【lakedown】
𝓘 𝓶𝓸𝓼𝓽𝓻𝓲 𝓼𝓸𝓷𝓸 𝓻𝓮𝓪𝓵𝓲 𝓮 𝓪𝓷𝓬𝓱𝓮 𝓲 𝓯𝓪𝓷𝓽𝓪𝓼𝓶𝓲 𝓼𝓸𝓷𝓸 𝓻𝓮𝓪𝓵𝓲. 𝓥𝓲𝓿𝓸𝓷𝓸 𝓭𝓮𝓷𝓽𝓻𝓸 𝓭𝓲 𝓷𝓸𝓲 𝓮, 𝓪 𝓿𝓸𝓵𝓽𝓮, 𝓿𝓲𝓷𝓬𝓸𝓷𝓸.
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𝕷𝖆𝖐𝖊𝖉𝖔𝖜𝖓 ; 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑎𝑑 𝑜𝑐
-ˏˋ -ljttlehobbit ˊˎ-
-eneide
silvyamuzz
-serpents
killerqueen-_
-fusillo
𝖜𝖔𝖗𝖉𝖘: 9.756
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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ NOME: MAEVE
❝ Un nome che significa intossicazione, potenza e gloria degli dei, eh? Qualcuno non era sobrio mentre si metteva a giocherellare con lingue antiche.❞
Maeve si tratta di una forma anglicizzata del nome gaelico Medb, che significa "intossicante", ma secondo secondi studi potrebbe anche derivare dal celtico comune medu, "idromele". Nella forma Medb era un noms comune nell'Irlanda medievale, venne successivamente reso in inglese e dunque in americano, diffondendosi nel continente sin dal XIX secolo. Un significato alquanto particolare e forse poco lieto, del resto chi vorrebbe avere un nome con significato "intossicante"? Probabilmente nessuno, come nessuno diede effettivamente attenzione a cosa quelle cinque lettere avvicinate apparentemente a casaccio significassero prima di appiopparlo alla piccola bambina dalle rosee guance. Così questo è il nome di cui solo ella sa il significato, di cui si è informata per una ricerca sull'origine dei nomi alle elementari, non esettamente lieta di portarlo, ma del resto sono solo lettere avvicinate a formare un suono discretamente carino, giusto? Certo, se non fosse che, effettivamente, la vita della ragazza è stata avvelenata fin dalla sua più giovane infanzia, rendendo i suoi diciotto anni più simili ad un inferno che ad una vera vita. Un inferno interiore quello di Maeve, un tormento che nasce nello spirito, avvelenando l'anima e corrodendola dall'interno, lento, insopportabile e terribilmente doloroso nel suo avanzare che ella sa, se lo sente, primo o poi raggiungerà del tutto anche la sua mente, ed ella sa che a ciò è molto vicina, lanciandola in un baratro senza più luce, dalla quale risvegliarsi e uscire sarebbe impossibile. Sperare, solo la speranza le resta per desiderare che il terribile veleno della sua malattia e del suo passato scompaia prima che sia troppo tardi, prima che ella lasci la presa dal burrone della lucidità, lasciandosi cadere nel terribile baratro oscuro su cui la giovane pende. Il nome è portato da due personaggi della mitologia irlandese, entrambi fonte di un'importante simbologia: il primo è Medb, figura molto importante e centrale nel Ciclo dell'Ulster, da cui prendono il nome un cratere di Europa e una corvetta della marina militare irlandese, LÉ Maev. Il secondo è Medb Lethderg, una dea moglie di molti sovrani mitologici. La storia della prima delle due donne, la regina guerriera Medb, è raccontata nel poema celtico chiamato Tàin Bò Cuailnge. Dovete sapere che nella cultura celtica, le donne avevano gli stessi diritti degli uomini. Se una donna portava più ricchezze in seguito a un'unione matrimoniale rispetto al marito, ella veniva considerata il capo famiglia. Va detto che ciò alla nostra ragazza non dispiace, del resto portare il nome di una figura mitologica con un così grande potenziale non potrebbe essere un male, giusto? Forse.
Suo padre, Eochaid re di tutta l'Irlanda, la fece sposare al re dell'Ulster. Ella gli diede un figlio, ma il matrimonio era infelice e Maeve decise di lasciare il marito. Il re dell'Ulster sposò quindi la sorella di Maeve, ma quest'ultima la uccise mentre era incinta. Riuscirono a far nascere il bambino, che venne chiamato Furbaide. Eochaid depose il re del Connacht e diede il regno alla figlia Medb.
Secondo la leggenda, Medb si sposò molte altre volte ed ebbe molti amanti, tra cui il guerriero Fergus.
A un certo punto, sposò il re Ailill. Un giorno la coppia iniziò a discutere su chi tra loro due fosse il più ricco e potente. Cominciarono a elencare le loro fortune e, alla fine, si scoprì che Ailill aveva un toro di razza superiore a quello della regina Maeve. L'unico altro esemplare era posseduto dal re e dalla regina dell'Ulster. Maeve tentò di ottenerlo tramite negoziazioni, ma i sovrani si rifutarono di venderlo. Fu così che la regina guerriera del Connacht diede inizio a una guerra sanguinaria contro il regno dell'Ulster.
Ci sono opinioni discordanti su quale fosse l'esito della battaglia. In una versione, Maeve riesce a ottenere il toro, nonostante subisca numerose perdite tra i suoi soldati. Una storia tragica che velocemente riassunta forse non rende giustizia alla tristezza della vicenda che contiene tutti gli elementi per una tragedia: un matrimonio infelice, la morte di una sorella e due famiglie rovinate con una guerra all'orizzonte.
Secondo la leggenda, la mitologica regina fu uccisa dal nipote Furbaide. E qui viene la parte divertente.... Medb era solita andare a fare il bagno in un laghetto sull'isola Inis Cloithreann. Dopo aver passato giorni a esercitarsi, Furbaide la seguì e la uccise tirandole un pezzo di formaggio sulla testa. Fine un po' triste per una mitologica regina guerriera, fine su cui spesso Maeve si sofferma a pensare, ridacchiando tra di sé, pensando che non vi è fine all'imprevedibilità del futuro e spesso ella stessa si chiede se sarà un futile errore, come un futile pezzo di formaggio, a costare la vita.
Secondo la leggenda, Maeve possedeva una bellezza straordinaria. Più che una regina, era vista come una dea. A volte le vengono attribuiti anche dei poteri soprannaturali. Ma almeno che avere visioni di una donna cadaverica non sia un potere, Maeve non possiede neanche il resto delle capacità della sua omonima, non la combattività, non la particolare bellezza e nemmeno le doti magiche e il fascino che in vita le guadagnarono tanti amanti. Nemmeno la capacità di amare. Sempre secondo la leggenda la regina Medb è sepolta sotto una grande piramide di pietra costruita durante l'età del ferro sulla sommità del colle Knocknarea, nella contea di Sligo, e ricoperta da una collina funeraria. Questa struttura megalitica, chiamato Miosgán Medbh ("Pezzo di burro di Medb") è uno dei più larghi cairn a camera non scavati d'Europa. La seconda donna a cui si ispira il nome della giovane fa invece parte della mitologia irlandese ed è Medb Lethderg, dea della sovranità e del potere. Fu la moglie e l'amante di nove sovrani, nonostante di lei ci giungano meno notizie. Sempre una donna potente, amata, addirittura una dea, somiglianze neanche vagamente simili alle caratteristiche di Maeve, che è lontana anni luce da essere una dea potente e amata.
Va poi ricordato il secondo significato del nome della giovane: ovvero un riporto all'idromele, la bevanda antica per eccellenza, associata spesso agli dei.
L'idromele aveva una grande importanza soprattutto nella cultura norrena precristiana, dove prende il nome di mjöðr (o met) e proviene dalla capra Heidhrun; nella letteratura e nella mitologia viene rappresentata come la bevanda dei re, la preferita del dio Odino e di altre creature sovrumane, in particolare degli dei e degli eroi che abitano Asgard. La tradizione vuole che due nani uccidano il vate Kvasir e dal suo sangue ricavino l'idromele, capace di dare sapienza e poesia. Nella mitologia Vichinga invece la storia dell’ idromele ha un riferimento con il dio Odino che, per ottenerlo, si trasforma in serpente e poi in aquila e con Thor che sottrae ai giganti la bevanda mitica.
Evidenze archeologiche riguardo l'importanza che l'idromele rivestiva nelle società nordiche e più specificamente nel popolo vichingo risiedono nella scoperta di sale dove anticamente si festeggiava e si banchettava per festeggiamenti religiosi o successi bellici, strutture come questa erano dette sale dell'idromele. Si diffuse ampiamente presso le popolazioni antiche sia come apprezzata e raffinata bevanda da simposio dei principi, che durante le cerimonie sacre. Nella mitologia indoeuropea fu la bevanda tipica dell’aldilà e dell’immortalità sia per i Celti che per i Germani, popoli presso i quali era definita “nettare degli Dei”.
Fu la bevanda “Sacra” per eccellenza, il vero dono degli dei: la sua origine celeste veniva associata al polline dei fiori, al lavoro dell’ape, simbolo sacro della trasformazione e della poesia, all’ acqua di fonte, simbolo della linfa vitale della Madre Terra.
Presso i Celti, la produzione dell’ idromele non era finalizzata solamente ad ottenere un prodotto utile al soddisfacimento del gusto o da consumarsi durante i pasti, bensì all’ elaborazione di una bevanda rituale, a base alcolica, il cui uso inducesse stati alterati della coscienza tali da facilitare quel contatto con la divinità e lo spirito degli antenati che essi ricercavano. Questo processo analogo si riscontra in molte altre religioni del passato in cui era diffuso l’utilizzo di alcool, droghe o tecniche para-estatiche per indurre tali alterazioni. Era tradizione, in molte parti d'Europa, che alle coppie appena sposate fosse regalato idromele sufficiente per la durata di circa un mese. Tale dono veniva fatto come incentivo alla procreazione dato che si era perfettamente a conoscenza del fatto che la bevanda fosse alcolica ed in quanto tale, erano note le sue caratteristiche di tonico/energetico. In questo modo quindi la giovane coppia avrebbe avuto "energia" sufficiente per affrontare i loro primi rapporti in senso fisico.Medb era l'affascinante e battagliera regina del Connacht: una donna dal carattere forte e implacabile, figlia di Eochaid Feidlech, leggendario sovrano d'Irlanda. Uno dei significati del suo nome è idromele e si dice che Medb diede questa bevanda, quale simbolo del suo sangue, a tutti i suoi consorti. È alquanto curioso per Maeve come tutto giri intorno alla figura della regina nordica, Medb, persino l'idromele viene visto come il suo sangue e tutto del suo nome riporta a lei. Persino il secondo significato che, apparentemente, non avrebbe nulla a che fare con la sacra bevanda degli dei. Un nome che senza dubbio vanta del proprio fascino, le radici così antiche e profonde da collocarsi in Mitologia scandinave, vichinge, celtiche e nei popoli più antichi che abitavano la terra. La ragazza si può dire fiera del proprio nome che coinvolge in sé divinità e potenti regine, nonostante a volte possa pensare di non esserne degna. Del resto perché ella dovrebbe portare un nome con un significato tanto forte quando il suo essere e tutta la sua persona si possono ricondurre ad una nullità. Il peso del nome, lo chiama ella, quasi che un nominativo indichi a cosa si è destinati, ma che nella sua vita non vi si troverà nulla di abbastanza grandioso e potente dal renderla degna di chiamarsi come una regina o come una bevanda simbolo di amore, famiglia, potenza ed elevazione celestiale.
↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ COGNOME: LEWIS
❝La famiglia...una gabbia d'oro colma di leoni.❞
↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ ETÀ: 18
❝Quando l'uomo non sapeva più che cazzate sparare ha inventato l'oroscopo, vi prego, venite che vi faccio vedere cosa ci faccio con le corna dell'Ariete.❞
Diciotto anni pesano sulle spalle della ragazza, lunghi anni che ella avrebbe preferito veder dimezzati senza troppe esitazioni, già stanca ad una così giovane età. Nonostante non abbia ancora raggiunto nemmeno la metà di quella che sarebbe l'aspettativa di vita all'inizio degli anni novanta ad ella sembra di aver vissuto fin troppo. La sua pelle, seppur ancora giovane, inizia a pesarle, il corpo ancora nel fiore degli anni sembra aver dovuto sostenere lunghi anni di intemperie, la mente abbastanza stanca e provata da far sentire alla giovane di aver vissuta non una, ma ben due vite e di essere giunta al culmine. Spesso ella pensa a come sarebbe stato un giorno, in inverno, addentrarsi nel lago di Lakedown, camminare fino al centro dove il ghiaccio in inverno diventa più sottile, e lasciarsi sprofondare, affondare lentamente nel buio, nel freddo, lasciarsi cullare dal gelo invernale e dal bruciante bisogno d'ossigeno che le avrebbe scosso i polmoni. Ma non l'avrebbe mai fatto, non potrebbe mai farlo, troppo codarda e cauta per mettere fine alla propria vita, mentre la sua stanchezza e la vecchiaia che sente dentro di sé le si adagiano sulle spalle come sporca polvere.
Così si limita ad andare avanti, trascinando nella vita come uno spettro, come del resto ha fatto per diciotto anni. Nata il sette aprile del 1971 sotto il segno dell'Ariete ella non presenta esattamente le focose caratteristiche di tale segno, difatti l’Ariete è un segno cardinale, di fuoco, e la sua fiamma deriva dalla prima scintilla: è tenue ma forte, non effimero e non devastante che ha davanti a se solo energia, ma non ha esperienza, segue l’istinto e come i bambini impara man mano. Tutte grandi cazzate per la ragazza, che non ha mai creduto in cose come segni zodiacali, cartomanzia o pratiche magiche quali la lettura delle stelle. Sì, forse in ella brucia un tenue fuoco, ma certamente non una fiamma che con il tempo si potrebbe ingrandire, anzi, al massimo attenuare ulteriormente, soffocandosi sotto al peso stesso della sua coscienza e della sua pesante anima.
Nonostante la sua malattia é ammirevole come Maeve mostri una certa saggezza e profondità, nei suoi diciotto anni si potrebbe comunque dire che ella sia particolarmente matura, quasi che la sua mente sia impostata su un'età diversa, circa di una cinquantenne. Una saggezza diversa e profonda, che non viene dall'aver vissuto chissà quanto nella vita, ma dall'aver provato una forma così profonda di dolore da rendere la mente più saggia e con una concezione totalmente diversa del mondo. Non la sentirete mai lamentarsi, non la sentirete mai dire qualcosa che la faccia sentire o sembrare infantile, non farebbe mai nulla che la faccia sembrare una ragazza della sua età, facendo meravigliare e, a volte, preoccupare coloro che le stanno intorno. Questo è il suo grande vanto e la sua grande maledizione: riuscire ad avere una comprensione migliore del dolore per abbracciarlo senza fatica eppure non riuscire a sfuggirvi, non riuscire a sentire diciotto anni sulle spalle, ma solo una triste vicchiaia che la rode dallo spirito.
↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ CARATTERE:
𝓣𝓱𝓲𝓼 𝓲𝓷𝓱𝓾𝓶𝓪𝓷 𝓵𝓲𝓯𝓮 𝓶𝓪𝓴𝓮
𝓱𝓾𝓶𝓪𝓷 𝓶𝓸𝓷𝓼𝓽𝓮𝓻𝓼.
Per comprendere il carattere di Maeve, per quanto veramente potrebbe essere compreso, bisogna partire dalla storia della giovane, partendo dalle origini, da quando ella era ancora una bambina.
Nata a Lakedown quello è l'ambiente che la giovane ha visto per la maggior parte della vita se vogliamo escludere sporadiche vacanze e gite con la scuola. Non è mai andata all'estero da quando ne ha memoria e il piccolo paesino è stato per lei tutto e niente, un Paradiso quanto un Inferno personale.
Nata da due amorevoli genitori il sette aprile 1971 ella é cresciuta a stretto contatto con il fratello, come è giusto che sia, intrecciando con lui un forte legame e vivendo un'infanzia relativamente spensierata. Fin da piccola, dai primi anni della scuola materna, Maeve ha sempre dimostrato un carattere introverso e quasi timido, chiuso come quello di una bambina che si apre ai primi contatti con il mondo senza la protezione della famiglia, un comportamento che, entro certi limiti, è ritenuto normale. Ma forse la sua timidezza la spingeva un po' troppo oltre nell'essere una bambina che ha sempre presentato preferenze per la solitudine: amante degli animali e della natura si è sempre rivelato uno spirito delicato e riservato, attenta alla bellezza invisibile che cresce intorno alle persone, in silenzio, più che ad altre attività rumorose e movimentate che, si sa, di solito attirano i bambini. E vedere una piccola bambina tanto silenziosa e disinteressata alle attività ricreative può essere strano per i bambini, tanto da arrivare ad affibiare alla suddetta ragazzina nomignoli poco carini, seppure non ancora del tutto offensivi, come svitata, impedita, Maeve la strana e simili. Nulla di troppo grave, del resto bambini piccoli non sanno essere crudeli, il male non fa ancora parte della loro natura. Un poco più crudeli furono i loro comportamenti, visto la natura tranquilla e taciturna della bambina non venne difficile iniziare ad escluderla, compiere piccoli gesti come sorpassarla alla mensa, rubarle i pennarelli. Cose di poco conto a cui Maeve cercava di non fare caso, del resto una bambina cosa ne sa di quella parola orribile, di quell'atto mostruoso chiamato bullismo? Nulla, sia perché ad inizio anni novanta dell'argomento si parlava di meno, sia perché un bambino, in fondo, cosa ne sa delle mostruosità di cui le altre persone sono capaci? Si può dire che in quegli anni Maeve non ci fece molto caso, si abituò semplicemente alla tranquillità e ad una certa solitudine, rimanendo una bambina tranquilla e sui fatti suoi, sempre un po' timida e che spesso veniva coinvolta da adulti in attività con i suoi compagni, in un misero tentativo di farla integrare. I suoi genitori la iscrissero addirittura ad una squadra di calcio femminile sperando che l'ambiente coinvolgente e il richiesto lavoro di squadra l'aiutassero a venir maggiormente coinvolta. Forse non furono idee del tutto inutili in quanto, miracolo dei miracoli, qualche amichetta Maeve la guadagnò, non per forza amiche del cuore o bambine con cui sarebbe stata in contatto per sempre, ma comunque qualcuno che non la considerava una tipa strana. Così la vita continuò relativamente tranquilla fino ai suoi tredici anni, la ragazzina iniziò a diventare un poco più estroversa e ad osare di più nelle relazioni, venendo sempre un po' esclusa come residuo dei comportamenti dei primi anni anni di scuola. Ma oltre alla sua crescita psicologica in Maeve subentrò anche un altro fattore totalmente normale: la crescita fisica. Non si poteva dire che la bambina fosse brutta o fuori forma, anzi, lo sport le consentiva un corpo snello e ben allenato e il suo viso era oltremodo grazioso con la pelle candida e i grandi occhi azzurri. E la sua bellezza fu la sua maledizione. Una sera, dopo un allenamento della squadra di calcio, quando ella aveva soli quattordici anni, avvenne uno dei fattori più traumatici della vita della giovane. Nella notte, aiutati dalle tenebre, un gruppo di ragazzi che avrebbero dovuto avere a disposizione il campo in seguito a lei la trascinarono negli spogliatoi maschili, bloccandola sul vialetto che ella imboccava per uscire dal campo e camminare fino a casa, trascinando negli spogliatoi. Cosa pensate avvenne in quel buio e freddo posto, mentre la ragazzina gridava e scalciava? La sua dignità di ragazza venne calpestata mentre la sua figura veniva palpeggiata da un gruppo di mostri più che di ragazzi poco più grandi di lei. Fortuna volle che l'allenatore della ragazza non se ne fosse andato subito come suo solito e, sentendo le urla e le terribili risate, raggiunse gli spogliatoi fermando il gruppo prima che essi potessero andare ben oltre ad insulti, molestie fisiche e morali. Davvero salva si poteva ritenere Maeve? Certo, quei ragazzi erano stati fermati prima di poter commettere un probabile stupro, vennero espulsi e severamente puniti, ma la mente della giovane come avrebbe mai potuto risentirne? Se in quel periodo ella aveva iniziato a tornare in poco più aperta verso il mondo e a trovare qualche amicizia quel fatto colpì la sua persona, puntandole un chiodo nel cuore e nella mente, crepando tutto il suo spirito e la sua sanità. Come si potrebbe restare indifferenti anche solo a veder la propria persona violata? Anche senza arrivare allo stupro, il terrore di quei minuti come avrebbe potuto non creare un profondo solco nella sua persona? L'umiliazione, la vergogna, il terrore che ne sarebbero seguiti come avrebbero potuto non lasciare ferite indelebili? Maeve lasciò dunque la squadra di calcio e, lentamente, tornò a chiudersi in un guscio invalicabile da tutto e tutti, pronta a proteggersi dalle infime trappole del mondo esterno. Perché lo sappiamo che i ragazzi sanno essere tremendamente crudeli, di una sottile perdifia che spesso è ben più peggiore di quella degli adulti, infatti il piccolo scandalo si diffuse in fretta nella cittadina di Lakedown e se ci furono persone che la sostennero cercando di aiutarla quotidianamente ci furono anche animi avversi alla giovane. Insulti misogeni, frasi come "puttanella, ti sarebbe piaciuto in fondo" e simili violenze psicologiche non mancarono, soprattutto da chi i suoi carnefici li aveva avuti come amici, parenti o fidanzati. La pressione fu così forte, il dolore, l'odio, la rabbia così esplosivi da portarla ad un crollo che la spinse addirittura a pensare di mettere fine alla propria vita, di lasciarsi sprofondare nel lago della sua cittadina e di morire, di non sentir più nulla e vivere finalmente in pace con sé stessa dove terribili parole ed insulti non l'avrebbero raggiunta. La soluzione che venne però adottata fu meno tragica quanto temporaneamente soddisfacente: Maeve avrebbe lasciato la scuola, iniziando un percorso di studi online effettuati da casa. L'isolamento fu la scelta che i suoi genitori presero e che la ragazza approvò apertamente, del resto nella totale solitudine chi avrebbe potuto ferirla? Così per due anni si nascose al mondo tra le quattro mura di casa, limitandosi ad uscire molto raramente e solo in casi estremamente necessari, sola con il proprio dolore. In quel periodo una certa apatia si formò nella ragazza, una forma di autodifesa che andava oltre all'isolamento materiale, ma anche a quello mentale. Per questo iniziò a visitare perfino uno psicologo, l'unico disponibile nel paesino, che, vista la sua poca energia vitale e la forte apatia, la classificò come depressione, portandola ad assumere farmaci antidepressivi in realtà poco adatti alla sua condizione. Maeve non si sentiva depressa, non si sentiva triste o sgonfia, si sentiva semplicemente vuota, come se tutto ciò che prima la teneva in vita e la sua scintilla energica fossero state strappate crudelmente dalle sue ossa, lasciando solo un freddo involucro esterno che, da solo, avrebbe dovuto affrontare il mondo.
Così, nell'istruzione domestica, passarono tre anni, ovvero fino a quello che sarebbe dovuto essere stato l'ultimo anno di scuola. Fu un po' il non potersi più permettere economicamente tali lezioni online, un po' il desiderio dei genitori che Maeve provasse a reintegrarsi, del resto vedere la propria figlia girare quotidianamente per casa come un triste spirito non è molto rinvigorenye, venne presa la decisione che per l'ultimo anno scolastico prima del college Maeve sarebbe dovuta tornare alla scuola cittadina. Solo un anno, no?
Un anno che segnò l'inizio della fine.
“Penso che la pazzia possa essere una via di fuga. Se le cose non si mettono così bene, potresti voler immaginare qualcosa di migliore.”
-Thomas Stephen Szasz
Il colpo di dover essere reinserita a forza in tale ambiente fu distruttivo per la giovane, la sua percezione era quella di essere un pezzo di carne gettato in un branco di lupi affamati, l'inferno sarebbe ricominciato e questa volta non vi sarebbe stato nessuno a salvarla.
Nel mondo ci sono persone forti, non lo si può negare, coloro che nonostante le difficoltà e il dolore della vita vanno avanti, coloro che ignorano le pietre che gli vengono scagliate addosso e che dalle loro ferite traggono forza. Ma Maeve non é un'eroina, è sempre stata una ragazza semplice, un po' introversa, mai particolarmente coraggiosa, solo un'anima ferita fin dal suo primo ingresso nel mondo. Nessuno l'avrebbe difesa se non sé stessa. Così iniziò la costruzione della corazza che tutt'oggi circonda la giovane, una corazza di apatia, deliri nascosti, visioni e tormenti interiori che però la distraggono da ciò che avviene all'esterno. Fu questo il periodo in cui la malattia sbocciò all'interno della giovane, quella che sembrava essere semplice depressione si rivelò qualcosa di più complicato e così difficile da diagnosticare di cui nessuno fin oggi ha riscontrato presenza nella giovane. Diventata abile nel celare la propria persona agli altri é riuscita a celare anche la propria malattia sotto all'apparenza di una ragazza strafottente e forse fin troppo disinteressata al mondo intorno a lei, quella che molti potrebbero definire una "fase adolescenziale di ribellione".
Ma la ribellione di Maeve fu solo nei confronti di sé stessa e della sua persona, devota a proteggersi e allo stesso tempi danneggiarsi. Realmente il suo ritorno a scuola non fu così distruttivo: i ragazzi che l'avevano vessata erano ormai al college o comunque fuori da quelle mura e il resto ne aveva solo un vago ricordo, come dei fatti successi in un libro non troppo emozionante che non sarebbe rimasto nelle loro menti ancora per molto. Ma per Maeve quel libro era fin troppo emozionante, tragico e orribile, così decise di iniziare a riscriverlo, cancellando ed escludendo più fattori possibili.
Al suo ritorno venne sempre vista come una ragazza un po' strana, ma mai con nulla di particolarmente pericoloso. Una personalità tranquilla e riservata Maeve tende a starsene sulle sue, ma non si può più definire timida o introversa. Il suo metodo di difesa è quasi diventato l'essere sarcastica e scontrosa con chi non le va a genio, rispondendo anche per le rime e non nascondendosi più dietro ad un capo chino o ad un timido arrossire. Più spavalda e sicura ella cerca comunque la solitudine e l'allontanamento dalle altre persone, se deve avvicinarsi a loro é solo per un tornaconto personale o per obbligo imposto da professori o genitori. Perché dovrebbe cercare di propria volontà altri aguzzini? Non è una persona che si fa compatire o che parla dei propri problemi e di ciò che sente dentro di sé, nonostante in realtà a volte passi intere nottate sveglia a rimuginarci nel silenzio, non si cura neppure nei problemi degli altri in realtà, di loro ha meno cura che delle formiche. Mostrare il suo lato più debole ed umano non è contemplato, ancora meno lo è cercare rogne oppure entrare in qualche stupido gruppetto di amicizie che creerebbe solo guai, meglio la solitudine e l'essere vista come strana, nonostante l'aria spavalda e a volte un poco inquietante tenga alla larga senza problemi la maggior parte della gente. Nessuno sospetta del suo problema di schizofrenia, che in fondo è anche ciò che modifica gran parte del suo carattere, e quasi tutti la vedono come una ragazza disattenta e menefreghista che non cerca guai, una che non creerà problemi se tu non ne crerai a lei. Ed è vero, questa è l'esatta immagine esterna che Maeve si è costruita come facciata, nonostante al suo interno viva una tempesta ben meno decisa e più tormentata. Insensibile all'apparenza in realtà la giovane presenta così tante emozioni dentro di sé che farle fuoriuscire sarebbe una pazzia in quanto creerebbero un vortice pronto ad imprigionare e spazzare via chiunque si trovi sul suo passaggio. Dolore, rimpianti, paure sono le emozioni che vivono al suo interno, reiette dalla sua anima che tremano e fuggono la luce, rodendola dall'interno come un veleno che lei stessa beve quotidianamente. Dolore per ciò che è e per ciò che non può provare: amore, gioia, piacere, sono emozioni che ad ella sono precluse e che desidera così ardentemente da farsi consumare dall'interno da questo desiderio. Vorrebbe ma non può, non riesce e al contempo non vuole, creando un disaccordo e un contrasto interno che dilaniano la sua persona. Rimpianti per le cose che sono state e che ha fatto o non fatto, per ciò che sarà e che inevitabilmente non potrà cambiare. Paure per quello che potrebbe accadere se si riaprisse con il mondo, quante frecce ancora le colpirebbero il cuore? Ma allo stesso tempo paura per ciò che accadrebbe se non si aprisse con nessuno, certo la solitudine le piace, ma la solitudine totale? Quella in cui non c'è nemmeno una persona che ti ama a conoscere il tuo nome?
Eppure dalla superficie calma della giovane non si potrebbe dire che tanti problemi e tormenti la scuotono, come la piatta superficie del lago che dona il nome a Lakedown ella vive, immobile allo sguardo di molti ma con flutti e tormente tanto forti al suo interno da poter trascinare a fondo chiunque provi ad addentrarsi nella sua mente e nella sua anima.
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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ASPETTO:
❝ Come la sposa cadavere, non di una bellezza eterna, non desiderabile, morta dentro e vicina ad appassire persino fuori. Chi vorrebbe giacere con un morto?❞
Di una particolare bellezza si può definire Maeve, non di certo il viso più bello del mondo, ma il suo aspetto possiede senza ombra di dubbio un particolare fascino. Però, quasi che il suo animo cupo si riflettesse sulla sua pelle come su uno specchio, una strana aria aleggia intorno alla sua figura, un'aria che potrebbe far sentire a disagio le persone, nonostante queste non arriverebbero mai a capire del perché un ragazza così calma e tranquilla ispiri sensazioni di tale disagio, quasi una certa scomodità nello starle intorno che spesso viene minimizzato all'introversione della ragazza che la rende poco disposta a mettere le persone a loro agio. L'aria cupa della giovane viene spesso ridotta dagli abiti colorati sotto ai quali essa si nasconde, quasi a cercare di perdere un poco della propria persona tra tutti quei colori che, come una maschera, sarebbero disposti ordinatamente sulla sua figura come una maschera. La ragazza vanta di una certa altezza, non si può dire che sia bassa e neppure nella media, supera il metro e ottanta e ciò le rende spesso possibile guardare dall'alto al basso molte persone, ciò unito alla sua figura snella la porta ad avere un fisico asciutto e tonico, senza troppe curve ma nemmeno piatto. Grande vanto sono forse i profondi occhi della giovane, di un ammirevole azzurro leggermente scuro, colore spesso adombrato da un velo opaco che, se si provasse a gettarsi in quei pozzi profondi, bloccherebbe l'accesso all'anima della giovane, facendo capire che in essa si trova qualcosa di tormentoso e incomprensibile che nessun essere umano dovrebbe osare esplorare. Occhi che raramente si posano nelle iridi di persone, spesso evitando di guardare a loro volta negli squarci su anime che ella potrebbe trovare altrettanto tormentate, vista a cui ella probabilmente non reggerebbe. Occhi che hanno visto molto, soprattutto cose negative e dolore, come potrebbero sopportare la vista dei demoni di altre persone non riuscendo già a guardare negli occhi i propri? Sul viso di un tondeggiante imperfetto questi diamanti azzurri risaltano particolarmente, soprattutto visto la pelle raramente abbronzata della giovane, sovrastando di un poco gli zigomi marcati e dalla particolare forma quasi arrotondata. Spesso profonde occhiaie occupano lo sguardo tra occhi e zigomi, dando alla ragazza se possibile un'aria ancora più cadaverica che ella solitamente si premura di coprire con una spennellata di fard. Il naso, piccolo e dalla forma imperfetta verso la punta, è dritto e presenta perfino un piccolo tic: quando la ragazza prova particolari emozioni come il disaccordo o l'incertezza questo si contrarrà, arriciandosi leggermente per mostrare disappunto. Tic che molte persone trovano quasi adorabile oppure stupido pensando che ella lo faccia apposta per attirare l'attenzione, ma non è così. Quanto deve essere odioso non avere il controllo sul proprio corpo? Quanto stressante quando i suoi stessi muscoli si ribellano contraendosi in movimenti contro la sua volontà? Ella non sopporta questa cosa, non avere sotto controllo neanche sè stessa la fa impazzire, e i momenti in cui questo piccolo movimento si può notare sul suo volto sono probabilmente quelli in cui ella si esporrà di più per quasi sfogare questo suo disappunto. Le labbra, non eccessivamente carnose e neanche grandi, presentano una forma quasi a cuore con gli angoli rivolti in poco verso il basso. Labbra spesso screpolate e secche, labbra da fumatrice con una piega vagamente malinconica anche quando la ragazza è serena, per quanto serena possa mai essere la sua esistenza tormentata. I capelli che incorniciano il volto sono di un chiaro castano che ricadono in leggiadre onde lungo la figura della giovane, coprendole la schiena e dividendosi invece perfettamente al centro sul capo, aprendosi sulla fronte forse un poco troppo alta in proporzione al resto del volto.
↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ ABBIGLIAMENTO:
❝ Come disse Shakespeare: attraverso vestiti stracciati si vedono i mali minori, tessuti e pellicce li nascondono tutti. ❞
Visto la personalità di base "negativa" della ragazza probabilmente da ella ci si aspetterebbe un abbigliamento cupo, dai colori spenti e che punti a farla passare in osservata. Beh, non è così. A quest'ultimo punto pensa già il suo spirito e modo di fare introverso, devoto a tenere un basso profilo, mentre nel modo di vestire si può dire che ella punti più in alto. Maeve non ha uno stile proprio e definito, si può dire che nel proprio abbigliamento vada a periodi, a volte passa intere settimane vestendosi solamente con abiti e gonne eleganti anche nelle più semplici occasioni, mentre in altri periodi indossa abbigliamenti comodi e pratici. Per molto tempo lei stessa ha pensato che questa scelta di abiti comunque curati e colorati fosse per mascherare la sua vera natura cupa, ma solo con il tempo la ragazza ha scoperta che questo non è il motivi principale. A malincuore, con estrema reticenza, è arrivata ad ammettere che questi abiti disperatamente simili a quelli dei suoi coetanei siano studiati e selezionati inconsciamente dalla giovane per assomigliare ad un adolescente normale. Questo è, come già detto, il suo più grande desiderio: essere come gli altri, non avere orribili pensieri e riuscire a sentire qualcosa diverso dalla profonda malinconia. Come dev'essere vedere tutti i propri coetanei spensierati, capaci di divertirsi, pieni di amici e di vita mentre a malapena ella riesce a sorridere? Quindi ella nasconde sé stessa sotto a tessuti particolari e colorati, persino alla moda secondo i tempi, nella speranza che, ingannando gli altri, anche il suo animo possa essere ingannato e autoconvicersi di essere normale, di non avere nulla di sbagliato.
Allo stesso momento però punta ad abiti non troppo provocanti, il massimo a cui andrà incontro sarà una minigonna o dei pantaloncini, paurosa in fondo a sé che il terribile episodio di qualche anno prima si possa ripetere.
↳ ੈ‧₊˚ ┊͙SEGNI PARTICOLARI:
. 𝓼𝓬𝓱𝓲𝔃𝓸𝓯𝓻𝓮𝓷𝓲𝓪
Nonostante dalla sua personalità esterna non si potrebbe dedurre, Maeve soffre di schizofrenia. Non un modo di dire, non un aggettivo buttato a caso per definire una persona un po' strana, ma una vera e propria patologia che la accompagna fin dalla più giovane età, nonostante solo dopo i suoi sedici anni piccoli sintomalogie che ella si premura di nascondere hanno iniziato a venire a galla, dopo lungo tempo passato a rodere l'anima dall'interno.
Il termine schizofrenia (dal tedesco schizophrenie, comp. di schizo- dal greco σχιζο ‘separare/scindere’ e –phrenie dal greco ϕρενία che significa ‘mente’) indica un disturbo psichico che comporta disfunzioni cognitive, comportamentali ed emotive. Ne è colpito circa l’1,1% della popolazione sopra i 18 anni e sembra trarre origine sia da fattori genetici che ambientali.
Differentemente da quanto il termine farebbe pensare (letteralmente “mente divisa”), la schizofrenia non implica alcuna “doppia personalità” (come nel disturbo dissociativo dell’identità) ma è caratterizzata da almeno due dei seguenti sintomi, ciascuno presente per una parte di tempo significativa durante un periodo di un mese: deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato (es: frequente deragliamento o incoerenza), comportamento grossolanamente organizzato o catatonico e sintomi negativi (ad es: diminuzione dell’espressione delle emozioni e abulia). Attualmente i due sintomi maggiormenti presenti nella ragazza sono diminuzione dell'espressione delle emozioni, detto in parole povere una forte apatia, e piccole allucinazioni che da circa un anno si fanno spazio nella quotidianità della ragazza.
Inoltre, il manuale stabilisce che, per fare diagnosi di schizofrenia, almeno uno di questi due sintomi debba essere un delirio, un’allucinazione o l’eloquio disorganizzato e che il livello di funzionamento in una o più delle aree principali (es: lavoro, relazioni interpersonali e la cura di sé) debba risultare marcatamente al di sotto del livello raggiunto prima dell’esordio. In aggiunta, i segni del disturbo devono persistere per almeno 6 mesi (anche se questo lasso di tempo può comprendere periodi di sintomi prodromici o residui), di cui 1 mese di sintomi sopracitati. Maeve, tra questi sintomi, porta con sé una forte apatia ancora in fase di sviluppo totale e fatica al lavoro, più precisamente durante gli orari scolastici in cui riporta grandi difficoltà nella concentrazione, nonostante questo suo deficit dell'attenzione non venga chiaramente visto come una malattia psicologica, ma più come negligenza. La schizofrenia si compone di due tipi di sintomi, quelli positivi e quelli negativi. I sintomi positivi primi includono deliri, allucinazioni, pensiero disorganizzato e agitazione. Di questi sintomi Maeve presenta principalmente allucinazioni, uditive e visive, raramente deliri, nonostante di questa sintomalogia si siano presentati casi isolati soprattutto dopo al calare della notte, riguardo al pensiero disorganizzato la ragazza tende ad avere una leggera incapacità nel controllarsi, durante le ore di scuola solitamente si trova distratta pensando ad altro, soprattutto durante le ore delle materie che non la appassionano, in cui i professori ritrovano un deficit dell'attenzione che comunque non ha mai fatto pensare loro ad una malattia mentale.
I sintomi negativi, invece, sono così definiti in quanto si tratta di capacità che la maggior parte delle persone possiedono, ma che i pazienti schizofrenici sembrano aver perso; esempi di tali sintomi possono essere: affettività coartata, povertà di pensiero, isolamento sociale, appiattimento emotivo, anedonia e apatia. Apatia, appiattimento motivo e quasi un distacco dal mondo che la circonda con una propria realtà circostante é la quotidianità di Maeve che, giorno dopo giorno, si sente lentamente sprofondare in un abisso di insensibilità, l'unico sentimento che piano piano le resta il dolore di non poter più provare emozioni.
Inoltre, per quanto riguarda i sintomi prodromici come isolamento dalla vita sociale, incapacità di svolgere il proprio lavoro, comportamenti ed idee stravaganti, trascuratezza nell’igiene personale ed appiattimento dei rapporti affettivi, essi solitamente precedono il primo episodio di psicosi. Fortunatamente la giovane non presenta una trascuratezza dell'igiene personale o della sua persona e nemmeno comportamenti o idee troppo stravaganti, anzi, nel suo piccolo spesso ella tende a sembrare una persona monotona, magari un po' ribelle e con un desiderio di indipendenza, ma non per questo al centro di particolari attenzioni.
Esistono tre "varianti" di schizofrenia e solitamente solo una di queste tipologie predomina in un individuo. In Maeve predomina il secondo tipo, la Schizofrenia di tipo Paranoide: ovvero schizofrenia che comprende un delirio di persecuzione. In questo caso il soggetto si ritrae da un mondo da lui ritenuto ostile, che effettivamente lo sia o meno. Pensa di essere vittima delle azioni malevole delle altre persone, quindi é sospettoso e rimugina sui contenuti dei suoi deliri, rari o meno, che rappresentano di fatto l’unica giustificazione alle proprie sofferenze.
Nonostante Maeve non lo ammetterebbe mai, probabilmente neanche sotto tortura, é proprio questa la sua visione del mondo: una gabbia piena di bestie feroci dentro alla quale ella è rinchiusa e che, al primo sbaglio o segno di debolezza, la divoreranno. Una visione negativa, forse un po' vittimistica, ma senza dubbio accompagnata da deliri di persecuzione che, almeno questa piccola fortuna, spesso si manifestano solo al calare del sole, in piccoli attacchi di panico che invadono la ragazza nella sua camera, placandosi prima dell'alba e non permettendo ad anima viva di sapere di questo suo piccolo problema.
Questa declinazione della schizofrenia può portare il paziente a mettere in atto comportamenti aggressivi e violenze verso gli altri, interpretabili dall’esterno come una difesa preventiva alle potenziali minacce altrui. Questi episodi di violenza sono sporadici nella maggior parte dei casi e possono venire a galla dopo un prolungato periodo di stress oppure dopo una continua assunzione di farmaci errati. Fortunatamente, si fa per dire, Maeve ha avuto un solo caso di scatto violento nella sua vita. Scatto che, purtroppo, è costato la vita ad un uomo.
La schizofrenia costituisce un disturbo complesso ed è probabilmente il risultato dell’interazione di fattori ambientali e genetici. L’ampio ventaglio di sintomi e i diversi profili che questo disturbo può assumere nei vari pazienti rendono talvolta complessa una diagnosi precoce, aspetto su cui risulta indispensabile lavorare: un intervento tempestivo potrebbe infatti risultare centrale per una prognosi favorevole. Ulteriori studi risultano inoltre necessari per comprendere il funzionamento cerebrale che il disturbo comporta: a tal proposito una promettente linea di ricerca si sta muovendo nella direzione dell’utilizzo di cellule staminali per costruire un modello esplicativo in vitro della schizofrenia.
Dunque oltre che ad essere una malattia fortemente invadente é anche una malattia difficile da decodificare che spesso viene anche scambiata per altre patologie. Sfortuna delle sfortune questo è il caso della giovane che, nella diagnosi fatta da una dottoressa di fronte alla sua apatia e distaccamento dalla realtà, si è trovata ad esser etichettata come un semplice caso di depressione con tanto di prescrizione di farmaci errati che di certo non giovano alla sua persona.
. 𝓵𝓪 𝓼𝓹𝓸𝓼𝓪 𝓬𝓪𝓭𝓪𝓿𝓮𝓻𝓮
In molti casi, chi soffre di schizofrenia vede immagini inesistenti o sente parole/frasi che, in realtà, nessuno ha pronunciato. Benché del tutto irreale, l'allucinazione è ritenuta assolutamente vera dalla persona che la sperimenta. Le allucinazioni più frequenti riguardano le "voci", ma percezioni alterate e non corrispondenti alla realtà esterna possono riguardare qualunque area della sensibilità (vista, tatto, gusto, udito, olfatto). Queste allucinazioni visive ed uditive che possono presentarsi in una persona affetta da tale malattia in vari stadi, quelle visive sono più rare, ma non per questo inesistenti. Fortunatamente Maeve non soffre di questi fenomeni molto spesso, solitamente solo dopo l'assunzione delle pillole anti depressive e in questi casi la ragazza incontra la sua "amica immaginaria". Le visioni di chi soffre di schizofrenia non sono sempre piacevoli e belle da vedere, nonostante a volte rientrino anche in una sfera "normale" venendo quindi percepite come reali. Alla ragazza è andata relativamente bene, nonostante spesso scambi dialoghi o brevi parole con la propria visione ella sa che è frutto della sua mente e che non esiste davvero. Del resto, come potrebbe un cadavere vestito da sposa entrare nella sua camera passando inosservato? Semplicemente non può e nella poca lucidità che le resta Maeve di questo si è resa conto, classificanso "l'amica" come un essere immaginario, magari un suo alter ego. La sua allucinazione prende la forma di una bella donna il cui volto è celato da un velo bianco semitrasparente, ella indossa un abito da sposa sporco e rovinato sul bordo della gonna, i piedi scalzi sono sporchi di terra e le mani solitamente tranquillamente raccolte in grembo. Da Maeve soprannominata la sposa cadavere, questo nome nasce dalla grande macchia di sangue che si trova sul corpetto candido dell'abito, all'altezza del cuore e di un colore chiaro e vivo, come se fosse appena sgorgato. La prima volta che la vide Maeve aveva soli diciassette anni, si spaventò certo, ma capì quasi subito che si trattava di qualcosa che non era reale, infatti la scarpa che le aveva lanciata l'aveva attraversata come fosse un fantasma. Quando appare la figura della sposa fantasma non fa nulla, si limita a rimanere immobile ad osservare Maeve e la ragazza spesso prova la tentazione di avvicinarsi e scostarle il velo dal volto per scoprire l'identità che la tormenta. In realtà le è sempre mancato il coraggio, chi le può assicurare che sotto a quel sottile strato di stoffa non si trovi un orrendo teschio sfigurato? Dunque meglio rimanere nel dubbio, attendendo con pazienza che ella scompaia, evento che solitamente avviene nel giro di una mezz'oretta, nelle giornate no circa un'ora. Quando si annoia ed ella appare Maeve prova a parlarle, ma la figura spettrale non risponde mai, limitandosi a restare immobile in silenzio. Cosa simboleggia allora la misteriosa figura? La morte dell'amore nella vita della giovane? La fine della speranza per la ragazza? L'appasimento totale dei suoi sentimenti? Cosa significa quel cuore sanguinante su quella figura cadaverica a cui spesso lui stessa si paragona? Del resto che grande differenza c'è tra la donna della visione e la ragazza che tutti vedono quotidianamente? Entrambe appassite, indesiderate, chiuse, incapaci di amare.
. 𝓯𝓾𝓶𝓸
Potrà sembrare una cosa strana, ma Meve fuma. In questa attività ben poco salutare ella ha fatto la sua grande entrata da poco tempo, circa cinque mesi, ma si può dire che ormai non potrebbe vivere senza minimo una sigaretta quotidiana ad accompagnare la sua monotona quanto priva di entusiasmo routine. La giovane iniziò per caso, quando, bazzicando per casa alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti, trovò una sigaretta del padre, abbandonata e dimenticata ancora intatta sul bancone della cucina. Per lei fu come un segno, presa di fretta e nascosta in tasca fu un attimo per la ragazza il correre nella propria camera con un accendino recuperato dal salotto e, appoggiata alla finestra che dava sul piccolo giardino, provare per la prima volta la sgradevole sensazione del fumo. Sgradevole tutt'ora in quanto alla giovane non piace per nulla il sapore aspro e amaro del fumo e l'odore di cui le impregna i vestiti e i capelli. Un certo fastidio é per lei estrarre una sigaretta dalle tasche e portarla tra le labbra mentre, con le dita ormai rovinate, la accende con una certa interezza che in ogni caso non le impedisce di smettere. Ella non fuma esageratamente, circa due sigarette al giorno sono la sua media, fino ad arrivare a un numero di quattro nei giorni peggiori, non le piace nemmeno il gusto e l'odore del fumo, ma è più l'adrenalina che il gesto le da a spingerla a fumare. Il fare qualcosa che il padre non approva del tutto, nonostante lui stesso fumi, e che la rende simile sotto a molti punti di vista a diversi suoi coetanei, questa la spinge a fumare. Questo e, ovviamente, l'effetto rilassante che la nicotina ha sul suo organismo. Quasi come una droga, fumare la rende più calma, come se il piccolo oggettino tra le due dita le permettesse di sfogare i suoi dolori e ciò che ad ella non va a genio, calmandola e rilassandola.
. 𝓭𝓲𝓽𝓪 𝓻𝓸𝓿𝓲𝓷𝓪𝓽𝓮
Un segno distintivo della ragazza sono senza dubbio le dita rovinate e i polpastrelli sempre danneggiati da qualche fattore esterno. Per la maggior parte del tempo queste risultano semplicemente screpolate dalle interperie, pallide e poco idratante e facile che sembrino molto secche e che il loro contatto non sia proprio piacevole. Ma ciò non è l'unico danneggiamento che le dita della giovane subiscono con il passare dei giorni, spesso infatti queste presentano anche leggeri segni gialli dovuti alle sigarette e al contatto con il tabacco di esse, ovviamente questi segni sono poco visibili in quanto ella fuma da relativamente poco tempo, meno di un anno, ma non si può dire che comunque presentino un sano colorito roseo. Inoltre intorno alle unghie, solitamente tenute un poco lunghe e mai smaltate o colorate, si espandono delle pellicine in quanto uno straziante quanto snervante vizio di Maeve é mordicchiarsi le dita quando è nervosa o semplicemente sovrappensiero. Le capita spesso di appoggiarsi sulle ginocchia con i gomiti e portate le mani al mento, mordicchiando leggermente la carne sulla punta delle dita, a volte lasciandovi un leggero segno, ma mai ferendole a sangue. Un'ultima particolarità rovina le dita della giovane: il carboncino. Ebbene sì, la ragazza spesso si diletta nel disegno, ma i suoi disegni mai si presentano come colorati o particolarmente piacevoli alla vista, spesso sono cupi, ombrosi e quasi inquietanti, ombre che si espandono dalla sua testa fino a sanguinare sul foglio. La sua tecnica di disegno preferita, se non si calcola la semplice matita con cui durante le ore di scuola spesso scarabocchia, é il carboncino nero. A suo parere questo strumento le permette di catturare la vera essenza delle cose, di creare sfumature e profondità che i colori e i semplici strumenti non donano. Ella si perde anche per ore a disegnare qualcosa e a volte un oggetto, una persona, una scena o un paesaggio possono essere riportati su un foglio più volte con prospettive diverse o con stili diversi, a volte le forme sono più allungate, altre volte più tonde, altre volte ancora ella disegna solo i bordi mentre in certe circostanze tutto il foglio diventa una distesa di nero inchiostro senza confini. I disegni sono accuratamente raccolti in un taccuino di cui nessuno sa l'esistenza, chi potrebbe capire la sua arte che sotto ad un certo punto di vista può essere ritenuta inquietante e poco convenzionale? Il taccuino, segretamente e gelosamente costudito, non lascia mai la borsa a tracolla della ragazza e, appunto per questo, si trova sempre con lei, pronto a ricevere scene di qualsiasi cosa accada.
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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙SI RITIENE BRAVA CON LE BUGIE?: ❝ Mentire è un concetto astratto, pure la verità è un concetto astratto, ciò che per me è verità per gli altri é pazzia. Spesso mi chiedo, sono pazza io o sono pazzi gli altri? ❞
Pensieri e credenze che non hanno riscontri di realtà, ma che sono percepiti/vissuti come assolutamente plausibili e veritieri (per esempio, la convinzione che qualcuno voglia danneggiarci o parli male di noi alle nostre spalle, di essere straordinariamente intelligenti e dotati o famosi oppure che una persona sia innamorata di noi, di avere una malattia seria non riconosciuta dai medici oppure che il proprio corpo non funzioni come dovrebbe, che stia per avvenire una catastrofe ecc.). Illusioni e fissazioni interessano circa l'80% delle persone con schizofrenia e neanche questa volta Maeve sfugge dalla percentuale. No, ella non è brava a mentire, ella è molto brava a manipolare la realtà e farla risultare reale nella sua malata maniera. Quando non può influenzare ciò che vivono gli altri la sua mente influenza quello che vive e vede lei, trasformando una situazione e a volte deformando un ricordo al punto di alterarne la percezione. Quasi un sistema di autodifesa il suo, quando dovrà mentire non lo farà, nella sua mente e nella sua memoria la percezione arriverà ad essere tanto distorta e manipolata da risultare completamente diversa. Per questo sembra così brava nel raccontare avvenimenti effettivamente diversi da quelli realmente accaduti, raramente la giovane parlerà di bugie o mentirà su qualcosa, semplicemente lavorerà rendendo la propria versione reale e raccontandola come se fosse la realtà. Abile anche nell'inventarsi scenari inesistenti non si potrà realmente sapere se quello di cui parla è davvero accaduto o no almeno che non esistano secondi testimoni. Una cosa è certa: una volta che Maeve si sarà costruita una propria verità abbattere quel resistente muro sarà difficile, impossibile da demolire la dura barriera che la ragazza avrà costruito intorno a sé, barriera più dovuta alla protezione che ad un vero attacco. Questo, ovviamente, si ricollega ancora una volta alla malattia della ragazza, senza la quale ad ella mancherebbero molti problemi. Come già detto la schizofrenia è una grave e cronica malattia del cervello caratterizzata da un tipico “scollamento dalla realtà”: il paziente ha difficoltà a distinguere tra esperienze reali e non reali, a pensare in modo logico, ad avere reazioni emotive adeguate al contesto sociale, tutto nella mente della giovane si ricollega ad un solo punto, l'oscuro punto in cui la sua pazzia ha origine.
↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ORIENTAMENTO SESSUALE: ETERO
In realtà Maeve non si è nemmeno posta un problema riguardo alla propria sessualità, del resto che occasione avrebbe mai avuto per farlo? Quando magari non era ancora abbastanza apatica e sarebbe riuscita a provare amore o almeno attrazione verso un suo coetaneo non ne ha avuto l'occasione, rinchiusa in casa dalla propria paura le sarebbe risultato impossibile uscire e conoscere qualcuno in una maniera tanto profonda, ancor meno possibile sarebbe stato trovarsi un fidanzatino intorno ai dodici anni, venendo presa di mira da dei ragazzini quale forma di amore avrebbe potuto provare o pretendere da loro?
Adesso, invece, provare amore le è quasi impossibile, tantomeno un'attrazione fisica. Quindi, nella generalizzazione e nel dubbio, si definisce bisessuale, certo, provare un sentimento profondo e complesso come l'amore le è praticamente impossibile, ma per quanto riguarda l'attrazione sessuale e fisica ella può dire chiaramente di avere preferenze maschili, del resto un attrazione non include sempre amore, giusto?
↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ DISPONIBILITÀ A RELAZIONI:
❝ Lasciar entrare una persona nel mio cuore per permettergli di distruggerlo sarebbe come per una gazzella saltare nelle fauci del leone, gli animali non sono così stupidi.❞
L'opinione di Maeve sulle relazioni interpersonali é molto particolare e soprattutto temprata da una vena negativa che non sarà difficile far venir fuori in questo campo. Come già detto nella voce dell'orientamento sessuale ad ella ben poco interessa di una relazione amorosa, non perché non vorrebbe avere qualcuno accanto da amare, ma perché le risulterebbe letteralmente impossibile. La ragazza si limita a ridurre questo suo problema ad una propria decisione, ad una sua scelta di vita, quasi per far credere agli altri di aver deciso di percorrere una strada di strafottenza verso i sentimenti e le relazioni umane un poco profonde, mentendo.
“La realtà da cui lo schizofrenico si ritraeva – o che non era mai riuscito a far sua, fin dall’inizio – era la realtà delle relazioni interpersonali.”
- Philip K. Dick
Come già sappiamo, Maeve, fin da piccola, ha sempre avuto problemi a rapportarsi con le altre persone, questo era solo il preludio della sua mente portata verso la schizofrenia, ma che fino ai sedici anni si era limitata a venire a galla come un imbarazzo e quasi una certa goffaggine nelle relazioni sociali, unita poi al fatto che ben pochi bambini avrebbero voluto Maeve come amica ritenendola "strana" anche nella sua più giovane età. Si può dire che ella abbia provato a farsi ritenere simpatica, amichevole e a trasformare la propria timidezza in dolcezza, con più che scarsi risultati che, a vista di molti, la portarono solo a sembrare patetica. Qui inizia il leggero sbaraglio della sua personalità, la caduta nell'apatia.
Pazienti schizofrenici possono sperimentare un deterioramento della loro capacità in una o più aree importanti per le loro attività quotidiane, come ad esempio le relazioni interpersonali, il lavoro o l'istruzione, la vita familiare, la capacità di giudizio e la cura di sé. Maeve presenta in questo caso problemi di concentrazione nell'apprendimento e forti problemi di apatia che la impossibilitano a provare veri e propri sentimenti in relazione a quello degli altri. Si può dire che ella sia ancora all'inizio della propria malattia, difatti ha avuto solo uno "scoppio" dopo i due anni in cui la sua mente ha iniziato la propria distorsione, quindi si potrebbe dire che il suo cuore non sia ancora totalmente chiuso e che con un po' di sforzo potrebbe provare un poco di affetto. Infatti, dopo tanti anni, non può non provare amore incondizionato per il fratello e i genitori, anche se questi sentimenti sono affievoliti e percepiti in modo meno forte, quasi attutiti. Certo, non è impossibile per uno schizofrenico provare amore, ma bisognerebbe avere come base una sintonia e un legame talmente forte da riuscire a superare la barriera di apatia creata dalla malattia, cosa più facile a dirsi che a farsi. In una relazione, probabilmente, Maeve vorrebbe mettere tutta sé stessa, ma il suo impegno non sarebbe sufficiente. Essendo la sua condizione qualcosa che sfugge al suo controllo non sembrebbe mai abbastanza coinvolta, mai abbastanza partecipe e, a volte, addirittura fredda o distaccata, come se non le importasse dell'altra persona. Ma ciò non è assolutamente vero. Ho già nominato più volte il suo desiderio di essere come gli altri, un adolescente normale, appunto per questo i suoi tentativi di sembrare normale e coinvolta potrebbero andare oltre ad ogni aspettativa, anche se spesso il fallimento poterebbe essere ben più contemplato della vittoria. Questo in fondo la distrugge, del resto chi non desidera amore nella vita? Per quanto bene lo nasconda e per quanto attentamente celi la sua paura e questo suo dolore mai nulla potrà darle pace dal non poter provare sentimenti veri né di amicizia né di amore, dal non poter provare la vera sintonia totale con una persona se non da dietro ad un vero opaco che lascia percepire sensazioni ed emozioni meno intensamente.
⠀❝Se stessi morendo in ginocchio saresti tu a salvarmi e se stessi annegato in mare ti darei i miei polmoni così potresti respirare. ❞
L'unica persona che conta. L'unico che ha la chiave per il cuore di Maeve.
Chi potrebbe essere l'unica persona così importante da conoscere ogni singolo anfratto della persona della giovane? Costui è Aiden, il gemello della giovane.
Non sarebbe un'esagerazione dire che i due sono sempre stati uniti fin dalla nascita, uniti contro il mondo si potrebbe dire. Fin dal grembo materno i due hanno convissuto insieme e si può dire che l'unica fortuna dei giovani sia quella di aversi a vicenda, di non essere una di quelle coppie di gemelli che si odiano.
I due potrebbero essere definiti come una sola anima in due corpi, un solo cuore in due persone e ciò non è un'esagerazione.
Ma ciò non è tutto, i due condividono non solo felicità, ma anche il loro dolore è condiviso in due persone, quasi che i vetri che li avrebbero feriti per la maggior parte della loro vita fossero stati divisi nelle mani di entrambi, facendoli sanguinare, in modo che le loro mani, tenendosi, avrebbero sanguinato insieme.
Un paragone un po' azzeccato, ma che potrebbe rendere l'idea.
Nonostante la propria malattia, Aiden è forse l'unica persona con cui Maeve riesce ad avere dei sentimenti, l'unico con cui può provare cosa sia l'affetto. Non è una forzatura, lui è letteralmente l'ultimo appiglio che la ragazza ha sulla realtà. Un'ultima ancora, un ultimo faro.
Nelle molte volte in cui Maeve ha pensato di lasciarsi annegare nelle onde del lago di Laketown c'è sempre stato un ago nel suo cuore ad impedirle di sprofondare nel tutto, sia nelle profondità oscure delle acque gelate che nel proprio cuore. Aiden è questo ago, l'unico per cui la ragazza non si stancherebbe mai di combattere.
Ovviamente il loro rapporto non è sempre rose e fiori, a volte bisticciano, è normale, ma in ciò si riconoscono e ciò li rende se possibile ancora più indivisibili. Per Maeve non ci sono limiti a ciò che potrebbe fare per il fratello, nonostante sia lui nato pochi minuti prima ella ha un istinto fortemente protettivo nei suoi confronti: l'unica cosa che potrebbe portarla ad esporsi sarebbe ferire il fratello. Per lui darebbe anche la sua anima o almeno quel poco che ne resta.
Vivere senza di lui per Maeve è inconcepibile, neanche il padre ha un ruolo così grande nel cuore della giovane, se ne venisse separata per lei sarebbe come morirne. Il non potergli stare accanto sarebbe peggio della morte.
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¦ ambra's space¦
Okay, non posso dire quanto vada fiera di Maeve, che ella venga scelta o meno per il ruolo rimarrà comunque una degli oc meglio studiati e più profondi che abbia mai creato. Non nego di aver affrontato diverse tematiche delicate e spero di averlo fatto adeguatamente, nel caso sono aperta a critiche e a consigli per migliorare ciò che ho scritto. Penso si sia capito che nella parte in cui parlo della schizofrenia ho fatto copia incolla da un sito medico che parlava di malattie psicologiche, aggiungendo solo gli approfondimenti personali su Maeve, ma attenzione, non perché non avessi voglia di scriverle, ma perché avrei potuto buttar giù qualche cavolata errata e ho preferito evitare di rischiare. Penso sia chiaro che il mio intento è stato quello di mostrare l'essere umano sotto al mostro, all'assassino, non di lasciare che ella venga vista solo come una carnefice.
Spero vi piaccia❤️
E dopo essermi ammazzata di scrittura posso andare a entrare in coma catatonico guardandomi qualcosa con Jake Gyllenhaal al suo interno.
Cià
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