Capitolo 48

Oggi.

Matt
È appurato che non sono portato per l'insegnamento. Ecco perché, quando ho avuto la possibilità di scegliere il mio mestiere, l'insegnante è stata la prima cosa che ho scartato. Da tre ore esattamente, sto cercando di spiegare a Conny - in termini pratici - come si calcolano i ratei e i risconti. Ad un certo punto mi è sorto un dubbio, magari è lei che non capisce, ma poi ho visto quanto impegno ha messo in quello che ha fatto e a quanto sia frustrata per non aver ancora raggiunto il suo obbiettivo. Una cosa devo riconoscergliela però, Conny è davvero tenace. Non lo credevo possibile, in realtà. Nella maggior parte dei casi, le ragazze della sua età sono così superficiali che fanno passare la voglia di avere a che fare con loro. Inoltre, è anche una tipa abbastanza sveglia.

«Matt, concentrati, per favore» sbotta dopo un po', sbuffando.

«Scusami».

«Hai la testa da un'altra parte».

Ha ragione. In realtà, è da un po' di tempo che ho la testa altrove. Non ci vuole la scala per arrivare a capire chi occupa la maggior parte dei miei pensieri. Giorno e notte, per essere precisi, Veronica sembra sempre presente e ancor più dopo Portland. Ho cercato di avvicinarla nuovamente ma sembra davvero che abbia innalzato le barriere ancora di più. Come se non bastasse, al muro di cemento armato ha aggiunto del filo spinato per completare l'opera. E quello che più non tollero è la mia scarsa capacità di buttare giù quel muro.

Mi riscuoto dai miei pensieri e guardo Conny che, a sua volta, sta osservando me.

«Hai avuto una brutta giornata?» chiede. «Se vuoi, per questa sera, mi arrangio da sola. Sono già le undici e mezzo».

«No, finiamo e la prossima settimana... ». Non faccio in tempo a terminare la frase che vengo interrotto dallo squillo del mio cellulare. «Scusa un attimo».
Quando raggiungo il ripiano della cucina, dove l'avevo lasciato, leggo subito il nome di Veronica e la cosa mi stranisce immediatamente. Quindi, non perdo ulteriore tempo e rispondo subito. «Veronica?».

«Matt» farfuglia. In sottofondo sento della musica e uno strano rumore che somiglia tanto ad acqua che scorre.

«Dove sei?» chiedo.

«Mattew aiutami».

Vengo improvvisamente assalito da uno strano senso di agitazione. In primo luogo perché Veronica sembra essere spaventata quando pronuncia Mattew, e poi quella richiesta di aiuto mi manda letteralmente nel panico.

«Stai male? Cosa è successo? Dove sei, Veronica?» chiedo, iniziando a cercare le chiavi dell'auto e attirando anche l'attenzione di Conny che chiede spiegazioni con lo sguardo.

«Sono... sono al Blue Smoke» dice. E se non sbaglio, sento i suoi denti che battono. «Fuori. E sento freddo, Matt».

«Cazzo, ma sta piovendo a dirotto!».

«Lo so» si affretta a dire. «Ho bisogno che tu venga a prendermi».

«Certo. Sarò lì tra dieci minuti. Non ti muovere» le ordino. Metto giù e raggiungendo la camera da letto, afferro la prima coperta che trovo nell'armadio e mi catapulto verso la porta.

«È successo qualcosa?» chiede Conny.

«Sì. Veronica, la mia segretaria, credo che sia nei guai. Devo andarla a prendere».

«Okay. Prendo tutto e vado a casa».

«Non devi andartene» mi affretto a dire, vedendo la sua espressione delusa. «Ascoltami, potresti farmi un favore? Potresti mettere su un po' di acqua calda? Io arrivo tra pochi minuti».

Conny annuisce, la ringrazio e mi affretto ad uscire.

Quando raggiungo Veronica, mi fa quasi male vederla in quelle condizioni. È seduta sul marciapiede davanti al locale, bagnata fradicia, con i capelli attaccati al viso, le ginocchia strette al petto che trema visibilmente. Ha gli occhi rossi ,iniettati di sangue, come se avesse pianto. È così piccola e indifesa...
La avvolgo così nella coperta e, nel prenderla in braccio, le sfioro la fronte con la bocca.

«Sei congelata» dico.

Porto Veronica in macchina e la faccio sdraiare sui sedili posteriori e, quando parto, metto la stufa a massimo per rendere l'ambiente più caldo possibile, in modo tale che si riscaldi in fretta. Sarei tentato di portarla in ospedale, ma credo che si opporrebbe, quindi faccio prima a chiederglielo, ma lei, come da previsione, rifiuta. Fuori ci saranno due gradi e avrebbe davvero potuto succederle qualcosa. Ma cosa le salta in mente? Starsene sotto la pioggia incessante quando a quest'ora avrebbe dovuto essere a casa. O almeno, in un luogo chiuso, al riparo dalla pioggia e dal freddo tagliente di Dicembre.

Quando siamo sotto il mio palazzo, apro la portiera per riprenderla tra le mie braccia, ma Veronica scuote la testa.

«No, ce la faccio» si limita a dire, per poi fissarmi dritto negli occhi. «Grazie, Matt. Sei sempre così gentile con me» sussurra, accarezzandomi una guancia. Senza riuscire a fermarmi, le afferro la mano e la appoggio sulle mie labbra. La tengo un po' lì e poi gliela bacio, incastrando i nostri occhi in un momento che sembra infinito.

«Andiamo. Conny sta facendo il tè» dico, intrecciando poi le nostre dita, trascinandola sotto i balconi del mio palazzo per ripararla da quella sottile pioggia insistente.

Veronica me lo lascia fare ma, prima di salire a casa mia, si ferma.

«Non è necessario, Matt. Hai già fatto abbastanza. Scusami se ho rovinato i tuoi piani del giovedì. Se avessi riflettuto, c'avrei pensato due volte prima di chiamarti. Scusami davvero se ti ho disturbato» blatera.

«Non mi hai disturbato nulla e soprattutto non hai rovinato nulla. Adesso saliamo».

Veronica
Sono grata a Matt per tutto, ma non volevo salire perché sapevo che già da lui c'era un'altra. Conny. La stessa ragazza con cui mi sono "scontrata" sul pianerottolo quella mattina e che adesso mi sta guardando con ostilità. Di certo, non volevo interrompere nulla. Rabbrividisco al pensiero di cosa faccia lei, ancora a quest'ora della sera in casa di Matt e, da quanto ho capito, è qui da tutta la sera. Un po' mi infastidisce (mi infastidisce parecchio ad essere onesti), ma Matt l'ha sempre definita una semplice amica, quindi non credo che debba temerla o avercela con lei. Anche perché, dopo avermi lanciato parecchie occhiatacce, si è precipitata nel suo appartamento per prendere dei vestiti asciutti da prestarmi.

«La vasca è pronta» mi annuncia Matt. «L'accappatoio è accanto alla porta e se ti serve altro fammelo sapere».

Lo ringrazio di nuovo e raggiungo il bagno. La vasca è enorme e piena di schiuma che profuma di ciliegia. Strano, ma non avrei mai pensato che a Matt piacessero i saponi fruttati.
Quando mi tolgo tutti i vestiti, mi immergo nell'acqua calda e lascio che riscaldi ogni centimetro del mio corpo. Chiudo gli occhi, rilassandomi e realizzando che se non ci fosse stato Matt forse a quest'ora sarei morta di ipotermia. Penso anche che ha lasciato tutto, senza pensarci su due volte e si è precipitato da me. Qualcosa vorrà pur dire, no? Tutto il suo insistere nel chiedere cosa mi sia successo, non è solo curiosità, è interesse. Matt ha sempre dimostrato di essere interessato, fin dall'inizio, quando continuava a fare battutine, a scherzare o quando ha cercato e affittato un appartamento per me, senza prima chiedere, ma facendolo e basta. Quello è stato un giorno speciale, perché ha riacceso in me la speranza che forse la mia vita potesse avere un lieto fine. Episodi come quello, o come quello di questa sera, mi fanno sperare che forse non sono finita del tutto. Ma sapere che Igor è libero e mi sta cercando, annienta tutti i castelli di menzogne che ho costruito e fino ad ora e mi hanno aiutata a proteggermi, facendomi credere che sono al sicuro. Ma la verità è che sono un morto che cammina, una persona stanca di lottare, una persona che andrebbe da Igor di propria spontanea volontà e metterebbe fine all' inferno che è la propria vita.

Quando butto indietro la testa per immergerla in acqua, apro gli occhi e per poco non annego in quegli stessi centimetri. Inizio ad urlare e ad agitarmi finché Matt non mi solleva per un braccio e si scansa prima che possa colpirlo.

«Ma sei impazzito?! Sono nuda!» urlo, cercando nascondermi tra le bollicine e non far "scappare" la schiuma che circonda il mio corpo.

«Scusa» si affretta a dire, alzando le mani in segno di resa. «Ti ho solo portato i vestiti. Pensavo ti fossi accorta che ero entrato».

«Non ti ho sentito e mi stavi osservando, non ti sei solo limitato a "portarmi i vestiti"» ribatto, facendogli il verso. «Adesso, per favore, puoi uscire? Devo vestirmi» chiedo gentile, cercando di recuperare la calma.

«Okay, bocconcino. Comunque, se ti fa sentire più tranquilla, non ho visto nulla».

«E mai succederà!» ribatto, mentre si affretta a raggiungere la porta.

«Fossi in te non ne sarei tanto sicura». E prima di chiudersi la porta alle spalle, mi fa un occhiolino che mi fa avvampare fino alla punta dei capelli.

***

«Dove è andata la tua amica Conny?» esordisco, sedendomi al suo fianco, quando raggiungo Matt in salotto.

«A casa sua. Domani ha le lezioni da seguire».

Annuisco, senza chiedere nulla, ma evidentemente Matt sente l'esigenza di spiegare. «Siamo solo amici, Veronica. Ho visto come l'hai guardata, poco fa».

«Non l'ho guardata in nessun modo. È stata lei» taglio corto, mettendo il broncio e le braccia conserte. «Anzi, ringraziala da parte mia per questi» dico, riferendomi ai vestiti.

«Comunque era qui solo perché mi ha chiesto aiuto con una materia del mio campo e le stavo dando una mano».

«Comunque non te l'ho chiesto».

Lo sento sbruffare e lasciare ricadere la testa indietro. «Con te è sempre tutto difficile».

«Non è vero». Ma so che è vero e che ha ragione, quindi per farlo ammorbidire un po' mi allungo nella sua direzione, invadendo di proposito il suo spazio personale e lo chiamo, sussurrando al suo orecchio. «Matt?».

«Mmmh?» mugugna continuando a tenere gli occhi chiusi.

«Apri gli occhi».

Quando lo fa, realizzo che forse mi sono avvicinata troppo, ritrovandomi a sfiorare la sua guancia con la mia bocca, quindi mi ritraggo un po', il tanto che basta per non perdere la lucidità in sua presenza.

«Grazie per questa sera. Sei sempre pronto ad aiutarmi».

«Vorrei poter fare di più, se me lo permettessi. Veronica, io voglio aiutarti» dice, tirandosi su e prendendo il mio viso tra le sue mani. «Però ho bisogno che tu mi dica cosa ti succede. Cosa ti è successo. Me lo permetterai? Smetterai di tenermi fuori tutte le volte che te lo chiedo?».

«Matt» inizio, tirandomi indietro per liberare il viso. «Ci sono cose che non posso dirti».

«Ma perché?» chiede, come se non se lo potesse spiegare.

«Perché sono cose che appartengono al passato e non esistono più» dico. «Ma adesso non voglio parlarne. Possiamo andare a dormire?».

Solo mezzo secondo dopo mi rendo conto di aver dato per scontato che avremmo dormito insieme. Infatti, Matt mi guarda come se mi fosse spuntato un terzo occhio.

«Vuoi fermarti qui questa notte?».

Annuisco. «Se per te non è un problema» aggiungo subito dopo.

«Nonlo è».

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