CAMERON

Maison, preoccupato per la mia salute,
mi toglie con rapidità la sigaretta dalle labbra e la getta dal finestrino dell' auto. Per tutta la strada, non ha aperto bocca e conoscendolo, assume questo atteggiamento solamente quando è impensierito da qualcosa di importante. Scendo dalla macchina, sto per tirare dritto, quando mi blocco e voltandomi indietro gli domando:
« Ti va una birra?»
Lui mi fissa solo un attimo, poi scende dalla vettura.
Accediamo all' interno del palazzo. Vivo al quarto piano, di un lussuoso appartamento, pertanto dobbiamo prendere l' ascensore per arrivarci.
Entrando, lascio le chiavi della macchina dentro lo svuotatasche - un capiente posacenere in ceramica bianca - posato sulla superficie all' ingresso. Raggiungiamo la cucina, Maison si accomoda sull' alto sgabello della penisola, io afferro due birre fredde dal frigo e una la porgo a lui.
Battiamo le bottiglie per brindare e beviamo. Ma a un certo punto, lo vedo fissarmi con insistenza, incuriosito gli chiedo:
« Che c'è?»
« Sarebbe meglio che non la bevessi tutta! »
« Ti comporti in modo molto strano da quando siamo usciti dall'ospedale! Cosa sai che io non so? » chiedo spazientito.
« Okay! credo che tu abbia il diritto di sapere come stanno le cose! Quello di due giorni prima, non è stato un malessere passeggero, o una cosa da niente! Bensì, un vero e proprio, principio d'infarto e il medico mi ha raccomandato categoricamente di non farti subire emozioni e di abolire fumo e alcool. Adesso capisci a cosa è dovuto il mio strano comportamento! Sono veramente preoccupato per te! »
Quelle parole mi gelano il sangue e mi viene spontaneo rivolgergli una domanda:
« Potrei...morire ? »
« Sì! Se non segui la terapia e le regole lasciate dal dottore!»
Mi alzo dalla seduta, mi distanzio sconvolto, dandogli le spalle.
Ancora stordito dalle parole che ho appena sentito.
Subito dopo, torno a sedermi sdrammatizzando ironico, affermo:
« Non preoccuparti amico, non morirò! Non ti sarà facile liberarti di me! »
Ma questo non aiuta ad allentare la tensione.
« Ti prego non scherzare! La questione è molto seria, io non voglio perderti!»

Ci fissiamo, rimanendo seduti.
Ma nell' immediato, ci diamo un forte abbraccio e per non intristirci ulteriormente, cambiamo argomento. Restiamo a parlare delle nostre cose passate e recenti, fino alle 3 di notte, ad un certo punto guardando l' orologio da parete, ci accorgiamo dell' ora.
« Si è fatto tardi, domattina voglio andare da Bridget a riprendere mio figlio e a darle delle spiegazioni. Sempre se posso vederla! Puoi rimanere qui stanotte !? » gli propongo.
« Grazie, ma preferisco tornarmene a casa »
«

Come vuoi! A domani, allora. Ti andrebbe di accompagnarmi domani ? »
« Certo ! Buonanotte Cameron!»
Lo accompagno alla porta, mi dirigo in camera, piombando sul letto esausto e un po' brillo.
Mi sveglio nel cuore della notte, con la maglia intrisa di sudore!
Avrò dormito sì e no un' ora... non ricordo neanche quello che ho sognato!
" Ma a giudicare il mio stato al risveglio, sarà stato un incubo!"
Deduco, osservando la maglia sul pavimento.
" Avrò sognato Bridget? Non l' ho più vista dal giorno dell' arresto! E se verrà condannata! Non posso immaginare di perderla... La mia vita non avrebbe senso!"
Esprimo un pensiero a voce alta:
« E se dovessimo morire entrambi ? Il nostro bambino che fine farebbe? Finirebbe in un istituto! Nessuno vorrà adottarlo, perché figlio di una criminale! No, non voglio che abbia una vita di sofferenza ! Chiederò a Maison, di occuparsi di lui se dovesse succederci qualcosa ! Lo chiamerò subito! »
Prendo il cellulare in mano e avvio la chiamata:
« Pronto Maison, dormivi ? Scusami se ti chiamo adesso, ma ho urgenza di parlarti! »
« Cameron che succede? Ti senti male per caso?» mi chiede con apprensione.
« No tranquillo, volevo che mi facessi una promessa »
« Una... promessa? A quest' ora? Okay! Cosa vuoi chiedermi ?»
« Maison, se Bridget fosse giustiziata e io dovessi morire improvvisamente...»
« Cameron, ma ti sembrano discorsi da fare alle quattro e un quarto del mattino?»
« Non ho ancora finito! Rimarrebbe solo al mondo, finirebbe in qualche orfanotrofio e nessuno lo adotterebbe! Per le sue origini! Soffrirebbe per tutta la vita o potrebbe crescere traumatizzato, o ancora peggio, diventare un malvivente. Non voglio questo per mio figlio! Perciò ho pensato di chiederti, se puoi prenderti cura tu di lui! »
« Io? Cameron, non è il caso di fare certi discorsi, per favore smettila ora! »
« Maison, ti prego, ho bisogno di saperlo, sapere se posso ancora contare sul mio migliore amico! »
« Cameron! »
« Promettimelo Maison! »
« D' accordo, te lo prometto... ma non sarà necessario, crescerai tu il tuo bambino! »
« Grazie! Ora sono più tranquillo, so che non mi deluderai. Sapere che sarai tu, a crescere mio figlio se dovesse rimanere orfano mentre è ancora piccolo! »
« Grazie amico mio! Adesso torniamo a dormire! Buonanotte! »

Chiuso la telefonata, rivolgendo un' occhiata alla sveglia digitale, noto che si sono fatte già le cinque. Rimango ancora un po' a letto con la faccia rivolta al soffitto, sperando di poter riprendere sonno. Chiudo gli occhi portandomi su un fianco, ma il sonno non arriva.
Scelgo di alzarmi e prepararmi con tutta calma. Tanto le visite in carcere, non saranno non prima delle otto. Comincio col prepararmi il caffè, nel contempo che attendo che fuoriesca all' interno della moka, sento il bisogno di fumare. Cerco il pacchetto delle sigarette ma non lo trovo, mi guardo intorno dicendo:
« Le avrò lasciate nella tasca della giacca!»
Vado nel salone, accorgendomi che non ci sono. Cerco in tutti gli angoli, sul pavimento - potrebbero essere scivolate - invece niente, non saltano fuori.
Mi fermo a pensare e intuisco:
« Cazzo Maison! Meglio che vada a fare una doccia !»
Quando sono pronto per andare, arriva il mio amico. Che strofinandosi le mani per riscaldarle esclama:
« Cazzo! Si gela! Buongiorno! Andiamo?»
« Sì! Ma è ancora presto, ci tocca aspettare in macchina! »
Giunti a destinazione, parcheggio, avvio i riscaldamenti in auto e attendo che arrivi l'orario per poter entrare.
Accendo l' autoradio e ascoltiamo un po' di musica.
Prima scambiamo qualche parola, poi restiamo in silenzio.
La mattina, io e Maison, non amiamo parlare tanto. Poi, fra il tepore nell' abitacolo, la musica in sottofondo, senza accorgercene ci appisoliamo.
Mi svegliano dei colpetti dati al finestrino, dai vetri appannati noto una figura umana. Abbasso il finestrino vedendo che si tratta di un agente del penitenziario, che sospettoso ci interroga puntandoci un' arma:
« Che ci fate qui? Scendete immediatamente dalla macchina, con le mani in alto! »