【i garanti della giustizia di firenze】

𝓘𝓽'𝓼 𝓷𝓸𝓽 𝓽𝓱𝓮 𝓵𝓸𝓿𝓮 𝔂𝓸𝓾 𝓶𝓪𝓴𝓮,
𝓲𝓽'𝓼 𝓽𝓱𝓮 𝓵𝓸𝓿𝓮 𝔂𝓸𝓾 𝓰𝓲𝓿𝓮.

𝕴 𝕲𝖆𝖗𝖆𝖓𝖙𝖎 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖌𝖎𝖚𝖘𝖙𝖎𝖟𝖎𝖆 𝖉𝖎 𝕱𝖎𝖗𝖊𝖓𝖟𝖊
𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑎𝑑 𝑜𝑐 di Maryg_1402

𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐭𝐚𝐠: -fusillo killerqueen-_ -ljttlehobbit -chvshirekitten bipolarsvnshine

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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ NOME : ̗̀➛ 𝘧𝘦𝘣𝘦 ❞

Lenti risuonavano i passi nella piccola cappella; l'aria era soffocante e non filtrava un filo di vento dalle sottili finestre che si stagliavano sui lati della minuta costruzione. Solo quattro persone si trovavano al suo interno, solo una di esse camminava: due uomini, uno dei quali teneva tra le braccia due bambini addormentati.
Davanti al vescovo procedeva a capo chino un sacerdote, una torcia in mano che illuminava la corta navata e lanciava oscure ombre sui muri di pietra umida. Sembrava quasi che delle figure demoniache danzassero balli gitani su quelle pareti color topo.
Il sacerdote non aveva fatto troppe domande, quando Monsignor Tarvini si era presentato nella basilica senza avvertire della sua visita egli aveva capito che non era nulla che avesse a che fare con il suo compito di vescovo. Non aveva chiesto oltre comunque, in parte perché si fidava del suo superiore, in parte perché, prima che le parole di un curioso potessero fluire, un sacchetto di monete d'argento gli era stato posto tra le avide mani.
Non vi era stata alcuna preparazione per quell'evento, nessun battistero o organo ad accompagnare la celebrazione, per quei due bambini vi era solo un catino d'acqua benedetta e una soffocante cappella nella notte estiva.
Il sacerdote tenne stretti i bambini mentre Monsignor Tarvini iniziava la celebrazione necessaria per precedere il battesimo, sarebbe stata una cosa veloce, una cosa fatta all'oscuro di Arezzo che al di fuori della basilica si agitava e fremeva con una vita propria. A nessuno in quella città importava dei due gemelli, coloro che sapevano della loro esistenza probabilmente li avrebbero voluti morti, altri li avrebbero solo visti come rifiuti della società. Ma l'uomo che li stava per battezzare vedeva in loro solo doni speciali.
Prima prese il maschietto, era nato nove minuti prima della sorellina e dunque era il maggiore. Aveva già deciso che nome dargli durante la seconda lettura, più volte si era nominato Noè nelle letture di quel giorno, non sarebbe stata una brutta idea consacrarlo ad uno dei padri della religione cattolica.
Noah, seguendo maggiormente la forma latina che quella italiana, venne immerso nella piccola tinozza, lo scroscio d'acqua accompagnato dalla formula latina sussurrata a bassa voce. Il pargolo lanciò un grido acuto per l'improvviso bagno nell'acqua fredda, ma venne velocemente liquidato tra le braccia del sacerdote.
Poi fu il turno della bambina, la secondogenita. Era molto più piccola del maschietto e, per qualche istante, Monsignor Tarvini si chiese se sarebbe arrivata al mese di vita o se sarebbe risultata troppo debole. In ogni caso le avrebbe dato la consacrazione da cristiana che meritava.
Per lei, però, non aveva idee. Non c'erano stati desideri particolari da parte della famiglia per darle un nome, perché ovviamente la maggior parte dei membri avrebbe preferito che non venisse nemmeno battezzata. Nessuno dei nomi che aveva letto distrattamente durante quella celebrazione erano adatti.
Poi, quando la bambina iniziò a risvegliarsi schiudendo i grandi occhi scuri alla luce emessa dalle fiamme, il vescovo vide in essi riflessi dorati che danzavano come donne nel deserto.
-Febe.- sussurrò, immaginandosi per quella bambina un futuro radioso, migliore di come il colore olivastro della sua pelle prometteva. Gli sembrò quasi che la piccola ricambiasse il sorriso che gli si era involontariamente dipinto sul volto.

Un nome particolare e non molto diffuso nel Rinascimento é quello della giovane, scelto senza un particolare desiderio da parte della madre, Gemma. Il padre non si era neanche posto il problema di tornare a vedere la propria figlia, non vi era modo di pensare che avrebbe pensato per lei un nome.
Se ne occupò dunque Monsignor Tarvini, colui che in seguito per Febe avrebbe fatto ben altro che darle un semplice nome. Da un uomo di cultura non ci si può certamente aspettare un nome banale, egli infatti cercò di trovarne uno che non solo si potesse ritenere di buon augurio per la bambina, ma che potesse anche possedere un significato piacevole.
Febe deriva dal greco antico Φοίβη (Phoibe), latinizzato in Phoebe che significa "brillante", "puro", "luminoso".
Il nome è portato da numerose figure della mitologia greca, fra cui la titanide Febe, associata alla Luna, il cui nome era anche un epiteto della dea Artemide; in quest'ultimo caso aveva anche un corrispettivo maschile in Phoebos, utilizzato per il dio Apollo. Appare inoltre nella Bibbia, portato da una diaconessa di Cencrea, Febe, citata da Paolo nella sua lettera ai Romani.
Un nome appartenuto a divinità e titani, come appunto Febe dalla corona d'oro, titanide a cui si attribuiva la fondazione dell'oracolo di Delfi. Apollo e Artemide, divinità rispettivamente di poesia e musica e della caccia.
Oppure il nome di una delle prime figure femminili importanti nella storia della Chiesa, Febe, donna considerata come prima ministra (o diaconessa) ai tempi in cui i cristiani venivano ancora perseguitati.
Significati che la giovane conosce in quanto le vennero insegnati un po' per curiosità, un po' per cultura generale.
Le piace il suo nome, nonostante non sia stato scelto da genitori amorevoli racchiude in sé un dolce significato e l'affetto di colui che per lei è stata la figura più simile ad un padre mai avuta.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ COGNOME : ̗̀➛ 𝘧𝘢𝘳𝘦𝘭𝘭𝘪 ❞

«Febe...»
«Febe e basta.»
L'uomo alzò gli occhi sulla ragazzina, stringendo le labbra in una linea sottile.
«Il tuo cognome.»
La tredicenne di fronte a lui si grattò distrattamente la guancia con una mano prima di abbassare lo sguardo.
«Non ho un cognome.»
«Non hai una famiglia?» la incalzò il calzolaio prima di poggiare la piuma d'oca con cui stava scrivendo. «E per chi stai comprando queste scarpe? Sono maschili, bambina, non per una ragazzina.»
Febe iniziò ad agitarsi, le cose non dovevano andare così.
«Pago subito.» mormorò flebilmente, stringendo il sacchetto di cuoio che teneva tra le mani. «Non c'è bisogno di un cognome.»
«Per il registro sì.» ribatté l'uomo.
Nessun cognome voleva dire che a nessuno importava di lei.
Ci mise un attimo a fare uno scatto in avanti oltre il bancone, afferrando il pacchetto di soldi e strappandolo dalle mani di Febe.
«No!» gridò lei, sporgendosi per riprenderlo e venendo respinta da uno schiaffo che la colpì in pieno volto.
«Vattene zingara e ringrazia che non ti denunci per aver cercato di rubarmi questi soldi.»
La ragazzina spalancò gli occhi, non era andata così, non era vero. Non poté fare altro però che iniziare a correre quando l'uomo si alzò per buttarla fuori con le sue stesse mani. Aveva perso i soldi e con quelli la possibilità di fare un regalo di compleanno a suo fratello.

Formalmente il cognome di Febe è Farelli, quello che le è stato donato per un certo d'animo d'indulgenza dal patrigno.
Nata fuori dal matrimonio è un miracolo che non sia stata abbandonata sul ciglio della strada da neonata, poter addirittura dire di portare un tale cognome è quasi un onore. Quasi, per chiunque fosse nato fuori da un matrimonio, ma la giovane non la vede esattamente allo stesso modo.

Non ti va mai bene niente, le ripete spesso il fratello. Lui di quel cognome non ne fa un vanto, ma certamente non lo disdegna. Anche se in realtà non molti pensano sia il cognome originario dei due, del resto vista la carnagione scura ereditata dal padre si potrebbe pensare che appartengano ad una famiglia sinti.
I Farelli non sono però per la giovane una famiglia. Certo, al loro interno si trova il gemello, ma lui è un caso a parte. La madre e la sorellastra sono state due spine nel fianco per tutto il tempo in cui hanno vissuto sotto lo stesso tetto, il patrigno l'ha semplicemente ignorata come se non esistesse. Almeno lui era clemente.

Non si conosce l'identità del padre biologico, né lei né Noah l'hanno mai incontrato e la madre non è mai stata intenzionata a parlarne. Ogni singola domanda posta con leggera timidezza veniva respinta con una risata di scherno e un gesto della mano. Un errore, lo definiva quando si sentiva in vena di parlare. Un errore che si è moltiplicato in due figli del demonio. Curioso che fosse stata proprio lei a giacere con quell'errore di sua spontanea volontà, catturata da voluttuose passioni che per puro miracolo non la fecero ripudiare. Lei, a differenza di Febe e Noah, era semplicemente nobile e fortunata.
È un mistero il perché effettivamente abbia deciso di abbandonarsi alle braccia di un uomo di origine sindi, ma ella non ha nemmeno mai provato a dare una spiegazione.
Quando in fretta e furia si è sposata con un mercante di spezie, Baldassarre Farelli, non ha potuto certamente lamentarsi che un uomo ancora la volesse, nonostante il marito fosse di svariati anni più vecchio di lei e di una condizione sociale di diversi gradini inferiore rispetto a quella della famiglia Morati.

Baldassarre, che aveva acconsentito al matrimonio organizzato con tanta fretta prima che si diffondesse uno scandalo, diede il proprio cognome ai due forse più per pietà che altro. Nonostante l'apparenza austera era forse colui con il maggior cuore in famiglia. E poi nessuno avrebbe per forza ricondotto i due alla coppia, di nuclei famigliari Farelli ve ne erano svariati.
Febe non può dire di odiare il patrigno, capisce che l'uomo ha fatto molto più di quanto gli era stato richiesto accettando anche di non cacciare lei e il proprio gemello per strada al contrario di come la madre avrebbe fatto.
In realtà Febe non ha un vero e proprio cognome che può definire come suo, che senta come di appartenenza. Neanche chiedendolo lo dirà, accettando tutte le sfortune o i commenti che potrebbero seguire. Intanto è ancora alla ricerca di quello del padre naturale.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ RUOLO : ̗̀➛ 𝘢𝘷𝘷𝘦𝘯𝘵𝘶𝘳𝘪𝘦𝘳𝘢 ❞

Con un balzo scavalcò la ringhiera, atterrando sulla terrazza di marmo nel completo silenzio. Si muoveva come un gatto, dai piedi scalzi non arrivava nessun suono che tradisse la sua presenza.
Nonostante fosse difficile da distinguere anche dalle ombre della notte avrebbe dovuto sbrigarsi, non sapeva quando i padroni di casa sarebbero tornati dalla festa.
Si sporse in avanti serrando le mani screpolate sulla grondaia e fissando i piedi al bordo del balcone per poi darsi una spinta e lasciarsi accompagnare al cornicione. Prese un respiro profondo e si impose di non guardare giù, era fortunata a non soffrire di vertigini. Iniziò a scalare la grondaia veloce e agile come un gatto, la figura interamente avvolta da un manto nero che la portava a confondersi con la notte.
Non ci mise molto a raggiungere la finestra che la servitù aveva lasciato aperta, scivolando all'interno dell'edificio silenziosa come un'ombra.
Era dentro.
Non conosceva quel luogo e tantomeno la sua pianta interna, ma tutti gli edifici di Firenze sembravano costruiti allo stesso modo, non ci avrebbe messo molto a trovare una camera da letto. I suoi passi venivano ulteriormente attutiti dai pesanti tappeti persiani che decoravano i corridoi della grande villa, permettendole di avanzare con una velocità maggiore. Incontrò solo una serva che si stava accingendo a chiudere le imposte, un po' in ritardo avrebbe detto, ma non fu faticoso per Febe celarsi nelle ombre mentre ella proseguiva.
Dopo neanche mezz'ora si trovava in una camera da letto intenta a frugare in cassetti e portagioie, mettendo nella propria sacca tutto ciò che le sembrava avere un minimo valore. Jacopo le avrebbe dato una fortuna per tutte quelle pietre preziose, probabilmente avrebbe potuto anche comprare un regalo per il fratello e un nuovo paio di scarpe per sé stessa.
Un leggero sorriso le si dipinse sul volto a quel pensiero nell'esatto momento in cui incrociò il proprio sguardo nello specchio davanti al quale si trovava. Per pura curiosità si portò un paio di orecchini vicino ai lobi, non erano bucati, ma pensò che le sarebbero stati bene se solo non avrebbe rischiato di dare troppo nell'occhio.
Peccato che avrebbero stonato con il resto della sua persona spaurita, gli occhi eccessivamente sgranati, il volto parzialmente coperto da un foulard e la figura celata da abiti sformati, sarebbero stati troppo fuori luogo abbinati ad un paio di orecchini.
Sobbalzò quando sentì dei passi avvicinarsi. Richiuse velocemente cassetti e portagioie, non avrebbe fatto però in tempo a scappare dalla finestra, aprirla avrebbe richiesto troppo tempo. Si abbassò e rotolò sotto al baldacchino mentre la porta si apriva, lasciando entrare una coppia fin troppo alticcia. Sarebbe stata una lunga notte.

Il ruolo di Febe non è in realtà così nobile o coraggioso come sembra. Certo, in realtà ci vuole un po' di coraggio per intrufolarsi nelle case di persone sconosciute per rubare, ma non si tratta di quel tipo di coraggio eroico che porta le persone ad essere indicate come grande personalità. Il termine avventuriera potrebbe essere quasi detto in tono ironico, in tono di vago scherno.
Che nel fare qualcosa di illegale ci sia qualcosa di avventuroso non è falso, ma non è nulla di nobile, nulla che aiuti Febe a crescere o a maturare.
Ma quando sono iniziati questi piccoli furti? Molti potrebbero pensare che la giovane rubasse fin da bambina, che magari sia cresciuta in strada, quando in realtà ella non ha mai fatto nulla di illegale fino a poco prima dell'adolescenza.

Nel suo essere avventurosa c'è quasi un mancanza di scrupoli, è una ladra e si cura maggiormente del denaro che delle persone. Solitamente tende a cercare di rubare nelle case di persone nobili o comunque benestanti, quelle le si vedono fin dall'esterno, le si distinguono grazie alle strutture eleganti e ai giardini ben curati. Sono case singole, spesso protette da cancelli che raramente costituiscono una vera difficoltà per l'agilità di Febe.
Molte volte però non è lei a scegliere le abitazioni delle sue prossime vittime, è invece Jacopo, un suo collaboratore per così dire. Insieme sono il braccio e la mente. Lui studia le piantine, sceglie l'occasione, decide un punto di ritrovo e il resto è nelle mani di Febe.
Quando le cose più teoriche le fa l'uomo ella non si fa troppe domande, segue le sue indicazioni limitandosi ad evitare di venire catturata e finire imprigionata in una cella. Non sarebbe un'espressione piacevole, soprattutto considerando che spesso le celle comuni sono condivise con gruppi di uomini.

Questo è il suo compito notturno, ma di per sé non è quello che le permette di viaggiare. Ella infatti viaggia grazie alle carovane zingare tra cui ormai vive stabilmente, spostandosi insieme a loro nei lunghi peregrinaggi tra le più importanti città toscane, a volte anche nei territori di Lazio, Marche e Emilia.
Sono musicisti e circensi, acrobati e danzatori, indovini e burattinai, spesso accompagnati da qualche animale selvatico o esotico, quelli che oggi definiremmo dei circensi veri e propri. Una buona parte sono di provenienza sindi, come era il padre della ragazza, ma non tutti, in quell'accozzaglia di persone si possono trovare storie ed esperienze di ogni tipologia possibile ed immaginabile.
Dunque di giorno la giovane non è la ladra spericolata - anche se non si esclude mai la possibilità di sfilare un sacchetto di denaro a qualche passante - ma una semplice danzatrice che voltegga per le piazze con le braccia rivolte al cielo, stregando gli sguardi.

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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ ETÀ : ̗̀➛ 𝘥𝘪𝘤𝘪𝘢𝘯𝘯𝘰𝘷𝘦 𝘢𝘯𝘯𝘪 ❞

Arezzo, 9 agosto 1508

«Portateli via!» gridò la ragazza, stringendo le lenzuola insanguinate tra le pallide mani, coprendosi il volto in preda alle lacrime. «Dateli in pasto ai porci!»
A parte quelle grida nessuno osava parlare nella stanza, né l'uomo nell'angolo, né il vescovo accanto a lui e nemmeno l'ostetrica che stringeva tra le mani due fagottini dalla pelle più scura di quello che avrebbe dovuto essere.
«S-sono un maschio e una femmina...» mormorò timidamente quest'ultima, non sapendo bene se rivolgersi al nonno che sembrava sul punto di svenire, alla madre che ancora gridava o al vescovo dall'aria imperturbabile.
«Uccideteli.» ribadì la donna tra le lenzuola, il volto paonazzo dalla rabbia. «A nessuno importa, è stata solo un errore!»
Nessuno nella stanza la calcolò, la sua opinione aveva smesso di valere quando si era concessa a futili piaceri della carne.
Il vescovo si avvicinò all'ostetrica e prese la bambina che aveva appena smesso di piangere tra le braccia: aveva grandi occhi scuri e una pelle da zingara. Nello sguardo però, non c'era cattiveria, solo grande innocenza. Lanciò uno sguardo al fratellino che stava ancora piangendo, erano identici.
«Saverio.» mormorò il vescovo, chiamando a sé l'uomo che era ancora fermo nell'angolo. «Li battezzerò entro i quattordici giorni prestabiliti.»
Saverio annuì, non osando avvicinarsi troppo, quasi che uno dei bambini potesse aggredirlo.
«Poi la riporterò qui.» continuò. «Trovate loro una sistemazione all'interno della tenuta e mantenetela.»
Il mercante annuì di nuovo, tutta quella situazione stava diventando fin troppo spregevole per i suoi gusti, ma ormai il danno era stato fatto. La figlia avrebbe solo dovuto aspettare che il vescovo se ne fosse andato e poi le avrebbe prese di santa ragione, se non l'aveva toccata in quei mesi era solo per il bene dei bambini. Le avrebbe dato una lezione esemplare.
«Una donna della servitù è una nutrice, si occuperà lei di entrambi. Un po' di soldi pagheranno il suo silenzio.» mormorò il mercante. «Al marito di - fece una pausa per mascherare il disgusto nella voce - dirò che il bambino è morto. Questa sarà anche la versione pubblica.»
Monsignor Tarvini annuì, riponendo la bambina tra le braccia dell'ostetrica.
«Tornerò a prenderli.»

Diciannove anni. Un tempo che può essere, da persona a persona, infinitamente lungo oppure così breve da passare in un solo respiro. Avere diciannove anni nell'Italia Rinascimentale è sicuramente un affare diverso dall'averli in un'epoca moderna, le aspettative e le responsabilità sono ben diverse. Febe raramente arriva a parlare della sua età se non richiesto, anche perché non sono in fondo molte le persone a cui interessa quanti anni abbia una ladra. Di solito nessuno glielo domanda, ma poco male. Già vede gli sguardi perplessi che seguono la risposta, ma come, diciannove anni e non è ancora sposata? Neanche promessa in matrimonio? E i figli? Cosa ne sarà di una giovane senza marito?
E via con una lunga serie di digressioni su come ella dovrebbe pensare a non sprecare la propria vita facendo la vagabonda. Non che a molte persone in realtà interessi, spesso sono soltanto donne che lavorano in osterie e che non si tirano indietro di fronte ad una chiacchierata con una giovane zingara. Spesso sono prostitute - anche se molte di loro preferiscono farsi chiamare cortigiane - che Febe ha scoperto essere molto meno chiuse mentalmente della maggior parte delle persone. Molti a volte la prendono come una donna dedita a tale mestiere. Forse per il colore della sua pelle che non la porta ad essere vista come persona da grandi aspettative se non quelle di vendersi per sopravvivere, oppure appunto per il suo non essere minimamente coinvolta in una relazione.
Miracolo che non l'abbiano già indicata alle indagini di qualche inquisitore per ciò, anche se forse ci sarebbero elementi molto più "gravi" del non aver nessuno sposimante in ballo. Questa può essere considerata in parte una sua scelta e, in parte, una decisione del fato. Ella non ha mai avuto la vera e propria capacità di intrecciare una relazione sentimentale che potesse definirsi amorosa, anche se, nonostante il colore della sua pelle, siano stati numerosi gli uomini che non avrebbero disegnato infilarsi sotto le sue sottane. La sua decisione di non concedersi neanche uno sposimante sotto nessun punto di vista è dovuta anche alla concezione religiosa, concedersi prima del matrimonio non sarebbe nemmeno lontanamente plausibile per la giovane. Non che all'epoca lo fosse in generale.
Per le relazioni romantiche non ha mai avuto tempo, anche se, con un leggero sfondo di romanticismo, ogni tanto pensa che un giorno un qualche colpo di fulmine potrebbe colpirla. Ma non si lascia portare pressioni dalla propria età.
Guardandola si potrebbero quasi azzeccare i suoi diciannove anni, anche se spesso le persone tendono a darle qualche anno di meno. Ciò principalmente perché è di costituzione mingherlina, bassa e non ha forme particolarmente sviluppate. Non può essere però neanche scambiata per una ragazzina, i suoi lineamenti sono troppo affilati per darle un'età esageratamente acerba. Ha smesso di crescere da ormai qualche anno e va detto che in parte qualche centimetro in più non le sarebbe dispiaciuto. Certo, essendo così minuta non ha grandi problemi nell'infilarsi negli spazi più angusti, ma non sempre essere piccoli è un vantaggio.
Dal punto di vista caratteriale, soprattutto quello di maturità, ella può essere paragonata ad un pendolo che rintocca costantemente da un polo all'altro senza una meta precisa. Si può dire quasi immatura. Come un'adolescente moderna in preda ad una crescita che deve ancora avvenire del tutto, Febe non può sempre definirsi stabile nei suoi pensieri. Anzi, spesso può definirsi una vera e propria bambina. Può essere buffo a pensarsi, del resto non ha avuto grandi vizi che l'hanno portata a sviluppare dei comportamenti legati ad abitudini infantili, eppure, nonostante gli anni passati in strada, la giovane non si può dire del tutto maturata. Sotto a molti aspetti pecca ancora: spesso è orgogliosa nelle cose più piccole, è impulsiva e non ragiona a lungo prima di compiere determinate azioni, spesso può essere pure una terribile dispettosa.
Va ringraziato il cielo che abbia sempre avuto delle figure paterne a farle da supporto, prima il Vescovo Tarvini e poi Jacopo, nonostante il secondo dei due non si possa dire così benevolo nell'assecondare una sua maturazione. Forse è proprio questo suo essere ancora un po' infantile il piccolo sfizio che si è portata dietro fin da piccola, non avendo potuto godere di molti privilegi materiali si concede almeno quello di non dover crescere troppo in fretta anche mentalmente.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ ASPETTO FISICO
𝘵𝘢𝘴𝘩𝘪 𝘳𝘰𝘥𝘳𝘪𝘨𝘶𝘦𝘻 as adult.
𝘢𝘳𝘪𝘢𝘯𝘢 𝘨𝘳𝘦𝘦𝘯𝘣𝘭𝘢𝘵𝘵 as child.

«Non sei una di noi.»

«Torna al tuo Paese.»

«Non capirai mai le
nostre tradizioni.»

«Lavati, magari ti schiarisci.»

«Sangue sporco.»

«Sei figlia del peccato.»

«Sei un obrobrio

«Vattene, qui non vogliamo
quelli come te.»


Esotica. Questa è forse stato il commento - attenzione, non complimento - più gentile che la giovane possa aver ricevuto riguardo al suo aspetto fisico. Ma esotica non nel senso di una raffinata bellezza sconosciuta, più come la bellezza di un animale pericoloso che certo, può risultare affascinante, ma al primo errore può anche strappare la carne dalle ossa come la belva feroce che verrebbe ritenuta. Molte osservazioni, per così dire, le sono state fatte negli anni, la maggior parte di esse sul colore della sua pelle. Può sembrare banale, scontato e ridondante questo concetto, ma effettivamente è così. Non è il suo essere nata fuori dal matrimonio il suo vero problema, ma l'avere la pelle da toni olivastri. Le persone l'hanno sempre etichettata per questo. Oltre poi all'essere zingara ovviamente.
Scherzando Jacopo definisce la sua pelle dai toni leggermente scuri, il suo avere origini sindi e il suo essere nata fuori dal matrimonio, come la trinità della condanna, ovvero le tre cose che le persone usano come scusa per darle contro.
Eppure Febe non ha una pelle tanto scura da poter essere scambiata come uno dei nativi che abitano nelle terre africane, coloro che dal popolo europeo sono ritenuti dei selvaggi, eppure viene lo stesso vista come un'estranea e una minaccia. È nata ad Arezzo, ha vissuto tutta la vita in Italia, neanche sa chi fosse suo padre, eppure ciò non basta. Per tutti rimane solo una meticcia con la pelle sporca.
Eppure il volto non è quello di uno straniero, certo il padre era probabilmente di origine indiane, ma sul suo viso predominano lineamenti maggiormente europei.
Il volto ha una forma snella e simmetrica, si può dire sia un triangolo perfettamente all'ingiù con zigomi alti e ben delineati che si espandono e gonfiano quando la giovane sorride. Questi zigomi sono ricoperti da una spruzzata di lentiggini che li ricoprono gran parte del volto, arrivando anche sul naso perfettamente simmetrico e piccolo, grazioso si potrebbe dire. Stranamente ella non ha mai odiato le lentiggini, le sono sempre piaciute e le ritiene più un regalo che una maledizione. Danno al suo volto un aspetto particolare.
Dio ha messo sul tuo volto i caldi granelli del deserto e le stelle del cielo, le sussurrò un giorno Monsignor Tarvini, in un'altra occasione di sconforto sul proprio fisico. Non le copre con del trucco, non ci ha mai neanche provato, lasciando che le decorino il volto come perle preziose.
Gli occhi che sovrastano gli zigomi sono di un elegante forma allungata, certamente ereditati dai lineamenti indiani del padre. Spesso sono stati definiti come occhi da tentatrice, occhi malefici, solo per la particolare scintilla di vitalità che si trova al loro interno. Non hanno un colore particolare, sono scuri e quasi neri, tanto che a volte è difficile distinguere la pupilla dall'iride.
Molte persone, in primis la sorellastra, si sono lamentati dello sguardo furbo di quegli occhi brillanti che spesso sono capaci di mettere a nudo anche le persone più sicure di loro stessi. Sembrano gli occhi di un predatore, si era lamentata Artemisia, non mi piacciono.
Occhi che scrutano, occhi attenti, sono dello stesso colore dei ricci capelli della giovane. Scuri e solitamente tenuti in disordinati caschetti. Non sono ricci precisi e ben acconcianti, ella del resto non ha né tempo né mezzi per permettersi di renderli perfetti, sapendo inoltre che dopo un solo pomeriggio probabilmente ritornerebbero la complicata massa che sono. Particolare è anche la loro lunghezza che sicuramente all'epoca non era molto diffusa. Così corti però sono pratici, comodi, e permettono in casi estremi di essere legati sulla nuca. Richiedono poca cura e poco tempo, questo per Febe è ciò che conta.
Le labbra, che spesso sono schiuse in un sorrisino di circostanza, non possono essere definite né esageratamente piene né sottili, una perfetta via di mezzo dal chiaro colore molto simile a quello della pelle della giovane.
Molto particolare in Febe è la costituzione corporea che non incontra per nulla gli standard di bellezza rinascimentali. Ella non ha forme particolarmente prorompenti e non ha nemmeno fianchi abbastanza larghi da potersi dire seducente. Solo grazie ai corsetti il suo petto assume un po' di volume e la vita, che altrimenti non sarebbe molto sottolineata, viene stretta per raggiungere forme maggiormente femminili. Oltre al suo essere magrolina, ad un primo sguardo quasi denutrita nonostante coloro che le stanno intorno sappiano che ella mangia come un leone, la giovane è anche molto bassa. La sua altezza si aggira intorno al metro e cinquanta!
Quasi divertente pensate all'immensa differenza tra lei e il fratello di trenta centimetri più alto.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ PERSONALITÀ : ̗̀➛ 𝘦𝘯𝘧𝘱-𝘵 ❞

Per descrivere il carattere di Febe bisogna partire da una premessa, non c'è un semplice modo per percepire la giovane, ma questo cambia da persona a persona in base a diversi elementi.
L'unico elemento che non può essere frainteso è la vitalità della ragazza. Quasi nessuno può dire di averla conosciuta in una situazione di stallo in cui ella non stesse facendo qualcosa o non fosse in movimento. Troppo dinamica, troppo attiva, è quasi impossibile trovarla intenta a non far nulla. Sia che sia una conversazione o un'azione, spesso può essere anche la giovane a fare il primo passo se una persona le interessa davvero per un qualsiasi motivo.
È aperta e raramente si dimostra timida o silenziosa, sembra quasi che essere rumorosa faccia effettivamente parte della sua personalità come una specie di tratto distintivo da cui si può riconoscere. Non si fa problemi a discutere né con uomini né con donne, forse perché non è mai stata cresciuta con una netta distinzione tra il ruolo sociale dei due, nonostante sia stata portata a impararlo negli anni della propria crescita. Di certo, quasi per istinto, con i nobili tende ad essere quasi più beffarda nei propri gesti e nelle proprie azioni, è inutile dire che molti di loro le ricordano la famiglia materna di cui non vorrebbe far altro se non cancellarne il ricordo. Sempre i nobili sono i suoi bersagli preferiti per furti grandi e piccoli, del resto chi ha così tanti soldi non può ricavare grandi danni se una certa somma viene sottratta.

Tendenzialmente è una persona abbastanza socievole e gentile, non risponde quasi mai male - tranne al suo caro Jacopo con cui può passare anche ore a insultarsi, sempre in modo amichevole ovviamente - e ha un certo senso dell'educazione. Non è una persona molto galante però, ai giorni nostri verrebbe definita come un maschiaccio.
Tranne per i momenti in cui balla, può essere definita ben poco femminile e seducente, in parte anche per il proprio corpo poco sviluppato che non le permette di incantare uomini con la sua sola presenza. In un contesto affollato la sua figura si potrebbe quasi perdere se non fosse per la pelle olivastra che la distingue dalla maggior parte degli individui.
Avendo passato anche maggior parte dell'adolescenza in strada si può dire sia una persona spiccia e pratica, preferisce agire piuttosto che pensare e spesso per ciò può essere definita come impulsiva. Non le piace riflettere molto, non è portata per lunghi e complicati piani o per pensieri che le rubino anche giornate intere, se esiste un problema si può esser certi che ella cercherà di risolverlo il prima possibile.

Febe é molto cordiale e giocosa con i bambini, nonostante non si possa dire sempre la stessa cosa degli adulti. Sa regolarsi e solitamente misura le proprie parole rispetto a coloro che ha davanti, ma non è raro che sussurri male risposte o commenti seccati. Preferisce i bambini agli adulti, probabilmente perché la maggior parte di loro non si scandalizzano di fronte alla sua spontaneità. Ha un carattere gioioso e tutto sommato le piace stuzzicare coloro che si ritrova intorno.
Va detto però che coloro che riescono a colpirla vedono anche il lato più giocoso di lei, sia questo positivo o negativo. Le piace anche scherzare ed essere coinvolta in attività movimentate e divertenti come danza e canto, non perderà occasione per insegnare a coloro che le piacciono qualche mossa di ballo.
Gli unici rari momenti in cui si può vederla semi-ferma sono quelli in cui si concentra su un'altra delle sue passioni, ovvero la lettura. Ha una grande curiosità e ciò l'ha sempre portata a cercare di informarsi su molti argomenti che si sarebbero anche potuti definire sconvenienti per una giovane di basso rango. È stato Monsignor Tarvini a passarle l'interesse per la cultura e per l'arte e si può essere certi che ella lo stia coltivando con attenzione.

È una persona molto orgogliosa, è raro che chieda aiuto agli altri e non è nemmeno molto portata per il lavoro di squadra, si può dire che le sue partite preferite siano quelle da giocare in solitario. Quando è da sola può regolarsi come vuole e non è costretta a preoccuparsi dell'incolumità di terzi. È decisa a risolvere i propri problemi automaticamente, nonostante spesso non ci riesca perfettamente essendo anche una persona abbastanza caotica sotto a tutti i punti di vista.
Agisce molto "di pancia", ascoltando spesso maggiormente i propri sentimenti e sensi rispetto che al cervello. Ritiene di avere un ottimo sesto senso che in più occasioni l'ha aiutata.
Ha una mente per la maggior parte delle volte intuitiva ed empatica, riesce a percepire discretamente ciò che accade anche all'interno delle persone intorno a lei. Che poi la maggior parte delle volte ignori ciò per perseguire i propri scopi è un altro discorso.
Si può definire senza dubbio decisa e, in alcuni casi, senza scrupoli. Non ha problemi a difendersi anche con armi da taglio in caso di necessità, come non ha problemi a rubare alla prima persona che passa, nonostante si assicuri di compiere i furti più grandi solo in case nobiliari.
È anche molto testarda, quando vuole qualcosa è difficile farglielo uscire dalla testa e ciò può portare anche ad una certa immaturità. Non è ancora un'adulta totalmente formata e maturata, spesso fa ancora dei piccoli errori che contraddistinguono la sua personalità ancora in crescita.
Nonostante negli ambienti pubblici si trattenga ha una lingua davvero lunga e sa essere una buona oratrice. A parole e gesti è un'abile ingannatrice e non è difficile per ella adulare qualcuno per raggiungere un determinato obbiettivo. Sa quali persone deve tenersi strette e, anche se alcune di loro potrebbero non starle simpatiche, sa bene che la necessità è spesso più importante dei sentimenti. Ciò la rende anche ottima nell'arte della finzione, se non fosse una ballerina e una ladra magari avrebbe avuto un futuro come attrice.

Sono davvero poche le persone a cui tiene davvero, si possono contare letteralmente sulle dita di una mano, ma per loro farebbe qualsiasi cosa. Due di queste sono sicuramente Jacopo e il fratello, le due figure principali senza alle quali sarebbe probabilmente persa. Fortemente protettiva con coloro a cui vuole bene sarebbe anche capace di beccarsi un pugnale per loro.
Solitamente invece con coloro che conosce tende a fare i primi passi, le piace chiacchierare e spesso è capace di esasperare le persone con domande e commentini. Questo, ovviamente, la diverte immensamente.
Tutto sommato si può definire una persona "alla buona", non ha grandi pretese se non quelle di arrivare alla fine della giornata viva. Non si può definire viziata o pretenziosa, nonostante sia amante del rischio e viva sempre con una certa necessità di adrenalina che spesso la spinge ad essere sconsiderata. È certamente molto spiccia con le persone che la circondano, purtroppo la delicatezza e la pazienza non sono sue doti.

Ella ha però anche delle insicurezze, una di queste è senza dubbio il proprio fisico. Per tutta la vita le è stato detto quanto fosse differente e inadatto e, per quanto lo voglia, non riesce davvero a trovarsi bella.
Sotto all'apparenza di una persona confidente e sicura di sé stessa si cela ancora la piccola bambina che aveva paura dei fischi offensivi in piazza e dei bambini che la chiamavano sterco su due gambe.
Non riesce a perdonare coloro che l'hanno insultata solamente per come appare, è più permalosa e rancorosa di come appare e si ricorda perfettamente i volti di tutti coloro che l'hanno apostrofata con parole poco gentili. È una fortuna per tali persone che ella non sia vendicativa, ma che tenda a rintanare tutto al proprio interno. Odia che le persone la ritengano debole, odia venir vista piangere, per questo anche nei momenti di insicurezza o dolore si cela dal mondo, nascondendosi proprio come una gatta ferita, piangendo nascosta e in silenzio. Tende a portarsi le emozioni più forti dentro, nonostante solitamente rabbia e gioia scaturiscano da lei al momento ci sono altri sentimenti repressi dentro di lei. Si spera solo che non esplodano.

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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ PREGI E DIFETTI

- 𝓲𝓶𝓹𝓾𝓵𝓼𝓲𝓿𝓲𝓽𝓪'

Non si può dire che Febe sia stupida, molte volte Monsignor Tarvini le ha ripetuto quanto ella avesse uno spiccato senso dell'improvvisazione e anche una furbizia non comune che le permette di cavarsela nella maggior parte delle situazioni. Ma questa sua impostazione di ragionamento ha anche un grosso difetto: l'impulsività. La giovane ha fin da sempre imparato a pensare in modo rapido ed efficace, spesso però con mancanza di tempo. Quando sgattaioli nella casa di qualche nobile per frugare tra l'argenteria devi anche saperti tirare fuori in svelta da certe situazioni. Con la rapidità di pensiero segue però anche la velocità di azione e l'impulsività. Non sono rare le volte in cui la giovane, anche in situazioni in cui non lo richiedono, agisce con sfrontatezza, spesso senza davvero riflettere e agendo "di pancia". Purtroppo la riflessione non è una delle sue doti ed è raro che rimugini a lungo su qualcosa, quasi in modo infantile in realtà, agendo anche senza pensare alle conseguenze. Questo potrebbe essere visto come un modo di pensare tipicamente adolescenziale, perchè in fondo ella è ancora un'adolescente. Dai suoi diciannove anni - nonostante all'epoca molte giovani già si sposassero - non si può pretendere una particolare maturità, ma più la visione del mondo di una ragazzina che non pensa molto alle conseguenze.

- 𝓪𝓰𝓲𝓽𝓪𝔃𝓲𝓸𝓷𝓮

Un altro difetto dell'avventuriera è legato alla sua forte emotività. Può sembrare strano e anche insensato, ma Febe cade molto più facilmente di quanto si possa pensare in preda all'agitazione. Strano, vero? Contando che ella vive spesso situazioni con un alto carico adrenalinico sarebbe più scontato pensare che l'agitazione le faccia un baffo. Invece non è cosi, il suo carattere è più soggetto alle emozioni di quanto si possa pensare. A volte ciò non si vede - del resto sa anche controllarsi discretamente- ma i più minuscoli cambiamenti oppure imprevisti la mancano in panico. Ella è sempre più stata il braccio che la mente, programmare qualcosa nel dettaglio non è il suo compito. I piani di solito li fa Jacopo, fidato amico e collega, colui che studia le entrate migliori per i furti più grandi. Febe si limita a svolgere la parte più pratica. Ci sono ovviamente dei momenti in cui non ha il supporto dell'uomo, del resto non lavorano sempre insieme, e per queste occasioni la giovane organizza dei furtarelli minori da fare singolarmente. I suoi piani sono più approssimativi, a volte è capitato che un imprevisto la costringesse a cambiare qualcosa. In questi casi emerge la parte maggiormente impulsiva citata in precedenza. L'agitazione le blocca il cervello, costringendola in qualche modo a reprimere quelle emozioni che in ambienti sconosciuti e in situazioni di pericolo spesso la soffocano. Tutto sommato la giovane sa controllarsi, ma quando si sente agitata il suo cervello non è mai completamente lucido.


- 𝓲𝓷𝓼𝓲𝓬𝓾𝓻𝓮𝔃𝔃𝓪

Il pianto si levava alto nel cielo interrompendo la calma placida di quel pomeriggio primaverile. L'ambiente in casa Farelli avrebbe quasi potuto sembrare paradisiaco se non fosse stato per quel piagnucolare prolungato che non dava segno di voler smettere. La bambina che lo emetteva era inginocchiata sul bordo di una fontana, i semplici abiti zuppi e gli occhi gonfi per il continuo pianto.
«Se non finisce di piangere è la buona volta che la strozzo.» esclamò Gemma Farelli dalle sue stanze, le candide mani strette in un pugno di nervosismo mentre la figlia, quella che aveva voluto, Artemisia, osservava con fare annoiato la madre.
Aveva solo otto anni eppure sembrava comportarsi come una donna matura.
«Non sa pesare le parole, madre.» mormorò la bambina dai lunghi capelli color del grano. «Se la prende per tutto.»
Non l'avrebbe mai ammesso apertamente per non subire una strigliata dal padre, ma la causa di tutto quel piangere era lei. Aveva passato tutta la mattina a cercare modi velati per far crollare la sorellastra e, alla fine, ce l'aveva fatta. Era bastato dare qualche moneta ad uno scudiero perché le lanciasse sulla guancia un pezzo di escremento di cavallo mentre le due passeggiavano nei pressi delle stalle. Uno scherzo stupido che già di per sé sarebbe potuto essere crudele, ma che accompagnato dalla battuta "oh, ma è il tuo stesso colore, si vede che sei fatta di questo" risultò ancora più cattivo. Non che Febe piangesse spesso, ormai era anche abituata alle infime insinuazioni della sorellastra, ma furono le risate di altri servitori lì intorno a colpirla davvero.
Non avrebbe saputo dire quanto tempo passò accanto alla fontana singhiozzando, continuando a sfregarsi la pelle anche quando ogni traccia di escrementi era ormai sparita. Avrebbe voluto che anche il colore olivastro sparisse, non si piaceva, a nessuno piaceva.
Una domestica aveva anche tentato di farla smettere di piangere tirandole un ceffone, inutile dire che le cose non avevano fatto che peggiorare.
«Febe.» la voce severa di Monsignor Tarvini la catapultò fuori dai suoi pensieri, trascinata dalla grande mano calda che le si posò sulla spalla.
«Febe, smettila.»
Quasi non distinse l'uomo tra le lacrime che le appannavano lo sguardo, doveva avere un aspetto pietoso e ben poco presentabile, ma non riusciva a trattenersi. Singhiozzava disperata.
«Perché è così?» mugugnò tra un singhiozzo e l'altro, mostrando gli avambracci ormai arrossati dal continuo sfregare. «Perché non può essere bianca e bella come quella di Artemisia?»
Si riferiva alla propria pelle, ovvio.
Monsignor Tarvini non era mai stato un uomo molto affettuoso o molto bravo nel consolare, anche quando aiutava qualcuno era solitamente più pratico che dolce. Inutile dire che si trovò in difficoltà di fronte ad una bambina di dieci anni tanto disperata.
Si sedette sul bordo della fontana dove ella era inginocchiata, il volto una maschera di disperazione.
«Facciamo un patto.» mormorò l'uomo porgendole un fazzolettino di stoffa. «Se smetti di piangere ti dico un segreto riguardo alla tua pelle.»
La guardò e capì di aver acceso una certa curiosità nella giovane. Lo zigomo su cui aveva ricevuto lo schiaffo si stava arrossando, sembrava più un mostriciattolo che una bambina.
Febe afferrò con mani tremanti il fazzolettino, passandoselo delicatamente sugli occhi ed eliminando le lacrime che vennero però presto rimpiazzate da altre. Le diede una buona decina di minuti per calmarsi, appoggiata e perlomeno consolata dalla sua presenza. Quando lui era nei dintorni nessuno osava alzare una mano su di lei.
Quando si sedette accanto al vescovo, gli occhi ancora gonfi e lucidi, fece un profondo respiro rantolante.
«Ho smesso.» mormorò stringendo nervosamente il fazzoletto ormai fradicio di lacrime e muco. Si sarebbe trattenuta solo quel tanto per avere la rivelazione sul tratto di sé che più odiava.
L'uomo si chinò vicino a lei.
«Anche Gesù aveva la pelle come la tua.»
Febe lo guardo come se le avesse detto che le erano spuntate un paio di corna.
«Ma nei dipinti non è così.» fu la semplice risposta della bambina che, già abbastanza esperta nell'ambito sacro, ben sapeva che un Gesù dalla pelle come la sua avrebbe creato scandalo.
«Perché è quello che la gente vuole credere.» continuò Monsignor Tarvini. «Sai dove si trova la Palestina, no? Verso oriente, vicino a dove presumo fosse nato tuo padre. Chissà, magari veniva proprio da lì.»
Ci fu un attimo di silenzio.
«Alle persone non piace ammetterlo perché vorrebbe dire che Gesù è diverso da loro.» spiegò, gesticolando lentamente con le mani. «Eppure tu sei più vicina a Lui di tutti noi.»
Un ragionamento che probabilmente non aveva molto senso e che con una ragazzina un poco più grande non avrebbe funzionato. Ma per quella bambina in lacrime funzionò e, nonostante l'insicurezza persista tutt'oggi, per quel giorno il pianto venne sanato.

- 𝓬𝓸𝓻𝓪𝓰𝓰𝓲𝓸
Si possono elencare numerosi difetti per Febe, ma sicuramente non si può dire che la giovane sia una codarda. È davvero impossibile vederla tirarsi indietro di fronte a qualcosa, nonostante possa essere spaventata oppure agitata, insicura o addirittura ferita fisicamente. Con tutte le volte in cui ha rischiato di lasciarci la pelle si può dire che il rischio sia ormai suo amico, si diverte quasi a cercarlo, l'adrenalina per lei è come una dolce bevanda. Che si tratti di una scazzottata - ovviamente usando i suoi cari pugnali si intende -, di un furto particolarmente difficile o di un compito pericoloso, ella sarà sempre in prima linea per svolgerlo. Questo coraggio è principalmente dettato in realtà dalla sua impulsività, nulla di troppo nobile oppure speciale, semplicemente una sfaccettatura del suo carattere che le permettono di buttarsi in ogni situazione. La paura la paralizza raramente, nonostante ovviamente neanche lei ne sia immune, ma negli anni passati in strada ha ben imparato come gestirla e controllarla, senza essere lei quella che rischia di farsi controllare e paralizzare. Con questo coraggio non si può dire arrivi un forte spirito di sacrificio purtroppo, ella è più egoista che generosa, nonostante per le persone a cui tiene davvero sarebbe disposta a tutto. Meno male che queste si possono letteralmente contare sulle dita di una mano.

- 𝓿𝓲𝓽𝓪𝓵𝓲𝓽𝓪'
Un altro pregio di Febe è la vitalità che la caratterizza. È davvero difficile vederla ferma per troppo tempo, c'è sempre una qualche parte del suo corpo in movimento, come se fosse una specie di tornado che coinvolge tutto ciò che sta intorno a lei. Ha un'energia quasi contagiosa e sembra che essa sia infinita, nessuno l'ha mai vista lamentarsi di stanchezza o noia, la giovane ha sempre qualcosa da fare o, comunque, un qualche motivo che le permetta di stare in movimento. Solitamente questa vitalità è accompagnata da uno scatto di viva allegria, nonostante il suo volto sia spesso protetto da quasi tutte le emozioni, i suoi sentimenti sono per la maggior parte positivi. Non è una persona negativa di per sé, i suoi sguardi e le sue parole sono impregnate della stessa sprizzante vitalità che accompagna i suoi movimenti e le sue azioni. Sempre in movimento, è probabilmente per ciò che nelle carovane compie così tanti compiti, dalla ballerina alla burattinaia, compiendo ogni tanto spettacoli con il fuoco oppure con pugnali. Sembra letteralmente una donnola, molte volte scherzando Jacopo l'ha paragonata a tale animaletto: dal corpo minuto e snello, sempre scattante e vivace.

- 𝓲𝓷𝓬𝓪𝓷𝓽𝓪𝓽𝓻𝓲𝓬𝓮
Girò intorno a sé stessa con un ampio movimento della gonna scarlatta che rivelò parte delle gambe ben allenate mentre ella volteggiava tra le persone in piazza. La musica si levava dal centro di essa e Febe la accompagnava a ritmo con il proprio tamburello, battendolo con una mano mentre si muoveva come una gatta. Diverse altre ballerine la incrociarono in quel ballo che non aveva uno schema ben preciso, ogni tanto si prendevano a braccetto e facevano qualche mossa di ballo in coppia, facendo sorridere gli uomini lì intorno. Le fantasie erano sempre facilmente stuzzicabili, soprattutto se per accenderle si aveva un bel visino giovane e la capacità di muoversi come un serpente tentatore.
Quella era Febe che sembrava quasi irriconoscibile dallo sguardo malizioso dalla solita ragazzina spigliata mentre muoveva i fianchi a ritmo. Era tutta una messa in scena, ovviamente, ma l'uomo che aveva preso di mira da una buona decina di minuti non sembrava sospettare nulla mentre ella si muoveva avanti e indietro nel suo campo visivo. Stava seguendo quasi solamente lei, era quasi divertente pensare come fosse facile con un paio di sguardi coinvolgere le persone.
Poggiò il tamburello vicino ad uno degli uomini che stava suonando uno strumento a fiato di cui non conosceva il nome, per poi riaddentrarsi nella folla, questa volta in mano teneva lo scialle che fino a poco prima le aveva cinto le spalle. Parti di esse e le spalle erano parzialmente scoperte, mostrando l'abito quasi piratesco che non prevedeva un corsetto completo che sarebbe stato probabilmente ritenuto indecente per una signorina di nobile famiglia. Peccato che lei non fosse una nobildonna e che nessuno si scandalizzava ulteriormente rispetto al solito se mostrava le spalle. Non ci voleva molto ad incantare un uomo - anche se ovviamente ciò non funzionava con tutti.
Non lo faceva spesso comunque, ma quella era un'occasione speciale e il sacchetto color avorio che aveva adocchiato richiedeva misure speciali. Avanzò ondeggiando i fianchi verso l'uomo che aveva lo sguardo fin troppo attirato dalla "scollatura". Gli fece qualche giro intorno, gli sfiorò il fianco con un gomito, si allontanò, si riavvicinò, gli sfiorò il volto con il velo, si perse nella folla e ritornò nel suo campo visivo, si riavvicinò, gli sfiorò il bacino con un fianco e si riallontanò, una mano a tenere il velo che scuoteva leggermente a mo' di bandiera, l'altra nascosta nelle pieghe della gonna rossa, tra le dita strette un sacchettino color avorio che tintinnava ricolmo d'oro.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ PUNTI DEBOLI E DI FORZA

- 𝓯𝓸𝓻𝔃𝓪 𝓯𝓲𝓼𝓲𝓬𝓪
Febe potrà essere agile, atletica e in buona forma, ma va detto che sul lato fisico le mancherà sempre una cosa: la forza fisica.
Non è una persona sedentaria, anzi, si può dire che la sua personalità dinamica e movimentata sia molto simile a quella di un uragano che stravolge tutto ciò che sfiora. Si allena anche spesso, anche se non per i motivi che noi potremmo pensare. La forma fisica non è certamente uno di questi, anche perché, secondo gli standard rinascimentali, avrebbe dovuto mettere su carne piuttosto che perderla.
I motivi per cui dunque ella si allena sono principalmente due: gli spettacoli alla carovana e le sue marachelle notturne.
Purtroppo gli esercizi, dei quali parleremo dopo, che svolge per queste sue necessità non hanno nulla a che fare con lo sviluppo di una muscolatura solida e potente. I suoi allenamenti si basano su velocità, agilità ed equilibrio, mai sul potenziamento.
Dunque la sua figura asciutta non è certamente forte, anzi, probabilmente basterebbe un soffio di vento per farla cadere. A ciò si unisce anche la sua notevole bassezza - un metro e cinquantadue! - che non le permettono neanche di fingere vagamente di essere una persona imponente.
Non vuol dire che in un combattimento corpo a corpo non se la saprebbe cavare, del resto ha altri mezzi, ma per quanto riguarda una vera scazzottata neanche il suo animo infuocato potrebbe far fronte ad un colpo ben assestato.

- 𝓶𝓲𝓶𝓮𝓽𝓲𝔃𝔃𝓪𝔃𝓲𝓸𝓷𝓮
Spieghiamoci bene, non che Febe debba strisciare per campi assediati da soldati, non è questo che si intende per mimetizzazione. Semplicemente per ella è molto, molto difficile passare inosservata e ciò, quando si corrono dei rischi come i suoi, andando spesso contro la legge, può essere anche un problema notevole. Per quando balla alla carovana non ci sono problemi, vi sono altre persone di etnia sindi e, nonostante lei sia una meticcia, nessuno nota la differenza tra lei e le persone compatriote del padre. Quando invece ha a che fare con gli italiani casca il vero problema. Già l'aveva sperimentato da piccola quando, per andare a messa, doveva essere nascosta dal vescovo tra le gambe dell'organo della chiesa, rischiando altrimenti di venir presa dai parrocchiani come una strega pronta ad affrontare apertamente la religione. E ai tempi i roghi erano ancora più diffusi di quanto Febe volesse ammettere.
Ora a messa non può più andarci, limitandosi ad ascoltarla dai gradini della chiesa, ma resta comunque il pericolo di venir riconosciuta mentre entra nelle case di qualche nobile. Per questo, solitamente, ella è coperta da un mantello nero che la avvolge completamente, dei vecchi pantaloni sottratti al fratello che le rendono i movimenti più agiati e un foulard che le copre la parte inferiore del volto. È un travestimento spesso fastidioso, soprattutto in estate con il caldo notturno, ma è una precauzione che ella non può tralasciare, soprattutto contando certi avvenimenti avvenuti in passato.
Anche semplicemente al mercato non possono che mancare gli sguardi di coloro che la osservano attentamente, chi sussurrando strega e chi ladra.
Del resto basterebbe che qualcuno notasse la sua pelle leggermente scura e si scatenerebbe un putiferio.

- 𝓹𝓪𝓾𝓻𝓪 𝓭𝓮𝓲 𝓬𝓪𝓷𝓲
Odiava la pioggia e odiava il Nord di quell'odiosa penisola. Si chiedeva come mai avesse deciso di accompagnarci Jacopo e, soprattutto, si chiedeva con quale logica aveva ritenuto opportuno intrufolarsi in quella casa. Dannato Jacopo e dannati nobili, loro con i loro stupidi cani a guardia dei loro stupidi soldi.
I piedi scalzi erano gelati e immergerli costantemente in pozzanghere mentre correva per quel prato scivoloso non era il massimo.
Vedeva il cancello in lontananza, una nera figura che si stagliava contro il cielo grigio e la notte piovosa, dall'altra parte un uomo si sbracciava per attirare la sua attenzione. Jacopo. Gli avrebbe dato in testa il candelabro d'argento che teneva in mano non appena l'avrebbe raggiunto.
Sempre se l'avrebbe raggiunto viva. Sentiva ancora le urla delle persone alle sue spalle mentre le stanze della villa si animavano di lanterne, parole di un accento che le era nuovo, leggermente strascicato sulle finali delle parole e dai toni acuti, ma un solo ordine le risuonava nella mente come una cantilena "liberate i cani".
Li sentiva, li percepiva avvicinarsi come demoni arrivati dall'inferno per sbranarla. Le erano alle calcagna e certamente il vantaggio che aveva non sarebbe durato ancora per molto.
I capelli bagnati le invadevano la faccia e le impedivano di vedere chiaramente, le distanze erano impossibili da calcolare esattamente.
Poi avvenne la caduta. Non si accorse neanche di essere scivolata, involontariamente si portò il candelabro al petto per proteggerlo e, con l'altro braccio, si riparò la testa dal duro impatto con il terreno.
Rotolò, rotolò e rotolò, la collinetta sopra alla quale si trovava la villa non sembrava volerla aiutare, continuando a colpirla nei fianchi con dure sporgenze dal terreno. Urlò per il dolore quando la scura inferriata del cancello bloccò la sua rotolata, spingendole aguzzi artigli di ferro fin nelle costole.
-Stanno arrivando!-
Non fece in tempo a capire a chi si riferisse Jacopo che due cani le piombarono addosso come mastini infernali. Urlò di nuovo, questa volta più forte, mentre si proteggeva il collo a cui quelle bestie miravano. Un cane le afferrò la caviglia e la tirò trascinandola lontana dall'inferriata, un secondo le azzannò una spalla cercando di raggiungere il collo e un terzo le lacerò il mantello.
Il modo in cui quelle zanne le trapassavano gli abiti e la carne le facevano temere solo il peggio. Sangue e le proprie urla erano tutto ciò che percepiva.
Poi uno sparo e un cainare mentre uno degli animali si accasciava a terra e gli altri due indietreggiavano ringhiando. Era mezza svenuta quando Jacopo la tirò su di peso continuando a tenere l'archibugio con cui aveva sparato stretto tra le mani.
-Resta sveglia, nini.- furono le parole dell'uomo mentre se la caricava a spalle non dopo aver sparato un altro colpo di avvertimento ai cani.

Da questo episodio Febe ha una profonda paura dei cani. La frastagliata cicatrice che porta sulla spalla glielo ricorda continuamente e con sé porta odore di sangue e cane bagnato.
Ma quella per i cani non è solo una paura, è letteralmente terrore. Quando vede un cane di piccola o media taglia si limita a stare lontano, ma con i cani di grande taglia si immobilizza come se davanti avesse un leone. Perde il controllo del proprio corpo e le gambe le diventano molli per quanto stupido possa sembrare. Solo urla e ringhi le risuonano nella testa.

- 𝓪𝓬𝓻𝓸𝓫𝓪𝓽𝓪
Come abbiamo già detto Febe non brilla per la propria forza fisica, ma sicuramente è più che esperta per ciò che riguarda agilità ed equilibrio.
Si può dire una vera e propria acrobata. Si iniziò ad esercitare da piccola, imitando i saltimbanchi che spesso si fermavano nella villa dei Farelli, facendosi spesso più male che altro, ma iniziando così ad imparare un'arte che le avrebbe permesso di allontanarsi dalla "famiglia" che tanto odiava.
Sa fare salti e contorsioni quasi impensabili, spesso lasciando a bocca aperta coloro che, dal pubblico, ammirano gli zingari che si esibiscono a suon di musica nelle piazze, come dei veri e propri predecessori del circo. Questa è una delle sue più grandi forze.
Non c'è luogo su cui non si possa arrampicare o fessura da cui non possa entrare, altura che non possa raggiungere o caduta a cui non possa sopravvivere. E ciò non è solo utile per quando deve ammaliare i clienti per sfilare loro il borsello dalle tasche, ma anche quando deve fuggire dal secondo piano di un edificio senza restarci secca.
Non ha mai provato ad utilizzare questa sua abilità per cogliere di sorpresa qualcuno, ma è abbastanza sicura che nessuno si aspetterebbe di vedere una zingara alta un metro e uno sputo saltare sulle spalle di un uomo e pugnalarlo. Chissà, magari a tutto c'è un giro di prova.

- 𝓷𝓪𝓼𝓽𝓻𝓲 𝓮 𝓹𝓾𝓰𝓷𝓪𝓵𝓲
Danzando Febe ha imparato più cose di quanto avrebbe potuto immaginare, cose che, a dirla tutta hanno anche una connotazione che con il ballo non c'entrano nulla. Due di queste cose sono l'utilizzo di nastri e pugnali.
Non è cosa da tutti i giorni vedere una danzatrice che si destreggia tra pugnali che cadono dal cielo, prendendoli al volo e rilanciandoli verso un bersaglio. Questo è lo spettacolo che i toscani apprezzano di più da parte della giovane e, nonostante per lei sia il più pericoloso, è anche il più divertente.
L'ha imparato a poco a poco, negli anni, iniziando prima con due coltelli fino ad arrivare a destreggiarsi nel ballo accompagnato da ben cinque pugnali.
Pugnali che, anche fuori dagli spettacoli, ella porta sempre con sé. Essi sono nascosti tra le trame delle sue gonne e la maestria di Febe nell'estrarli ed utilizzarli è pari a quella di pochi. Non serve forza particolare, solo la fortuna di colpire nel posto giusto. E Febe di fortuna ne ha sempre avuta molta. Nonostante ciò, nell'utilizzo dei pugnali ella si è data una regola: solo per proteggere, mai per infliggere.
Ciò si ripete quando teme che la situazione possa sfuggirle di mano. Un conto è non avere scrupoli nei confronti di ciò che si fa, ma le persone sono un'altra storia e non vorrebbe mai creare una catena distruttiva con una sola pugnalata.
Poi abbiamo i nastri. Meno letali dei pugnali, nonostante potrebbero essere benissimo utilizzati per strangolare qualcuno, abbiamo questi pratici aiutanti della giovane.
Si tratta di due nastri color celeste che ogni tanto ella utilizza per ballare, nonostante preferisca il grande foulard con cui si accompagna, anche se la loro vera funzione è quella di accompagnarla nei furti notturni. Può sembrare banale ma quei resistenti tessuti sono utili sia per difendersi che per legare, fissare, chiudere o per darsi sicurezza in operazioni particolarmente difficili.
Febe non gira mai senza questi suoi fidati elementi, sia pugnali che nastri.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙  PASSIONI

- 𝓯𝓵𝓪𝓾𝓽𝓸 𝓽𝓻𝓪𝓿𝓮𝓻𝓼𝓸
Che la ragazza possa suonare uno strumento potrebbe destare in molti una certa curiosità. Dove mai potrebbe avere una zingara imparato l'arte della musica e, soprattutto, a chi potrebbe aver sottratto il flauto di pregiato legno con cui spesso accompagna le sue danze.
La risposta è in realtà meno difficile di quanto ci si possa aspettare e tutto si riconduce di nuovo al Vescovo Fedenzio, suo protettore e maestro. Oltre a volere che la giovane venisse istruita egli ritenne anche necessario donarle qualcosa che andasse oltre alla mera utilità pratica, qualcosa che avrebbe potuto anche alleviare l'anima oltre che la mente. Non ci vollero molti tentativi per capire quale era lo strumento più adatto per una Febe di dieci anni che, per la musica, non aveva poi così grande interesse. Nonostante ciò la bambina dimostrò una certa propensione all'uso del flauto traverso, pratico da impugnare e dalla dolce melodia che poteva essere sia incantatrice che più ritmata. Per oltre cinque anni ella ha avuto la possibilità di imparare a suonare tale strumento, ciò fino alla morte del Vescovo e al suo consecutivo periodo di lutto. Non avrebbe mai guadagnato una somma di denaro sufficiente per le proprie lezioni private e aveva giurato a sé stessa che ciò che avrebbe rubato sarebbe servito per beni di prima necessità. Va detto che si ricorda ancora molto bene come tale strumento funzioni, soprattutto in quanto spesso lo utilizza durante le esibizioni alla carovana. Suonare il flauto dandosi un ritmo separato dagli schiamazzi intorno mentre volteggia per la folla è più comodo di quanto pensi. E poi, ovviamente, può essere anche un comodo aiuto quando qualcuno cerca di allungare troppo le mani verso il suo corpo. Ovvio, ella preferirebbe piantare un pugnale nella mano di certi uomini, ma non è sempre conveniente per una donna di basso rango mettersi contro un qualsiasi uomo, dunque si limita ad una bastonata sulle nocche che rimetta apposto l'impertinente spettatore.

- 𝓫𝓪𝓶𝓫𝓲𝓷𝓲
Febe adora letteralmente i bambini. Non riesce a capire come alcune persone possano trovarli insopportabili, per lei tutto in loro è impagabile. È una gioia unica per la giovane quando, guardando i suoi spettacoli di burattini o le sue danze, un bambino scoppia a ridere o batte le mani stupito. Le viene i involontariamente da ridere a sua volta, la gioia che legge loro negli occhi è diversa dalla gioia misurata e controllata negli adulti.
Purtroppo non molte persone si fidano a farla avvicinare ai loro figli, pensando che ella abbia qualche strana intenzione come rapirli o chissà cosa. In realtà non sono rare le volte in cui la giovane, volteggiando tra la folla di coloro che si fermano alla loro carovana per assistere allo spettacolo, infila velocemente una margherita tra i capelli di una bambina tra la folla, portando la piccola a ridere e i genitori a sussultare. La loro è una preoccupazione inutile, ma non ci prova neanche più a far cambiare idea agli adulti, semplicemente non se la prende e ignora il fiorellino buttato per terra e calpestato da piedi incuranti. Un bambino non lo farebbe mai.
Nonostante ciò, ogni tanto, qualche genitore, sempre tenendo lo sguardo attento, lascia che il proprio figlio si avvicini alla zingara per congratularsi o domandare qualcosa che solo lei potrebbe risolvere. Allora la ragazza si riempie di gioia.
Sa già di aspettare con ansia il giorno in cui potrà avere dei bambini suoi a cui regalare le proprie cure, anche se ben sa che ci sono altri problemi che dovrebbe affrontare prima di poter assaporare tale gioia. Un marito, un matrimonio, sicurezza, cose che attualmente ella non ha e non può permettersi.
Dunque continua a ballare e regalare fiori ai bambini che glielo permettono, concordando con ciò che scrisse Dante Alighieri, i bambini e i fiori sono ciò che ci restano del Paradiso.

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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ BACKSTORY

Ma qualcuno ti ha mai voluta? È questa la risposta che un bambino una volta le ha posto. Non si è arrabbiata, non avrebbe potuto, perché del resto anche lei fin troppe volte si era posta quel quesito. No, sapeva bene che la madre non l'aveva mai voluta e che la notte passata con il misterioso padre era stato soltanto frutto di un errore della gioventù. Lei per la donna era un errore della gioventù, lei e il fratello lo erano.
Gemma, la madre, era solo una diciottenne quando concepì i due gemelli che si sono rivelati una terribile maledizione, almeno per ciò che ella pensa. Non li ha mai voluti, se fosse stata per lei avrebbe ricorso a qualche metodo di bottega per abortire, del resto a nessuno sarebbe importato. A chi mai potrebbe importare il destino di due bambini nati da una relazione di una notte, per di più con uno zingaro.
Uno zingaro, ciò è tutto quello che Febe sa del padre biologico, un uomo che proveniva dalle terre orientali e, che secondo l'opinione del fratello, doveva avere origini sinti visto il colore olivastro della loro pelle. Lui li ha mai voluti? Sa di avere due figli? Domande, sempre domande senza risposta che si accalvavano nella vita della bambina che veniva cresciuta come serva in casa dei propri genitori, appioppata come cagnolino da compagnia alla viziata sorellastra.

«Mi fai male, idiota!» strillò Artemisia mentre la bambina alle sue spalle cercava di replicare l'elaborata acconciatura che la sorellastra le aveva descritto. Non sapeva dove l'aveva vista, ma ogni ordine della sua padrona era legge per lei.
«Perdonami.» mormorò la piccola Febe, i grandi occhioni non si alzarono neanche dalla lunga chioma bionda della sorellastra. Aveva un anno in meno di lei, eppure sembrava avere in sé la bellezza di una donna adulta con quei lunghi boccoli seducenti. Da quanto ne sapeva Baldassarre stava già preparando un matrimonio per il suo futuro.
Prese una retina di perle e la posò tra quei fili biondi, infilando le mani nella chioma dorata. Quella marea d'oro scorse tra le dita callose della bambina come pura acqua, portandola ad emettere un sospiro desideroso. Come le sarebbe piaciuto avere capelli di quel colore.
«Non toccarmeli troppo o me li insudici.» sbottò Artemisia, portando la sorellastra ad alzare lo sguardo su di lei. Occhi azzurri che si scontrarono con quelli quasi neri di Febe. Sembravano inespressivi, fin troppo seri per essere gli occhi di una bambina.
«E non fissarmi, hai due occhi diaboli-»
La bambina seduta di fronte alla toeletta non riuscì a finire la frase che un violento strattone alla chioma bionda le fece emettere uno strillo.
Si alzò di scatto, picchiando il fianco contro la dura superficie di legno di fronte a lei, urlò di nuovo.
Febe quasi si sentì in colpa nel provare un sinistro piacere all'udire quelle urla confuse, se le meritava, la odiosa sorellastra se le meritava tutte. Le vennero in mente tutte le volte in cui l'aveva derisa, trattata come un animale, una volta le aveva messo un guinzaglio e portata in giro per Arezzo come se fosse un animale esotico. Una volta le aveva fatto fare da poggiapiedi per una sua amichetta. Una volta si era divertita a punzecchiarla per tutto un pomeriggio con uno spillo.
Con gli occhi lucidi afferrò le forbici da sarta che portava a tracolla nella sua sacca degli oggetti e con l'altra mano agguantò una ciocca di capelli di Artemisia. La bambina continuava a strillare, cercando di fuggire ed emettendo versi simili a quello di un maiale al macello.
Un colpo di forbici e poi un altro, un altro ancora e via così finché la porta non venne spalancata e Febe gettata di lato di malo modo. Artemisia piangeva, i capelli biondi tagliati giacevano a terra e, nonostante la bambina fosse incolume, si era presa un bello spavento. Anche Febe piangeva, ma nessuno si curò delle sue lacrime mentre veniva malamente presa per un polso e sbattuta contro un muro, mentre uno schiaffo la colpiva in pieno volto.

Eppure c'era qualcuno a cui di Febe importava, qualcuno che non la vedeva solamente come un peso o come un obbligo. Monsignor Tarvini, allora vescovo di Arezzo.
L'uomo, nato da una famiglia di colte origini, era in buon rapporti con i Morati. Era una fortuna che, nel periodo in cui si scoprì della gravidanza di Gemma, l'uomo si trovasse nella città.
Fu lui che impedì alla donna di abortire, sostenendo che non aveva il diritto di mettere fine a quella vita che, seppur sconsideratamente, aveva creato. Il nonno materno di Febe lo appoggiò, più che per buon cuore che per soggezione, portando Gemma alla fine della gravidanza quasi a forza.
Fu sempre Monsignor Tarvini che battezzò Febe e Noah, diventando il padrino di entrambi. Insegnò ai due i valori della religione e della cultura, prendendoli sotto alla sua ala come protetti. Si può pensare un puro gesto di carità nato dal nulla, ma inizialmente era solo un modo per l'uomo di liberarsi la coscienza. Ognuno del resto ha i propri peccati da espiare in terra, ma questa è un'altra storia.
Fatto sta che egli accompagnò i due per tutta la loro infanzia, aiutandoli ad imparare a leggere e controllando che avessero un tetto sopra la testa e del cibo, anche se neppure lui poteva costringere gli abitanti di casa Farelli a trattarli come esseri umani.
Tra i due non poté evitare di affezionarsi maggiormente a Febe, rendendola la sua prediletta. Ella era più curiosa e piena di vita del fratello, una bambina nei cui occhi scuri leggeva un futuro brillante. Le insegnò le preghiere in latino e la lingua italiana, presentandole anche persone che avrebbero potuto affiancarla nella sua vita. La portava con sé in giro per il centro Italia, usando la scusa di volere un'inserviente, mentre in realtà fomentava solo la cultura della giovane.

«Perché una bottega?» domandò la bambina dai grandi occhi scuri - definiti diabolici - mentre percorreva la stradina ciottolata insieme al vescovo che le teneva la mano.
«Devo farti conoscere un amico, sono sicura che andrete d'accordo.» rispose placidamente Monsignor Tarvini, la profonda voce priva di accento le infondeva sempre un senso di fiducia.
«Un altro vescovo?» domandò la bambina, curiosa, le stavano simpatici i vescovi.
Inaspettatamente il suo accompagnatore rise, era raro vederlo ridere o sorridere e questo stupì non poco la piccola Febe.
«È appena uscito di cella Febe, non direi che si potrebbe definire un uomo di chiesa.»
Immaginatevi la sorpresa di Febe quando, un poco impaurita da quella prefazione, si trovò semplicemente davanti ad un ragazzo che avrà avuto una decina di anni più di lei. Sembrava innocuo e anche abbastanza carino, frugava in una cesta e quando vide il vescovo e la bambina saltò in piedi con le braccia spalancate.
«Zio!» esclamò dando una pacca così forte sulle spalle di Monsignor Tarvini che Febe pensò l'uomo sarebbe caduto. «Da quanto tempo vecchio volpone, sei ingrassato o sbaglio?»
Quel vortice di parole non sembrava fermarsi mentre i due si scambiavano parole nel dialetto che la bambina ancora faticava a comprendere bene.
Erano zio e nipote, fino a lì c'era, e a quanto pare quel ragazzo di nome Jacopo era appena tornato a gestire la bottega del padre, uscito fresco fresco di galera per un furto. Non gli piaceva.
«E tu, nini, chi saresti?»

Nini. Jacopo è l'unica persona che dopo ben dieci anni la chiama ancora con il soprannome affettuoso che le diede in quella occasione, piccolina.
Raramente chiama l'amica come il nome di Febe.
Per la ragazza Jacopo è stata contemporaneamente una benedizione e una maledizione. Di certo Monsignor Tarvini si pentì di aver fatto conoscere i due quando la piccola Febe iniziò ad apprendere dal nipote tutto ciò che non era consono per una buona giovane. Principalmente si trattava di rubare, un'attività ritenuta futile e non necessaria per Febe, con cui però sia lei che Jacopo si divertivano non poco. Il bracciale di quella signora, le biglie di quei bambini, la mela a quel banchetto.
Furti e risate, pomeriggi passati nascosti a spartirsi il bottino mentre Monsignor Tarvini cercava il nipote e la protetta per riempirli di inutili ramanzine.
Jacopo e Febe sono sostanzialmente complici in tutto, amici inseparabili nonostante la sostanziale differenza d'età. Febe lo chiama Casanova per tutte le sue conquiste e Jacopo la chiama santarellina per il suo respingere i rari sposimanti, il punzecchiarsi e scherzare è alla base del loro rapporto. Alcuni pensano che i due abbiano una relazione, ma alla sola insinuazione i due scoppiano a ridere, elencando gli innumerevoli difetti reciproci per cui, piuttosto di una relazione, compierebbero un omicidio. In realtà si adorano, sono come fratello e sorella e questa era il vero obiettivo di Monsignor Tarvini: far sì che Febe avesse un'altra figura d'appoggio nel mondo.

«Lasciatemi entrare.» urlò la ragazzina, gli occhi colmi di lacrime mente batteva sul petto della guardia che la tratteneva. «Vi prego, devo vederlo.»
Quello doveva essere un incubo, non poteva accadere, non era giusto.
«Tiziano, lasciala passare.» fu il debole ordine che ricevette dall'interno, la porta appena socchiusa che lasciava a malapena filtrare quelle parole sussurrate.
Non aspettò neanche che la guardia aprisse la porta, scivolò via dalle sue braccia come una saetta ed entrò nella stanza come un tornado di lacrime.
Monsignor Tarvini era lì, più pallido che mai in quella stanza solitaria mentre una misera candela gli illuminava il volto. Noah non aveva voluto entrare, diceva che non ce l'avrebbe fatta, Jacopo era da qualche parte nel Nord Italia, sembrava che tutti l'avessero abbandonato. Non Febe.
Si inginocchiò al lato del letto, gli occhi ricolmi di lacrime mentre la mano tremante cercava quella di colui che per lei era stato come un padre.
«Perché non me ne avete parlato?» mormorò tra i singhiozzi. «L'avremmo affrontata insieme, avrei pregato...»
Venne zittita da una debole carezza che le si posò sulla guancia, portando via le lacrime che le imbrattavano il volto.
«Sarebbe stato inutile, Febe. Così doveva essere.» mormorò l'uomo che non avrebbe mai dato il peso di quella malattia addosso ad una bambina. Addosso ad una figlia.
«Non è giusto.» singhiozzò lei, nascondendo il volto tra le mani, il suo cuore si stava spezzando e l'unica persona che l'aveva sempre fermato dal rompersi si stava spegnendo.
«Non è mai giusto questo mondo.» mormorò in tono calmo l'uomo sul letto di morte, gli occhi stanchi la osservavano. «Con te non è mai stato giusto, non è mai stato buono.»
«Ma voi lo siete stato.» ribatté la giovane in tono disperato, afferrandogli di nuovo la mano. «Avrebbe potuto morire mia madre e il mondo non avrebbe perso nulla di buono!»
Non le giunse risposta se non un'altra carezza sul capo scompiglio e un'occhiata colma di affetto. Era fiero di lei, glielo avrebbe voluto dire, ma a volte le parole sono più difficili dei gesti da esprimere.
«Va bene così, figlia mia, va bene così.»
Rimasero in silenzio per qualche minuto, solo i singhiozzi di lei e il respiro rantolante di lui a riempire l'aria.
«Leggimi qualcosa.» le sussurrò l'uomo, gli occhi semichiusi sull'orlo del sonno. Gli piaceva sentirla leggere, quando si esercitava nella lettura lo facevano sempre.
Febe si alzò, il passo tremante e gli occhi lucidi mentre si avvicinava alla grande libreria. Era un incubo quello, senza dubbio. Senza pensarci afferrò il massiccio volume del Paradiso di Dante Alighieri per poi tornare accanto a Monsignor Tarvini e sedersi sul bordo del letto. Lui annuì in segno di approvazione mentre ella iniziava a leggere.
«La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra-» fece una pausa per asciugarsi le ultime lacrime che lasciavano spazio ad un'espressione di desolazione. «-e risplende
in una parte più e meno altrove.»
Una mano dell'uomo posata in quella di Febe e lo sguardo rivolto al cielo, chissà se Dio li stava osservando in quel momento.
«Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende.»

A soli tredici anni Monsignor Tarvini la abbandonò. Febe seppe solo questo, non era appassionata di scienze e medicine, non le interessò nemmeno capire come si chiamava la malattia che glielo aveva strappato, sapeva solo che lui non c'era più.
Il dolore la colpì ancora più duramente rispetto a Noah o Jacopo.
A casa Farelli le cose peggiorarono, non solo perché ella non svolgeva più le proprie mansioni con voglia, ma anche perché, senza la supervisione di Monsignor Tarvini, non erano rare le volte in cui la giovane si prendeva bastonate sulle costole. Non c'era più nulla che la obbligasse a restarci, eppure sembrava che da quando poteva essere maltrattata senza che nessuno dicesse nulla sia Gemma che Artemisia la volevano sempre con loro per bistrattarla.
Fu ciò a farla decidere di fuggire di casa. Iniziò a tentare pochi mesi dopo la morte di Monsignor Tarvini, venendo spesso recuperata e punita con bastonate per il suo comportamento da serva negligente.
Fu Jacopo ad aiutarla la volta in cui ebbe successo, ignorando le proteste del fratello che, a sua detta, si trovava fin troppo bene nelle stalle della famiglia Farelli circondato da cavalli. Non cercò però di fermare la sorella, se lui aveva a che fare con bestie mansuete Febe aveva sempre dovuto vedersela con mostruose bestie.
Quando fuggì si unì ad una carovana di zingari. Ironico, vero? Fu sempre Jacopo con una buona quantità di oro a convincere gli abitanti della carovana a farla salire, da lì in poi la ragazzina avrebbe dovuto cavarsela da sola.
Divenne una malvista zingara proprio come il presunto padre, imparando dalle ballerine i movimenti per cui sembrava avere un'incredibile predisposizione. Con queste carovane gira gran parte del centro della penisola italiana fermandosi nelle più grandi piazze per dare spettacolo come dei veri circensi.
Così ella tira avanti, lavorando come danzatrice e vivendo in una carovana con altre ragazze, vivendo di elemosina e tornando periodicamente ad Arezzo dove si riunisce con Jacopo - che comunque ogni tanto la segue nei suoi peregrinaggi da buon vero amico o, più che altro, da spalla per furti in varie città - e il fratello.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ CURIOSITÀ

- 𝓶𝓸𝓭𝓮𝓵𝓵𝓪
Si scostò una ciocca di capelli scuri dal volto mentre scendeva di corsa i gradini che portavano dal porticato della chiesa alla piazza. Era in ritardo, di nuovo. Solitamente lei stessa non sopportava le persone ritardatarie, ma non era in suo potere riaggustare la ruota della carovana che si era guastata, bloccando l'intero viaggio degli zingari da Arezzo a Firenze. L'avrebbe sgridata, già lo sapeva, le sue strigliate proprio non le sopportava, forse perché le ricordavano molto quelle del Vescovo. La gonna stretta in una mano, il volto arrossato e il petto che si muoveva velocemente, in quelle condizioni non sembrava per niente una modella, ma Michelangelo si sarebbe accontentato.
Attraversò la piazza come un fulmine, rischiando di travolgere un banchetto ambulante e beccandosi dei rimproveri in fiorentino. Non lo capiva sempre quel dialetto, ma era sicura che fossero parole non troppo gentili.
Arrivata al porticato che precedeva lo studio dell'artista si fermò, riassettandosi velocemente il corsetto e il capelli scompigliati prima di entrare. Ignorò gli sguardi delle persone all'interno, nessuno le disse nulla, nonostante fosse abbstanza sicura che quei committenti fermi al bancone della bottega avessero un'aria più che stupita.
Percorse il corridoietto che ben conosceva, svoltò a destra e salì a due a due la rampa di scale. Quando spalancò la porta non si stupì nel vedere Michelangelo già seduto alla propria postazione che, con lentezza metodica, riponeva i propri strumenti su un piano. Non alzò nemmeno lo sguardo su di lei.
-Perdonatemi.- esclamò Febe superandolo a passo svelto e salutandolo con una piccola riverenza, l'occhiata omicida che le rivolse non la spaventò. Era risaputo per il suo brutto carattere.
-Siediti, mi fai perdere fin troppo tempo.- borbottò l'uomo nel suo ben conosciuto tono burbero.
La giovane annuì celando un sorrisetto, stranamente più obbediente del solito, mentre si lasciava cadere nel modo più composto possibile sulla poltroncina color smeraldo.

Da circa un anno Febe fa da modella a Michelangelo. Esatto, proprio il pittore. Può sembrare strano che una ragazza di un ceto sociale così basso, con la pelle color dell'ebano poi, potesse posare per un grande maestro, eppure.
Fu lui ad approcciarla la prima volta, apostrofandola dopo che ella cercò di sfilargli un sacchetto di monete dalle tasche. Non l'avrebbe denunciata, ma ad un solo patto, ovvero in cambio alla posa per un quadro.
Si può immaginare quanto Febe fu sorpresa e, in parte, timorosa di quella proposta che non sembrava del tutto innocente. Fu sorprendente scoprire che effettivamente l'uomo non aveva alcuna brutta intenzione, ma che i lineamenti lineari della giovane rispecchiavano alla perfezione l'idea che egli aveva per una rappresentazione.
Per le prime volte posò gratuitamente, quasi ripagando l'uomo di quel tentato furto, ma dopo qualche visita per Febe diventò quasi una vera e propria professione.
Michelangelo, proprio come Caravaggio, aveva l'abitudine di usare donne di ranghi minori come modelle, ma ciò creò meno scandalo rispetto al secondo dei due.
Febe solitamente posa per dei volti, i lineamenti rigidi ma femminili sono alquanto graditi, soprattutto per degli studi. Raramente ha posato nuda, troppo magra per risultare bella negli standard rinascimentali, ma le poche volte che lo ha fatto, paragonata nelle posizioni sensuali a Venere, non vi è mai stato nulla di erotico. Sia ringraziato il Cielo che di pudore Febe non ne ha mai avuto troppo.
Tra lei e Michelangelo c'è un rapporto strano, sembra una specie di divertente sopportazione "tirata", fatta di racconti di vita quotidiana - soprattutto da parte della giovane - e di ammonimenti - da parte di Michelangelo quando ella si fa troppo trasportare dal momento, spostandosi dalla posizione prefissata.

-Ed è incredibile come una persona possa essere così appiccicosa!- esclamò la giovane punzecchiando la base del pesante cappello con due dita. -Un giorno lo butterò in un canale quel ragazzo, se non voglio un vestito non deve cercare di ricattarmi con...-
-Febe.-
-Perdonatemi.- mormorò la giovane, ruchiudendo la bocca e abbassando il capo, rendendosi conto solo dopo l'ammonimento di essersi spostata troppo dalla posizione originale mentre parlava.
Solo la matita che viaggiava veloce sul foglio faceva da sfondo a quel momento. Solo due figure nella stanza: l'uomo di mezza età completamente concentrato sul foglio e la ragazza che era ferma in posa da ormai diversi minuti.
Quel giorno dovevano disegnare un semplice profilo, nulla di complicato e dunque anche abbastanza semplice anche per Febe. Nulla a che fare con le terribili ore in cui doveva stare immobile per un qualche quadro. Beh, era successo solo una volta, ma era stato lo stesso tremendamente noioso.
Passò qualche minuto nel silenzio prima che l'artista alzasse di nuovo gli occhi su di lei, una scintilla curiosa negli occhi mentre un leggero sorriso sarcastico gli aleggiava sul volto.
-E con cosa ti ricatta quindi questo Neri?-
Febe allargò leggermente il sorriso che aleggiava sulle sue labbra, un'intesa strana la loro, ma pur sempre un'intesa.


- 𝓫𝓾𝓻𝓪𝓽𝓽𝓲𝓷𝓲
Uno dei suoi compiti quando la carovana si ferma in qualche città è quello di fare la burattinaia. Alla fine si può pensare che ella sia un po' una tuttofare, passa dalla danzatrice alla lanciatrice di coltelli alla burattinaia anche in poche ore. Di certo non può mai dire di annoiarsi o di non avere nulla da fare.
Il compito della burattinaia però le piace particolarmente, forse perché è quello che le permette maggiormente di stare a contatto con i bambini. Sì, ha una vera passione per giocare con loro e farli divertire con vocione strane e gesti. Nascondersi dietro ad un palchetto di legno può sembrare in realtà poco piacevole, soprattutto nelle calde giornate estive quando il sole batte imperterrito, senza curarsi della ragazzina che, mezza appoggiata alla struttura lignea, muove quelle strane marionette che tanto le piacciono. A volte usa burattini di stoffa che le avvolgono le braccia, altre ancora le marionette mosse tramite fili. Queste sono più difficili da utilizzare, ma le piacciono un sacco. Soprattutto quando con queste, dopo gli spettacoli, passeggia tra i bambini muovendole come piccole personcine. È comprensibile come molte persone le possano trovare inquietanti, ma a lei piacciono e, soprattutto, divertono.

- 𝓭𝓪𝓷𝔃𝓪𝓽𝓻𝓲𝓬𝓮
Il suo compito principale alla carovana è però quello della danzatrice. La si può spesso vedere volteggiare nella folla con il proprio velo stretto tra le mani mentre ondeggia come un'incantatrice. Ha imparato a ballare dalle altre danzatrici del grande gruppo, diventando parte di loro e, per la sua permanenza in essa, dormendo anche in una delle loro carovane. Si può dire che sia questo il suo compito principale, danzare a piedi scalzi tra la folla, volteggiando con un grande sorriso sul volto tra uomini, donne e bambini. Le piace ballare e saltellare a ritmo di musica e alle persone piace guardarla. Le sue movenze sembrano spesso ipnotiche, giocose, tanto delicate quanto sinuose e non esserne catturati con lo sguardo è difficile. Spesso queste danze sono accompagnate da acrobazie un po' più complicate. Ruote, salti su palchetti di legno, movimenti più acrobatici che sembrano i predecessori dei danzatori circensi. È raro vederla ferma quando la musica suona, non è una persona statica e tra tamburelli e battiti di mani per ella volteggiare è una piacevole abitudine. A volte con le altre ragazze della carovana fa dei balli di gruppo, in cerchio, tenendosi per mano o a braccetto, in lampi di seta volteggiante.

- 𝓯𝓮𝓭𝓮
Febe è molto credente, anche se questo, per molte persone, potrebbe essere una sorpresa enorme. Nell'idea dell'epoca le popolazioni del medio oriente dovevano avere per forza degli strani culti, erano stranieri, facevano - a volte tutt'ora fanno - paura, non era strano per gli uomini rinascimentali pensare che i loro fossero strani culti legati al sangue o a sacrifici di bambini. Non è affatto così, ovviamente, ma ben poche persone arriverebbero a pensare che Febe, mezza sindi, sia così fedele alla religione cattolica. Ciò è avvenuto grazie a Monsignor Tarvini, colui a cui ella deve anche la maggior parte della sua educazione e, dunque, anche la parte religiosa di essa. Sa tutte le preghiere in latino, conosce i proverbi e i comandamenti a memoria e ha fissati anche alcuni concetti teologici che la maggior parte della gente comune non avrebbe potuto sapere. Ogni domenica attende messa, più o meno. Nonostante la giovane si presentasse puntualmente con un velo a coprirle il capo e con la maggior parte della pelle nascosta si era creato una sorta di malcontento nei suoi confronti. Non aspettò di essere indicata come strega e gettata al rogo, decise semplicemente di ascoltare la celebrazione dall'uscio, seduta sui gradini in una posizione di raccoglimento. Quando il vescovo era ancora vivo le cose erano diverse, certo, la gente parlava, ma nessuno avrebbe mai osato cacciarla da una chiesa solo perché ella voleva assistere alle celebrazioni. Ormai è abituata, ma non incolpa le persone comuni per quelle stupide convinzioni. Sono nate con quelle stampate in testa e spera che, prima o poi, vengano cavate fuori. Ma per il momento non può fare molto, limitandosi a professare la religione che ama in silenzio. Un rosario in mano, il capo chino, la fede che persiste.
La fede per lei è sempre stata una sicurezza, forse perché con l'ambiente religioso è cresciuta fin da sempre. Monsignor Tarvini era un uomo molto sveglio per l'epoca in cui viveva, le sue idee si sarebbero potute definire rivoluzionarie. Da lui Febe imparò molte cose sulla religione che le persone dell'epoca comprendevano in modo sbagliato: quelle messe al rogo non erano streghe ma povere sventurate e, quando si poteva, era giusto aiutarle; spesso la Chiesa è corrotta e bastano le preghiere per la redenzione di un'anima, pagare tributi monetari è inutile; non è detto che un uomo di chiesa sia santo perché è un uomo di chiesa, bisogna sempre porre attenzione a chi si ha davanti. E la lista è infinita.

- 𝓵𝓪𝓭𝓻𝓪 𝓭𝓲 𝓵𝓲𝓫𝓻𝓲
Non rubare. Non era forse un comandamento? Divertente come questo sia per Febe, sotto a diversi punti di vista, una contraddizione. Ella ruba, ruba in piazza, ruba nelle case, spesso ruba anche libri. Sa leggere, è vero, ma avere questa capacità non vuol dire automaticamente avere la possibilità di leggere, soprattutto perché all'epoca i libri costavano ancora enormemente e non tutti potevano permetterseli. Non è raro dunque che Febe, approfittando di un furto notturno, si infili in qualche biblioteca privata e scelga dagli scaffali più dimenticati un paio di libri. Li porta con sé e li legge, se possibile cerca anche alle persone delle carovane di far imparare qualcosa, ben sa come saper leggere correttamente possa aiutare le persone a cavarsi da molti pasticci. Ma, purtroppo, non può tenete tutti i libri che sottrae con sé. Sarebbero troppi e occuperebbero troppo spazio nella carovana dove ella dorme, probabilmente le sue compagne si lamenterebbero quasi subito. Dunque, solitamente, dopo averli letti li riporta al loro solito padrone. Non è nulla di troppo complicato, la lunga fila di carovane compie spesso lo stesso tragitto e la giovane può approfittarne per riporre al loro posto i manoscritti sottratti.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ CONOSCENZE

Le persone più importanti nella vita di Febe sono attualmente due: Jacopo e il fratello Noah. Una è deceduta ormai da quasi due anni, Monsignor Tarvini, il vescovo che per la giovane è stato la figura più simile ad un padre che la giovane abbia mai avuto.
Del loro rapporto abbiamo già parlato, egli è stata forse la persona con la maggior influenza in tutta la vita della giovane. Allo stesso momento è sempre stato lui a introdurle Jacopo, facendolo diventare quasi il suo successore nell'arduo compito di farle da guida.
In realtà il rapporto con Jacopo è molto diverso da quello che c'era tra Febe e il vescovo, in parte perché essendo la giovane non più una bambina una guida non è più strettamente necessaria nella sua vita. Jacopo può dirsi più il suo socio, insieme sono la mente e il braccio dei furti che compiono. Sono affini in strane maniere molto più giocose, insieme scherzano e bevono, si prendono in giro più spesso del necessario e vivono un'amicizia molto libera e informale.
Il fratello Noah è, comprensibilmente, una delle parti più importanti della sua vita. Metà della sua anima, metà del suo cuore. Lui è nato esattamente otto minuti prima di lei - cosa che scherzosamente le ricorda ogni volta che può. Febe non passa mai troppo tempo senza andare a trovarlo nella residenza dei Farelli, lui è probabilmente l'unico motivo che la rende davvero legata alla Toscana che in realtà non ha mai sentito come casa. Ma attenzione a non farlo sapere a Jacopo, ne sarebbe geloso.

[ da aggiornare...]

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↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ PENSIERI

Dire con precisione cosa pensa Febe di tutta la storia dei Guardiani di Firenze è alquanto complicato. Ciò perché, in parte, neanche lei sa esattamente perché sia stata scelta per far parte di questo strano gruppo che le sembra un'accozzaglia di persone pescate un po' a caso tra vari gruppi sociali. Alcuni di loro li conoscono, le voci girano, e non può che pensare che sia buffo come siano stati scelti sia personaggi dai ranghi più elevati che coloro da ranghi più bassi. Lei, per esempio.
Non è ben sicura del fatto che il Papa l'abbia scelta di persona, anche perché come avrebbe mai saputo della sua esistenza? Ha quasi il dubbio che in ciò sia centrato Monsignor Tarvini prima della morte, l'uomo del resto ha sempre parlato di lei cercando di metterla in buona luce con le altre persone per garantirle un alone di protezione, ma non avrebbe mai pensato che lui potesse nominarla anche al Papa. Oppure potrebbe aver combinato qualcosa di troppo grande e il tutto è solo una trappola per sbatterla al rogo una volta per tutte, quando per la prima volta le venne recata quella strana comunicazione pensò quasi di dare qualcosa in testa al valletto e scappare. Una zingara al servizio del Papa. Sembrava la trama di qualche racconto popolare a sfondo erotico.

Fu il fratello a convincerla che quella era un'occasione d'oro, il caro Noah, sempre convinto che in qualche modo sarebbe riuscito a togliere la sorella dalla strada. Potresti cambiare professione, aveva affermato il giovane, non avresti più bisogno di rubare o ballare tra certi marpioni.
Peccato che a lei ballare e rubare piace. Non sa neanche se resterà dentro a questi cosiddetti giustizieri, non le è mai piaciuto far parte di strani e grandi gruppi, è quasi scontato che lo faccia solo per il denaro e non per qualche estremo senso di giustizia.
Le fa strano pensare che dovrebbero diventare qualcosa di simile a degli eroi medievali, non si vedrebbe ad andare in giro a rincorrere banditi. Ovvio, se c'è una rissa ella non si tirerebbe indietro, ma c'è una bella differenza da combattere con un pugnale per difendere sé stessi e combattere per difendere un'intera città.

Mi renderai fiero, più di quanto già non lo sia, le disse Monsignor Tarvini sul letto di morte. Probabilmente è per questo che ella non ha rifiutato, quasi sentendosi in obbligo di compiere qualcosa di grande, di adempiere ad una muta promessa. Non le importa particolarmente di Firenze o dei suoi abitanti, nonostante ne ammiri la cultura. Essendo praticamente sempre in viaggio con la carovana ha visto la città molte volte, spera solo che una Repubblica, concetto che le sembra una strana baggianata, non rovini il patrimonio culturale. Non sa per quanto tempo dovrebbe rimanere a Firenze, sa che il fratello approva la sua decisione, Jacopo un po' di meno. Poco male, i due si sono già accordati per trovarsi qualche volta nella grande città e organizzare qualche furto. A Firenze non hanno mai compiuto furti importanti e, se ella deve stabilirsi in un luogo per un periodo di tempo indeterminato, si può essere certi che cercherà di trarne maggiori vantaggi possibili.

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ ABBIGLIAMENTO

«Nini, sei pronta?»
Non rispose. Era la terza volta chiedeva in cinque minuti e probabilmente, se avesse detto qualcosa, gli avrebbe urlato dietro.
Si voltò verso lo specchio mentre controllava che la camicia rientrasse alla perfezione all'interno della gonna scarlatta. Era un abito così diverso da quelli che indossava quotidianamente, ancora non ci era abituata. Strinse il corsetto, trattenendo il fiato mentre le stecche le aderivano ai fianchi. Perlomeno la rendeva più formosa, dando un senso al busto che sembrava una specie di rettangolo.
Si può dire che quella fosse la sua divisa per quando effettuava gli spettacoli tra le carovane, un po' come il lasciapassare che la differenziava dalla folla. Aveva scelto lei stessa come abbinare quella gonna nera e ampia che le sfiorava le caviglie insieme ad un secondo strato rosso e ad una camicia bianca, due pezzi separati che sembravano più ispirati ad un abbigliamento maschile che femminile. Solitamente non si vestiva così. Al contrario di molte giovani danzatrici che mantenevano gli abiti del loro Paese d'origine, ella indossava abiti tipici del rinascimento italiano.
Lanciò uno sguardo all'abito color ocra posato su una sedia lì vicino, le maniche lunghe e la gonna che sfiorava il terreno. Distrattamente si avvicinò e lo prese tra le mani toccando la stoffa non molto pregiata, come del resto quella di quasi tutti i suoi abiti. Non che non avesse la possibilità di acquistare qualcosa di pregiato, semplicemente avrebbe attirato troppo l'attenzione. Il tessuto sembrava quasi brillare di una luce propria sotto ai riflessi del sole che filtrava dalle finestre aperte, una muta carezza a quella pesante stoffa. Lo riappoggiò sulla sedia con cura, attenta a non stropicciarlo, pensando che lo avrebbe rimesso il giorno seguente. Si spostò dalla sedia e infilò sotto al letto il paio di stivaletti consunti che ormai erano inventati suoi fidati compagni, non le sarebbero serviti, preferiva danzare a piedi scalzi. La massa di quegli stivali produsse un leggero tonfo a contatto con la valigia che si trovava al di sotto del letto, quello che forse era il suo completo preferito. Nessuno, tranne Jacopo, l'aveva vista con quello addosso, erano gli abiti che utilizzava quando si infiltrava nelle case. Un paio di vecchi pantaloni del gemello che le arrivavano al calcagno, un mantello tagliuzzato che la copriva fino alla vita - di solito lo fissava con una corda in modo che non le svolazzasse intorno - e un vecchio foulard con cui si copriva capo e volto. Il suo piccolo tesoro.
«Febe, se ho acconsentito ad accompagnarti...» Jacopo si bloccò sulla porta facendo schioccare la lingua in quello che doveva essere un verso di approvazione. «Sei diventata una vera donna, sono così fiero di te.»
Si asciugò una finta lacrima dall'occhio, ottenendo solo uno sguardo di biasimo da Febe.
«Mi hai visto centinaia di volte vestita così.» ribatté mentre si portava il leggero scialle nero alle spalle e lo fissava con un nodo. Era meglio comunque non esagerare e, dove possibile, tenersi almeno coperte.
Il suo amico sbuffò, passandole una mano intorno al fianco e trascinandola verso l'uscita.
«Volevo solo essere gentile, Nini, ma se proprio la mettiamo così sei orribile.» sbottò con tono ironico, punzecchiandole una guancia con due dita. Febe non poté che ridacchiare a quel gesto che l'uomo ripeteva da quando era praticamente una bambina.
«Ora andiamo su, sei già in ritardo.»

↳ ੈ‧₊˚ ┊͙ PLAYLIST

𝙨𝙪𝙜𝙖𝙧 - robin schulz

She got cherry lips, angel eyes
She knows exactly how to tantalize
She's out to get you, danger by design
Cold-blooded vixen,
she don't compromise. ❞

◥✥◤

𝙣𝙤 𝙡𝙞𝙚 - sean paul & dua lipa

It's so hypnotic, the way you move
That's why I wanted to get to you
And I would not lie, complain to you
Move so hypnotic.❞

◥✥◤

𝙘𝙞𝙧𝙘𝙪𝙨 - britney spears

I feel the adrenaline moving
through my veins
I'm like a performer,
the dance floor is my stage
Better be ready,
hope that you feel the same.❞

◥✥◤

𝙖𝙣𝙤𝙩𝙝𝙚𝙧 𝙤𝙣𝙚 𝙗𝙞𝙩𝙚𝙨 𝙩𝙝𝙚 𝙙𝙪𝙨𝙩 - queen

And another one gone
and another one gone
Another one bites the dust
Hey I'm gonna get you too
Another one bites the dust. ❞

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AMBRA's space

Et voilà, finita anche Febe. Ci ho messo un sacco di tempo, ma onestamente sono soddisfatta, mi piace un sacco come è uscita e wow, è raro che sia totalmente soddisfatta da qualcosa.

A voi come sembra? Vi piace?

Spero vada bene, per ogni cosa ditemi pure <3

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