?
Dava fin troppo fastidio al momento. Non voleva sentire una mosca volare ed ora si ritrovava con un ronzio ancor più fastidioso.
Sentiva che proveniva dalle tasche della sua felpa e, nonostante fosse già di suo irritata, non nelle condizioni migliori per rispondere e le veniva voglia di lanciar via il telefono, rimase a guardare lo schermo per vedere chi fosse.
aroha <3<3 is calling...
Oh... Henry...
Ah, diamine, sarà andato a controllare se stesse bene o meno e si sarà ritrovato un letto completamente vuoto.
Quanto tempo era passato comunque?
Non aveva controllato l'orologio sin da quando si era svegliata, ora che ci pensava.
Prese alcuni respiri profondi cercando di ritrovare un po' la voce della ragione, quale era zittita tempo fa.
... Doveva accettare la chiamata?
Non se la sentiva proprio di parlare con qualcuno al momento, sopratutto se doveva dare delle spiegazioni, sopratutto se fosse qualcuno preoccupato per lei quale le avrebbe chiesto una miriade di domande.
... L'avrebbe fatto preoccupare ulteriormente peró.
Non voleva farlo sentire male per questa cavolata.
Non se lo meritava di pagare al posto suo.
Non aveva fatto nulla di male in fondo.
" ch- "
" candace sei tu vero? Dimmi che sei tu, ti prego. È successo qualcosa? Ne vuoi parlare? Non sei ferita, vero? C'è qualcuno lì con te? Cosa è successo? Devo chiamare la polizia? C'è qualcuno che ti sta dando fastidio? Sai dove ti trovi? Vuoi che venga io a prenderti? Non stavi pensando a nulla di male, vero? "
" sì, sono io- "
" ah finalmente hai risposto, grazie al cielo. Cosa è successo? Dove ti trovi ora? Guarda che se è colpa mia me lo puoi dire, non me la prendo. Anzi ti chiedo scusa in anticipo per averti spinto a far ciò, è solo che ero andato a controllare che tu stessi bene ed avevo trovato il letto vuoto ed il tuo armadio aperto e, e non avevi preso le chiavi delle moto e quindi io pensavo ti avessero rapito e stavo per chiamare la polizia perchè è gia tardi e solitamente tu non ti alzi a quest'ora e- "
Finalmente?
Il telefono aveva squillato prima d'ora?
Non aveva sentito nulla però?
La sua voce sembrava davvero preoccupata.
Beh, questo c'era d'aspettarselo effettivamente.
Quello che la lasciò un po' a bocca aperta fu quanto tremante il tono risultava, e pure leggermente grata del fatto che avesse risposto al telefono.
Si stava aspettando che fosse preoccupato ma non così tanto.
Aveva esagerato per caso?
" henry respira "
" non se prima non mi spieghi cosa diamine- "
" sto bene. Prendi fiato per piacere "
Ci fu qualche istante di silenzio prima di sentire un tonfo e l'uomo fare respiri profondi dall'altra parte del telefono.
Era caduto per caso??
" ... okay, ci sono "
" mh "
" c-cosa è successo? Non è da te alzarti a quest'ora. Da quanto stavi sveglia? Ti dà fastidio la musica di notte? Posso anche non esercitarmi più se ti aiuta, davvero. Sai che non mi dà fastidio "
" no "
" ... e allora cosa? "
" ... "
" ... "
" ... volevo fare una corsetta? "
" u-una corsetta? Alle 4 di notte? In ciabatte? "
" come fai a sapere che sto indossando le ciabatte? "
" tutte le tue scarpe stanno al loro posto quindi... "
" ah "
" però che razza di idea è quella di uscire sENZA NEMMENO AVVISARMI- no okay perdonami, non volevo alzare il tono della voce aaa- pensavo fosse successo qualcosa di grave o che qualcuno ti avesse trascinato fuori "
" fa nulla... "
Non poteva incoparlo in alcun modo.
Aveva deciso di sua spontanea volontà di uscire di casa senza preavviso dopotutto.
La sua reazione era totalmente normale.
Probabilmente, coi ruoli invertiti, lei sarebbe già scattata fuori di casa a cercarlo da cima a fondo per la città.
Se l'è cercata dopotutto.
Avrebbe dovuto lasciare un bigliettino prima d'uscire.
O direttamente non uscire affatto.
Era colpa sua.
" candace... "
" mh? "
" non voglio sembrare pressante, ma cosa è successo? "
" ... nulla, davvero, stavo cercando di stancarmi per dormire "
" ... "
" ... "
" puoi tornare a casa... per favore? "
Lei scosse la testa istintivamente, nonostante l'altro non potesse vederla, rimanendo con la bocca aperta senza dire nulla.
" ... mi puoi dire dove stai almeno? "
" fammi controllare "
" n-non sai dove sei? "
" no, no. Fammi trovare un punto d'incontro decente... Ah, hai presente l'incrocio con la gelateria ed il mercatino dell'usato? Prendi la sinistra e vai dritto. Lì c'è un parco giochi "
" sei lì quindi? "
" ... teoricamente sì? "
" okay, okay, sto arrivando. non ti muover da lì "
" no henry aspetta- "
Troppo tardi: aveva chiuso la chiamata.
Woah, sì, wow, ottimo.
Ora arriverà in questo parco giochi schifoso, vedrà le mani ferite, l'albero sporco e farà domande su domande riguardo alla sua sanità mentale.
Davvero.
Ottimo.
Non che lo odiasse per ciò, però veramente non voleva qualcuno nelle sue vicinanze quando sta in queste condizioni.
E se gli avesse fatto del male per sbaglio?
Non voleva farlo finire in ospedale per una cosa che lei dovrebbe imparare a gestire da sola.
Aah, era meglio se non gli avesse detto nulla al riguardo.
O ancora, che non gli avesse risposto proprio alla sua chiamata.
Poteva mandare un messaggio tipo "non ti preoccupare, torno a casa più tardi" o qualcosa del genere.
Perchè non ci aveva pensato prima cavolo?
Si mise la mano sinistra in faccia, maledicendosi per la sua attuale mancanza di ragionare.
Okay, allora, cosa poteva fare per nascondere il tutto?
Magari spostarsi dall'albero in primis.
I suoi passi si diressero verso la bassa recinzione in legno del parco e scavalcò quest'ultima con un salto e l'aiuto della mano meno guastata.
Voltò lo sguardo osservando a 360 gradi il luogo.
Era un... Parco giochi, ovvio.
C'erano le altalene, gli scivoli, le panchine...
Cosa c'era di sbagliato che la fermò ad osservare il luogo?
Scosse la testa.
Ora non era il momento.
Come avrebbe coperto quelle ferite?
A malapena riusciva a muovere le dita di una mano, le nocche risultavano arrosate e sporche dal liquido rosso, alcune avevano persino qualcosa comparabile a dei buchi e la temperatura di esse era davvero alta che quasi si poteva espandere sulle mani intere...
Non aveva alcun paio di guanti con sè al momento, ma dei fazzoletti.
Sempre meglio di nulla, supponeva.
Aprì il piccolo pacchetto e avvolse attorno alle nocche il pezzo di carta, quale si intinse del sangue che stava iniziando ad asciugarsi in alcune parti.
Non bastava a coprire però.
Tirò fino alle dita le maniche della felpa che indossava e strinse le mani in un pugno.
" hiss, merda "
Nel tentativo di chiudere la mano destra in un pugno finì solo per sentire ancora più dolore.
Non era nulla.
Era tutto nella sua testa.
Il suo corpo aveva deciso di esagerare, tutto qua.
L'intero braccio tremó e, d'istinto, mise entrambe le mani le mani nelle tasche.
Non faceva male.
Non faceva male.
Non faceva male.
Non era nulla.
Non era nulla.
Non era nulla.
Era tutto nella sua testa.
Era tutto nella sua testa.
Era tutto nella sua testa.
Prese dei respiri profondi attraverso il naso, chiudendo i suoi occhi castano-rossi.
Non sapeva per quanto tempo cercava di convincersi di ciò, ma nonostante le sembrasse un'eternità passata a ripetersi le stesse identiche parole in loop, riuscì a trovare la forza di resistere inziando a dirigersi verso sotto lo scivolo presente e rimanere seduta lì.
Scappare le sembrava stupido ormai.
Magari se gli avesse mostrato che stava ancora intera se ne sarebbe andato, no?
No?
Non le toccava altro se non aspettare, appoggiando la sua testa sulle ginocchia ed abbracciando quest'ultime.
Fra tutti i posti le sembrava il più sicuro e, probabilmente, dentro di sè sperava che Henry non la trovasse affatto, come, ironicamente, allo stesso tempo sperava di venir trovata da quest'ultimo.
Era un sentimento misto.
Qualcosa che paradossalmente lei conosceva già, ma non riusciva mai a sopportare.
Probabilmente avrebbe ripetuto le stesse domande che le ha fatto durante la chiamata.
Come stava?
Perchè l'aveva fatto?
C'era qualcosa di sbagliato in lui?
Ed il resto a stento riusciva a ricordarlo, perdendosi fra i suoi pensieri.
" ti prego Candace... non diventare come me. Non prendere esempio da quel che faccio. "
Si sentiva... Abbattuta a ricordare quelle parole.
Quasi come se qualcosa in lei si era rotto tempo fa, ma i frammenti rimasti ora stavano venendo distintegrati fino a diventare cenere.
Quasi come se avesse spezzato una promessa.
Quante volte le aveva detto che le voleva bene, Candace ne aveva perso il conto.
Quante volte le aveva fatto del male, Candace ne aveva perso il conto.
Quante volte le aveva chiesto scusa per ciò, Candace ne aveva perso il conto.
Qua Candace volte la scena si ripeteva, sia durante la sua infanzia che nella sua testa, Candace ne aveva perso il conto.
Quante volte le aveva detto di non seguire il suo esempio, Candace ne aveva perso il conto.
Quante volte questi pensieri la tormentavano, Candace ne aveva perso il conto.
Ogni giorno che passava si stava sempre più arrendendo.
Cosa doveva fare ormai per correggere la sua persona?
Nulla.
Cosa doveva fare affinchè smettesse di far preoccupare gli altri in questo modo?
Nulla
Cosa doveva fare per evitare di finire in questo circolo vizioso che andava avanti per tutta la sua vita?
Nulla.
Non sapeva nemmeno come ci fosse entrata, ma neanche l'uscita le sembrava chiara e facile da trovare.
Strinse le braccia attorno alle sue ginocchia ed iniziò a tremare ulteriormente.
Non lo voleva.
Avrà fatto qualcosa per meritarselo, magari in questa o un'altra vita.
Ma non lo voleva.
Magari saper di esser in grado di fare del male alla propria famiglia faceva questi effetti.
Sapere che un giorno, senza preavviso, si sarebbe messa a ferire chi più teneva per una cavolata la portava a questo.
Si meritava di provare questo dolore.
Come si meritava di venir tirata dai capelli quando faceva sentire male la donna.
Come si meritava di venir presa a sberle ogni volta che provava a rallegrare la situazione.
Come si meritava di esser sgridata per il non saper stare al suo posto.
Non si sarebbe sorpresa se Henry avesse provato a fare una di quelle cose.
L'aveva deluso dopotutto.
L'aveva fatto preoccupare e probabilmente appena sarebbe arrivato l'avrebbe trascinata dentro casa di forza.
Ormai la sua mente era partita con le peggio paranoie e pensieri che potessero venirle in mente.
Ormai aveva iniziato a singhiozzare come un'idota di alta categoria.
Per quanto cercasse di fermassi, soffocare questi lamenti, non ci riusciva.
Sperava che qualche passante non la sentisse e si avvicinasse a lei.
Forse doveva veramente alzarsi ed iniziare a correre da qualche altra parte, così da non venir trovata.
Non lo voleva, davvero.
Ma ormai ciò che è fatto, è fatto.
Non poteva tornare indietro.
E ciò non aiutava a farla calmare.
Era persa nel suo mondo di auto-tortura ormai.
Sarebbe rimasta lì fin quando non avrebbe trovato il coraggio di alzarsi.
E chissà quando verrà quel coraggio.
Magari le sarà toccato stare lì per tutta la notte.
Le toccava... Solo aspettare che sarebbe passato.
Che il dolore diminuisse così che ella possa alzarsi e far finta di nulla.
Doveva mostrarsi capace e responsabile dopotutto.
" ... ti ho trovata finalmente "
Quella voce la fece risvegliare da quello stato di trance in cui si era indotta.
Non ebbe il tempo di alzare la testa che delle braccia si avvolsero attorno al suo corpo tremante.
Ormai i singhiozzi erano incessanti e non c'era modo di fermarli.
L'aveva trovata veramente?
Sotto quello scivolo?
Durante la notte?
Il freddo che la pervadeva per tutto il corpo fu diminuito dal calore dell'uomo.
" va... tutto bene, non ti preoccupare "
La sua voce, così come il suo corpo, risultava tremante, come se qualche attimo fa stesse per perdere ciò che più teneva.
Riusciva a sentire il suo battito cardiaco andare all'impazzata.
Riusciva a sentire gli affannati respiri che uscivano dalla sua bocca, come se avesse corso per la sua vita.
Riusciva a percepire la sua cassa toracica espandersi alquanto mentre tirava quei respiri.
Riusciva a percepire il suo calore mentre la stringeva fra le sue braccia, quasi come se avesse paura che ella scappasse di nuovo.
Riusciva a percepire da qualsiasi suo gesto che egli si fosse preoccupato per la sua incolumità.
Davvero l'aveva fatto preoccupare così tanto?
Ora si sentiva uno schifo per esser scappata.
Si sentiva uno schifo per non aver avvisato prima d'uscire.
Si sentiva uno schifo per averlo fatto preoccupare.
Si sentiva uno schifo per aver cercato di nascondersi da lui.
Si sentiva uno schifo per averlo fatro stancare per arrivare lì.
Si sentiva una schifo per averlo disturbato nel mezzo della notte.
Non necessitava di nessuno che facesse ciò per lei.
Non le era mai servito.
Cosa gli sarebbe successo se non l'avesse trovata?
" cerca di prendere respiri profondi "
Poteva considerare ironico il fatto che nella conversazione di prima era stata lei a dirgli ciò?
Istintivamente riuscì a trovare un modo per mettere le mani davanti alla bocca ed il naso, cercando nuovamente di soffocare i singhiozzi.
Era abituata a farlo.
Aveva sempre cercato silenziare il più possibile cosa uscisse dalla sua bocca.
Le veniva difficile fermarsi.
Troppo difficile.
Sia perchè non sapeva come controllarli in quel momento, sia perchè era costretta a tenere le mani in dei pugni per evitare che le maniche tornassero ai suoi polsi.
Cercò dunque di far come richiesto dal fidanzato.
E ci fu il primo respiro profondo.
Dopo il secondo.
Dopo ancora il terza.
Poi il quarto.
Ed ancora un quinto.
Stava riprendendo controllo di sè stessa man mano che sentiva l'ossigeno andare nei suoi polmoni, con tanto di un piccolo aiutano da parte dell'altro mentre faceva movimenti circolari con una delle mani.
Questa sì che era una figuraccia.
Avrebbe voluto sparire dalla faccia di questa Terra in quel preciso istante se potesse.
Si sentiva imbarazzata.
Era imbarazzata per esser scoppiata.
In questo penoso modo.
All'aperto.
In compagnia di una delle persone che la considerava la più forte al mondo.
Era imbarazzante mostrarsi così per lei.
Per quanto lo amasse non voleva che la vedesse ridotta in quello stato di perdita di controllo.
Per quanto lo amasse stava detestando il fatto che, probabilmente, senza il suo aiuto ci avrebbe impiegato più tempo a riprendersi.
O peggio ancora, non si sarebbe del tutto ripresa.
Per quanto lo amasse lei avrebbe voluto scappare via in quel istante.
Sentiva nuovamente quella sensazione di rabbia contro sè stessa pervaderla solo per ciò.
Probabilmente se non l'avesse tenuta ferma in quell'abbraccio si sarebbe alzata ed avrebbe iniziato a tirare calci al primo oggetto che trovava, poiché le mani erano fuori uso.
Eppure trovava la sua presenza confortante rispetto alla solitudine che pativa ogni volta in queste situazioni.
Eppure avrebbe voluto rimanere così per sempre, senza preoccuparsi di mostrarsi debole.
" va un po' meglio adesso? "
La donna dai capelli scuri riuscì a levare le mani dalla propria bocca per poi annuire debolmente.
Ora che lo notava, non c'era traccia di una lacrima sulle sue guance o maniche della felpa.
Era tutto nella norma ciò?
Poteva sentire la riluttanza nel lasciare quel abbraccio da parte dell'uomo.
Aveva paura che scappasse dal confronto?
Aveva paura che scapasse dai suoi problemi?
Non si mosse di un millimetro successivamente, rimanendo inginocchiato sul terreno a guardarla con uno sguardo che esprimeva molte emozioni in quel momento.
Gratitudine poichè l'avesse trovata.
Gratitudine poichè apparentemente non aveva alcun graffio.
Gratitudine poichè l'altra non abbia preso l'opportunità di alzarsi e correre via per un'altra metà imprecisa.
Preoccupazione poichè non capiva i suoi motivi per essere corsa via di casa.
Preoccupazione poichè l'aveva trovata sotto uno scivolo di un parco vuoto, raggomitolata su sè stessa.
Preoccupazione poichè l'aveva vista piangere senza nemmeno versare una lacrima.
Preoccupazione poichè pure lei stava tremando in quel momento come una foglia, come una ragazzina che aveva appena finito di vedere il suo primo film horror.
Non riusciva a guardarlo in faccia in quel momento.
In questo momento.
Con questa sensazione di delusione, preoccupazione e rabbia.
Candace era solita a mostrare una delle due guance quando l'altra persona stava parlando con lei.
Da quei ricordi d'infanzia questa sensazione veniva associata spesso ad una sgridata od una litigata.
E generalmente finiva pure per beccarsi una sberla persino per aver tirato un sospiro al momento sbagliato.
Si poteva considerare una facilitazione?
Sapeva che il suo ragazzo non era mai stato il tipo ad alzare le mani - a malapena riusciva a non scusarsi appena uccideva una mosca.
Era lei che aveva in mente questo concetto da quando è nata.
Era comparabile al mangiare, respirare e bere?
Detto sinceramente non notava nemmeno questo suo particolare.
" ... stai bene "
Annuí ancora.
Non le risultava comprensibile se fosse una domanda od un'affermazione.
La sua mente risultava vuota.
Come se il suo cervello cercasse di fare un reset di ciò che si ricordasse.
Qualsiasi pensiero lo percepiva a malapena per qualche motivo.
Era come se avesse alzato una barriera per spingere via gli impulsi, così da rimanere zitta ad ascoltare.
" è colpa mia? "
Scosse la testa.
Come poteva essere colpa sua per i propri pensieri?
Come poteva essere colpa sua se lei stava litigando con sè stessa?
Come poteva essere colpa sua se lei aveva fatto tutto ciò spinta dalla frustrazione che provasse a causa di eventi passati, dove lui non era nemmeno presente nella sua vita?
Non poteva dargli assolutamente nessuna colpa, anzi, in caso i ruoli si fossero invertiti, lei avrebbe fatto di peggio per ritrovarlo.
La sua era stata una reazione totalmente normale sotto ogni punto di vista.
Non ha motivo di incolparlo, se lei era quella che ha preso la decisione di andare a trovare suo padre.
Non ha motivo di incolparlo, se lei era quella che ha voluto mettere il naso nel suo passato.
Non ha motivo di incooparlo, se lei aveva deciso di uscire fuori senza preavviso.
Non è una bella esperienza trovarsi il letto della persona che più si vuole bene vuoto.
" me lo puoi dire se ho fatto qualcosa "
" non hai fatto nulla "
" perchè te ne sei andata allora? È successo qualcosa? Hai litigato con qualcuno in famiglia? "
Sì, con sè stessa.
Si era urlata contro.
Ci ha bisticciato così forte che si era fatta del male.
E se lo meritava.
Era completamente nel torto in quelle litigate.
Non capiva come si andava avanti a discuterne fino a farla impazzire.
Non riusciva proprio a fare pace con sè stessa.
O trovare un compromesso affinché si calmassero le acque.
No.
Nulla di tutto ciò.
Solo urla, insulti e botte pesanti.
Il dolore che adesso provava a sopportare stava essendo terribile all'ascolto di quelle parole.
Era come se volesse zittire ma amplificare quest'ultimo.
Non sentiva che stesse per urlare però.
Era qualcosa di decisamente strano ai suoi occhi.
Scosse la testa.
" ... hai avuto un brutto sogno? "
Rimase a guardare davanti a sè ancora in quella posizione.
Non fiatò parola.
A malapena si riusciva a sentire il suo respiro.
Aveva tirato un po' troppo forte il collo quando girò la testa.
Ora le faceva male starsene così.
Non che prima non avesse smesso di provare tale sensazione.
Ma era come se fosse bloccato.
Doveva ammetterlo che a causa di uno stupido sogno aveva fatto tutta questa sceneggiata?
Non era stupido?
O ridicolo?
Perchè stava cercando di capire cosa la stesse tormentando?
Al compositore, però, non sembrò necessaria una risposta, tanto che si spostò dal stare davanti all'artista d'arti marziali ibride a sedersi affianco a lei.
Nuovamente lei porse la sua guancia verso il verso in qui il ragazzo si trovasse.
" ascolta... non sei costretta a parlare se non vuoi. Non voglio essere pesante nei tuoi confronti e non sono nessuno a forzarti. Ma... non mi disturba sapere cosa ti ha spinto a fare tutto ciò, davvero. Non mi piace vederti così giù. Quindi... Possiamo rimanere pure qui in silenzio se vuoi. Non mi muoverò da qui finchè non sarò sicuro che tu stia meglio "
" puoi pure tornare a casa- "
" no, Candace. Non ti lascio da sola "
Quelle parole uscirono più serie di quanto entrambi si aspettasero.
Non era mai solito usare questo tono serio ed autoritario nei suoi confronti.
O, per essere più precisi, lei non l'aveva mai sentito prima d'ora.
Non credeva il ragazzo capace di ciò.
Non in questa situazione almeno.
E lui era molto più che serio al riguardo.
Il fatto è che il compositore voleva aiutarla a trovare una soluzione ai suoi tormenti.
Sapeva benissimo come ci si potesse sentire quando si ha un brutto sogno.
Sapeva benissimo cosa significasse voler scappare di casa senza preavviso.
Sapeva benissimo che c'era un modo per aiutarla.
Che sia un'altra persona qualsiasi.
O lui stesso.
Aveva perso fin troppe persone in passato.
Voleva far di tutto affinché la sua lista non si allungasse.
" henry, davvero- "
" ho detto di no. Non so cosa ti sia successo, ma voglio aiutarti. Qualsiasi scusa tu ti stia inventando in questo momento che ti dica 'non me lo merito' o 'non mi serve' non conta per me. Ho fatto una corsa da dieci minuti fino a qui per un motivo. Non devi portarti dei pesi sulle spalle da sola. Sono qui, capiscilo "
Poteva sentire i suoi occhi puntati addosso con tanta serietà.
La sfrecciarono nel cuore facendole mancare un battito.
Era...
Strano.
Solitamente i ruoli erano inversi: lei incoraggiava lui ad aprirsi.
Era lei quella che supportava gl'altri.
Li rincuorava.
Se ne prendeva cura.
Era lei quella forte e determinata.
Quella che non necessitava di aiuto poichè dimostratosi indipendente.
Quella dalla capacità di rompere ogni muro delle paure ed insicurezze altrui.
Era fin troppo strano il contrario.
Si sentiva pendere dalle labbra dell'altro.
Non capiva se fosse un sentimento negativo o positivo.
Non sapeva veramente come prendere quelle parole.
Forse era proprio la prima volta che sentiva qualcuno così diretto nel volerla aiutare.
Era sempre lei quella a mettere le cose in chiaro senza perdersi in troppe chiacchiere inutili.
Era sempre lei che diceva quelle parole.
Mai sentite dirette verso di sè.
Non pensava che mai le sarebbe servite.
Non pensava nemmeno se effettivamente le sue orecchie avrebbero sentito questo ronzio.
Sentirsele dire le portava dentro al petto una sensazione davvero strana.
Non affatto familiare con essa.
Dovevano sembrare parole dure.
Dovevano imporre un po' d'autorità.
Ma in qualche modo erano riuscita a portarla sull'orlo delle lacrime.
Forse la prima volta in tanto tempo che scoppiava così davanti a qualcuno.
Forse la prima volta in tanto tempo che effettivamente questo scoppio non portava danni devastanti.
" è... è solo che- "
La sua voce era tremante, leggermente nasale, demoralizzata.
Non capiva cosa le stava succedendo.
Nè perchè avesse reagito in quel modo.
Neanche la possibilità di finire cosa stesse cercando di dire che un'ondata di lacrime bagnarono le sue guance.
Con così tanta facilità.
Nel tentativo di asciugarle con ancora i pugni chiusi, la sportiva serrò la sua bocca sentendo i denti sbattere.
Ancora stava cercando di non farsi sentire.
" sono qui, capiscilo "
L'aveva colpita in pieno con quelle parole, tanto che dall'imbarazzo della sua scenata le sue guance si tinsero di rosso. Ancora poco visibile poichè illuminata dalla debole luce dei lampioni presenti nel mezzo della notte.
Era una frase che probabilmente voleva sentir dire da qualcuno quando era più giovane.
Con gl'anni a passare si era ormai arresa.
Risultava così estranea.
Così come cosa stesse provando in quel momento.
Così come il motivo del suo pianto.
Era triste per averle sentite?
" shh, va tutto bene, tira fuori tutto "
Si avvicinò il più possibile alla ragazza in lacrime ed avvolse una mano attorno alle sue spalle, portandola vicino a sè in una sorta d'abbraccio.
Era la prima volta cui effettivamente la vedeva piangere.
Quasi gli venne una fitta al cuore a sentirla.
Sapeva che fosse forte, sia d'animo che fisicamente, ma poteva capitare di sentirsi così dopotutto e, data la facilità con cui ella sia crollata, stava supponendo che fosse la prima volta pure per lei nel lasciarsi andare.
Era un pianto sia triste che di sollievo.
Non lo stava ancora comprendendo pienamente.
Era fin troppo insolita per lei questa sensazione.
Ed essere l'unica persona a fare baccano durante la notte tarda era imbarazzante.
Allo stesso tempo non le sembrava nemmeno chissà quale problema.
Erano solo loro due in quel momento.
Da soli.
Mentre uno abbracciava e consolava l'altra.
Non sapeva quanto tempo impegò prima di cessare, ma da come il suo seguente mal di testa provava, doveva esser durato tanto tempo.
Sperava di non aver inzuppato la camicia che attualmente indossava l'altro sotto la giacca presa di corsa quando è uscito.
Come si poteva dire... Era da tanto che non piangeva così.
" ti sei calmata adesso? "
" mh-hm "
" vuoi ancora parlarne? "
" mh-hm "
Il ragazzo delicatamente lasciò andare la presa per la seconda volta.
E già lei ne sentiva la mancanza.
Voleva rimanere così, fermare il tempo affinché ciò durasse per sempre.
D'istinto allungó leggermente il braccio.
Appena lei lo realizzò, lo portò nuovamente indietro, tornando alla posizione seduta di prima.
Il collo sempre girato altrove piuttosto che verso di lui.
" ho... avuto un incubo. nulla di grave però, davvero. È tutto passato adesso e- "
" ti ricordi cosa fosse? "
" ... uhm c'ero io... con un vestito nero... una chiesa... ricordo che c'era pure una luce abbagliante che mi puntava adosso e... "
Fece una pausa prima di andare avanti.
Un brivido scese lungo la sua schiena.
" ... stavo sanguinando da ogni dove... c'era pure qualcuno lì "
" sai chi fosse? "
" ... mia madre "
" t-tua madre? "
" non lo so... era familiare ma la luce la faceva sembrare una sagoma nera...
mi aveva detto qualcosa. Ah... non ricordo, però... mi sentivo in trappola, ecco "
Alzò le spalle chiudendo gli occhi mentre cercava di scacciare via la sensazione che provò a ricordare la bara.
Sentì la mano di Henry poggiarsi sulla sua schiena.
Si concentrò sul calore che quest'ultima emanava per non perdersi fra i suoi pensieri
Tirò dei respiri profondi prima di riprendere.
Non voleva ammetterlo.
Probabilmente non l'avrebbe mai fatto.
Ma le sue reazioni lo rendevano chiaro.
Quel piccolo scenario l'aveva messo davvero tanta paura.
" sentivo che non riuscivo a muovermi... e-e tutto faceva male... "
" oh... mi spiace davvero sentire ciò. è per questo che sei uscita...? "
" ero uscita per prendere una boccata d'aria... Stavo fra i miei pensieri per tutto questo tempo però "
" mh... "
" secondo te sono una persona violenta? "
" violenta? "
Mosse la testa su e giù debolmente e lentamente, portando lo sguardo verso in basso.
Era quello che si credeva.
Insomma.
Le prendeva.
Le ridava.
Parava calci.
E attaccava coi suoi pugni.
Su quello ormai era stata basata la sua vita: combattere.
Non importava dove.
Non importava quando.
Era costretta a tener duro per non cedere.
Non importava dove faceva male.
Non importava quanto faceva male.
Doveva sopportarlo.
Ripetersi che stava tutto nella sua testa.
Non provocava nulla di piacevole lamentarsene.
Non c'era mai tempo per le lamentele in campo.
Le toccava esser violenta per intrattenere.
Le toccava esser violenta per difendersi.
Le toccava esser violenta per guadagnarci qualcosa.
Le toccava esser violenta per sfogarsi.
" assolutamente no. perchè pensi questo? "
" ... "
" ... "
" ... non lo so, certe volte quando ripenso a qualcosa mi sento gonfiare e... Ugh quando sento che sto per esplodere cerco di diminuire il problema e... Non lo so, iniziò a far di tutto pur di evitare di scoppiare con questa sensanzione? Però allo stesso tempo non aiuta e finisco per sentirmi peggio ed è capitato che- "
Si fermó ricordandosi delle mano ancora ferite, chiuse in un pugno coperti dalle maniche, belle in vista.
Poteva sentire il sangue passare attraverso il fazzoletto bagnato ed andare sulle maniche della sua felpa.
Non le aveva notate, vero?
Pregava che non le avesse notate.
Sperava che non gli avrebbe chiesto qualcosa.
Con tanta velocità e sbadataggine cercò di mettersi le mani in tasca.
Riusciva a percepire l'ansia pervaderle il suo corpo.
Riusciva a percepire lo sguardo confuso dell'altro.
Riusciva a percepire i suoi occhi puntati addosso.
Riusciva a percepire la delusione che avrebbe avuto in lei se l'avesse vista così.
Riusciva a sentire i loro battiti aumentare ogni istante che passasse.
Riusciva a sentire che entrambi avessero il fiato pesante.
Solo che una veramente lo mostrava.
Riusciva a sentire la mano dell'uomo sul suo braccio.
Non si fermò però.
Doveva nasconderle.
Il dolore doveva ignorarlo.
Non voleva causare altri problemi.
Non doveva causare altri problemi.
Non doveva guardalo in faccia.
I suoi grandi occhi castano-rossi si spalancarono.
Le pupille si dilatarono.
Il suo corpo tornò a tremare come prima.
La sua respirazione tornò ad essere affanata come prima.
Nonostante avesse pianto poco fa, poteva sentire nuove lacrime sull'orlo d'uscire come prima.
Era finita per lei.
" ... c-candace che hai fatto? "
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
" n-nulla "
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
" cerca di prendere fiato, per piacere "
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
" non ho fatto nulla, davvero "
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
" ti credo ma ascoltami per favore "
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
" sto benissimo. Lasciami stare. Non sto creando problemi. Non ne voglio creare altri. Sto facendo del mio meglio. Non farmi questo ti prego. "
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
" candace guardami per piacere. Non aiuta far così "
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
Non guardarlo in faccia.
" no, smettila. Non posso farlo. Non posso. Non devo. Non ora. Non così. Non- "
La sua frase si bloccò come il suo intero corpo.
Era tutto passato così in fretta.
Le mani dell'uomo afferarono le sue guance.
La sua testa si girò verso di lui senza farsi del male.
Le lacrime a pochi millimetri dall'uscire.
I due sguardi preoccupati. Specialmente quello di lui.
Non voleva farlo.
Perchè l'aveva fatto?
Non capiva, non capiva.
Perchè farle ciò?
Alla realizzazione le sue mani si tolsero dalle tasche e salirono al livello della faccia, cercando di coprirsi gli occhi.
Ormai le maniche si erano abbassate.
Ormai i fazzoletti bagnati erano erano caduti per terra.
I suoi due pugni rossi e gonfi erano ciò che si mostrava vicino al suo viso.
Le ferite comparabili a dei buchi sulle nocche non erano affatto belle da vedere.
Tremavano.
Assai.
Più di quanto la ragazza stessa lo stesse facendo in quel momento.
L'altro spalancò gli occhi alla vista.
Faceva male guardarsi a vicenda in quel momento, tanto che la sportiva serró gl'occhi e morse l'interno del labbro inferiore.
Uno preoccupato se l'altra si fosse ferita ulteriormente.
L'altra preoccupata dei sentimenti e pensieri di lui al riguardo.
Si stava pentendo di tutto in quel momento.
Di esser uscita.
Di aver risposto alla chiamata.
Di avergli riferito la sua posizione.
Di non esser scappata via.
Non voleva che qualcuno la vedesse così.
Doveva mostrarsi la più forte.
Sempre.
Questo non era un comportamento adatto a quell'aggettivo.
Per niente.
Cosa ne sarebbe stato di lei adesso?
Che conseguenze avrebbe pagato.
Non avrebbe dovuto guardarlo.
Cosa si doveva aspettare dopo averlo fatto?
Nulla di buono.
Ovvio.
" candace... non ti voglio fare del male "
Quasi sussurò quelle parole.
La sua reazione era qualcosa di inaspettato.
Non l'aveva mai vista così spaventata da sé stessa prima d'ora.
Non l'aveva mai vista così spaventata in generale.
O ancora, l'avrá forse vista nervosa.
Ma mai mostrare la sua paura.
Non capiva.
Non capiva perchè si comportava così per qualcosa di poco conto dal suo punto di vista.
Non capiva perchè un gesto così semplice tanto la spaventava.
Non capiva perchè ella credesse che gli avrebbe fatto del male.
La ragazza rimase qualche secondo a contemplare le parole dette.
Riaprì gl'occhi fissandolo incredula.
Sembravano così estranee per lei.
Era come sentire una lingua appena inventata.
Ci mise un po' realizzarle.
E quando lo fece
Nuove lacrime iniziarono a bagnare il suo viso, così come le mani dell'altro.
Lasciò subito andare la presa.
Avrebbe dovuto trovare un altro modo per calmarla.
Questo non sembrava aver funzionato.
Affatto.
L'altra, invece, non gli lasciò la possibilità di staccare contatto fisico.
Si lanciò fra le sue braccia in cerca di conforto.
Come se la sua vita ne dipendesse.
Era una stupida per aver creduto alle sue paranoie.
Era una stupida per aver creduto che una persona come Henry avrebbe potuto fare del male a qualcuno.
Era una stupida per aver creduto che il peggio sarebbe successo con una semplice azione.
Appogiò la faccia fra la spalla e collo dell'altro.
Solo la mano sinistra salì, aggrappando forte la camicia che l'altro indossava attualmente.
Come se avesse paura di perderlo.
L'altra rimase ad penzolare, ancora indolenzita e debole.
Poteva sentirla gonfia.
Poteva sentirla calda.
Poteva sentirla pulsante.
A stento riusciva a muovere il pugno forzato in precedenza.
Mentre l'altra piangeva, il compositore avvolse nuovamente le sue braccia intorno a lei in un caldo abbraccio.
Faceva male vederla così.
Ridotta in quello stato.
" scusa se non l'ho capito prima- "
" scusa... scusa... non dovevo dubitar di te... scusa... davvero, non volevo... "
" ehy, ehy, ehy va tutto bene, okay? non l'ho presa male. cerca di concentrarti sul tuo respiro, che ne dici? "
L'altra annuì debolmente facendo come richiesto.
Sentendo la mano tremante dell'altra, Henry cercò di abbassare lo sguardo per vedere le condizioni di quest'ultima.
Definitivamente un problema c'era.
La domanda era una: come ci era riuscita?
Sapeva che fosse forte fisicamente e tutto, ma davvero, cosa avrà colpito per ridursi le nocche così?
L'istinto gli diceva di afferrar la mano e controllare se ci fossero stati altri danni che non aveva notato.
Gli diceva di andare a prendere la prima cosa utile che trovava per bendare le ferite.
Gli diceva di alzarsi e trascinarla al primo ospedale che trovavano, in caso qualcosa di grave potesse essere accaduto.
Invece rimase lì fermo.
Non era il momento.
Mostrarsi preoccupato a mille nom avrebbe aiutato a calmarla.
Anche se lui in quel momento lo fosse.
Ora come ora non stava nelle condizioni migliori per venir trascinata da qualche parte a farsi controllare.
Avrebbe aspettato così.
Anche se fosser passati mille anni prima che fosse il momento giusto.
Prima che lei fu la prima a staccarsi da quell'abbraccio.
Gli toccava rimanere fermo accogliendola fra le sue braccia.
Gli toccava continuamente rassicurarla che tutto andasse bene.
Che non se ne sarebbe andato.
Che non fosse arrabbiato con lei per ciò che ebbe fatto.
Gli toccava far muovere le dita di una mano sulla schiena dell'altra per farla rilassare.
Era grato di averla ritrovata prima che potesse fare qualcos'altro di ancor più grave.
Era grato che non avesse perso pure lei.
Era grato esserle d'aiuto in qualche modo.
Passarono nuovamente altri minuti, questa volta più brevi, mentre l'altra cessò le lacrime ed i singhiozzi.
Ora come ora stava respirando profondamente dal naso.
Non voleva staccarsi dell'abbraccio.
Amava sentirsi rassicurata in quel modo.
Non voleva che finisse.
Ed infatti non si staccò.
Rimase ferma lì.
Voleva stringerlo a sua volta ma impossibilità dalle condizioni delle sue mani.
Si sentiva grata che nemmeno oui sembrasse volersi staccare da lì.
Ci furono dei momenti di silenzio.
Solo i loro respiri e cuori erano orecchiabili nel mezzo della notte.
" ... mi sento persa Henry... non so cosa fare. Ho paura... di farvi del male... di diventare una persona senza ragione. Mi sento debole. Non voglio ammalarmi. Non voglio rimanere confinata da qualche parte per il resto dei miei giorni. Non voglio litigare con te e pensar sempre di aver ragione. Non voglio far del male a ciò che tengo. Non voglio lasciare una traccia negativa di me per poi sparire da un momento all'altro. Preferisco esplodere piuttosto che tenere sulla mia coscenza il dolore che causo, essere l'unica persona a soffrire "
Prese un respiro profondo e tremante.
Le venne così naturale tirare quelle parole fuori di bocca.
Certe volte si fermava perchè si sentiva insicura al riguardo.
Sperava che non fosse un problema tutto ciò.
Sperava che non stesse infastidendo l'altro.
Pregava che tutta questa conversazione andasse per il verso giusto.
La stretta della mano si strinse, mostrando di più il sangue che quasi stava per uscire.
" ...Papà ha detto che assomiglio a mamma. È vero. Prendo azione senza pensarci e... poi me ne pento. Riesco sempre a ferire qualcuno. Sono aggressiva. Non riesco nemmeno a controllare le mie emozioni. Cosa succederà se faccio del male a qualcuno? Voglio stare da sola in questi momenti per non saperlo. Penso sempre che tutti mi vogliano lasciare non appena capiscono ciò. Uso la violenza in tutto ciò che faccio. Non voglio superare i limiti e vedere altre persone pagar le conseguenze delle mie azioni per poi sentirmi una merda. Scusa se ti ho fatto preoccupare "
" non fa nulla- "
" Ho solo brutti ricordi riguardo mia madre. So che mi voleva bene... ma certe volte era straziante stare con lei. Avevo paura che potesse far del male a me o ai miei fratelli. E... Succedeva. Non importava per cosa. Ogni motivo sembrava valido per dar la colpa a qualcun altro, per usarmi come sfogo. Ma rimane mia madre... Non riesco ad odiarla. E non era neanche colpa sua perchè era malata. E si scusava quando capiva i suoi errori. Eppure continuava. E si scusava ancora. Andava avanti così tutti i giorni. Non capisco se lo intendeva veramente certe volte.
Quando è morta è stato così confusionario per me. Non sapevo cosa fare se non trovare un modo per limitare i problemi. Avevo paura di perdere qualcun altro e così ho iniziato a diventare più forte. Sto perdendo le speranze ora perchè sto finendo nella sua stessa strada. Non lo voglio però.
Non so come sentirmi riguardo... a tutto quanto. Ancora, scusa per tutto ciò che ho fatto. Dovevo avvisarti come minimo. Avevo paura di parlarne perchè non riuscivo a tirar fuori dalla mia testa cosa lei avrebbe potuto farmi in queste condizioni. Davvero scusami "
E dopo questo piccolo sfogo una nuova lacrima scese dalla sua guancia.
Si sentiva uno schifo per averlo detto.
Si sentiva bene per averlo detto.
Non capiva se se ne stesse pentendo o meno.
Stava odiando quel momento di silenzio da parte dell'altro, quale stava cercando di trovare le parole tiuste da dire.
Aveva fatto bene?
Aveva fatto male?
In sua risposta l'uomo toccò la sua guancia dell'altra.
Col pollice asciugó via la lacrima.
E dopodiché strinse l'abbraccio.
" non fa nulla, davvero. non sono arrabbiato con te. Non lo sono mai stato. Capisco perfettamente perchè tu l'abbia fatto ed ora l'importante è che tu stia qui in fondo. E... effettivamente non so niente della tua situazione, ma sono sicuro che qualunque cosa accada tu rimanga la solita. Non farai male alle cose che tieni. Ti conosco. Sei sempre disposta ad aiutare le persone. Non ferirle.
E tu sei tu... Nessun altro. Tutti assomigliano i propri genitori per certi tratti, ma non significa che siam loro in tutto e per tutto. Sono sicuro che tuo padre non voleva offenderti con quelle parole. Insomma, sei una brava persona in tutti gli aspetti. Davvero non capisco come tu possa pensare il contrario.
E... Per quanto riguarda tua madre e la tua storia non so cosa dire di preciso. Scusami per questo. Ma... Mi spiace sentirti dire ciò che hai passato. Davvero, non riesco ad immaginar nemmeno quanto tu abbia sofferto a causa di ciò. Non son mai stato in una situazione così. Però... Devi sapere che se potessi andare indietro nel tempo farei di tutto per farti sentire meglio. Lo voglio fare ancora adesso. Sono sicuro che tu non stia finendo come lei. Dici che sentirti così faccia del male fisico a qualcun altro... invece io sono qui senza un graffio, vedi? Non dire brutte cose riguardo il tuo conto. Sei solo confusa alla fine. Ed è normale. Perdere un genitore non è facile in fondo. È normale sentirsi così, davvero. Non sei pazza o altro. Sei solo spaventata. Ed è normale. Non c'è nulla di cui vergognarsi. Non devi aver paura di sentirti un peso aprendoti. Nessuno ti lascerà per ciò. Io non lo farei mai. E poi tu? Ammalarti? Hai la routine ed alimentazione più sana che conosca. E anche se fosse rimarresti la persona forte che tutti conoscono. Ne sono sicuro. Non sei nessun mostro senza autocontrollo. Sei solo una persona. "
Sentendo quelle parole l'altra si zittì.
Era davvero strano sentirle.
Si sentiva strana.
Non capiva cosa stesse sentendo.
Se fosse qualcosa di buono.
Se fosse qualcosa di cattivo.
Non le sembrava cattivo.
Era confortevole.
Ma strano.
L'uomo si staccò dall'abbraccio ed afferrò le mani dell'altra con quanta più delicatezza potesse.
Cercava di toccare solo i palmi e non le nocche.
Non voleva farle del male.
Solo alzare le sue mani affinché lei potesse vederne lo stato in cui eran ridotte.
" Peró... Devi capire che tutti hanno dei difetti, Candace. Pure tu. Ognuno ha il suo metodo di sfogo e... dovresti cercare di cambiare il tuo. Non aiuta farti del male perchè pensi di meritartelo perchè, no, non te lo meriti. Non è nemmeno bello da vedere, non trovi? Ti consiglio di parlarne la prossima volta che tu ti senta così. Lo trovo più... Efficace, ecco. Non deve esser per forza me se non te la senti, ma sappi che ci sono sempre ad incoraggiarti. Non ti senti un po' meglio dopo avermene parlato? "
" ... sì... Suppongo tu abbia ragione... "
" c'è qualcosa che non va? "
" no, non proprio. Credo... Mi ci voglia un po' per realizzar quello che hai detto. È... Strano. Non in senso negativo, ovvio. Mi sento strana per qualche motivo "
" oh, nessun problema fai pure con calma. È normale sentirsi un po' così dopo queste situazioni. Ti ricordi quella volta che ho quasi vomitato sulla tavoletta? Apparte il fatto che ero un idiota in tutta quella scenata, dopo mi son sentito un po' così. Passerà vedrai "
" ... non sembro una stupida dopo tutto ciò? "
" assolutamente no. Tutti hanno dei momenti del genere. C'è qualcos'altro di cui vuoi parlare per caso? "
" ... credo di essermi rotta la mano destra a furia di tirare pugni ad un albero... "
Borbottò abbassando lo sguardo ed il volume della voce.
" h-hai preso a pugni un albero? "
" non ne parliamo che è meglio "
" ... meglio andare a in ospedale per esserne certi "
Dopodiché l'uomo lasciò andare le sue mani per usare le proprie come appoggio e uscì da sotto lo scivolo stando in piedi, guardando la corvina ed aspettando che ella si alzasse a sua volta. Voleva porgerle la sua di mano per aiutarla ad alzarsi, ma pensò che non fosse proprio la migliore delle idee.
Ella lo seguì, alzandosi senza problemi. Non le era necessario usare le mani per alzarsi da quella posizione seduta in fondo.
Si stranì quando vide l'altro frugare fra le sue tasche della giacca che aveva adosso.
Successivamente tirò fuori in fazzoletto in stoffa e, questa volta, porse le sue dita verso l'altra.
" dammi la mano che ti fa più male "
Lei fece come detto e avvicinò la mano destra, ancora un po' confusa da cosa egli volesse fare.
Fortunatamente i suoi dubbi furono chiariti non appena l'altro avvolse l'oggetto in stoffa attorno al palmo dell'altra, facendo pure un nodo alla fine.
Il fazzoletto diventò rosso parzialmente non appena una precisa parte fece contatto con le nocche dell'altra.
Certo, il dolore non era passato.
Ma si sentiva addolcita dal gesto.
Era persino delicato nei movimenti per evitarle di farle del male.
Successivamente si giró di spalle e si abbassò leggermente, tirando le mani dietro la schiena e facendo un cenno di avvicinarsi.
" ...che fai? "
" salta in spalla dai, sarai stanca e ti girerà la testa dopotutto "
" no, Henry, davvero, non c'è ne bisogno "
" invece insisto "
" ... Ugh, va bene. Hai vinto per questa volta "
Non le andava di discuterne.
Era considerabile una discussione?
Credeva di no realtà.
Alla fine era due persone che cercavano di mostrarsi altruisti nei confronti dell'altro, tutto qui.
Scrollò spalle prima di tirare un sospiro e saltare sulle spalle dell'altro, appoggiando le braccia sulle spalle dell'altro fino a raggiungere il suo petto e la sua testa si poggiò di lato all'altra.
" preferisco andare a casa ora, non possiamo andarci domani all'ospedale?"
" ne sei sicura? Non mi dà fastidio camminare fin lì "
" sicura "
" oh beh... Se lo dici tu. Che ne dici di disinfettare le nocche e bendarle per sicurezza? "
" mh, okay "
...
Ancora un po' arrabbiata dalla notizia ricevuta, la corvina stava continuando a fare giri per il salotto.
O, per esser più precisi, continuava a girare attorno al piccolo tavolo presente in mezzo alla stanza.
Continuava a fare passi pesanti mentre sventolava in giro il braccio destro, quale attualmente aveva fasce gessate attorno ad esso partendo da poco prima del gomito fino ad arrivare a metà delle dita.
Ancora non ci voleva credere che dovessero darle quella notizia all'ospedale.
Perché proprio lei fra tutte le persone?
Non pensava che fosse davvero grave come cosa, arrivando persino a necessitare di un ingessatura per ciò.
Si era beccata qualche frattura in passato, sì.
Ma questa per lei era così minuscola che quasi lo sentiva un peso avere questa immobilizzazione.
Non appena sentì la porta che portava in corridoio aprirsi le sue lamentele iniziarono.
" ma dico io, posso stare un mese e mezzo senza fare nulla? "
" non avevan detto che sarebbe durato massimo di un mese e mezzo se andasse male? "
La donna si sedette sul divano, quasi buttandosi su quest'ultimo e chiudendo gli occhi.
Era visibilmente nervosa al riguardo.
Persino se il ragazzo si fosse levato gli occhiali poteva vederlo.
Tanto che abbassó il vassoio sul tavolino e la raggiunse sedendosi a sua volta.
Poggiò le sue mani sulle spalle tese dell'altra, massaggiandola in senso orario.
" stessa cosa. Il mio punto rimane. Oh, seriamente c'era bisogno di un'ingessatura? Non era COSÌ rotto alla fine. Come dovrei fare ad allenarmi adesso? "
" ... non dovresti, ecco. Dovresti pensare a rilassarti invece. L'aveva detto il dottore "
" ancora non lo trovo giusto. È fastidioso tenere questo coso addos- cosa hai lì? "
Si fermò indicando con l'indice della sinistra il vassoio appoggiato sul tavolo, non appena ella riaprì gli occhi.
Effettivamente il compositore era uscito dalla stanza senza riferirle cosa sarebbe andato a fare.
E quando tornó non solo notò delle tazzine da tè piene con i soliti piattini sotto, ma pure un pennarello nero.
" oh, del tè per entrambi. Pensavo ti potesse tirar su di morale. Comunque se ti servisse mai un aiuto con qualcosa, basta che me lo dici, okay? Suppongo sia scomodo non essere in grado di usare la mano dominante "
La faccia dell'altra si trasformò in una smorfia confusa.
" mano dominante? "
" ... Sì, la destra? "
" aroha. Sono mancina "
" ... "
" ... "
" ... Giusto. Me l'ero scordato "
Ci fu un momento di silenzio fra i due.
Molto imbarazzante a detta dell'uomo.
Molto spiritoso a detta della donna.
" comunque, dammi il braccio ingessato prima che mi penta di ogni decisione fatta nella mia vita "
" okay? "
La ragazza mostrò la mano immobilizzata all'uomo dai capelli parzialmente tinti mentre lui aprì il pennarello nero ed iniziò a scrivere qualcosa su quest'ultimo.
' get well soon ~ henry '
La scritta indelebile sporcò di nero le bianche fasce e lei rimase a fissare la scritta in silenzio mentre leggeva cosa c'era scritto.
Dopodiché le venne spontaneo abbracciare l'altro e sorridere a trentadue denti, quasi scordandosi vhe fosse arrabbiata per qualcosa poco fa.
" aww grazie "
Pronunciò successivamente e, inaspettatamente per l'altro ancora seduto vicino a lei ed anche un po' forzato ad abbassare la testa a causa della differenza d'altezza, gli diede un bacio sulla guancia.
Lui, in risposta, arrossì coprendosi la guancia con la mano libera.
" m-ma va, non è nulla di che. Figurati "
" ahahah dovresti vederti in questo momento "
" eheh "
" no però davvero... Henry grazie per quello che fai per me. Non credo che nessun l'abbia mai fatto prima d'ora... Ti voglio bene "
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𝐓𝐀𝐆𝐒: VivyRal, Esattamente-chan, oktopusgarden, DumbThisGiuly, -AlsoVivysFault.
𝐀𝐍𝐆𝐎𝐋𝐎 𝐀𝐔𝐓𝐑𝐈𝐂𝐄:
Eccomi qua con la seconda one-shot che scrivo su questo libro!
Spero vi sia piaciuta <3
Parto subito dicendo che nemmeno io sappia effettivamente come io abbia fatto a scrivere così tanto.
Sta di fatto che, naturalmente, ci ho messo un bel po' a scrivere.
Record personale ad esser sinceri.
E ammetto di andarne un po' fiera in fondo.
But at the same time devo dire che nella parte finale avrei potuto scrivere un po' di più.
Capitemi sono quasi le 22 di sera ed ho lavorato a questa storia dalle 5 di mattina pur di finirla oggi.
Wish I was joking.
Volevo annunciare che prossimamente eviterò di far uscire one-shot solo con Candace ed Henry nonostante gli scenarios con questi due siano sempre fantastici. I love them so sm.
Sfortunatamente esistono pure altri miei ocs creati e vorrei dar dello spazio pure a loro.
Questo libro è per tutti quanti gli ocs in fondo.
Probabilmente la prossima one-shot arriverà tipo... Gennaio dell'anno prossimo.
Sono abbastanza lenta come persona.
Inoltre, come al solito, se ci sono presenti errori grammaticali e/o sminchiamenti nei verbi vi prego di perdonarmi.
Questa volta le canzoni sono tre in croce perchè nella mia playlist erano le uniche che secondo me si adattavano anche solo leggermente a questa storia.
Come al solito ringrazio Vivy per rispondere ai miei dubbi riguardo al suo personaggio <3
Ed ovviamente rigrazio quelli che hanno voluto leggere questa storia, ovviamente.
E, nulla, prima di partire coi memes volevo mostrarvi questa cosa fatta da Vivy :D
Candace e sua madre col pannel di Yuzuha di Tokyo Revengers.
I love this so much I cant.
Ed ora ai memes.
Ci presento la storiella bella che Vivy ha creato 😔
Io sto piangendo anche solo a rivedere questo capolavoro 😔
Poi abbiamo questo screen di un video che ho fatto
Watty non mi fa postare i video, sigh
Ed ora un po' di incorrect quotes della serie
✨Henry che non capisce le tipiche frasi / parole neozelandesi ✨
C'è ne sono tante di queste.
Ho preso le migliori
Piece of piss = piece of cake
Ho raggiunto il limite massimo di foto sigh
Mi tocca scrivere.
' Oh ma questi neozelandesi ce l'hanno col piscio
" Pff! He couldn't organise a piss-up in a brewery." Translation: 'He' is unable to accomplish a simple task. '
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Candace: well this idea was a total cock up
Henry: iT WAS A WHAT
Cock up = mistake
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Henry: thank you
Candace: sweet as
Henry:
Henry: you dont need to be this vulgar all the time-
Sweet as = prego
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Candace: some guys just take a piss on you sometime
Henry: ...
Take a piss = prendere in giro
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Candace: let's knock the bastard off
Henry: there's no one here??
Candace: yeah but we have to finish this thing yk
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Henry: this doesnt look good
Candace: hard
Henry: yk? I'm not gonna even question anymore
Hard = agree
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Henry: I cooked dinner :D
Candace: oh, mean!
Henry: isnt it good??? D:
Mean = awesome
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Candace: bloody nora I forgot to close the door
Henry: who's Nora??? And why is she bleeding??
Bloody Nora = oh no ✨
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Candace: so hilarious how both of our mothers carked
Spero sia chiaro il significato
◆━━━━━━▣✦▣━━━━━━◆
E nulla.
Finalmente auguro una buona giornata a tutti!
Edit: no vabbè -YAKKU mi ha costretto a ripubblicare this piece as well, hope ti piaccia anche se ero io alle mie prime armi con il trattare questo tipo di elementi 👹👹👹👹.
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