⠀𝐎𝟏.⠀❪ 🎹 ❛ ᥲ sᥕᥱᥱ𝗍, sᥕᥱᥱ𝗍 mᥱᥣ᥆ძᥡ ❫
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𝙄𝙣𝙛𝙤𝙧𝙢𝙖𝙩𝙞𝙤𝙣:
𝐒𝐓𝐎𝐑𝐘 𝐓𝐘𝐏𝐄: hurt/comfort
𝐂𝐇𝐀𝐑𝐀𝐂𝐓𝐄𝐑𝐒: nightingale candace, hagström henry (Vivy's oc)
𝐖𝐎𝐑𝐃𝐒: ~ 8.3 k
𝐑𝐄𝐋𝐄𝐀𝐒𝐄𝐃 𝐎𝐍: 13.11.2021
𝐑𝐄𝐕𝐈𝐒𝐄𝐃 𝐎𝐍: 09.08.2023
𝐓𝐑𝐈𝐆𝐆𝐄𝐑 𝐖𝐀𝐑𝐍𝐈𝐍𝐆𝐒: senso d'abbandono, incubi, menzioni di suicidio, paranoia.
𝐑𝐈𝐀𝐒𝐒𝐔𝐍𝐓𝐎: dopo il trasferimento di un pianoforte a casa sua, Henry inizia a sentire il passato divorarlo dall'interno.
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Era tutto partito da quel dannato pianoforte bianco. Il suo malessere, le sue paranoie, i brutti ricordi che aveva del suo passato quale non aveva mai scordato.
Più tempo fissava quel pianoforte, più riusciva a sentire quella che un tempo fu un'allegra sinfonia, ma che ora risultava solo malinconica e trasandata, e più aveva un'immagine vivida di lei davanti a sè, seduta davanti a quel candido strumento a suonare quella odiosa melodia con tanta maestria.
Era tutto partito con un semplice favore fatto ad uno dei fratelli della sua ragazza: tenere il pianoforte finchè non avesse trovato un appartamento abbastanza grande in cui posizionarlo.
Era tutto partito perchè egli non voleva dire di no quando ne aveva avuto la possibilità, non voleva mostrarsi maleducato a rifiutare così, non se lo sarebbe perdonato.
Chissà se si sarebbe sentito peggio una volta detta quella semplice parola.
Non potrà mai saperlo.
Ed ora era lì.
Fermo.
Immobile.
A fissare lo strumento. Lo odiava, odiava quello strumento, odiava provare questa sensazione nel vederlo, ma non riusciva proprio a distaccare gli occhi da esso.
Era troppo difficile smetterla di guardarla suonare.
Era troppo difficile lasciar andare il passato.
Era troppo difficile accettare che, ancora convinto fosse a causa sua, una delle persone più importanti della sua vita se ne fosse andata via. Così in fretta poi. Si sentiva uno stupido per non averlo realizzato prima.
Chissà cosa sarebbe successo se effettivamente l'avesse capito che necessitava di aiuto.
Non potrà mai saperlo.
Era colpa sua e della sua ignoranza se ora lei non stava più al suo fianco.
Era colpa sua per aver fatto separare i suoi genitori.
Era colpa sua se durante quel pazzo Killing Game molte persone erano morte.
Era colpa sua se qualcuno moriva.
Era colpa sua per esser nato.
Per quanto si odiasse, non ebbe mai voluto fare qualcosa al riguardo per levarsi di mezzo. Magari era a causa della paura, magari era perchè non voleva vedere le loro facce nell'aldilà, magari non voleva affrontare le conseguenze delle sue azioni, magari era perchè aveva trovato qualcuno che amava dopo tanto tempo.
E se pure lei se ne fosse andata?
E se pure lei si fosse fatta del male per via di lui?
E se lei avesse iniziato ad odiarlo per un errore che avrebbe commesso in futuro?
Cosa avrebbe dovuto fare?
Come poteva rimediare a quel futuro danno, se ancora non riusciva ad accettare dove era arrivato fin ora?
Che fine avrebbe fatto?
Quelle che inizialmente erano semplici domande si trasformarono in un dubbi, e dopodiché in paranoia, mandando il suo cervello in uno stato di caos assoluto, non riuscendo a capire nemmeno cosa lui stesso stesse pensando al momento. L'aria che manteva in volto, però, non dava indizio di nè sconforto, nè di maliconia, era... Vuota. Non dava a mostrare nessuna emozione. Se nella sua testa le note del pianoforte si facevano sempre più assordati, disordinate, martellanti, sgradevoli e fuori dai tempi, la sua faccia rappresentava il silenzio più totale.
" henry, tutto bene? È da prima che ti chiamo. "
Quella domanda lo fece risvegliare da quello stato di trance in cui si trovava. Spalancò gli occhi come se si fosse appena alzato dal suo letto, sentendo una mano afferrare la sua. Il tocco era famigliare.
Era una mano che lui considerava morbida, nonostante i mille scontri a cui avesse partecipato.
Era una mano che lui considerava delicata, nonostante essa possedesse la forza di stendere mille uomini.
Era una mano che gli faceva sentire calore nel suo petto. Un calore confortante che lui amava.
Rimase a fissare quella mano, afferandola con quella poca forza che aveva al momento. Tutte quelle domande, tutti quei brutti pensieri, tutte quelle note disastrose che lo rendevano sordo, tutta quella paranoia sembravano aver cessato quando la mano della sua amata lo tirò fuori da quel mare di pensieri negativi.
Voleva rimanere così per sempre. Mano nella mano con la persona che attualmente a lui più stava a cuore.
Voleva fermare il tempo, così da non dover pensare ai suoi doveri e poter star in pace assieme.
Sfortunatamente il compositore non era nato con un potere del genere. E, sfortunatamente, sapeva che quelle paranoie non si sarebbero fermate lì. Gli bastava un altro momento solo in compagnia di quel piano per ritornare intrappolato in quei pensieri.
" tutto bene. Stavo solo tra i miei pensieri "
Gli veniva fin troppo facile mentire ormai. L'aveva fatto sin da quando era un ragazzo. Un sorriso ed un tono finto di felicità e l'interazione sarebbe finita prima.
Non voleva far preoccupare nessuno con questi suoi stupidi pensieri perchè sì, li considerava stupidi.
Non voleva disturbare le altre persone dalle loro attività quotidiane perchè si sentiva giù.
Non voleva sentirsi al centro dell'attenzione. Non lo gradiva.
Non si meritavano di venir disturbati perchè lui stesso non riuscisse ad accettare la realtà dei fatti.
Non si meritavano di dover sopportare un perdente come lui, ancora legato al passato.
Non si meritavano di sentire un ormai adulto piagnucolare.
Perché dovrebbe importargli poi?
Che senso avrebbe preoccuparsi per lui?
" ne sei sicuro? "
Annuì semplicemente. Ne era sicuro. Era sicuro non meritarsi l'aiuto di nessuno. Eppure quelle parole gli fecero sentire gli occhi pizzicare, sull'orlo di piangere quasi. Fece finta di sbadigliare, cosicché quei occhi lucidi vengano mascherati come una semplice reazione allo sbadiglio. Era tarda sera oramai, quindi sarebbe stata anche naturale avere un po' di sonno, no?
...
Era patetico. Le aveva fatto una semplice domanda.
Era patetico. Si stava preoccupando per lui ma rifiutava l'aiuto offerto.
Era patetico. Non se lo sarebbe mai perdonato se avesse iniziato a piangere davanti a qualcuno.
Era patetico. Voleva mascherare il suo dolore solo per mantenere questo pianoforte in casa.
" davvero, va tutto bene. Hai già preparato da mangiare, vero? "
La guardò sorridendo leggermente. Fortuna volle che lei si trovava dalla parte opposta del pianoforte. Non l'avrebbe visto con la coda dell'occhio neanche se volesse.
Lei annuì ed i due, mano nella mano, iniziarono ad incamminarsi verso la cucina.
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Musica assordante, note scomposte e suonate totalmente a caso, ormai questa non era più una sinfonia, erano rumori frastornanti che gli stavano facendo venire un mal di testa assurdo. Avrebbe preferito che venisse trapanato al lobo piuttosto che star a sentire ciò.
E magari finisse lì il suo tormento.
Lei era rimasta ferma. Seduta davanti a quel pianforte. Questa volta con la testa accasciata sui alcuni dei tasti. Non creavano alcun suono, o almeno, se lo avessero creato allora si mischierebbe con tutto quel caos che c'era attualmente.
Non poteva neanche vederla in faccia, poiché coperta dai suoi capelli castani, girata di spalle. L'unica cosa che riusciva a vedere era il suo tipico vestiario, assieme ai capelli, ed il colorito della pelle pallido pallido.
Era colpa sua. Non era riuscito a salvarla.
Era colpa sua. Non era arrivato in tempo.
Era colpa sua. Non le aveva dato abbastanza attenzioni.
Assieme a quel caos iniziarono a sentirsi dei mormorii che, pian piano, si faceva sempre più chiari, forti e ripetitivi.
" la colpa è solo tua ".
" è sempre stata colpa tua ".
" sin dal primo momento che tu presi il primo respiro ne eri il colpevole ".
" chi ti avrebbe mai perdonato? ".
" perchè te, poi? ".
" che hai fatto per meritarti il perdono di qualcuno? "
" nulla, proprio nulla ".
" pensi che la gente intorno ti voglia veramente bene? ".
" oppure è solo pietà? "
" e se qualcuno ti volesse veramente bene, non trovi irrispettoso pensare il contrario? "
" ti piace così tanto negare la realtà dei fatti? "
" sei patetico, lo sai? "
" lo sei, sei nato così e morirai in tal modo ".
" che incapace "
" mi chiedo ancora come qualcuno possa volerti bene tutt'oggi ".
" presto lei non ci sarà più "
" tutte le belle cose sono destinate a finire presto per te ".
Voleva... Farle smettere. Non ci riusciva. Erano fin troppe. Non aveva speranze.
Ed avevano ragione. Che razza di essere umano era? Perchè era ancora qui? Cosa aveva fatto per meritarselo?
Sentì una mano sfiorargli la spalla.
Era fredda, anzi gelida.
Una mano che poteva rappresentare appieno tutto ciò che era l'inverno.
Gli aveva provocato dei brividi a quel tocco, quali percorsero la sua schiena in un nano-istante.
Aveva paura.
Voleva scappare in quel momento, correre il più lontano possibile fino a quando le sue gambe non avrebbero ceduto.
I suoi piedi però non volevano collaborare. Erano rimasti lì fermi, come se della colla gli impedisse di alzare anche solo una gamba.
Perchè proprio a lui?
Perchè proprio ora?
Girò lentamente il capo dai capelli spettinati e vide lei: Candace.
Era girata di spalle mentre si incamminava verso una meta indefinita, lontana dall'uomo.
Il compositore rimase perplesso a quella scena. Perchè se ne stava andando via da sola, senza nemmeno degnarli uno sguardo? Senza neanche rivolgergli la parola?
Non che avrebbe risposto se fosse sucesso.
Cosa aveva combinato per ricevere questo trattamento pure da parte sua adesso?
Aveva pensato che l'avrebbe abbandonato prima o poi.
Sapeva che sarebbe successo.
Doveva succedere.
Come tutte le altre persone importanti dopotutto.
Allora perchè si sentiva così... Triste?
Non se lo meritava, eppure dentro di sè si sentiva un egoista. Voleva che qualcuno gli stesse al suo fianco.
Non se lo meritava, ma lo voleva.
Sapeva che tutti l'avrebbero lasciato a sè stesso, ma eccolo qui.
A piagnucolare.
Come sempre dopotutto.
Alzò il braccio verso la sua direzione, come per raggiungerla, ma fu tutto invano. Più i momenti passavano, più la corvina stava iniziando a diventare una semplice sagoma dello sfondo cupo, oscuro e buio.
Non ce la faceva.
Non ce la poteva fare.
Perchè doveva?
Tutti vanno e vengono.
Perchè non riusciva ad accettare questo fatto?
Cosa gli diceva che fosse una buona idea persistere nel volere qualcuno affianco?
Al sol pensiero sentiva lo stomaco bruciare.
Tremava dalla paura, proprio come un bambino.
Non voleva essere solo.
Si raggomitolò su sè stesso, come se qualcosa lo strinse verso il basso.
Non voleva essere da solo.
Poteva sentire le lacrime sulle sue guance scendere a fiumi, creando una pozzanghera sul suolo sottostante.
Era un egoista.
Era il destino che lui volesse lasciarlo lì ad autocommiserarsi.
La sua coscienza continuava a ripeterlo attraverso quelle note, quei mormori, quelle urla... E la situazione attuale sarà stata per sempre così.
Lui e la solitudine erano come un'unica persona.
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La prima cosa che fece, oltre ad aprire gli occhi quanto più poteva a causa dell'incubo, fu prendere un gran respiro profondo, come se per tutto questo tempo fosse stato sott'acqua in assenza di una bomboletta d'ossigeno.
Rimase a fissare per qualche istante quello che era il buio assoluto. Anche se era buio, il posto gli dava un'atmosfera di familiarità.
Non ebbe tempo di processare che fosse in camera sua e della sua fidanzata che gli vennero in mente tutte quelle cose che credeva reali fino a qualche secondo fa. La sua migliore amica... Andata. La sua ragazza... Andata. L'unica cosa che rimaneva con lui erano quei pensieri paranoici.
Si alzò di scatto dal loro letto, avvertendo una sensazione di nausea, assieme alla cena di qualche ora fa che voler tornare su dal suo stomaco. La sua testa girava, poiché su era alzato frettolosamente per dirigersi verso il bagno. La stanchezza non aiutava per nulla la sua situazione, in quanto dovette usare il sostegno che i muri potevano offrirgli.
Si rifiutava di accendere le luci, ma quello non era un problema siccome conosceva la casa come il palmo della sua mano.
Quando riuscì a trascinarsi dentro il bagno, si accasciò davanti al gabinetto e mise la sua faccia sopra la tazza della toilette. Ci mise un po' a trovare l'oggetto con solo l'aiuto del tatto.
Sentiva che da un momento all'altro persino la sua anima sarebbe stata sputata fuori dalla sua bocca e la tosse e le lacrime si fecero subito presenti.
Tremante appoggiò entrambe le mani sul bordo della tazza.
Voleva far smettere questa sensazione di bruciore che gli stava causando solo quella di nausea, ma non ci riusciva.
Voleva nascondere la tosse, i singhiozzi ed i respiri affannosi, ma non ci riusciva.
Voleva tirar fuori la cena che stava tranquillamente mangiando fino a qualche ora fa, così da riuscire a calmarsi, ma non ci riusciva.
Non ce la faceva. Sia fisicamente che psicologicamente.
La scena era patetica. Lui si stava considerando patetico.
Ed andò avanti così per un po' di... Minuti? Ore? Non stava nemmeno tenendo conto del tempo, finché non sentì dei passi e vide la stanza illuminarsi improvvisamente.
Prese un respiro profondo alzando leggermente il capo, ancora sentendosi uno schifo. Diavolo, proprio quello che non voleva fare: svegliarla. Come le avrebbe spiegato la situazione? Che scusa avrebbe dovuto usare stavolta? Stava veramente pensando di mentirle nuovamente? Minimizzare il problema fino ad ignorarlo?
La sua ormai pallida faccia fu coperta dalle sue mani, cercando di asciugare le lacrime che aveva versato e volendo scomparire da quella scena.
Si sentiva così debole. E lo era.
Si sentiva così imbarazzante. E lo era.
Si sentiva così penoso. E lo era.
Si sentiva... Una mano sulla schiena.
Non era quella mano gelida dell'incubo che, con un semplice tocco, era riuscito a farlo tremare, piuttosto una mano confortante, una familiare, piena di calore, una mano che avrebbe preferito tenere nella sua.
" prenditela con calma "
Parole così dolci. Non era all'altezza di sentirle, sopratutto se erano indirizzate a lui.
Non riusciva a girarsi, tornando a fissare la tazza del cesso e continuò a prendere respiri profondi. Si doveva calmare. Era un obbligo per lui adesso. Non voleva farla preoccupare più del dovuto, anzi, non voleva farla preoccupare e basta. Non si doveva preoccupare per lui, nessuno si meritava di preoccuparsi per lui. E lui non si meritava la pietà di nessuno.
Quella mano passò dalla sua schiena al suo polso, afferandolo e premendo due dita giusto un po' più in basso, massaggiando in un cerchio orario il punto.
Di minuto in minuto stava riuscendo a prendere il controllo di sè stesso. Sentiva ancora la sensazione di nausea, eccetto che era meno presente rispetto a prima, chiuse gli occhi e, con voce un po' nasale, cercò di rassicurarla:
" sto bene, sto bene. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Puoi anche tornare a letto, davvero "
Rivolse il suo sguardo verso l'artista di arti marziali, chiudendo gli occhi e cercando di sorriderle per dimostrare il suo falso punto. Non voleva farle perdere ore di sonno solo per questa schiochezza, gli sarebbe passata la mattina seguente in ogni caso, no?
Tornerà a letto e farà finta che tutto ciò non sia mai accaduto.
Sì, voleva che andasse così al 100%.
" non sembri conciato bene per esserti svegliato alle 2 con la sensazione di vomito "
" beh, effettivamente mi fa un po' male lo stomaco. Ma passerà dopo una dormita "
" ti va del tè almeno? "
" no, no va tu- "
Non ebbe tempo di finire la frase che venne trascinato in cucina dalla donna, quale l'aveva afferrato per il braccio destro. Non ci teneva a ribellarsi in quel momento, giá le donne di per sè le temeva, immaginate se fosse una campionessa di arti marziali ibride.
Ah no, aspe. Candace è la campionessa.
Quanta forza aveva per trascinare con una sola mano un uomo nettamente più alto e più pesante di lei stessa? Ringraziamo il cielo che la cucina della loro casa non era chissà quanto lontano e quindi non doveva sentire il sedere strisciare sul pavimento per tanti tempo.
Era finito un una situazione in cui non voleva essere? Assolutamente sì.
Sapeva come uscirsene? Assolutamente no.
Rimase sul pavimento fino a quando Candace non lo aiutò ad alzarsi, per poi sedersi in una delle due sedie vicino al tavolo dove mangiavano. In tutto ciò stava leggermente morendo dentro perchè voleva solo tornare a letto e dimenticarsi questa situazione, ma a quanto pare la fidanzata aveva altri piani per stanotte.
Picchiettò con le dita sul tavolo, sentendo la nervosità ed ansia risalire, mentre guardava in basso e sentendo l'altra che preparava del tè.
Cosa gli avrebbe chiesto? Che la cena non era stata di suo gradimento?
Se avesse scoperto che stava a fissare il pianoforte di suo fratello a causa dei brutti ricordi? E se avesse già scoperto quei brutti ricordi ed ora vorrebbe solo lasciarlo per avergli mentito? Era veramente la volta buona che i due si sarebbero rivolti la parola? E se la prenderebbe con lui solo perchè non gli piace la vista di quel pianoforte? E se domani si ritroverà essere un senza tetto? E se dopo avrebbe vissuto nella fame e povertà? Non sarebbe mai riuscito a diventare un artista di strada per guadagnare da mangiare... Era fin troppa interazione sociale. Sarebbe morto di fame, okay.
Non che a qualcuno importerebbe, a suo parere.
Era pronto al suo destino.
No, non è vero. Non è nato pronto.
Fu risvegliato nuovamente dai suoi pensieri, senza accorgersi di essersi perso fra loro, quando vide la mano che, un momento fa gli stava accarezzando la schiena in quel modo tranquillizzante, gli porgeva sul tavolo la tazza di tè calda, assieme ai suoi occhiali.
Si era ricordato solo ora di non averli lasciati sul comodino vicino al suo lato del letto sin da quando si fosse svegliato.
Ora si spiegava come mai non ci stava vedendo per bene per tutto questo tempo.
" grazie, ma davvero non è nulla di che "
La ringraziò indossando gli occhiali.
Apprezzava veramente il gesto, eppure non se lo meritava. Voleva solamente tornare a letto come se nulla fosse successo, però le sue parole non sembravano persuaderla.
" sarai sicuramente stanca, possiamo pure tornare a dormire, che ne dici? Mi sento molto meglio adesso "
Mentiva.
Mentiva spudoratamente e se ne vergognava.
Voleva solamente far finta che tutto ciò non fosse mai successo. Come sempre del resto.
Quel pianoforte se ne sarebbe andato prima o poi, no? Era solamente qualcosa di poco conto. Non aveva vomitato alla fine. Non era accaduto nulla di cui preoccuparsi. Perchè non tornare a dormire? L'avrà sicuramente disturbata. Le avrà fatto perdere quei minuti di sonno importanti. Cosa ne sarebbe stata della sua salute? E se fosse arrivata in ritardo per il lavoro? E se venisse licenziata a causa di quel ritardo?
" henry, quante volte te lo devo dire che puoi parlarne con me? "
" eh? "
Alzò il capo per guardare l'altra, che ora stava sedendo dall'altra parte del tavolo, sorpreso sia dalla domanda, che dal tono di voce che ella usò nel porgliela.
Stava bene, no?
Non era ferito, no?
Non aveva vomitato, no?
Era ancora intero, no?
Non era successo nulla di cui preoccuparsi... No?
Andava tutto bene. Doveva andare tutto bene.
Per risponderle lui annuì con la testa.
Perchè continuava ad insistere allora? C'era qualcosa che lui stava tralasciando, per caso?
" sì, lo so. Ma ti assicuro che tutto vada bene. Non è nulla di che. Domani devi andare al lavoro, ricordi? Puoi tornare a dormire "
Doveva convincerla di ciò. Era stupidaggine alla fine. Solo una cosa di poco conto.
" aroha per favore, non c'è nulla di male nell'aprirsi. Puoi pure prenderti il tuo tempo, se ti serve "
La mano di Candace afferrò quella del fidanzato, stringendola leggermente.
Per quanto il suo tono di voce sembrasse calmo, Henry riusciva a percepire una punta di malinconia.
L'aveva delusa?
Era la volta buona che l'avrebbe lasciato?
" o-okay, se mi sentirò giù verrò subito a dirtelo allora. Ma adesso va tutto alla grande "
Non era vero. Non l'avrebbe fatto. Era una perdita di tempo per Candace, non voleva farle sprecare esso a causa sua. Voleva solamente farla smettere qui. Perché era così difficile?
Non ricevendo alcuna risposta da parte di Candace, abbassò il capo ed appoggiò i gomiti sul tavolo.
Non riusciva a guardarla in faccia. Si vergognava di sè stesso al momento solo per averle mentito così. Non riusciva a convincere nemmeno sè stesso che andasse tutto bene ora.
" facciamo così... Se, entro il lasso di tempo in cui io finirò la mia tazza di tè, tu non mi dirai nulla allora possiamo andarcene a dormire come se nulla fosse successo "
Cosa?
Che stava dicendo adesso?
Era un trucco per caso? Cosa ci dovrebbe essere da sospettare nel bere una tazza di tè però?
Magari il pensiero di tornare a letto dimenticandosi tutto era fattibile, dopotutto.
Fece un cenno con la testa, accetando queste condizioni. Era una tazza di tè dopotutto, non ci avrebbe impiegato così tanto a finirla. Era determinato a farla finita lì.
Candace mollò la mano dell'uomo ed iniziò a prendere il primo sorso.
Dopo un altro.
Ed un altro.
Ed un altro.
Oh guarda, stava guardando uno dei quadri al muro.
Ed un altro.
E l'ennesimo sorso.
Stava andando tutto così piano oppure era solo una sua impressione?
Il tempo si era fermato per caso? Perchè quella tazza non stava finendo?
Era sicuro di aver contato bene i sorsi bevuti?
Unì le sue mani appoggiate sul tavolo e notò la cicatrice che si portava sin da quando erano usciti dal Killing Game.
Si ricordava ancora vividamente quel momento. La ragazza... Hanae aveva ucciso una delle persone presenti ed aveva intenzione di far fare la stessa fine a lui. Non che avesse tutti i torti, era uno dei aiutanti dopotutto. Era pericoloso.
Riusciva ancora ad immaginare la sua mano dolente mentre il suo sangue colava giù in una maniera preoccupante. Non voleva arrivare a questo, non è mai stato il tipo che usa la violenza. Ma ogni azione ha una conseguenza, no?
Fu Candace quella a salvarlo dal casino in cui si era andato a cacciare. E gliene era grato. Il suo gesto fu fin troppo eroico ed altruista. Lui non se lo meritava.
Dopotutto la ragazza era armata mentre lei aveva solo la sua forza fisica.
Che persona coraggiosa... Non come lui.
Si ricordava quando fu scoperto che lui avesse collegamenti con il mastermind ormai deceduto.
Non avrebbe mai dimenticato la delusione che gli altri stessero provando. Specialmente quella della persona che stava seduta davanti a lui a bere quel tè.
"Perchè lo hai fatto? Cosa ti ha spinto a far questo? E tutto ciò che abbiamo creato qui? L'hai buttato via? "
Quelle parole... Quelle dannate parole adesso stavano rimbombando nel suo cervello. Perchè lo aveva fatto? Aveva veramente un motivo preciso per aiutare chiunque stesse dirigendo quello show contorto? Cosa lo aveva spinto?
Sentì nuovamente quella sensazione di nausea salire. Avrebbe voluto correre in bagno per vomitare.
Sentì la testa girare. Avrebbe voluto scender giù da quella montagna russa su cui era salito.
Sentì dei brividi pervaderlo. Avrebbe voluto solamente trovare un posto caldo per non rischiare di congelare.
Sentì una goccia di sudore scender giù dalla sua fronte. Avrebbe voluto starsene in una situazione meno pressante di questa.
Sentì il battito del suo cuore accelerare. Avrebbe voluto farlo smettere se potesse.
Sentì i suoi respiri più brevi. Avrebbe voluto aprire una finestra per respirare dell'aria fresca.
Mancava poco.
Doveva mancare poco, no?
Era una tazza di tè, no?
Doveva resistere ancora un po' più di tempo, no?
Perché il tempo non passava più velocemente?
Perchè quella tazza non finiva?
"L'hai buttato via?"
L'aveva veramente fatto? Non solo per il Killing Game, ma per la sua vita intera.
Aveva buttato veramente tutto ciò che aveva creato?
Era colpa sua se sua madre fosse morta.
Era colpa sua se la sua migliore amica fosse morta.
Era colpa sua se Candace aveva rischiato di farsi del male per aiutare un traditore come lui.
Non capiva come potesse ancora stare lì ferma a guardarlo con uno sguardo preoccupato. Non le era mai stato utile in nessun modo. Allora perchè?
La nausea si fece più presente, i ricordi del passato sempre più tempestosi, i bisbigli di prima si facevano sentire sempre più forti, finchè...
"Che hai fatto per meritarti il perdono di qualcuno?"
"Nulla, proprio nulla"
" ... mi spiace"
" come scusa? "
" mi spiace, mi spiace, mi spiace. Scusa, scusa, scusa, scusa "
Non sbroccò.
Appena sentì le lacrime bagnare le sue guance, usò le sue dita nel vano tentativo di asciugarle, facendo cadere accidentalmente gli occhiali sul tavolo.
Si era rimpromesso di non farla assistere ad una scena del genere. Allora perchè non riusciva a smetterla?
Era colpa sua.
Non era mai stata sua intenzione far del male a ciò che teneva più caro.
Non voleva che tutto andasse così.
Non era a conoscenza di tali conseguenze per delle sue azioni.
" scusa, scusa, scusa "
Ma era colpa sua.
Colpa sua per aver fatto la spia.
Colpa sua per non essersi interessato.
Colpa sua per aver abbassato la guardia.
Colpa sua per aver deciso di iniziare questa sceneggiata nel mezzo della notte.
" scusa, perdonami, perdonami "
Non riusciva a controllare la quantità di lacrime che stava scendendo.
Non sapeva se fosse in grado di fermarle.
Non riusciva nemmeno a vedere davanti a sè a causa di essi.
Che razza di persona era?
Voleva scomparire dal pianeta Terra proprio in quel instante.
Doveva scomparire, no? Figuriamoci se Candace sarebbe riuscito a guardarlo in faccia dopo ciò.
" perdonami... Io... Non volevo che tutto ciò accadesse... "
Era imbarazzante.
Era ridicolo.
L'avrebbe lasciato dopo questa sceneggiata senza pensarci due volte, no?
Non era una brava persona.
Non era coraggioso come lei.
Non era forte come lei.
Non era degno dell'affetto di qualcuno come lei.
Sapeva che questa notte sarebbe stata l'ultima notte in sua compagnia.
Voleva farla finita in quell'istante.
Adesso.
Non desiderava altro.
Voleva solo smettere di esistere.
Sarebbe stato un favore all'universo intero, no?
Si stava arrendendo nel mascherare quelle lacrime ad ogni nuova paranoia che spuntava nepla sua mente.
Era finita.
Che avrebbe avuto rinnegarlo?
Ora se ne sarebbe andata pure lei.
Lo sapeva, ne era certo.
Era patetico.
Non si meritava qualcuno così.
Piano piano le mani raggiunsero il capo ed afferarono i suoi capelli tinti.
Non lo voleva, però.
Le voleva bene, forse più qualsiasi altra cosa in questo mondo.
Non voleva venir abbandonato.
Non un'altra volta.
Ci teneva fin troppo.
Non sarebbe riuscito ed uscirne.
Improvvisamente sentì un forte calore pervadere gran parte del suo corpo, lo fece parzialmente uscire dalle paranoie.
Era sempre lo stesso calore.
Quello familiare e confortante.
Era lei che lo abbracciava.
Perchè era rimasta ancora qui?
Perchè non se ne era andata?
Perchè lo stava abbracciando?
Perchè non aveva pensato di prendere le sue cose ed uscire dalla porta della loro casa?
Non lo voleva, ma sapeva che sarebbe successo.
Se lo sentiva che era la volta buona che avrebbero rotto, che sarebbe rimasto da solo a piagnucolare.
Voleva rimanere in quell'abbraccio per sempre, riusciva a sentirsi al sicuro in qualche modo.
Voleva sentire quel calore per sempre, assieme alla sua presenza.
Per quanto egoista potesse sentirsi in quel momento, l'unica cosa che voleva era fermare il tempo.
" tranquillo, sfogati pure "
" io... Io... "
" non hai fatto nulla di male, su. Anche se fosse, ti perdono "
A quelle parole il compositore appoggiò il mento sulla spalla della sportiva. Tremava ancora però le sue mani riuscirono lentamente a staccarsi dal suo capo e ricambiare l'abbraccio.
Era qui.
Non se ne era andata.
Non voleva abbandonarlo.
Era ancora al suo fianco.
Riusciva a percepirla ed avrebbe fatto di tutto per rimanere abbracciato a lei.
Non voleva lasciarla andare ora che stavano abbracciati così, ora che riusciva a sentire quel calore più forte che mai, ora che qualcuno l'aveva perdonato.
Era lì, tra le sue braccia.
Era solo un brutto sogno, quello in precedenza.
Continuava a pensare di non meritarselo, ma non ce la faceva a staccarsi, come se la sua vita ne dipendesse. Non sapeva nemmeno di necessitare un abbraccio fino a qualche istante fa ed ora eccolo lì.
Strinse le braccia intorno al corpo della fidanzata ed affondò il viso nella sua spalla. Per quanto silenzioso volesse rimanere, i suoi respiri affannosi si potevano sentire per l'intero silenzioso appartamento.
" non me ne vado, tranquillo. Rimarrò sempre al tuo fianco "
A sua volta strinse leggermente lei l'abbraccio ed appoggiò la sua testa sulla spalla dell'altro, per poi fare movimenti circolari con una mano sulla schiena di Henry.
Ovviamente non se ne sarebbe mai andata. Non aveva altra meta dove andare ormai. Certo aveva un fratello e delle sorelle più piccole di lei, ma stavano diventando adulti e avrebbero voluto la loro indipendenza. Per quanto le riusciva difficile accettare questo fatto, stare assieme a lui la stava aiutando a lasciarli andare. Dove sarebbe dovuta andare ormai, se aveva trovato un posto vicino al compositore?
Le sue parole rassicuranti lo fecero tremare ancora di più. Per quante volte si era ripromesso di non piangere o mostrarsi debole davanti a lei, questa volta non ce la faceva a trattenersi e nemmeno lui sapeva il motivo di ciò.
Forse era perchè non riusciva a portarsi questo peso dietro da fin troppo tempo, forse non era mai stato in grado di trattenere le lacrime, o forse era solo il semplice fatto che era notte?
Non riusciva a spiegarselo, ma stava trovando nella ragazza tanto conforto, quasi non la voleva una risposta. L'unica cosa che la sua mente chiedeva era di stare con lei, di stringerla forte per accertarsi della sua presenza, di non doverle dire addio.
" va tutto bene, sono qui "
Le consolazioni andarono avanti per un po', assieme ai singhiozzi dell'uomo, finché quest'ultimi non si calmarono, tornando ad essere semplici respiri rumorosi dal naso. Si sentiva piuttosto calmo adesso, quasi stanco e sul punto di addormentarsi. Non era successo nulla dopotutto, era tutto nella sua testa.
Lo sapeva.
Lo sapeva ma aveva voluto continuare quella scenata.
L'imbarazzo del ragazzo si fece subito sentire e notare dal viso leggermente rosso. Il compositore decise finalmente, anche riluttante, di lasciare andare l'abbraccio e perciò Candace fece lo stesso. Prese la sedia libera e si sedette vicino al fidanzato, tenendogli una mano nella sua per sicurezza.
Sarebbe stato difficile dover capire i motivi che lo hanno spinto al pianto, ma ora che era notte e si era calmato poteva avere una possibilità? Voleva saperne di più in fondo, gli voleva bene e vederlo così le faceva sentire dell'amaro in bocca. Voleva aiutarlo perchè ci teneva a lui, tanto quanto ci teneva alla sua famiglia. Ma che storie sono, lei lo considerava già parte della sua famiglia e come membro le sembrava il minimo preoccuparsi delle sue condizioni, mentali e non.
" scusami... "
" non ti preoccupare "
" davvero scusa, non volevo "
" lo so e ti perdono. Ti va di parlarne? "
L'aveva chiesto con un tono dolce e gentile, lo stesso tono che stava usando tutto questo tempo dopotutto. Voleva provare a saperne di più: era ora o mai più. Aveva cercato di chiedere più informazioni riguardo la sua famiglia da un po', ma la risposta fu sempre del silenzio assoluto. Lasciava perdere ogni volta perchè non voleva metterlo più a disagio di così, non erano affari suoi in un certo senso. Eppure adesso non voleva tirarsi indietro, specialmente se dei brutti ricordi l'avevano ridotto in quello stato.
" uhm... È a causa del pianoforte di Benny? "
Fu la prima domanda che le venne in mente. Stava pensando a cosa potesse essere cambiato nel corso di questi giorni, ricordandosi di come Henry rimaneva incantato a fissare quel pianoforte bianco. Non sembrava starci con la testa e la sua espressione era vuota. Non che fosse una novità, ma a lei questa cosa puzzava e non poco.
Henry spalancò leggermente gli occhi, spostando il suo sguardo verso la tazzina di tè. Doveva proprio dirglielo? E se l'avrebbe presa a male? Poteva venir considerata un'offesa questo suo comportamento? Era solo un pianoforte dopotutto. Un semplice strumento musicale. Non ha fatto nulla di male.
Non si sentiva affatto sicuro se rispondere o meno, dirle la verità o mentire nuovamente. Era da tanto che non ne parlava con qualcuno riguardo i suoi problemi - non che lui stesso si ricordasse dell'ultima volta che sia successo - e si sentiva sotto pressione.
Rimase solo a fissare la tazzina, non riuscendo a guardarla in faccia.
" prenditi il tuo tempo, abbiamo tutta la notte "
Lo rassicurò nuovamente ed l'uomo prese un sospiro profondo, anzi, erano molti quei respiri. Stava cercando di concentrarsi su qualcosa, purché non gli venissero in mente alcuni ricordi che avrebbero potuto portarlo sull'orlo delle lacrime.
Davvero poteva aprirsi riguardo ai suoi problemi senza sentirsi un peso? Non le dava fastidio dover fare la psicologa?
Annuì leggermente senza distogliere lo sguardo dalla tazzina. Se ne stava subito pentendo, però ormai le aveva dato una risposta e fermarsi non gli sembrava tra le opzioni. Era la volta buona che avrebbe parlato con qualcuno riguardo al suo problema? E se l'avrebbero preso per una persona sgradevole dopo il racconto? Era colpa sua in fin dei conti.
" oh... Mi spiace. Suppongo ti porti in testa brutti ricordi. Posso sapere quali? "
Le offrì il suo aiuto con un leggero sorriso, anche se Henry non la stava guardando in quel momento, ma a lei non importava. Sapeva che poteva contare su di lei, dopotutto. Non è mai stata il tipo di persona che lascerebbe qualcuno nel momento del bisogno. Non se lo perdonerebbe. Certamente Henry le aveva dato l'impressione di qualcuno altruista, forse anche fin troppo da sottovalutare i suoi stessi problemi o non aprirsi, ma ciò non le dava motivo per non preoccuparsi di lui. Lo poteva capire, però portare un peso con sè non lo trovava un'ottima idea.
Il compositore rimase ancora insicuro se risponderle o meno e nella sua testa stavano riafforando, per l'ennesima volta, tutti i ricordi che aveva della sua migliore amica. Ricordi più vividi quali precedente considerava gioiosi, ma ora solo tristi, malinconici e quasi nostalgici. Non aveva la minima idea di come avrebbe dovuto riferirle tutta questa storia.
" uhm... vedi... uh... come dire... "
" dì pure la prima cosa che ti viene in mente "
Magari fosse così facile per lui dirlo, non era un argomento leggero, piuttosto doveva venir trattato coi guanti. Contando pure il fatto che si considerava il colpevole di ciò che è successo non migliorava le condizioni.
Il suo sguardo si tramutò in un espressione apatica, come quella che avesse da sempre avuto ma con ancora meno emozioni, e tremava. Si sentiva un nodo alla gola e gl'occhi nuovamente lucidi, nonostante avesse finito di piangere qualche minuto fa.
Pizzicò con l'indice ed il pollice la parte del naso tra i suoi occhi, alzando leggermente lo sguardo verso l'altro.
Notando ciò l'artista di arti marziali ibride strinse con entrambe le sue mani quella del ragazzo, sia per tranquillizzarlo che per fornirgli calore. Dopo un paio di respiri profondi decise di parlare.
" ilpianodituofratellomiricordalamiamiglioreamicaeleièmortaedèsolocolpamiamidispiacenonvolevocheaccadesse "
Ecco, l'aveva detto.
Aspetta, davvero l'aveva detto?
I suoi occhi si spalacarono e la faccia apatica che aveva assunto fu sostituita da una di sorpresa. Sentì le sue guance surriscaldarsi. I suoi respiri cominciarono a farsi sempre più veloci e brevi, iniziando ad ansimare attraverso la bocca.
L'aveva fatto.
L'aveva veramente fatto.
Ora lo odierà.
Ne era sicuro.
Chi avrebbe voluto stare in compagnia di un assassino?
Nessuno, neppure lui stesso.
Era disgustoso. Si sentiva così da sempre. Ora, però, la sensazione gli fece scendere dei brividi giù per la schiena.
Si ricordava il messaggio ricevuto la notte tarda.
Si ricordava la corsa che ebbe fatto senza curarsi del suo abbigliamento verso la casa della ragazza.
Si ricordava tutte quelle luci blu e rosse che provenivano dalle automobili della polizia non appena arrivò a quel luogo.
Si ricordava fin troppo bene quelle parole dette da un agente della polizia.
" primrose è morta "
Il modo in cui si sentì il mondo crollargli addosso era stato così devastante che non riuscì a toccare uno strumento, soprattutto un pianoforte, in vita sua.
Era colpa sua.
Era colpa sua.
Poteva fare qualcosa al riguardo ma era troppo stupido per vedere al di fuori della punta del suo naso.
Pure i genitori dell'amica gli avevano dato le colpe che ancora lui credeva di meritare.
Se tutte le persone credevano che dopo aver detto ciò che le tormentava si sentivano più leggere, per Henry non fu così: la sua testa si sentì pensante. Così pensante che cadde con la faccia attaccata al tavolo.
Si vergognava di alzare lo sguardo.
Poteva sentire da chilometri che Candace lo stesse fulminando con il suo sguardo.
Era la fine per lui.
Perchè aveva deciso di aprire la bocca?
Se da una parte ci fosse il compositore che ormai si credeva spacciato, dall'altra la campionessa d'arti marziali doveva ancora realizzare cosa le fu appena stato riferito.
La velocità con cui egli sputò il rospo fu così alta che a stento lei capì.
Colpa sua? Per una... morte?
No, non era da Henry una cosa del genere. Lo conosceva bene, in fondo. O almeno, lei credeva così. Effettivamente non aveva mai parlato del suo passato ed ora poteva capire perchè.
Prese un respiro profondo, cercando cosa potesse dirgli.
Di sicuro non si trattava di un omicidio.
La seconda opzione che le venne in mente fu una sola...
Davvero è dovuto passare in un'esperienza del genere?
Mandò giù della saliva per poi appoggiare una mano sulla spalla del fidanzato.
Voleva saperne di più, tuttavia non voleva forzarlo a dire altro, specialmente perchè l'aveva capito. Avrebbe preferito fare il tutto con calma, specialmente perchè non volesse farlo sentire sopraffatto dai brutti ricordi in qualche modo.
" henry... "
Lo chiamò.
" henry "
Ed ancora.
Poteva sentire il suo corpo irrigidirsi al sol tocco della sua mano, con tanto di tremore e quasi sul punto di piangere nuovamente.
" ...scusa "
Fu l'unica risposta che ricevette da lui.
" henry, per favore, guardami "
Ma non ce la faceva. Cosa si doveva aspettare? Un pugno in faccia? Qualche insulto da parte sua? Avrebbe preso ogni colpo, eppure contemporaneamente aveva troppo paura di guardarla in faccia.
Sentì le mani della ragazza dai capelli neri afferare entrambe le sue spalle, per poi sollevare il suo busto dal tavolo della cucina. Teneva ancora il capo basso, non trovava le forze e la volontà di affrontarla in quel momento.
Non sembrò essere un problema però, poiché Candace liberò una mano per alzare il mento di Henry.
" henry, scusami se non l'ho capito prima... "
" huh? "
" davvero, mi spiace sapere che tu abbia dovuto tenere tutto dentro di te "
Che sta succedendo?
Perchè sei tu a scusarti?
" ma sono sicura che questa tua amica non voglia vederti così "
Prim...
" anzi, sono sicura che ti voglio in mondo di bene. Magari proprio quanto io ne voglia a te "
Basta, ti prego.
" non è colpa tua, ti prego. Smettila di darti la colpa "
Ma è colpa mia.
" per quanto male faccia, non servirà a nulla se non peggiorare il tuo stato d'animo "
Sentì le proprie guance accarezzate dalle mani di Candace, quale avvicinò la sua fronte verso di sè finché non ebbero contatto fisico.
Era colpa sua.
Gli avevano dato la colpa.
E lui si ne era convinto che lo fosse.
C'era un motivo dietro a queste accuse, no?
" henry sono al tuo fianco per una ragione, ricordi? "
" ... "
" non fa bene quello stai facendo. Non fa bene a nessuno. A te, a me, alla tua amica... Però sono qui al tuo fianco per ciò. Capisco perchè tu l'abbia fatto, ma ora puoi anche smetterla... Non avere paura di aprirti con me. Non sono destinata da nessun'altra parte se non al tuo fianco "
A quelle parole cedette, per la seconda volta quella notte, davanti alla ragazza che più amava.
Un nuovo fiume di lacrime iniziò a bagnare le sue guance, ma questa volta lei era lì ad asciugarle con i pollici della sua mano.
Non stava capendo cosa fosse questa sensazione che stesse provando.
Non era negativa, eppure era riuscito a portarlo in lacrime nuovamente.
Non erano lacrime amare, ma più di gratitudine.
Era convinto che dopo ciò se ne sarebbe andata, che avesse voluto chiudere con un miserabile come lui.
No, era rimasta lì invece.
Non ce la faceva a resistere alla tentazione di abbracciarla, di stringerla nuovamente vicino a sè e rimanere senza il suo calore.
Così a lei, come se la sua vita ne dipendesse, continuando a piangere.
Nel mentre Candace ricambiò il gesto, facendo nuovamente moventi circolari con la sua mano.
Quel giorno era veramente arrivato.
Il giorno in cui qualcuno gli avrebbe detto che lui non era colpevole di nulla.
Un giorno che lui credeva non sarebbe mai arrivato.
Si sentiva sicuro con lei al suo fianco e fra le sue braccia.
Sentire quelle parole gli facevano provare sia gioia che dolore.
Gioia, poiché sapeva fin troppo bene di poter contare su di lei.
Dolore, poiché glielo aveva tenuto nascosto per tutto questo tempo.
Ma ora come ora la sua mente non voleva altro che starle il più vicino possibile, cercando disperatamente che quel calore potesse calmarlo in qualche modo.
" scusa, scusa "
Diceva fra un singhiozzo e l'altro.
" shh, va tutto bene "
Lo rassicuró.
" è colpa mia "
" no, non lo è "
" sono un miserabile "
" sei un ragazzo altruista, invece. Prometti di essere più sincero con me? "
" ...mh-hm... Scusa"
E così andarono avanti fino a quando il ragazzo non cessò di piangere.
" ti va di andare a dormire adesso? "
Fu questa la prima domanda che la ragazza fece, non appena i due si staccarono dall'abbraccio.
Ora che ci pensava bene, non aveva presente che ore fossero ed iniziò a fargli mal la testa dal pianto. Tutte le forze, nuovamente, sembrarono essere scomparse e ciò lo rese, ovviamente, stanco.
Annuì debolmente, Candace afferrò il suo polso ed i due andarono in camera, lasciando sul tavolo le tazze da tè, quale quella di Candace era ancora piena.
" dai su, questa volta ci sarò io a scacciare gli incubi "
Era una frase davvero sciocca da dire, quasi infantile, ciò nonostante Henry sperasse che, dentro di sè, sarebbe veramente accaduto.
Non voleva altri sogni del genere, ad esser sincero.
_____________________________
Si sentiva... Stanco.
Il lavoro lo stressava sempre, ma almeno ora si trovava alla porta dell'entrata del loro appartamento.
Poteva stare in compagnia della sua ragazza, rilassarsi e magari abbracciarla pure.
Toccava a lui cucinare stasera, ma attualmente non aveva idee su cosa preparare.
Non appena aprì la porta, notò subito che quella del salotto lonera a sua volta.
E...
Cosa ci faceva Candace davanti al pianoforte?
Non riusciva a vederla per bene, poiché stesse dando le spalle al compositore, ma i suoi movimenti erano decisamente lenti e... Confusi?
Anche lui si sentì smarrito, perchè non capiva se stesse sognando o meno.
Era un altro incubo per caso?
Era ritornato a stare ulteriormente di schifo?
Non bastava ancora i piccoli rimorsi che sentiva ogni volta che Candace gli facesse una semplice domanda, come se Prim fosse ancora in vita?
La sua mente voleva veramente torturarlo così?
Si morse l'interno della sua guancia e, molto lentamente, chiuse la porta dell'entrata senza mai distogliere lo sguardo dal salotto.
Aveva così tante domande in quel momento, che non sapesse da dove iniziare.
Perchè Candace era lì?
Da quanto tempo era seduta con quest'aria confusa?
Aveva notato che fosse tornato dal lavoro?
L'ultima domanda fu risposta subito con un sì, dato che Candace girò il capo sentendo i passi dell'altro, quale lo fecero fermare all'ingresso del salotto
" oh aroha, sei tornato! "
Si alzò subito dallo sgabello e, senza dire altro, si avvicinò ad Henry dandogli un breve abbraccio.
" come è andata a lavoro? "
" uhm, il solito suppongo "
" oh okay okay. Ora vieni che ti mostro una cosa "
Afferrò il suo polso destro, per poi incamminarsi vicino al piano.
D'istinto egli lasciò andare la presa, facendo qualche passo indietro.
Era troppo strano stare nella stanza con tale strumento.
Certo, ne aveva parlato con Candace la mattina seguente alla notte di una settimana fa, ma ancora aveva difficoltà anche solo a non venir ipnotizzato da esso, finendo nuovamente nel loop di brutti ricordi che aveva.
Si massaggiò il polso e semplicemente si scusò, come era solito fare.
" ah, scusa, scusa "
Il sorriso accennato sul volto della ragazza non sparì, nonostante il rifiuto.
" non ti preoccupare. Dai su, stavo provando a suonare qualcosa e voglio mostrarti i miei risultati "
" da quando suoni? "
" da settimana scorsa "
" e come mai non ti ho mai vista seduta lì? "
" volevo farti una sopresa, però è davvero difficile cercare di memorizzare tutti questi tasti... Quindi pensavo mi potessi dare una mano "
" io? "
" e chi altro? Ahah "
Le sue sopracciglia si alzarono, così come i suoi occhi si spalancarono.
Stava scherzando?
Lui?
Insegnarle a suonare il piano?
Non riusciva a stare nella stessa stanza con esso, perchè doveva suonarlo?
Aveva iniziato ad odiarlo?
Non che non avesse le sue ragioni per farlo.
Ma veramente?
Magari era davvero un incubo?
" non fare quella faccia, non morde mica. E poi ci sono io con te. Vado a prendere una sedia, dammi un attimo"
Le passò affianco, ma lui non la degnò di uno sguardo. Era troppo occupato a fissare il pianoforte con una faccia sopresa. Quando tornò con la sedia presa dalla cucina, Candace incoraggiò nuovamente il ragazzo, continuando a dare pacche sulla sedia.
" dai su, devi solo sederti, te lo prometto "
Normalmente sarebbe rimasto lì impalato a guardare lo strumento, senza proferire parola, eppure con la ragazza questa sensazione non era così potente da mandarlo in quella sorta di stato trance. Guardò in basso e, piano piano, si avvicinò allo strumento.
Diciamo che ci mise un paio di minuti a farlo.
In più, non appena si sedette, guardò la tastiera con così tanta nervosità che stava persino tremando appena.
Era davanti ad esso.
Una scena piuttosto familiare, nonostante non lo mettesse a suo agio.
La mano di Candace lo fece, quale si appoggiò sulla sua spalla.
" prendi un respiro profondo "
E, senza preavviso, la melodia iniziò.
Ma non durò molto, poiché la ragazza sbagliò subito una nota.
" ah cavolo, prima c'ero riuscita lo giuro "
Lui continuò a prendere respiri profondi, distaccando lo sguardo dalla tastiera per guardare Candace.
" davvero hai iniziato con 'river flows in you'? "
" è molto orecchiabile "
Il compositore tirò un sospiro.
" dovresti partire dalle basi, come minimo. Non subito con una canzone così "
" perchè non mi mostri tu come fare allora? "
" i-io? "
Lei annuì, inclinando il busto verso Henry, quale si sentì spinto in un angolo, mentre cercava di guardare altrove.
E, per sua sopresa, Candace prese la sua mano e la poggiò sulla tastiera.
Lui la tirò subito indietro appena sentì il freddo dello strumento a contatto con la sua pelle.
" vedi? Non ti ha fatto del male, no? "
" ... hai ragione "
Fissò le sue dita in silenzio e, con l'indice, premette uno dei tasti.
Non... Non stava facendo male?
Non si sentiva un essere schifoso al sol contatto.
Era... Solo un piano.
" dai su, suonami la canzone "
Mandò giù della saliva, per poi farsi più spazio ed iniziare a suonare.
Era piacevole.
Non gli stava dando quel senso di nausea che si aspettava.
Non riusciva a sentire tutte quelle voci che lo condannavano per quello che avesse fatto.
Nonostante la sua bravura in quel momento, egli si fermò a metà della melodia inarcando la schiena.
L'aveva veramente fatto.
Aveva suonato uno strumento dopo tanto tempo.
Si sentiva così strano in quel momento, che si abbracciò da solo mentre cercava di non piangere.
" sei stato mitico! "
" l'ho veramente suonato? "
" eh già. E sei stato grandioso. Mi devi assolutamente insegnare! "
Sentì un peso sulle sue spalle, delle braccia che si strinsero attorno al suo busto ed il mento di Candace sulla sua spalla. Il profumo che ella emanava lo calmava, lo faceva sentire al sicuro.
Ce l'aveva veramente fatta.
Si era ripromesso di non toccare uno strumento in vita sua, eppure aver rotto quella promessa non gli aveva portato tristezza o dolore, piuttosto sollievo.
Una dopo l'altra, nuove lacrime bagnarono il suo viso e la tastiera del pianoforte e non si sforzò nemmeno di asciugarle stavolta, rimanendo fermo tra le braccia dell'altra.
" sei stato coraggioso. Sono fiera di te "
Ce l'ho fatta Candace... Prim...
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𝐓𝐀𝐆𝐒: VivyRal, Esattamente-chan, -LaPfpNonVieneDaVivy, DumbThisNoel
𝐀𝐍𝐆𝐎𝐋𝐎 𝐀𝐔𝐓𝐑𝐈𝐂𝐄:
Innanzitutto vorrei ringraziarvi per aver voluto leggere la mia storia fino a questo punto! Ci saranno errori qua e là sfortunatamente, il mio italiano è ancora arruginito. In più è da un po' che non scrivo testi del genere, quindi non rappresenta al 100% quello che effettivamente volevo scrivere, ma in gran parte sì e ne vado abbastanza fiera.
Ringrazio Vivy per aver risposto a molti miei dubbi, in caso stessi interpretando male il suo personaggio.
Fun fact: aroha in lingua maori significa "amore". Quindi Candace chiama Henry " amore" ogni volta che lo dice.
Il "è colpa mia"-counter di Henry sta a più di 30 dopo questa questa storia <3.
In questa one-shot dovrebbero essere tutti di almeno qualche anno più grandi rispetto all'età che avessero durante l'evento del Killing Game.
L'ispirazione a scrivere questa one-shot mi è stata fornita grazie ad una fan-art di Tifa che suona il piano (foto all'inizio del capitolo) e le mille headcanons che facciamo io e Vivy su insta.
Henry appreciation squad, rise up <3.
Posso farvi un piccolo spoiler se volete: la prossima one-shot su di loro due sarà il trauma-talk di Candace 👀👀.
Altro fun fact: è da inizio ottobre che ho scritto questa one-shot. Ottimo. Sono stata abbastanza lenta.
Ora un po' di meme, because why not?
Ed infine ho fatto questo picrew scrauso su loro due
Buongiornata a tutti quanti da parte mia!
(Edit: se veramente siete arrivati fino a qui vi meritate un applauso. Anyways, sì, questa è una sorta di revisione della one-shot)
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