𝟣𝟣. 𝘀𝘁𝗼𝗽 𝘄𝗮𝗶𝘁𝗶𝗻𝗴

Come aveva già fatto altre volte, Dabi non si fece sentire per giorni.
Ne erano passati ben cinque dal pomeriggio in cui se ne era andato calmo dall'appartamento di Rin, sparendo per le strade umide di pioggia.

Quei giorni erano grigi, tesi al di fuori del suo appartamento: All Might aveva vinto ma era stato costretto a ritirarsi. Un mondo senza il suo simbolo della pace è un mondo con meno colore. La gente non si sente al sicuro.
Anche l'oscurità aveva perso il suo signore, il burattinaio che tirava le fila da un po' troppo tempo: All For One era stato rinchiuso in una prigione di massima sicurezza, ma ciò che agitava la pubblica sicurezza era l'Unione dei Villain. Quel gruppo di sbandati con quel nome di merda, proprio loro se l'erano data a gambe, disperdendosi, forse anche diffondendo la loro ideologia di un mondo arrugginito e corrotto tra le strade e le case.
Forse erano in giro raccogliendo miseria per trasformarla in potere, in qualcosa da sfruttare.

In quanto a Rin... Lei era sempre la stessa, patetica eroina senza scopo né ideali.
Dopo la tragedia Kamino si era chiusa un po' di più su sé stessa, spingendo via chiunque provasse a guardare oltre il costume e i capelli biondi.

Quel giovedì di settembre non aveva nulla di particolare; da una settimana a quella parte i piccoli delinquenti insignificanti avevano già cominciato a darsi delle arie, convinti che senza All Might le loro scorribande sarebbero state più semplici.
Le rapine erano aumentate, aiutando in modo opportuno i casi risolti da Hostage a crescere. Quelle erano la sua specialità, sia per il suo quirk che per la sua mente rigida, il sangue freddo che aveva nel gestire quelle situazioni.

Così i casi risolti aumentarono, Hostage ottenne della temporanea visibilità che non desiderava, le attenzioni di Miyajima Riku (quel suo insistente collega) e... Nient'altro.
Niente di nuovo sul fronte di battaglia, nulla da Dabi; scomparso di nuovo come se non fosse mai entrato nella sua vita. Ma era difficile dimenticarsi di lui quando la puzza di bruciato mista dall'odore delle genziane era rimasto sul divano di casa sua; ancor più evidente prova della sua esistenza erano i cadaveri carbonizzati ritrovati in varie zone di Tokyo, lontane tra di loro.
Quei ritrovamenti così distanti rendevano impossibile risalire al villain dal quirk di fiamme, e in un qualche modo Rin ne era vergognosamente sollevata.

Le sue giornate, già da una settimana e quattro giorni, avevano ricominciato ad avere tutte la stessa forma, la stessa durata, gli stessi colori: faccende di casa, ronda mattutina o serale, un'intervista riguardo alla tragedia di Kamino ogni tanto, scartoffie e rapporti sui casi risolti e visite ai suoi genitori. Andava più spesso alla clinica Fujitani ma non aveva più parlato a sua madre dei suoi sentimenti.
Di tanto in tanto incrociava Fuyumi, e si erano scambiate i numeri di telefono, con il buon proposito di organizzare un'uscita.
Suo padre, invece, era felice di passare più tempo nel giardino della clinica; parlava con Rin, adorava il tempo passato con la sua piccolina, ormai non tanto piccola.

Anche quel giorno, Rin aveva approfittato della ronda serale ed era andata a trovare i suoi genitori nella mattinata fresca.
Aveva raccontato a sua madre di Miyajima Riku: di come le aveva chiesto di uscire già un paio di volte ma Rin aveva declinato con qualche scusa raccattata di fretta. Momoko si era convinta che la persona di cui Rin le aveva parlato giorni addietro era lui, e nulla che la ragazza disse la poté dissuadere.

"Hai paura di non piacergli?"
Momoko era subito saltata a conclusioni affrettate e aveva cominciato a sparare consigli e considerazioni e opinioni.
"Certo, hai un carattere difficile... Ma sei bella, sei matura e sono sicura che ti capirà. Sai prenderti cura di chi ami, Rin-chan. Ti spaventa fidarti di lui?"
Parlò così tanto che alla fine della visita Rin si sentì solo più pesante. Ancora una volta, si sentiva ancorata a terra da aspettative che sapeva di non poter realizzare.
Ma tentar non nuoce. Si disse questo e decise di chiamare Miyajima, per chiedergli se voleva ancora uscire con lei.

Con poca sorpresa da parte di lei, lui sembrò scodinzolare contento al pensiero.

┉┉┉

Così, la sera stessa della conversazione con sua madre che l'aveva lasciata così atterrita, Rin si era ritrovata in un ristorante con quel ragazzo.
Era affollato e illuminato sa una luce calda e soffusa; le pareti erano di diverse tonalità di marrone, giallo e rosso. Il mobilio era scuro.
Era un bel posto e il cibo era buono, ma Rin non si sentiva comunque a suo agio.

La conversazione andò avanti e avanti e avanti ma era solo Miyajima Riku a trascinarla; Rin rispondeva a voce bassa, parlando il meno possibile. Lui era comunque entusiasta, estroverso e comprensivo o semplicemente troppo stupido per capire che Rin si sentiva in colpa per avergli dato un'occasione che non si sarebbe ripetuta.

Anche il vino bianco scorreva assieme alle parole; Rin bevve così tanto che a fine serata poté giurare di non sentirsi più le gambe.

Miyajima si offrì di riaccompagnarla a casa, incredibilmente contento di quella serata vuota in cui Rin sentiva di essersi comportata più come una bambola che come un essere umano.
Lei non ebbe neppure la forza di rifiutare; salì sulla sua auto e stette in silenzio tutto il tempo, fingendo di dormire.
Una volta arrivati ebbe l'impressione di essere osservata; un'ombra si mosse dal lato del palazzo, ma Rin non vi fece troppo caso.

-Sasaki-kun, -Miyajima le mise una mano sul fianco in modo innocente; Rin provò a scacciarlo, lenta e quasi senza forze. -Lascia che ti aiuti. Non ti reggi neanche in piedi! -rise lui, così contento di essere con lei.

-Posso farcela... -aveva provato a ribattere lei, ma finì per lasciarlo fare. Davvero, non riusciva neanche a camminare in linea retta.

Lui l'accompagnò al portone e Rin cacciò fuori le chiavi.
Prima che Miyajima la seguisse dentro lei lo fermò e scosse la testa.

-È tardi e domani hai la pattuglia mattutina. -biascicò sottovoce. -Ce la faccio da sola, da qui in poi. -
Rin forzò un sorriso shembo prima che il ragazzo potesse ribattere.

Fece qualche passo indietro, un po' sconsolato.
-Va bene. Buonanotte. -disse con un sorriso molto più vero di quello di lei, affettuoso.
-Domani sera ti andrebbe di mangiare di nuovo assieme, dopo la ronda? -

-Va... Va bene. Sempre se non succede niente. -ridacchiò lei, più a causa dell'alcol che per la situazione.
Anche lui rise sommessamente.

-A domani. -

-A domani. Buonanotte, Miyajima-kun. -

E finalmente l'aveva lasciata in pace; Rin si sentì in colpa per il sospiro di sollievo che tirò quando lo vide salire in auto.
Osservò l'automobile che si allontanava assieme alle altre in quella strada ancora animata; c'erano tante, rumorose auto ma praticamente nessuno camminava in giro.

Rin si voltò e entrò; lasciò che il portone ricadesse chiuso ma non sentì mai il tonfo delle ante che sbattevano. Comunque la sua mente era piena di una nebbiolina giallo paglierino, troppo fitta per farci caso.

Tutto si fermò e la nebbiolina si dissipò quando una mano si posò sulla faccia di Rin, tappandole la bocca.
Sgranò gli occhi e provò a voltarsi, invano.

-Ti sei finalmente trovata qualcuno, Sasaki-kun? -la persona che la teneva ferma parlò con un tono calmo in contrasto con la sua voce roca.

Rin si calmò all'istante.
Scosse la testa in risposta alla domanda, e lui la lasciò andare.

-No? Eppure sembravi contenta di uscire con lui. -disse sarcasticamente.
Dabi si infilò le mani nelle tasche della felpa, sgualcita e qualche taglia troppo grande per lui.

-Dai... Poveretto. -rise ripensando a Miyajima e all'espressione da cucciolo bastonato che le aveva dato tutte le volte che Rin aveva rifiutato di uscire con lui.
-Non prenderlo in giro. -

-Sei l'unica che sta ridendo, Sasaki-kun. -Dabi la squadrò dall'alto in basso, prestando attenzione persino a come era vestita. Poi si concentrò sul suo viso, rosso, e gli occhi confusi.

-Già... Sono davvero crudele. -fece un passo avanti e quasi cadde.

-Sei ubriaca? -le chiese lui, afferrandole il braccio e trascinandola verso l'ascensore.

-No. -Rin tentò di divincolarsi dalla sua presa, ma le risultò difficile. C'era qualcosa che non andava quella sera; Dabi le sembrò in qualche modo strano, per quanto normale potesse essere uno come lui di solito.
E poi, perché era tornato? Non si faceva vedere da un po'...

-Come no... Ti aspetti che ti creda? -premette il pulsante per chiamare l'ascensore e attese lì con lei.

-Perché... Perché sei qui? -Rin praticamente si accasciò contro di lui, affondando le dita nel tessuto spesso della felpa. Lui si irrigidì all'istante ma non la spinse via.

-Mi hai chiesto tu di provare a prendermi la tua fiducia. Non credo di poterlo fare da lontano. -
L'ascensore continuava a scendere verso di loro e Dabi scrutava la ragazza nella penombra. La guardava come se fosse un alieno.

-Non credo ti importi abbastanza. -

-Hai ragione. È un passatempo divertente, però. Non ho molto da fare. -

-Quindi vieni a importunare me... Capisco. -Rin chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro il suo petto.
La nebbia era tornata, ma era diventata di un confortante grigio-azzurro; nella sua testa era tutto avvolto da essa, persino Dabi.

-Ti lascerò in pace, penso. Hai quel tizio adesso, no? -Dabi le diede un paio di colpetti sulla testa quando arrivò l'ascensore, spronandola ad entrare.
Ad essere onesto, aveva perso un po' del suo interesse razionale per Rin: era uscita con quel ragazzo, un eroe per di più, nonostante tutte le fisime a cui l'aveva sottoposto. Forse non era poi così speciale in fin dei conti.
Al contrario, c'era l'interesse puramente possessivo, un po' sadico, che lo tentava dicendogli di tirarla a sé giusto per divertimento: per rendere lei ancora più miserabile o per far soffrire l'eroe da strapazzo che tanto l'amava.

-Ti interessa davvero di Miyajima-san? Mi viene difficile crederci. -
Dal suo punto di vista, Rin stava tradendo Miyajima Riku tra le tante altre persone. Rin cercava in Dabi una compagnia che non trovava da nessuna altra parte; dare corda a Miyajima sarebbe solo stato crudele da parte sua. Non poteva farci nulla, ma non lo trovava affatto interessante e per di più non riusciva a fidarsi neppure di lui.
Ma non si fidava neanche di Dabi ancora.

-Nah. -il ragazzo scrollò le spalle. -Semmai sarebbe divertente farmi la ragazza di qualcun altro. -
Allungò la mano verso Rin e la posò sulla sua spalla. La spinse verso l'ascensore senza troppa forza.

-Non sono la sua ragazza... E non sognarti neppure qualcosa del genere. -Rin entrò nell'abitacolo con passi tremanti.
Possibile mai che desiderasse solo quello da lei? Nulla di più?
Rin si sarebbe aspettata qualcosa di più plateale e maligno: il suo aiuto, la sua collaborazione, ma no. Era davvero così inutile anche per uno come Dabi?
Indignata, incrociò le braccia al petto. Tuttavia la nebbia azzurrina rendeva difficile essere davvero arrabbiata; si accasciò contro una delle pareti dell'ascensore.

-Oh, mi dispiace per averti offesa. -la canzonò lui, bloccando le porte scorrevoli dell'ascensore con una mano, poco prima che si chiudessero, separandoli.
-Secondo me, se non l'avessi cacciato, quel tizio con cui sei uscita ti avrebbe seguita fin dentro al letto. Anche se sei ubriaca. -le mostrò un sorriso di scherno.
-Io sono un gentiluomo a confronto, Rin. -

-Fottiti. -iniziava ad accusare un mal di testa insopportabile. Si portò la mano sulla fronte mentre con l'altra si reggeva alla parete.

-Un'altra volta magari. -stese un braccio verso di lei, per essere sicuro che non cadesse in avanti.
-Sai, Rin... Stasera avrei davvero tanto voluto parlare con te di una cosa. -
Dabi si chiese se fosse il caso di dirglielo davvero: ci aveva riflettuto su e aveva deciso che le avrebbe detto solo roba vaga, giusto per tormentarla e incuriosirla.

Rin inclinò la testa di lato, aspettando che Dabi continuasse a parlare.
Nella sua testa, c'era un eco molto più forte rispetto a quello che normalmente c'era nell'ingresso del condominio. La nebbia azzurrina si era dissipata solo leggermente.
-Cosa volevi dirmi? -

-Ti conosco, sai? Da prima che ci vedessimo nel vicolo. Mi ricordo di averti già incontrata. -
Per un attimo, Dabi si mise sull'attenti: aveva sentito una porta qualche piano in su aprirsi, segno che qualcuno stava per scendere. Sentì i passi sulle scale che si facevano piano piano più vicini.

Rin scosse la testa.
-Io non mi ricordo di te... -

-Oh, non puoi proprio. Tu sei la stessa da allora, io no. -Dabi si calò il cappuccio della felpa sulla testa e si alzò la solita vecchia mascherina nera, che Rin non aveva neppure notato.

-Mi conoscevi davvero poco per dire che sono ancora la stessa. -mugugnò. Quelle parole le lasciarono un sapore amaro in bocca.

-Può darsi. Magari un giorno ne riparleremo. -bisbigliò lui in risposta.
Chiunque stesse scendendo, si stava avvicinando troppo. Doveva andarsene.
-Sali a casa e non morire nel tragitto. -le ordinò. Lasciò andare le porte dell'ascensore e fece qualche passo indietro.

Rin premette il pulsante per il sedicesimo piano.
Non staccò lo sguardo dagli occhi cerulei di lui; vennero separati dalle porte scorrevoli che si chiudevano.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top