𝐹𝒪𝒪𝐿𝒮 (𝑚𝑦𝑔)




➽─────── ❛ perché solo gli 𝒔𝒄𝒊𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊 si precipitano. ❜







I'll give you all I have

And nothing less, I promise

Love me and don't look back

I want you with me on this road to the sky

We'll be shining every night, I promise you

Just me and you

Oh, I promise you

Intro - Ariana Grande



«Sbrigati, Chongeun! Oggi è un giorno importante.»

Chongeun non si mosse, anzi, si girò dall'altra parte. Si portò dietro le coperte e finse di dormire quando Joohyun sapeva benissimo che l'avesse sentita forte e chiaro.

Percepì le lenzuola spostarsi scivolando tra le gambe fino alle caviglie. Arricciò le dita alle carezze del venticello invernale sui piedi e sbuffò rassegnata all'idea che la coinquilina dai capelli rosa non l'avrebbe fatta dormire fino a tardi nemmeno il giorno di riposo.

A malavoglia si tirò su. La luce che filtrava dalle tapparelle, seppure fossero solo le sette del mattino, la costrinse a tenere un occhio chiuso. L'altro scrutò l'amica pronta dalla testa ai piedi. Stringeva fra le mani una confezione rigida e rossa dalla forma rotonda.

Biscotti, pensò. Biscotti colorati di ogni gusto che sfornava prima di un nuovo inizio come porta fortuna.

Sbuffò ancora una volta. Forse lo sapeva, forse no, ma da quando avevano ricevuto la notizia che Min Yoongi sarebbe uscito dal carcere per passare alla libertà vigilata, Joohyun non pensava ad altro, entusiasta di potersi occupare di un ragazzo che fino ad allora incontrava dietro le sbarre.

Era come se non si rendesse conto di quanto fosse coinvolta. Joohyun era brava, preparata, professionale che la rendeva una perfetta assistente sociale, ma con Yoongi era diverso, come se in lui vedesse qualcosa che non riusciva a capire.

Una notte, a luci spente, prima di addormentarsi con il suono della pioggia a rendere meno silenziosa la città di Daegu, Joohyun camminò in punta di piedi fino al letto e si sdraiò accanto a lei, confidandole la convinzione che Yoongi non fosse il mostro di cui tutti parlavano.

«Si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.»

«Ha ucciso un uomo, Joo» Chongeun sussurrò. Puntò gli occhi sul soffitto bianco illuminato dalle luci dei lampioni e il cuore aumentò i battiti al ricordo del giudice che, durante il processo, descrisse la freddezza dell'imputato nello sferrare il colpo fatale.

«Legittima difesa» Joohyun si affrettò a rispondere «quell'uomo stava facendo del male a suo fratello»

«E come lo sai?»

«L'ho visto. Ho visto il fratello fuori dal carcere. Urlava al cellulare, diceva che fosse colpa sua e che non si sarebbe arreso fino a che non avesse trovato una soluzione.»

«Ci credi?»

«Si. Voglio farlo. Dopotutto, hanno appena riaperto il suo caso, no? Hanno trovato la ragazza.»

Le mani di Joo premettero sul cuscino. Si alzò sulle ginocchia e per un secondo rimase immobile.

Poi di scatto lasciò che le piante dei piedi toccassero di nuovo il pavimento freddo e fece un lento giro su sé stessa che scompigliò i capelli.

«Ci sono delle cose che non sappiamo e la verità verrà a galla prima o poi. Vedi che avevo ragione? Yoongi non è un mostro ed è mio dovere da assistente sociale aiutarlo a ricominciare a vivere. La libertà vigilata è un grande punto di partenza. Sono passati due anni. Ha bisogno di noi. Ha bisogno di me.»


Il giorno della scarcerazione di Yoongi, Chongeun sbadigliava davanti alla tazza del caffè. Resistette dal tirare un pugno in faccia alla collega che, invece, non stava più nella pelle. Girava intorno al tavolo come un cagnolino alla ricerca di una buona anima che gli desse da mangiare e rischiò di versare la bevanda bollente sul tappeto appena lavato perché impegnata a riepilogare la lista di cose da fare.

«Appena lo porteranno a casa gli consegnerò i biscotti, poi gli racconterò del lavoro che svolgerà durante la settimana. Si tratta della stessa azienda di pulizie, la Fix and Clean, dove lavorava Seo Ah, te lo ricordi?»

Chongeun tremò come se un fiocco di neve fosse entrato dalla finestra e le avesse accarezzato la schiena.

«Come posso dimenticarmi dello spaventoso orso barbuto...»

Joohyun sorrise. Bevve il caffè tutto d'un sorso e mise la tazza nella lavastoviglie.

«Dai, non dire così! Non era un orso e nemmeno spaventoso. Ha scontato la sua pena ed ora è uno stimato pasticcere a nord di Daegu. è stato lui a dirmi che fare questi biscotti porta fortuna.»

«Cos'hanno di speciale? Sono solo biscotti colorati.»

Joohyun fece segno di no con il capo. «Non è vero. Non sono solo biscotti.»

Ne prese uno. Un tondo, spesso, biscotto verde al pistacchio che non rimase intatto per più di due secondi. «Pensaci un po'» disse a bocca piena «da quando li faccio accadono solo cose belle. Vogliamo parlare della proposta di matrimonio che tua sorella ha ricevuto settimana scorsa? L'aspettava da anni ed è arrivata! Finalmente lascerà questo appartamento tutto per noi. E poi, poi...ah ecco! hai vinto il biglietto per andare a vedere Rain dal vivo. A chi capita? A nessuno! Sono stati i biscotti, ne sono sicura.»

Chongeun annuì giusto perché convincere l'amica sarebbe solo stato uno spreco di fiato. La vide infilare le mani nella borsa per controllare di avere tutto, addentare una fetta biscottata alla marmellata di albicocca che sbriciolò per tutto il salotto e saltellare fino alla porta d'entrata, dove la salutò sventolando una mano.

Ecco. Sapeva che sarebbe andata a finire così. Joohyun non sapeva aspettare e, per non farlo mentre mandava giù gli ultimi chicchi di riso, le disse «Non sei obbligata a venire.»

«Ormai sono sveglia» bofonchiò a bocca piena abbastanza infastidita. «Mi faccio una doccia e ti raggiungo ovunque tu sia.»

Joohyun infilò gli stivali più caldi che possedeva insieme all'immancabile berrettino fucsia che la trasformava in una big babol. Chongeun non si azzardò a dire nulla. Più le diceva che fosse orribile, più si ostinava ad indossarlo.

«Comunque, ho scoperto che l'azienda di pulizie lavora anche nel complesso di condomini dove abita, quindi chiederò al suo datore di lavoro di iniziare da lì così si abitua alla nuova routine. Meglio riprendere con calma.»

La coinquilina prese un bel respiro e scosse piano la testa. Le unghie blu picchiettarono sulla tazza senza seguire un ritmo preciso.

«Quindi hai deciso di occuparti di lui? Lo hai preso proprio a cuore?»

Joohyun non ci pensò due volte. Strinse le spalle e nascose mento e labbra sotto la sciarpa pesante. L'inverno era pungente quell'anno e non poteva permettersi l'ennesima influenza che l'avrebbe fatta andare fuori di testa dopo una settimana chiusa in casa.

«Si. Voglio farlo io.»

A quel punto, Chongeun la guardò. Aveva negli occhi verdi quel luccichio di preoccupazione che fece scaldare il cuore della ragazza.

«Mi raccomando, sii professionale. Se non è in casa negli orari prestabiliti, se rompe il braccialetto, se succede qualsiasi cosa, non fare finta di nulla solo perché sei molto presa. Non nego che sia affascinante, soprattutto ora che si è fatto crescere i capelli, ma non ci cascare.»

Joohyun ridacchiò. Fece girare la chiave nella serratura ed afferrò la maniglia.

«Ma cosa stai dicendo. è il mio lavoro, non un passatempo. Non ti preoccupare»

La salutò un'ultima volta.

«Ho lasciato una teglia di biscotti in forno. Mangiane qualcuno, poi chiamami se vinci qualcos'altro.»

«Un viaggio alle Hawaii?» Chongeun incrociò le dita pregando di poter partire per un posto caldo.

«Perché no. In un resort a cinque stelle!»

«Yah, Joo! Non farmi illudere. Queste cose accadono solo nei film!»

«Sognare fa bene, Choo. Non dimenticarlo mai.»


Conobbe Yoongi al compimento del secondo anno di prigione. Avevano entrambi ventisei anni, lei una laurea e un'esperienza lavorativa a Seoul, lui fresco di livido sull'occhio destro che prendeva a calci la sedia su cui doveva sedersi.

Mishil, la psicologa che si prese cura di lei durante il periodo di inserimento nel nuovo lavoro, la mise in allerta, dicendole di non sforzarsi troppo perché tanto il ragazzo non sarebbe uscito molto presto. Le disse anche di non insistere. Yoongi non avrebbe mai risposto a nessuna domanda, quindi il loro incontro sarebbe durato meno del previsto.

«Non vorrei essere troppo dura, ma purtroppo capita che per alcune persone non ci sia via d'uscita.»

Joohyun aveva corrugato le sopracciglia. Come poteva una psicologa dire quelle cose? Come poteva arrendersi di fronte a un ragazzo così giovane che stava per passare tutta la vita chiuso in gabbia?

Non si arrabbiò più di tanto. Arrivò ben presto alla conclusione che fosse lei ad essere la stramba con la convinzione di voler vedere del bene in ogni persona. Tuttavia, non poteva farci niente. L'idea di seguire individui privati delle gioie della vita, seppur colpevoli di gravi crimini, le faceva stringere il cuore. Cosa scattava nella loro testa? Perché avevano deciso di non vivere?

Il primo incontro con Yoongi in prigione durò come sospettato. Il ragazzo, rasato e con la tuta arancione sporca di sangue, non si preoccupò del rumore fastidioso della sedia che stridette dopo l'ultimo calcio. Si sedette e incrociò le braccia al petto. Una serie di tatuaggi coprivano completamente le braccia. L'attenzione di Joohyun si soffermò sull'unico colorato, una scritta rossa sbiadita. Un nome. Yong-Sun.

«Chi è?» la indicò con un cenno del capo.

Schiuse le labbra, ma Mishil la presentò al suo posto.

«Lei è Joohyun. Appena arrivata nel gruppo. Farà parte degli assistenti sociali.»

«Piacere di conoscerti, Yoongi» si chinò appena.

«Bei capelli. Sono naturali?»

Arricciò ciocche di capelli rosa fra le dita. Yoongi schioccò la lingua ed una risata riecheggiò per la stanza circondata da telecamere.

«Perché sei qui?» divenne serio.

La freddezza nello sguardo le congelò le ossa. Nascose le mani nelle maniche della giacca bianca e rispose ovvia. «Perché è il mio lavoro»

«Il tuo lavoro? Guardare la gente stare di merda è il tuo lavoro?»

L'aria fredda proveniente dagli occhi velati di tristezza la colpì in pieno viso. Le mani screpolate del detenuto erano appoggiate sul tavolo, gli occhi le scavavano l'anima, ma nonostante tutto Joohyun non ascoltò le parole di Mishil, la quale le suggerì di uscire, e lo fissò a sua volta, scorgendo dietro le pupille un cielo scuro privo di stelle che il carcerato, successivamente, raccontò a parole.

«Vattene a fanculo» vomitò insulti, così tanti che bloccò gli occhi sulle mani intrecciate, tranquillizzando se stessa dicendo che non ci fosse nulla di cui stupirsi. Non poteva aspettarsi che Yoongi l'accogliesse a braccia aperte o addirittura la ringraziasse per far parte di un percorso che l'avrebbe aiutato a non perdere il lume della ragione.

Non sarebbe stato affatto piacevole.

Ignorò la fastidiosa sensazione dentro stomaco. Yoongi non risparmiò nulla. La definì, senza nemmeno conoscerla, un'irritante ragazzina che giocava a fare la santa, ma che in realtà godeva a vedere persone come lui con il destino segnato ed il tempo che sembra solo una straziante attesa alla morte.

«Ne ho conosciute di ragazze come te. Mi strapperei il cervello a mani nude per dimenticarle.»

«Basta così» Mishil si alzò. L'afferrò per un braccio e fece un'occhiata di rimprovero al giovane che seguiva fin dall'inizio «ci rivediamo quando ti sarai calmato. Si può sapere che ti prende? Cosa ne è stato dell'autocontrollo del mese scorso? Cosa ti ha fatto?»

Yoongi distolse lo sguardo verso la parete sulla destra. Joohyun notò un sorrisetto appena visibile che non significava affatto felicità. Più rassegnazione.

«Non ha fatto un cazzo. Non si è mossa. Se fosse stato per lei sarebbe morto.»

Abbassò la voce mentre pronunciava le ultime parole che riuscì a sentire a malapena perché trascinata via dalla stanza spoglia.

«Non ci si può fidare di nessuno.»


Passati tre mesi, Joohyun poteva contare gli incontri con Yoongi con le dita d'una mano. Anzi, un dito.

Scoprì tramite colleghi che la psicologa avesse deciso di farlo seguire da Chongeun, un po' perché Yoongi fosse perennemente irascibile, un po' perché lei stessa non le aveva fatto una buona impressione.

«Diceva che ti ha visto un po' scossa l'ultima volta» le riferì la coinquilina la mattina dell'ultimo giorno d'estate.

«Scossa?» Joohyun ripetè con sopracciglio alzato «Non ero scossa. Mi prudevano le mani, quello sì, ma solo perché era il primo giorno di lavoro.»

Chongeun sospirò. Appoggiò la testa alla macchinetta del caffè e la frangetta che copriva la fronte si spostò tutta da una parte.

«Secondo me non è vero. Non ti ha spostato per questo. Sono sicura che sia stato Yoongi a non volerti più vedere.»

«Perchè? Avremmo sì e no parlato cinque minuti.»

«Perchè gli hai ricordato qualcuno.» l'assistente non riuscì a mordersi la lingua.

Fece un passo in avanti e piegò la schiena, come se volesse assicurarsi che occhi e orecchie indiscrete non ascoltassero il segreto che stava per rivelare alla collega.

Joohyun la guardò confusa. Si rese conto dall'orologio sulla parete che la pausa fosse finita da un pezzo, ma spinta dalla curiosità si avvicinò a sua volta, tanto da annusare il profumo fruttato del lucidalabbra che l'amica teneva sempre nelle tasche della giacca.

Chongeun si sfiorò le labbra indecisa su dove iniziare.

«Durante l'ultima visita, una settimana fa, Mishil ha portato un disegno. Era molto semplice, fatto senza particolare attenzione o impegno. Ha chiesto a Yoongi di parlarne e dalla sua reazione ho capito che l'autore fosse lui. Disse di non averlo mai visto prima, ma una cosa che non sa fare è mentire. Gli occhi lo tradiscono. L'ho visto contrarre le spalle e graffiare la nuca, ma nonostante sapesse di essere un pessimo bugiardo, non ha voluto parlarne. Ci ha semplicemente accusato di aver rovistato tra le sue cose e l'ha strappato in mille pezzettini.»

Chongeun prese un bel respiro. Joohyun, a sua volta, cominciò a preoccuparsi nel momento in cui le strinse entrambi i polsi e poi accarezzò il viso.

Senza troppi giri di parole, andrò dritta al punto. «Ha disegnato un volto. Quando l'ho visto, mi sono dovuta alzare perchè non volevo crederci.»

Lo sguardo di Joohyun di levò sull'amica che le stringeva le mani. Chongeun le guardava con occhi confusi. L'indice disegnava sui palmi facendole il solletico. Infine arricciò le dita e strinse forte.

«Joo, eri tu. Era uguale a te. Com'è possibile? Lo conosci?»

La ragazza dai capelli rosa spalancò gli occhi. Non aveva preso in considerazione questa opzione. Yoongi era stato molto duro con le parole quando l'aveva vista, ma mai avrebbe pensato che ci fosse sotto qualcosa. Pensava che facesse semplicemente parte di un accumulo di emozioni che l'avevano portato a scoppiare.

La sera stessa si mise a fare delle ricerche. Lesse un paio di articoli che spiegavano l'accaduto. Niente di nuovo rispetto ai fascicoli che Mishil le aveva consigliato di sfogliare prima dell'incontro.

Yoongi era in carcere per omicidio. Il quartiere più periferico di Daegu si era ingrigito dopo che il pavimento bianco del piccolo supermercato vicino all'autostrada si macchiò di sangue e morte.

Era entrato, un minuto prima, a comprare un pacchetto di sigarette e del pane. Il cassiere non aveva fatto in tempo a girarsi che uno sparo secco e deciso lo aveva portato a boccheggiare e percepire una bolla d'aria chiudere la gola.


Urla.

Richieste d'aiuto.

Due uomini a terra e una ragazza che piangeva con il viso rosso ed il mascara su guance e nocche.

Yoongi stringeva ancora la pistola.

Gli occhi sbarrati e il petto che faceva su e giù.

Poi il buio.


Lo shock del cassiere era troppo da sopportare.

Al risveglio, la chiazza di sangue era ancora tra la seconda e terza corsia.

Una coperta bianca copriva una persona su una barella.

La ragazza strillava sull'ambulanza.

Yoongi veniva spinto su una volante dei carabinieri.


«Perché l'ha fatto?» Joohyun pensò con il portatile sulle gambe «perché l'ha ucciso?»

Allargò la foto della ragazza la cui somiglianza la sorprese. «Ti ricordo lei? Ma chi è? E perché se fosse stato per lei, l'altro uomo sarebbe morto? Cosa ci nascondi, Min Yoongi?»


Passò un altro mese. Un mese di tentativi in cui Joohyun cercò in tutti i modi di persuadere la psicologa per farglielo rivedere.

Lo studio di Mishil profumava di ammorbidente. La psicologa spense la candela nell'esatto instante in cui aprì la porta.

Bagnò l'indice con la lingua e prese a sfogliare dei documenti mischiati sulla scrivania effetto legno.

Le chiese di passarle delle cartellette trasparenti.

«Se ne sta occupando Chongeun. Tu sei l'assistente di Becca. A proposito, come procede? è felice di uscire o ha ancora delle crisi?»

Joohyun si avvicinò alla finestra e guardò fuori il sole d'autunno splendere tra le nuvole.

«Sta bene.» rispose, ma non andò oltre. Si voltò e sollevò l'indice come per richiamare l'attenzione della psicologa.

«Però, tornando a Yoongi.. ho saputo del disegno e vorrei parlar-»

«Joohyun.» Mishil la bloccò subito. La confusione regnò sovrana non appena gli sguardi si incontrarono. «Non lo rivedrai. Lo sai anche tu. Se non si instaura un buon rapporto con il paziente non bisogna forzare niente. Yoongi ha più sintonia con Chongeun. Ha iniziato a parlarle, sai?»

Joohyun sbatté le ciglia non aspettandosi di rimanerci così male. 

Perché lei si e io no?

«E..e cosa le dice?»

La psicologa infilò la pila di documenti in un raccoglitore ad anelli la cui copertina indicava l'anno corrente. Un sorriso increspò le labbra rosse. Scosse la testa.

«Di tutto. Cosa ha mangiato, cosa ha fatto il giorno prima. Anche io sono molto sollevata. Finalmente è più tranquillo, ma è ancora nella fase buia in cui non risponde alle mie domande. In due anni mi avrà dato retta si e no un mese. Chongeun un po' meno, ma solo perchè la prendo in giro dicendole che ha fatto colpo.»

Joohyun si accorse di star stringendo i pugni solo quando uscirono all'aperto. Il sole di mezzogiorno riscaldò la pelle. Lo stomaco di Mishil brontolò, quello di Joohyun si rifiutò anche solo di accettare un chicco di riso.

La situazione le dava incredibilmente fastidio. Non poteva piacere a tutti, ma allo stesso tempo non poteva accettare il rifiuto di una seconda occasione. Il feeling con il paziente di cui Mishil tanto parlava sarebbe maturato con il tempo. Yoongi non la conosceva, non l'aveva mai incontrata prima. L'unico lato negativo era la somiglianza con una ragazza che non gli piaceva, ma se avesse avuto la sua seconda occasione gli avrebbe dimostrato di non essere poi così tanto terribile, anzi. Lo avrebbe aiutato, gli avrebbe fatto capire di non essere solo in quell'ambiente fatto di sbarre e tempo che non sembra non passare mai.

Tuttavia, Mishil era un osso duro e Chongeun, per quanto fosse disposta a passarle l'incarico, non poteva farlo altrimenti sarebbe finita nei guai.

Fino a che, dopo una notte passata in bagno a causa del vino scadente portato dalla sorella maggiore per festeggiare la proposta di matrimonio del fidanzato, Chongeun prese malattia, proprio il giorno in cui sarebbe dovuta andare dal detenuto.

Era la sua occasione.

All'arrivo della psicologa in carcere, il rumore dei tacchi che percorrevano le scale si placò all'improvviso.

«Che ci fai qui?»

Quasi provò a rimproverarla, ma Joohyun la raggiunse correndo e le stirò il camice con le mani con fare ruffiano.

«Chongeun non sta bene. Ci ha provato fino all'ultimo, ma arrivata alla porta ha vomitato. Non sapeva cosa fare, così le ho detto che l'avrei sostituita io oggi. Spero non sia un problema.»

Mishil abbassò sul naso gli spessi occhiali da vista dal cortorno nero. «Per me nessuno. Yoongi, però, non sarà contento. Sicura di voler entrare? Posso anche fare da sola.»

«NO!» Joohyung mise le mani avanti e spaventò la psicologa. Si schiarì la gola.

«Volevo dire... no. Entro con lei.»

Fece un sorriso a trentadue denti un po' alla Joker. Mishil la guardò perplessa.

«Ormai sono qui, no? Facciamolo così dopo possiamo andare a mangiare un gelato!»

«Sicura di non stare male anche tu?»

«P-perchè me lo chiedi?»

La psicologa scrollò le spalle. Poi la prese a braccetto e guidò fino alle stanze dedicate alle visite.

«Non so. Sei strana» rispose «E comunque, niente gelato. Sono intollerante al lattosio. Mi fa andare in bagno. Tante volte. Troppe.»


Mentre lo aspettavano, Joohyun si sentì per la prima volta in ansia. E se ripresentarsi fosse stato uno sbaglio? Con che faccia tosta poteva definirsi un'assistente sociale se pensava più al suo bene che a quello degli altri?

Al suono di passi che rimbombavano nelle orecchie con il passare dei secondi, chiuse gli occhi.

Che stupida.

Era lì solo perché detestava non piacere a qualcuno, ma ancora di più perchè spinta dalla curiosa di sapere chi fosse la ragazza che, la sera dell'omicidio, si trovava in quel supermercato teatro di sangue.

Era stata egoista, infantile, immatura.

Allo stridio della porta, sentì la pelle bruciare. Yoongi la stava bruciando. L'aveva guardata dritta in faccia e la mano aveva sbattuto sulla parete facendo scattare Mishil che gli indicò la sedia con sguardo di rimprovero.

«Cosa avevo detto?» sbottò Yoongi. «Non la voglio più vedere.»

Il cuore prese a battere in gola. Si era trasformata in una lastra di ghiaccio e più il detenuto si lamentava della sua presenza, più lei stringeva i pugni e non diceva niente, nemmeno quando il ragazzo pronunciò il suo nome e lei si mosse come colpita da una scarica elettrica.

«Lee Joohyun.» Yoongi rise a voce bassa «la studentessa modello che non ha mai fatto preoccupare i suoi dolci genitori. Becca mi ha parlato di te, sai? Ti ha definita la sua migliore amica. Quanto hai intenzione di far durare questa farsa?»

«Yoongi» Mishil cercò di zittirlo «smettila.»

L'uomo si lasciò andare sulla sedia. Spalancò le gambe. Mise una mano in mezzo e la mosse. Il fruscio lento sui pantaloni riecheggiò nella stanza vuota e rise alle reazioni completamente diverse delle donne che aveva davanti.

«Che c'è?» domandò a Mishil, la quale si coprì gli occhi con una mano mentre l'altra gesticolava per fermarlo. «Mi hai detto tu di contare fino a dieci per non incazzarmi. Solo che contare non mi basta. Devo toccarmi.»

«Min Yoongi!» la psicologa alzò la voce «stai esagerando! Contieniti!»

Il detenuto gettò il capo all'indietro. Spostò i capelli cresciuti con l'aiuto delle dita.

La ignorò.

Puntò gli occhi dal taglio felino sulla più giovane. Joohyun era ferma con il mento abbassato che gonfiava le guance per non rispondere alle provocazioni.

Toccò i denti con la lingua. Trovava la scena alquanto divertente.

«Che fai? Non mi guardi? Non dovresti pensare solo a me?»

Joohyun non rispose. La gamba destra dondolava veloce facendo tremare il piccolo tavolo e Mishil ci posò la mano sopra nel tentativo di calmarla.

Solo che Joohyun non riuscì a calmarsi. Il ronzio che usciva dalla bocca di Yoongi accumulò così tanta frustrazione che l'ultima risata la fece scoppiare.

Così si alzò. Le mani sui fianchi e una sensazione sgradevole sulla lingua come se degli aghi la stessero pungendo.

«Oh, ma vaffanculo

La frase fece schiudere la bocca ai due, solo che mentre Mishil era sorpresa, il sorriso di Yoongi si allargò.

Tolse la mano dai pantaloni per poggiare i gomiti sul tavolo ed incrociare le dita.

«Bene, bene, bene. La santarellina si sta agitando..»

«Non mi sto agitando!» Joohyun morse le labbra perchè l'eco provocato dal suo strillo fece ridere il ragazzo ancora più forte.

Yoongi appoggiò le mani sul tavolo e allungò il collo. Guardò l'assistente e cercò da solo il motivo per cui avesse gli occhi lucidi e le unghie conficcate nella carne dei palmi.

Non trovando nulla, sospirò e tornò al suo posto.

«Va bene» sollevò le spalle «dammi una ragione per cui dovrei ascoltarti.»

Joohyun in risposta indicò l'ambiente circostante. Si sedette e come un forte soffio di vento Yoongi venne travolto da un senso di colpa che però non riconobbe.

«Perché sono qui per te» spiegò «nessuno dovrebbe essere lasciato solo, nemmeno tu.»

«Meglio essere soli che circondati da persone di merda. E tu, mia cara, lo sei. Lo capisco anche se non ti conosco. Come si dice? Mai fidarsi delle apparenze. Sembri così buona, così dolce, ma io so chi sei veramente. Una stronza. Una stronza egoista che deve sparire dalla mia vista. Adesso!» 

Senza darle il tempo di realizzare, l'afferrò per la giacca facendole mancare il respiro.

Mishil si alzò di scattò. Li divise subito e con un gesto della mano disse ai poliziotti di turno di non preoccuparsi perché non era successo niente.

Joohyun riprese subito fiato. Yoongi schioccò la lingua. Avvicinò il pollice alle labbra e mordicchiò l'unghia. Lo sguardo fisso sulla porta dalla quale gli sbirri erano appena entrati per intervenire.

«C'è una cosa che non capisco» esclamò.

«Cosa?» chiese Joohyun con un filo di voce. Raddrizzò la schiena e si girò verso Mishil, la quale la guardò a sua volta con un un velo di tristezza negli occhi.

Per alcune persone non c'è via d'uscita.

«Non capisco perché proprio tu.»

Le orecchie presero a fischiare.

«Non capisco perchè sono obbligato a vivere l'incubo ogni giorno.» fece Yoongi. La fissava, dritto negli occhi, senza mai sbattere le palpebre «Non bastava la notte a terrorizzare la mente? Adesso mi tocca anche morire da sveglio?»

Joohyun sentì un brivido lungo la schiena. Schiuse le labbra per parlare, ma più di un rantolo non uscì altro.

Yoongi, allora, sorrise appena con un'espressione stanca.

«Sei uguale a lei.» confermò «A Deji. Era lì, a fianco a me, la notte più brutta della mia vita. Era lì e tutto ciò che è riuscita a fare è strillare e nascondersi. Che caso, eh? Fai di tutto per scappare dai macigni, ma questi macigni si ripresentano sempre.»

Una lacrima scivolò sulla guancia bollente di Joohyun. Quando Yoongi riprese a parlare, sussurrando con voce spezzata, decise che fosse abbastanza.

«Perché sei qui?» le chiese, come se davanti avesse un'altra persona. 

La ragazza del supermercato.

«Non ti basta avermi privato dell'essere uomo


Joohyun corse via piangendo.

Si sentì uno schifo.

«Aspetta!» la chiamò Mishil. Fra le mani una serie di documenti tutti sparsi che volarono via uno dopo l'altro.

«Joohyun, fermati!»

Lo fece. Si sedette sulla prima panchina libera per strada ed asciugò il viso bagnato prima che la psicologa prendesse le mani nelle sue.

«Scusa, scusa, scusa. Non sarei dovuta venire. Sono stata pessima. Yoongi ha ragione. Sono solo una stupida che non è per niente adatta a questo tipo di lavoro. C'ero rimasta male? Si. Mi dava fastidio? Si. Mi infastidiva non potere avere un dialogo con lui perché giudicata fin dal principio per un'assurda somiglianza. Mi infastidiva non provare ad aiutarlo. Mi infastidiva non provare ad abbattere il muro che mi aveva costruito davanti.»

Si voltò e Mishil le accarezzò il viso, scendendo poi al retro collo per stringerla in un abbraccio.

«Hai visto i suoi occhi vero?» Joohyun singhiozzò «Ho solo peggiorato le cose. Non mi farò più vedere, lo giuro.»

«Ma cosa stai dicendo? Sei perfetta per questo lavoro. Yoongi non si è mai aperto così tanto. Finalmente ha parlato di quella notte e anche se fa male, è sempre meglio buttare fuori tutto piuttosto che tenerselo dentro. Dobbiamo capire cosa è scattato nella sua testa quando ha sparato. Non arrenderti adesso, Joo. Abbiamo fatto un piccolo passo avanti. Vedrai che con il tempo riuscirai a guadagnare la sua fiducia. Forse la somiglianza con quella ragazza è un segno. Forse Yoongi riuscirà a salvarsi. Riuscirà a mettere insieme i tasselli mancanti del puzzle.»

All'ultima frase, Joohyun smise di piangere. Si allontanò dalle sue braccia e la guardò con sopracciglia aggrottate.

«Che intendi dire?»

Mishil, a quel punto, le consegnò un foglio. Indicò un nome.

«Deji. Ex moglie del fratello minore di Yoongi. L'hanno appena arrestata a Nord per aver tentato di lasciare il paese con i risparmi della donna anziana di cui si occupava. E vuoi saperne un'altra? Anche Yong-Sun, il fratello di Yoongi, ha bisogno di assistenza costante perché in sedia a rotelle e altri mille problemi. Guarda caso proprio il giorno dopo la notte del supermercato dovevano partire per un viaggio, ma guarda caso proprio Yong-Sun e l'uomo ucciso da Yoongi hanno litigato poco prima che Yoongi intervenisse. Coincidenze? Non credo proprio. Non ti sembra un po' strano?»

«Dici che Yoongi abbia sparato solo per legittima difesa?» Joohyun mormorò «Dici che Deji...»

Mishil scosse la testa. «Non lo so, ma come non sono più convinta io, nemmeno il giudice lo è. Vuole riaprire il suo caso. Ci sono troppi dubbi. Ciò che mi fa strano è.. perché Yoongi non parla e dice la verità? Se dicesse di aver sparato per difendere qualcuno ridurrebbero la pena. Lo potrebbero scarcerare.»

«Si sente in colpa» Joohyun arrivò a una possibile conclusione. «Anche se per legittima difesa ha interrotto una vita. Deve convivere con questo ricordo per sempre e non è per niente facile. Forse pensa che sia meglio per lui e la sua coscienza rimanere chiuso là dentro.»

Entrambe guardarono il carcere sotto la nuvola grossa e grigia che lo rendeva ancora più triste. Entrambe abbassarono lo sguardo su un uomo in sedia a rotelle, in lacrime, che strillava al telefono che fosse colpa sua e che non si sarebbe arreso fino a che non avesse trovato una soluzione.

Si guardarono.

Mishil sospirò. «Se non avessi studiato psicologia mi sarebbe piaciuto fare l'investigatrice» confessò con un sorriso «Ma la mente, questo grande punto interrogativo, mi affascina di più.»

Quando si alzò, tese una mano alla giovane dai capelli del colore dello zucchero filato.

Joohyun la prese e perdendosi nel mare degli occhi della psicologa, annuì capendo cosa le stesse chiedendo senza fiatare.

«Va bene. Proviamo a capirlo. Proviamo ad aiutarlo.»


Dicembre. Alla riapertura del caso Min, la volante della polizia era parcheggiata alle otto in punto sotto un palazzo marrone uguale agli altri sette della stessa altezza e numero di appartamenti. Per arrivare al quinto, dove i carabinieri si confrontavano su alcune questioni da sbrigare, Joohyun dovette attraversare il cortile interno, tanto sporco quanto ricoperto di neve e ghiaccio che la portarono a camminare con passi piccoli per non finire con il sedere a terra.

Il cielo era rimasto grigio. I raggi del sole provavano a lottare con la barriera fatta di nuvole gonfie d'acqua, ma erano troppo deboli per mostrarsi al mondo e riflettersi sui suoi occhi grandi ed emozionati.

Era passato un mese da quando Yoongi la guardò disperato credendo di essere destinato a vivere un incubo ogni giorno. Era passato un mese da quando capì che l'odio nei suoi confronti fosse solo il culmine di due anni passati a vedere il sole sorgere e tramontare senza cambiamenti.

Al suono dell'ascensore che si aprì al quinto piano, Joohyun strinse i biscotti e si presentò ai poliziotti, i quali la fecero accomodare nel piccolo salotto impolverato in cui Yoongi ascoltava con occhi chiusi le raccomandazioni di un agente. I capelli lunghi e scompigliati accarezzavano le spalle nude. La felpa nera era arrotolata ai piedi del divano grigio e la canotta dello stesso colore era macchiata di sudore all'altezza del petto.

«Ragazzo, non credere di poterla scampare così facilmente. Ti controlleremo. Vedi di non far pentire il giudice di questa decisione.»

L'uomo, dalle grosse sopracciglia e la fronte più alta che Joohyun avesse mai visto, si alzò nel momento in cui la vide arrivare.

Yoongi aprì gli occhi allo rumore della sedia. Sbatté piano le ciglia per abituarsi alla luce, poi si voltò.

Si pietrificò.

La figura sempre più nitida di Joohyun lo costrinse ad appoggiare una mano sul cuore, un cavallo sbizzarrito che galoppava sempre più veloce fino a fargli mancare il respiro.

«No» mise le mani fra i capelli. Scosse la testa e si nascose in camera da letto. I palmi appoggiati alla porta fredda scivolarono giù fino a che non si trovò con le ginocchia al petto.

Chiuse gli occhi. «No» provò a respirare e rimase chiuso lì dentro fino a che gli agenti non se ne andarono e rimase solo lei.

«Ti prego, vattene via.» sussurrò «vattene via.»


Si risvegliò quando il sole aranciato salutava la città di Daegu. Un movimento brusco fece scontrare il braccialetto elettronico sulla pelle della caviglia. Strinse i denti e, in un attimo di dimenticanza dell'accaduto, aprì la porta e camminò al salotto, dove sembrava che il tempo non fosse mai passato.

La chitarra era lì, così come tutti i suoi libri sulla musica. 

Libri che aveva acquistato seppure non potesse permettersi di realizzare alcun sogno.

Erano sempre stati soli. Lui e Yong-Sun. Contavano su l'un altro, seppure suo fratello avesse più bisogno di aiuto. L'incidente stradale che aveva portato via i suoi genitori gli avevano tagliato le gambe, così Yoongi si prendeva cura di lui, ventiquattr'ore su ventiquattro, tranne quando passava la notte in un magazzino che puzzava di fogna prima di mettere in moto il camion e guidare per ore con la luna a tenergli compagnia.

La chitarra era stato un regalo di Yong-Sun. Yoongi si era arrabbiato molto. Diceva che i soldi non dovessero essere spesi per certe cazzate, ma Yong-Sun gli urlò contro che per una volta avrebbe dovuto fermarsi e pensare a sé stesso.

«Suona. Scrivi le tue canzoni e canta al mondo. Ti ringrazierà.»

E così fece. Per un po' suonò nei giorni liberi nel centro città a pochi passi dal mercato. Spesso tornava a casa con qualche spicciolo e Yong-Sun spegneva la televisione e sorrideva fiero del suo fratellone.

Un pomeriggio, gli sorrise per un altro motivo. Aveva una novità.

«Ho conosciuto una persona.»

Yoongi aveva spalancato gli occhi. «Chi? Dove? In ospedale?»

«Sì. Mentre facevo i controlli. Si chiama Deji. Ed è bellissima.»

Bellissima. Anche lui lo pensò quando la incontrò per la prima volta. Nasino alla francese, occhi grandi e quell'allegria che illuminava suo fratello. Era di Seoul, ma non le piaceva più così stava dando un'occhiata ad alcuni appartamenti per potersi trasferire definitivamente a sud.

Quando Yong-Sun le propose di andare a vivere con loro, Deji accettò subito.

Yoongi storse il naso, non perché quella ragazza dolce e premurosa non gli piacesse, ma perché per anni erano sempre stati solo loro due e ci sarebbe voluto un po' per riabituarsi.

Tuttavia, l'arrivo di Deji fu come una ventata d'aria fresca. Ebbe molto tempo libero per riposarsi, scrivere e suonare. E finalmente poterono mangiare del cibo sano e non d'asporto o riscaldato perché nessuno dei due sapeva cucinare.

Il profumo di ravioli di prima mattina lo faceva svegliare felice. Ne mangiava cinque di fila e le guance si riempivano come uno scoiattolo con le ghiande.

Deji glieli preparava anche quando lavorava di notte. Diceva che fossero un ottimo snack per guidare con il sorriso.

Peccato che proprio lei, a distanza di anni, il sorriso glielo spense e così anche quello di suo fratello che dopo una brutta litigata fece le valige e si trovò un altro posto perché non lo voleva rivedere mai più.

«Avevo messo da parte sei milioni di won in questo cassetto chiuso a chiave. Dove cazzo sono finiti? Li ha presi lei? Deji?»

«Perchè?» Yong-Sun aveva risposto infastidito «Perchè credi li abbia presi lei?»

«Perchè entra sempre nella mia stanza e proprio ieri l'ho vista frugare tra le mie cose.»

«Forse perchè a differenza tua pulisce? Forse perchè non vuole più farci vivere in un porcile?»

«Yong-Sun» Yoongi si era inginocchiato per guardarlo negli occhi «Davvero non farai niente? Nemmeno dopo averla vista con altri uomini?»

«Quegli uomini..» la voce di Yong-Sun si era spezzata appena, ma si trattenne dal versare una singola lacrima «Quegli uomini sono suoi colleghi di lavoro. L'ha detto lei stessa.»

«Tra colleghi non ci tocca così» aveva risposto, ma ciò alimentò ancora di più la loro discussione, tanto che si concluse con una porta in faccia e il desiderio del più piccolo di sparire.

«Se non ti fidi di me, allora non c'è motivo che rimanga!» gli aveva urlato e da quel giorno le loro vite vennero sconvolte ancora una volta.

Lontani.

Silenziosi.

Senza più contare su l'un l'altro.


Dalla cucina arrivava il profumo di ravioli che credeva di aver dimenticato. Si sporse piano e scorse Joohyun intenta a metterli in una ciotola con le bacchette. Aveva le mani sporche di farina e così anche la punta del naso, la faccia concentrata e le labbra dello stesso colore dei capelli. 

Rosa.

Joohyun si strofinò le mani soddisfatta del suo lavoro e si accorse della presenza del ragazzo solo quando sciolse i capelli e guardò davanti a sé.

«Ciao» lo salutò con una mano «Ti sei riposato abbastanza? Ho preparato da mangiare»

Yoongi guardò i ravioli fumanti. Lo stomaco brontolò, come per pregarlo di darsi una mossa e cibarsi, ma il ronzio nelle orecchie era così forte che l'unica cosa che fece fu buttare tutto a terra, compresa la ciotola.

Si frantumò ai piedi dell'assistente che schiuse le labbra e lo guardò con fare interrogativo senza dire nulla.

Poi abbassò lo sguardo. Yoongi si era chinato per raccogliere i pezzi. Respirava a fatica e la mente si trovava da tutt'altra parte perché non si accorse del sangue che gocciolava sul pavimento per essersi tagliato dopo aver raccolto un pezzo rotto.

Joohyun si affrettò a tirarlo su per un braccio. Yoongi la seguì, senza capire, fino al bagno e tremò appena a causa dell'acqua ghiacciata che raffreddò la mano.

«Devi fare attenzione» lei sussurrò con entrambe le mani sotto la sua, aspettando che il sangue smettesse di uscire.

Yoongi non fiatò neanche quando lo spinse appena sulla vasca e lo fece sedere sul bordo.

Era solo un corpo. Un misero corpo privo della voglia di vivere.

 Joohyun si preoccupò subito di disinfettare la ferita. Soffiò affinché non bruciasse.

«Ricordati di comprare delle garze. Non le ho trovate. Vado a prendere un cerotto. Fermo qui.» 

Solo che Yoongi non l'ascoltò. Non appena Joohyun tornò con il cerotto, la spinse fino a farle sbattere la schiena contro il lavadino ancora macchiato di goccioline rosse.

La voce era gelida come la mano. Le pupille si muovevano in fretta da sinistra a destra e viceversa.

Strinse in un pugno i capelli scuri e premette la mano ferita, la destra, contro lo specchio.

Joohyun sollevò di poco lo sguardo. Lo vide tremare. Il sudore appiccicava i capelli sulla fronte.

D'istinto, ci posò sopra le dita. Liberò gli occhi da ciuffi che spostò all'indietro, trovandosi un paio di occhi intrisi di confusione.

«Perché sei qui..ancora?» domandò stanco.

No. Non aveva riposato. Anche fuori, la paura di addormentarsi e fare lo stesso incubo che lo perseguitava da due anni gli impediva di chiudere occhio.

Joohyun sorrise. Un sorriso dolce, rassicurante, come quello di Deji.

Lo detestava.

«Semplice. Sono un assistente sociale. Devo prendermi cura di te.»

Yoongi le scoppiò a ridere in faccia. Indietreggiò e scosse la testa per liberarsi di pensieri insensati. «Hey! Non dire cazzate. Sei l'ultima persona che voglio a casa mia.»

Joohyun arricciò le labbra. Picchiettò l'indice sul mento, poi sorrise di nuovo.

«Sono d'accordo.»

Yoongi aggrottò le sopracciglia. Rimase sorpreso dalla risposta.

Perciò Joohyun rise. Lo raggiunse e bofonchiò quanto fosse testardo perché non voleva nemmeno che gli applicasse un piccolo cerotto.

«Ecco fatto. La prossima volta controllati. I miei ravioli sono buonissimi, così come...»

Si fiondò in cucina. Fece attenzione a non farsi male. Sia la pasta che la ciotola rotta erano ancora a terra, ma si sarebbe preoccupata di mettere a posto in un secondo momento.

Dal tavolo, prese la confezione di biscotti.

Yoongi, nel frattempo, si era seduto sul divano. Si guardò intorno alla ricerca del telecomando e non appena lo trovò digitò un tasto a caso.

Non poteva negare di essere nervoso. Quella ragazza, la sosia di Deji, non voleva lasciarlo in pace.

Sbuffò. «Prendersi cura di me. Un cazzo.»

Joohyun si sedette accanto a lui. Incrociò le gambe sul divano ed aprì la scatola, tirando fuori il suo biscotto preferito al pistacchio.

«Tieni, prendine uno» lo allungò al ragazzo.

«No» rispose secco, ma lei insistette. Si mise sulle ginocchia e provò a fargli aprire la bocca.

«E se ti dicessi che portano fortuna?»

«Non esiste la fortuna»

«Invece sì! La mia migliore amica ha vinto i biglietti per andare a vedere il concerto di Rain.»

«Ah si?» si finse sorpreso. Posò una mano davanti alla bocca, ma poi tornò subito serio e scocciato. «Ha gusti molto discutibili.»

«Sua sorella invece ha ricevuto la proposta di matrimonio.»

«Auguri. Vivranno di merda.»

«Oh, andiamo! Mangia un biscotto!»

«Si può sapere che diavolo vuoi da me?» gridò, ma Joohyun dondolò felice quando prese il biscotto e lo mangiò in un solo boccone.

«Ora sei felice?»

«Sì. Ti porterà fortuna.»

Yoongi si piegò in avanti. Mise le mani sulle ginocchia e gonfiò le guance per poi espirare subito tutta la frustrazione. Con un gesto spostò i capelli all'indietro. Li legò con le dita e, voltandosi verso la ragazza, indicò il suo braccialetto.

«Questa la chiami fortuna?»

Joohyun strinse le spalle.

«Sempre meglio del carcere, no?»

Le concedette di avere ragione. Non era libero, ma almeno non passava le notti in bianco tra pianti, urla e minacce di morte.

All'improvviso rabbrividì. La mano fredda di Joohyun era sulla sua caviglia. Accarezzava la pelle pallida intorno all'oggetto che gli impediva l'illusione di libertà.

Lui strinse le labbra. Fece per spostarla, ma lei lo anticipò.

Si tirò su. Si girò.

I capelli rosa si spostarono tutti da una parte e fece un piccolo, dolce, sorriso.

«Devi solo resistere ancora per poco. La verità sta per venire a galla. Deji, la moglie di tuo fratello, verrà interrogata domani.»

Yoongi chiuse gli occhi.

«Indipendentemente dalla verità. Ho ucciso un uomo e non me lo perdonerò mai. Non sarò mai libero sul serio.»

E così, il cuore dell'assistente sociale fece un tonfo. Era esattamente ciò che aveva detto a Mishil.

Avrebbe tanto voluto fargli appoggiare l'orecchio sulle gambe e cullarlo come una madre. Quasi le venne da piangere quando Yoongi si sdraiò a pancia in su e le lacrime finirono sul cuscino sotto la testa.

Era più forte di lei. Non poteva vedere la gente soffrire e lui voleva solo tornare indietro nel tempo, quando le cose andavano bene. Quando aveva una bella casa, un fratello con la sola preoccupazione di come vestirsi per la festa in discoteca e le carezze bollenti di una madre che lo baciava sulla fronte mentre gli rimboccava le coperte.

Desiderava solo tornare indietro.

Invece non era possibile.

Era solo.

Segnato.

E tutto ciò che poteva fare era accettarlo. Accettare di non avere modo di guarire.

«Non è vero. Tutti possono guarire. Anche tu.»

Yoongi si accorse solo dopo di stare sussurrando. La mano ferita era stretta tra quelle di Joohyun e lei piangeva, forte, tanto da tirare su col naso in maniera buffa e diventare rossa come una ciliegia.

Le venne anche il singhiozzo.

La guardò senza sapere come comportarsi. Si sentì in imbarazzo e fece un paio di colpi di tosse grattandosi la nuca.

Joohyun continuò a piangere per diversi minuti. Frasi scomposte uscirono dalle labbra a cuore. Diceva che per tutti esiste una possibilità di guarigione. Una luce in fondo al tunnel che permette all'uomo di ricominciare.

Allora lui le lasciò le mani. La scosse appena dalle spalle. Le disse che aveva ragione seppure non lo pensasse.

Joohyun piangeva troppo forte. Ogni tanto batteva i piedi. I vicini avrebbero potuto pensare che le stesse facendo del male e non poteva permetterselo.

«Adesso calmati» brontolò. Le sfiorò le braccia e simulò carezze di cui non era assolutamente capace «che ne dici di cambiare argomento? E se facessimo qualcosa? Cosa ti andrebbe di fare?»

Joohyun, in risposta, tirò su col naso. I singhiozzi la facevano scattare all'insù e se il ragazzo, per un attimo, pensò che si fosse calmata, l'assistente sociale provò il contrario.

«Non dire mai più una cosa del genere! AAA»

«Va bene, va bene! Non la dirò più! Ma ora calmati, ti prego!»

Le accarezzò la schiena. Pronunciò il suo nome un'infinità di volte.

Imprecò.

Non si sarebbe mai immaginato di tornare a casa e trovarsi una ragazza frignare nel suo appartamento senza nemmeno preoccuparsi di respirare.

«Ah! Ho un'idea!» puntò l'indice verso l'alto.

Joohyun lo ascoltò con le labbra gonfie e gli occhi pesti.

Arricciò ciuffi di capelli con le dita. Li tirò in avanti per guardarli.

«E se mi tingessi i capelli? Ho sempre voluto farli rossi.»

«Rossi?» l'assistente sociale ripeté e, finalmente, dopo un bel respiro profondo, si calmò.

Un timido sorriso portò Yoongi a fare lo stesso. 

A respirare.

«Va bene! Ci penso io! Vado a comprare l'occorrente.»


«Yah, non tirare così! Non sono una bambola»

Yoongi si pentì subito della decisione. Il pettine che avevano recuperato era duro e faceva un male terribile, in più i nodi erano talmente tanti che Joohyun ci impiegò mezz'ora a districarli tutti con suo disappunto.

«Smettila di lamentarti.» Joohyun esclamò, pettinando i capelli bagnati con le dita «Hai i capelli così secchi che il balsamo non è bastato.»

«Sai com'è» Yoongi roteò gli occhi al cielo «sono appena uscito di prigione. Lì era tanto se mi lavavo il cu-»

«Hai mai tinto i capelli prima?»

La ragazza avvolse un asciugamano attorno al busto per proteggersi dalle macchie di tintura. Indossò un paio di guanti azzurri e mescolò il colore con l'ossigeno fino a che non diventò un miscuglio rosso.

«Una volta» Yoongi percepì il freddo sul capo.

«Una volta li ho schiariti. Yong-Sun diceva che sarei stato bene, così ho portato la tinta al lavoro e mi sono chiuso in bagno un'ora prima di salire sul camion.»

Si fermò. Roteò gli occhi al cielo e si alzò fissando il proprio riflesso allo specchio. La cuffietta che proteggeva la testa sembrava un preservativo.

Joohyun fece una risatina. «Non è andata bene, giusto?» ipotizzò e Yoongi portò la lingua alle labbra annuendo appena.

«Sembravo un vecchio di cent'anni»

Joohyun scoppiò a ridere. Posò una mano sulla pancia e in qualche modo fece sorridere anche Yoongi, il quale però nascose la smorfia sotto la mano che poco prima le aveva medicato.

La guardò ridere. Gli occhi piccoli formavano delle mezzelune e le guance erano rosse. 


Non sembrava truccata. 

Era bella al naturale. 

Anche le labbra erano rosse. 

Chissà che sapore potevano avere.


Scosse la testa e sollevò lo sguardo allo specchio. «Ma che diavolo...»

Per qualche istante sentì solo il suo respiro.

Joohyun accese l'acqua della vasca. Strinse il doccino ed aspettò il ragazzo che ci mise un po' a raggiungerla perché ancora sorpreso dai suoi stessi pensieri.

«Forza, appoggia la testa sul bordo e guarda su. L'acqua sarà fredda all'inizio, ma deve rimanere così per eliminare la tintura. Poi la scaldo e ti faccio lo shampoo.»

Yoongi, però, le rubò il doccino. Il gesto fu così veloce che lo puntò sulla faccia bagnandosi tutto. L'acqua sul naso lo fece tossire, ma nonostante l'imbarazzo alle stelle le disse che avrebbe fatto da solo.

«Eh no!» l'assistente si lamentò mettendosi sulle ginocchia «Devo finire il lavoro!»

Yoongi, a quel punto, tornò a guardarla con la solita faccia da antipatico. Passò la lingua sulle labbra e la spinse appena facendola cadere di sedere. 

«Sono ancora in grado di lavarmi da solo.»

La guardò. Il sorriso nato in precedenza era già scomparso.

Era stato bello, per un attimo, dimenticare tutto e vivere con leggerezza. Purtroppo, però, come ogni sogno, anche quello aveva avuto vita breve.

Joohyun rilasciò un verso deluso facendo pressione sulle gambe per alzarsi. Annuì seppur contrariata e, prima di sfiorare la maniglia fredda e lasciare l'appartamento, gli spiegò del lavoro alla Fix and Clean.

Sul tavolino in salotto, davanti alla televisione che trasmetteva il telegiornale e la notizia del processo a Kim Deji, Joohyun gli lasciò il suo biglietto da visita.

«Chiamami se hai bisogno, okay? Vengo a trovarti tra qualche giorno.»

Yoongi non rispose.


Chongeun scattò dal divano quando sentì la chiave infilarsi nella serratura. Aveva cercato di svegliarsi, ma era talmente distrutta che si era addormentata per tutto il pomeriggio dimenticandosi di dover raggiungere la collega a casa di Yoongi. 

Di nuovo.

Joohyun andò a trovarlo tutti i martedì e venerdì. Le settimane passavano velocemente, ma lui la trattava sempre come la prima volta. 

Alternava momenti buoni e momenti cattivi. Non appena sorrideva, si tirava una sberla sulla bocca e pregava l'assistente sociale di lasciarlo solo perché era solo questo che si meritava.

Il tramonto era calato del pezzo. Chongeun odiava l'inverno e le giornate così corte che, soprattutto durante i turni al lavoro, la privavano dei raggi del sole sul viso lentigginoso.

Joohyun lanciò cappello, giubbotto e scarpe tutti da una parte. Si lasciò andare sul divano e spiaccicò la guancia sul cuscino ricoperto dai popcorn scappati dal sacchetto e dalla bocca della collega.

Chongeun inarcò un sopracciglio. La collega sbuffava, si metteva a pancia in su e nascondeva il viso con le braccia tirando calci in aria.

«Non riesco a tirarlo su di morale. Non riesco a fare niente.»

«Si sta comportando male?» chiese curiosa.

Joohyun scosse la testa.

«No. Per niente. Lavora benissimo. Il suo capo alla Fix and Clean dice di non aver mai avuto un dipendente così diligente. Però..però» la voce si tramutò in un sussulto. 

Le lacrime cominciarono a bagnare le guance fredde.

«è così triste, Choo. Così triste che mi fa star male.»

Joohyun pianse. Chongeun le saltò addosso e la sgridò di essere troppo empatica.

«Sai qual è il tuo problema? Vuoi tutto subito, invece dovresti imparare ad aspettare.»

«Avevi ragione» Joohyun fece una smorfia.

«Su?»

«Sono troppo presa da questa cosa e non va bene.»

«Ma no?» Chongeun la prese in giro «Avevo ragione?»

Joohyun andò a sciacquarsi la faccia. Lavò anche i denti e, fissando la sua immagine allo specchio con il sapore di dentifricio alla menta in bocca, ascoltò le parole di Chongeun che urlò la notizia del giorno.

«KIM DEJI! L'HANNO MESSA DENTRO!»

Joohyun sputò il dentifricio sullo specchio. Lasciò l'acqua accesa e raccolse tutti i vestiti sparsi per il salotto uscendo di casa senza battere ciglio.

Chongeun rimase a bocca aperta. L'indice ancora puntato sulla televisione.

«Mi avrà ascoltata prima? Ugh, Joohyun!»


Joohyun raggiunse l'appartamento di Yoongi con il fiatone. Massaggiò il sedere dopo una brutta caduta sul ghiaccio e non suonò al citofono perchè il portone era aperto.

Salì le scale due alla volta. Il cuore batteva forte e la felicità traspariva da tutti i pori.

Yoongi non era il colpevole. 

Si era trattata, come aveva sempre affermato, di sola legittima difesa.

Era arrivato il momento di dire la verità.

La porta era socchiusa. Pensò di aprirla e sorprenderlo alle spalle, ma poi si ricompose e suonò al campanello trovandosi la faccia dello stesso agente dalla fronte alta che la squadrò da capo a piedi perché aveva i capelli tutti all'aria e il viso rosso come un pomodoro.

«Ha corso, signorina Lee?»

Joohyun distolse lo sguardo sul pianerotto. Mentì e, timidamente, domandò se fosse tutto a posto.

«Gli stiamo togliendo il braccialetto. Min Yoongi da oggi è un uomo libero.»

Non riuscì a nascondere un sorriso felice. Non riuscì nemmeno a mantenere la calma e buttarsi fra le braccia dell'agente, il quale l'abbracciò a sua volta felice più che altro perché una bella ragazza come lei lo stava stringendo come nessun'altra donna aveva mai fatto.

«Lo sapevo! Lo sapevo!» Joohyun volteggiò come una ballerina e non appena entrò in salotto si trovò davanti chi voleva assolutamente rivedere.

Yoongi spalancò gli occhi. Erano lucidi e gonfi, segno che avesse appena terminato una lunga sessione di pianto.

Joohyun lo abbracciò. Lui, ingigantì gli occhi ancora di più.

L'assistente sociale appoggiò entrambe le mani sulle sue spalle e lo scosse per svegliarlo dall'incubo.

L'agente parlò.

«è stato confermato che la colpevole, Kim Deji era con il marito, Min Yong-Sun, al supermercato quando quest'ultimo è stato aggredito. Abbiamo sufficienti prove per constatare che sia stata lei ad aver chiamato un assassino con l'obiettivo di uccidere il marito per rubargli la pensione di invalidità. Se non fosse stato per Min Yoongi, che è riuscito per miracolo a rubare all'assassino la pistola dalle mani mentre premeva il grilletto, Min Yong-Sun non avrebbe avuto scampo.»

Joohyun guardò Yoongi. Quest'ultimo puntava lo sguardo sul legno del tavolo con ansimi che uscivano dalle labbra.

L' agente continuò.

«L'hai difeso. Sei riuscito prontamente a girare la pistola dalla sua parte colpendolo alla testa. Si tratta di legittima difesa. Non ti incolpare a vita per questo.»

Yoongi nascose il viso tra le mani.

Infine, guardò Joohyun, al suo fianco, per la prima volta da tutta la sera.

«Credi davvero che riuscirò a guarire?»

Joohyun, con le lacrime agli occhi, gli prese una mano e la strinse forte.

Annuì con foga.

«Certo. Farò di tutto per aiutarti. Vuoi che ti dia un bacio?»

Sia l'agente che lo stesso Yoongi per poco non si strozzarono con la saliva.

«Che ho detto di male?» Joohyun sbattè le ciglia ed il secondo dopo si nascose sotto la sedia per la vergogna.

«L'ho detto veramente?»

L'agente rise.

«L'hai detto veramente» esclamò Yoongi, sbucando sotto al tavolo per incontrare la ragazza accovacciata che voleva solo diventare trasparente.

«Quanto sei folle da uno a dieci?» le chiese, ma lei non capì.

«Cosa?»

«Non puoi avermi chiesto una roba simile. Guardati e....guardami» disse, senza comunque staccare gli occhi dalle labbra rosse che s'immaginò al gusto di ciliegia.

«Ti ho trattata malissimo e mi scuso per questo.»

«Non ti preoccupare. Ora pensiamo al presente.»

Joohyun si tirò su. Gli tese una mano e lo tirò verso di sé per fare in modo che i loro petti di scontrassero.

Probabilmente si sarebbe pentita. Probabilmente no.

Chongeun glielo continuava a ripetere. Non sapeva aspettare, ma che gusto c'era di farlo quando sapeva benissimo cosa voleva fare?

«Sai, c'è una canzone che ascolto sempre, soprattutto la notte.» sussurrò.

Sentiva il respiro caldo del ragazzo sbattere sulle labbra.

«Dice che sono gli sciocchi si precipitano. I folli

Sollevò lo sguardo e gli accarezzò una guancia. Stranamente, Yoongi non si allontanò. Anzi, chiuse gli occhi e si lasciò andare.

Non poteva non vivere.

Non poteva non provare a ricominciare.

«Io lo sono.» Joohyun sorrise «Sono una folle. Non so aspettare e, spesso sbaglio a comportarmi così, ma credo che questo sia uno di quei momenti in cui non posso fare altro che ascoltarmi.»


Si sollevò sulle punte.

Chiuse gli occhi.

E lo baciò.


E , le labbra dell'assistente sociale sapevano di ciliegia.



Wise men say

Only fools rush in

But I can't help falling in love with you

Can't Help Falling In Love - Elvis Presley






Cosa dire. Questa one shot mi ha fatta dannare. L'ho cancellata, riscritta, ricancellata e riscritta parecchie volte. Prima era molto più leggera. Non c'era tutta la sofferenza di un giovane uomo che non sa più cosa sia la felicità.

Come avrete notato, spero, ci sono alcune questioni in sospeso.

Dov'è finito Yong-Sun? Ritornerà mai a parlare con suo fratello dopo tutto quello che è successo?

Riuscirà Yoongi a ricominciare sul serio? 

E Joohyun? Si pentirà del bacio? è solo attrazione o c'è dell'altro?

Beh, direi che dovrò proprio scrivere una seconda parte.

Questa one shot non può finire così :)))

Vi lascio solo questa frase:

«Non posso darti ciò che desideri.»


A presto con PAD THAI!

Stella

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