Capitolo 28
Oggi.
Matt
Davvero non riesco a capire cosa ho detto di sbagliato. Stava andando tutto bene, no? Abbiamo corso, abbiamo scherzato, abbiamo mangiato e poi? Credo di essermi comportato in maniera normale. Le ho detto solo una frase - con sarcasmo - che avrebbe potuto offenderla, ma solitamente alle ragazze piace quando le chiamano bambine. Anche se avrei dovuto capirlo, Veronica ha sempre esternato un comportamento diverso dalla mie aspettative. Per questo mi sarei aspettato tutto, ma non vedere la sua espressione terrorizzata. Non voglio che abbia paura di me. È scappata letteralmente fuori dalla porta e se non fosse venuta Conny le avrei corso dietro. Quest'ultima, adesso, è seduta al mio tavolo a fare colazione tranquillamente.
«Chi era quella che è corsa fuori dal tuo appartamento?» chiede Conny, facendo finta che non gliene importi più di tanto.
«La mia segretaria».
«E come mai era qui così presto? Non l'avevo mai vista prima d'ora».
«Abita da qualche settimana nel palazzo di fronte. Siamo andati a fare jogging questa mattina e l'ho invitata a casa perché si è sentita male».
«Mmmh» mugugna, lasciando cadere il discorso.
Non so perché sento la necessità di dare spiegazioni a Conny, ma non voglio prenderla in giro. Soprattutto da quando so che non prova una semplice attrazione nei miei confronti. Inoltre, abbiamo legato un sacco nell'ultimo periodo e siamo usciti qualche volta insieme. Una sera mi ha portato in un locale dove servivano cibo vietnamita e poi mi ha portato al G Lounge¹. Giuro che avrei voluto sprofondare non appena siamo entrati. Lei si godeva la vista di «...uomini sexy, anche se sono gay» a detta sua e io cercavo di non incrociare quegli sguardi curiosi. Non ho nulla contro i gay, ma non lo sono e quella sera mi sono sentito fuori luogo. Conny ha scambiato il mio "imbarazzo" (anche se non è corretto nemmeno definirlo così) per nervosismo e continuava a ripetermi: «Rilassati, Matty. Conosci nuove persone e divertiti». E così ho fatto. Ho fatto conoscenza con due morettine che mi hanno avvicinato solo per attirare l'attenzione di Conny. Alla fine di quella serata, sono tornato a casa allegro perché, anche se ho pensato tutta la sera ad una ragazza in particolare, sono riuscito comunque a godermi la compagnia di tre splendide fanciulle.
«Ascolta, non sono venuta qui per riempirmi la pancia con il tuo cibo. Che, tra parentesi...» esordisce Conny, continuando a mangiare, «...è buonissimo. Ma ho bisogno del tuo aiuto e spero davvero che tu possa salvarmi».
«Certo. Se posso aiutarti».
«C'è questa materia, scienze delle finanze, in cui sono completamente negata. Quindi sono qui per chiederti se potresti darmi delle ripetizioni, dato che sei "del campo". So che probabilmente sarai impegnato tutto il giorno, quindi ho pensato che potremmo studiare quando vengo qui, ovvero tutti i giovedì dopo cena e magari possiamo inserire qualche ora nei fine settimana, visto che entrambi siamo liberi. Che ne pensi?».
«Penso che sei molto organizzata» rispondo, ridendo.
«Quindi mi aiuterai?» chiede speranzosa.
«Certo, Conny».
«Grazie, Matty» esulta, gettandomi le braccia al collo. «Sei il migliore amico che si possa avere. Mi hai salvata. Adesso scappo perché devo correre a lezione».
E anch'io scappo a prepararmi perché ho un lavoro che mi aspetta, ma non prima di essere passato da Veronica
Veronica
Per la fretta di scappare dall'appartamento di Matt, ho prestato poca attenzione a quella ragazza che, alle sette e trenta del mattino, si è presentata a casa sua. Mi ha chiesto chi cavolo ero io, ma perché, chi diavolo è lei? Che io sappia Matt non sta con nessuno, altrimenti non perderebbe tutto quel tempo con me. Per di più, lo avrei saputo sicuramente. In ufficio non viene a trovarlo mai nessuno e non l'ho visto impegnato al di fuori del lavoro, visto che quei momenti liberi che ha avuto li ha passati con me. Comunque, c'è questa figura femminile che spunta dal nulla e... forse sarà qualche amica. Scaccio i pensieri e mi catapulto sotto la doccia per lavare via il sudore della corsa e della mezza conversazione appena avuta con Matt. Non so perché ma mi ha parecchio disturbato il fatto che si sia accorto più volte delle mie "cadute". Sono cose che non ho mai mostrato a nessuno, nemmeno a lui, ma non so perché sembra non sfuggirgli nulla. Forse è un po' troppo attento e non è finita molto bene l'ultima volta che qualcuno lo è stato.
Quando esco dalla doccia, indosso l'accappatoio e, con un pettine, inizio a districare i miei lunghi capelli biondi. Sono l'unica cosa che ho voluto tenere della mia vecchia vita e, guardando attentamente il mio riflesso allo specchio, penso seriamente che potrei tagliarli molto corti o cambiare direttamente il colore. So che cambiando queste piccole cose non cambierò mai ciò che è stato, ma mi rincuora il fatto che, fuggire dalla realtà solo per un momento, mi fa riflettere su quanto sono stata fortunata ad aver avuto una seconda possibilità e soprattutto per essere ancora in vita.
Faccio per accendere il phon, quando il suono del campanello mi interrompe. All'inizio ho un brivido perché nessuno bussa mai alla mia porta, non a quest'ora, quindi ho paura di chi possa essere. Raggiungo la porta di soppiatto e guardo nello spioncino. Matt. Come diavolo ha fatto ad aprire il portone principale? Decido di non rispondere, ma continuo comunque a spiarlo. Per qualche strano caso mi piace guardarlo e mi piace l'idea che sia venuto fin qui, ma non voglio parlargli, soprattutto perché è risultato invadente e io non voglio ficcanaso nella mia vita. Osservo la sua figura insistente finché non esclama: «Veronica, apri. So che sei lì».
Non rispondo, ma lui non demorde.
«Sono il tuo capo. Apri questa porta».
«Ma per favore!» esclamò sarcastica, tappandomi la bocca con le mani, subito dopo.
«Lo sapevo che eri lì» esclama soddisfatto, con il sorriso stampato in faccia. «Apri, su».
«Maledizione» impreco a bassa voce.
«Guarda che ti sento».
«Cazzo».
«Ho sentito anche quello. Dai, aprimi la porta».
«Non puoi entrare, Matt. Perché...» inizio, cercando una scusa credibile.
«Sentiamo. Perché..?».
«Perché sono nuda». Che poi, riflettendoci, sono davvero nuda.
«E allora?».
Ma come "E allora?"? «Dici sul serio?» chiedo, accigliata. «Credi sul serio che ti aprirò adesso?».
Vedo Matt sbuffare sonoramente e prendersi l'attaccatura del naso. «Senti» inizia, quasi senza voglia di continuare questo battibecco. «Non mi va di parlarti da dietro questa porta. Sono venuto per chiederti scusa».
Al suono di quelle parole, apro un po' l'uscio, nascondendo mezzo corpo e attirando l'attenzione di Matt.
«Non sei nuda» dice con disapprovazione, ma allo stesso tempo giocoso.
«Ti dispiace?».
«Un po' sì» ammette, facendomi l'occhiolino. Arrossisco leggermente, ma cerco di non darlo a vedere, lasciando cadere alcune ciocche di capelli sulle guance.
«Posso entrare?» chiede esitante.
Annuisco e gli apro la porta per lasciarlo passare. Noto che è già pronto per il lavoro, impeccabile come sempre con i suoi completi eleganti. Lo guardo un po' per bene prima di guardarlo negli occhi.
«Scusa per prima. Forse mi sono spinto un po' oltre i limiti del... consentito? Non dovevo fare domande su cose che non mi riguardano. Non succederà più».
«No, infatti...».
Anche perché non glielo permetterò più. Chiarita la situazione saremo amici come prima, anzi, non proprio amici amici, ma persone con un rapporto non troppo stretto, ecco.
«Allora, cosa devo fare per farmi perdonare?» chiede Matt, facendosi sempre più vicino e facendomi arretrare.
«Nulla. Ti ho già perdonato. Anzi, non c'è nulla da perdonare. Abbiamo avuto solo un fraintendimento. Sono cose che capitano mente si parla con una persona, no?».
Perché. Cazzo. Balletto. Come. Un'imbecille?
Matt, divertito dal mio sproloquio, alza le mani in segno di resa, ma continua a prendersi gioco di me, ridendo.
«Non avanzo più se non vuoi che mi avvicini».
«Allora sta' al tuo posto» gli intimo, puntandogli un dito contro.
«Come vuoi. Sul serio è tutto a posto, tra noi?».
«Sì, Matt, lo è».
«E, sul serio non vuoi che faccia qualcosa per farmi perdonare?».
Scuoto la testa e aspetto che se ne vada perché, dopotutto, credo che ci siamo già detti tutto.
«Okay, allora vado al lavoro. Ti lascio ai tuoi preparativi. Anche tu devi andare al lavoro, no?».
«Già».
Dopo un minuto di silenzio che sembra infinito, e Matt che sembra coi piedi piantati nel mio pavimento, guardandomi malizioso dice: «Posso sembrare fuori luogo, ma devo dirtelo. Bocconcino, hai davvero delle belle gambe».
«Questa è una cosa molto fuori luogo da dire ad una tua dipendente. Ne sei consapevole, Jefferson?».
«Per questo te l'ho detto fuori dall'ufficio, Eaton, per farlo sembrare più opportuno. E comunque, neanche il tuo abbigliamento è molto "elegante". Non dovresti mostrarti al tuo capo così» afferma, indicandomi.
«Con la differenza che questa è casa mia, sono le otto del mattino e non sono venuta io a cercarti» ribatto.
«Esatto. Quindi vestiti come vuoi. O non vestirti proprio. Magari qualche giorno ti troverò sul serio senza nulla addosso».
Sorrido alla sua battuta, perché nel suo tono c'è tutto, tranne che una traccia di malizia. Forse fa così per alleggerire l'atmosfera, per distogliere l'attenzione dagli argomenti "più spinosi". E io gliene sono grata. Ho imparato che Matt è così, ciò che ha in mente ha in bocca e mi piace il suo modo di fare. Adoro che faccia di tutto per risollevarmi su il morale. Una volta mi ha detto che non rido mai e mi sono resa conto che è vero.
Ma ho ricominciato a farlo, ed è solo grazie a lui e all'allegria che ha portato nella mia vita.
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¹G Lounge, gay pub di New York.
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