𝟢𝟪. 𝗵𝗼𝘀𝘁𝗮𝗴𝗲
Hostage si trovava a Kamino, un distretto di Yokohama popolato di animali notturni e ricchi annoiati; Rin, invece, era immersa in un oceano scuro, placido ma estremamente inquietante.
Strinse il pugno attorno al cellulare fino a quando le sue nocche divennero bianche.
Eroi professionisti e poliziotti con la tuta antiproiettile nera erano attorno a lei; con il costume nero, lei si mescolava perfettamente in quella folla scura di ideali e forza d'animo, cose che in lei esistevano a malapena.
Aspettavano il segnale per dare inizio all'operazione: il suo era il primo compito. Aveva ricevuto un ordine semplice e coinciso.
Il commissario Tsukauchi le fece un cenno con la testa, un movimento appena percettibile accompagnato da uno sguardo deciso. Rin annuì di rimando e mise in funzione il radar del suo cellulare speciale: una lista di numeri comparve, e il quarto in lista era fin troppo familiare.
Dopo un attimo di esitazione, selezionò proprio quello e diede inizio a una chiamata.
Nessun suono a parte discorsi concitati erano udibili dall'interno del bar clandestino che le forze dell'ordine avevano circondato.
Il telefono squillò una, due, tre volte prima che un click dasse inizio alla chiamata vera e propria; Rin sperò con tutta sé stessa che Dabi non la chiamasse con qualche nomignolo estremamente imbarazzante. E in quel caso pericoloso.
-Pronto? -lo disse a voce bassa, raspante come al solito.
A Rin sembrò quasi nervoso.
Lei allontanò il telefono dall'orecchio e premette velocemente alcuni tasti: era un trucchetto che quel dispositivo le permetteva di fare, ovvero attivare il l'altoparlante o altre funzioni del dispositivo ricevente. Rendeva il lavoro per certe operazioni, come questa di Kamino, più semplice.
Accostò il cellulare nuovamente all'orecchio.
-Non muovetevi. -fu tutto quello che riuscì a dire prima che la gola le si seccasse per l'ansia. Poté udire la sua voce ovattata dalla parete che la separava dall'interno del bar. L'Unione dei Villain era lì, riunita; e anche Bakugō, il ragazzino che avevano rapito era lì.
L'ispettore Tsukauchi le ordinò di allontanarsi e non staccare la chiamata velocemente, prima che All Might, l'eroe numero uno in assoluto, sfondasse la parete che li separava dalla banda di villain.
Dopo quel momento Rin ricordava ben poco; Hostage non aveva fatto molto. Un eroe che era sceso in campo da poco li aveva bloccati con il suo quirk, che rendeva i suoi arti legno, per sicurezza.
Lei si limitò ad appiattirsi contro una parete, dato che la sua utilità si esauriva a quel punto. I suoi occhi azzurri erano puntati su Dabi, ma stranamente non erano freddi come al solito. Sbarrati, stupiti come se lo vedesse per la prima volta, quasi preoccupati in mezzo a tutto quel colore blu chiaro e fresco come la pioggia di settembre.
Per un attimo Dabi ricambiò il suo sguardo: al contrario di Rin, lui sembrava irritato. Una venatura scura d'ira increspava il mare nei suoi occhi, e le onde venivano generate da una sensazione di essere stato tradito.
Dabi digrignò i denti, fissandola come se in quella cazzo di marmaglia ci fosse solo lei: "non ne sapevi niente, eh?" sembrava chiederle, sarcastico come al solito ma pieno d'odio.
Vedendo che Rin continuava a fissarlo con quello sguardo da pesce lesso, portò la concentrazione sul suo telefono; nessuno era in grado di muoversi perché Hostage aveva bloccato tutta la squadra con il suo odioso quirk.
Quello che Rin non gli aveva detto era che l'effetto era temporaneo quando il bersaglio del suo potere era più di uno; con la sua stessa sorpresa, Dabi riuscì a chiudere la chiamata.
Tentò di attivare il suo quirk, per dare alle fiamme i rami di quell'eroe da strapazzo ma un vecchiaccio con il costume giallo gli venne addosso e per lui divenne tutto buio.
Rin si lasciò sfuggire un sospiro sorpreso quando Gran Torino calciò Dabi in pieno viso; sembrava quasi fosse tornata una tirocinante, e quella fosse la sua prima esperienza sul campo. Come se non avesse catturato più di venti trenta nello stesso modo.
Quella era stata Hostage però, non Rin, o almeno così si diceva lei.
Cosa avrebbe potuto dire a Dabi se la fosse venuta a cercare, magari per vendicarsi? Che Hostage e Rin erano due persone distinte e separate? Che idiozia.
Chiuse il cellulare e fece qualche passo indietro, nascondendosi meglio tra le uniformi scure. Risaltava terribilmente poco con il suo costume nero.
Nessuno sembrava dare importanza a lei; sembravano essersi dimenticati persino di Dabi, svenuto tra i rami di Kamui.
Fu tutto così veloce, odiosamente inarrestabile, il modo in cui la situazione degenerò.
Un disgustoso quirk venne attivato da remoto e dei warp gates si formarono, fatti di melma marroncina e puzzolente. Sembrava quasi uscire come vomito animato di vita propria dalle bocche dei villain, e in un attimo sparirono tutti da quella stanza, trascinandosi dietro il ragazzino rapito. Dei nomu uscirono da portali analoghi; contro quelle orrende creature Hostage non poteva nulla. Era così inutile.
Imprecazioni si sollevarono dagli eroi e dai poliziotti; All Might si lasciò il bar alle spalle per inseguire i villain veri e propri, affidando i nomu agli altri eroi, soprattutto a Endeavor.
Hostage, inutile eroina che era servita solamente per immobilizzare i criminali per qualche istante, e poi nulla. Avrebbe benissimo potuto andarsene, così lo fece.
Tsukauchi la vide ma non disse nulla; forse anche l'ispettore aveva capito cosa Hostage provava. Quello non era il suo campo. Forse anche lui si chiese perché avessero richiesto il suo aiuto.
┉┉┉
Rin aveva percorso la zona evacuata di Kamino con surreale calma.
Avrebbe di gran lunga preferito essere fatta a brandelli da un villain o da un nomu, tutto pur di non sentirsi inutile, impotente davanti alla battaglia. Ma non era neppure la sua battaglia; la sua era appena strisciata in un vicolo buio.
Dabi era ancora stordito: camminava barcollando e trascinando i piedi. Gli stivali neri erano ancora più sporchi del solito, i pantaloni erano macchiati di melma e polvere, così come il cappotto, ancora più strappato di prima.
Sangue. Sangue gli colava dalla fronte, poco sotto l'attaccatura dei capelli, dove l'aveva colpito il vecchio eroe; la ferita non era profonda ma il sangue colava lo stesso, macchiando la sua pelle, infilandosi negli occhi. Gli appiccicava i capelli alla fronte, le ciglia alle palpebre, le labbra una contro l'altra. Era così fastidioso.
Un dolore pesante si era depositato proprio sul suo collo, sulla spina dorsale, come se qualcuno l'avesse pugnalato tra le vertebre e avesse lasciato l'arma del delitto a marcire nella sua carne.
Si appoggiò con la schiena al muro, reggendosi in piedi a stento.
Nessuno a parte Mister Compress si era accorto che Dabi era strisciato via miseramente; preferiva così. Forse Toga avrebbe provato a fermarlo, ma Compress era un adulto maturo e l'aveva lasciato andare. Malconcio com'era non sarebbe andato lontano.
I passi di Rin erano leggeri sull'asfalto; si introdusse nel vicolo subito dopo l'ombra scura che riconobbe bene.
-Dabi. -si fece sentire, esitante.
Lui era seduto sul pavimento, dietro un cassonetto mezzo vuoto e maleodorante. Non alzò neppure lo sguardo su di lei e non le diede la soddisfazione di riconoscere la sua presenza.
-Stavo facendo il mio lavoro e tu stavi facendo il tuo, puoi davvero biasimarmi? -chiese con una voce incredibilmente bassa, spezzata dalla stanchezza.
Fece qualche passo cauto verso Dabi, quasi fosse una belva pericolosa e si accovacciò così che le loro facce fossero allo stesso livello.
Deglutì il groppo che le chiudeva la gola, fatto d'ansia e un senso di colpa lieve come il sentore di autunno nell'aria.
Dabi la ignorò ancora una volta, concentrato sul suo costume da hero, come a ricordarsi che aveva pur sempre a che fare con uno di quegli ipocriti bastardi.
Respirava lentamente, quasi a fatica.
-Sei... Sei una brutta troia bugiarda. -biascicò. Avrebbe tanto voluto sputarle addosso, in tutta onesta, ma le labbra erano impastate assieme dal sangue incrostato.
-L'ho fatto solo per il ragazzino. Avrei detto di no altrimenti. -mugugnò lei in risposta, smettendo di cercare il suo sguardo. Però era sollevata dal fatto era riuscita a non sembrare sconfitta, dispiaciuta.
-Non me ne fotte niente. Sei una puttana traditrice e bugiarda. -adesso era lui a cercare il suo sguardo, come se cercasse forme particolari nelle nuvole che le annebbiavano la vista. Una spada, un pavone, una mano e tante altre che ancora doveva identificare.
-E tu sei un cazzo di villain. Siamo pari no? Sei un bastardo che ha attaccato dei ragazzini con la sua banda di malati mentali! -quasi urlò. Dovette sforzarsi per tenere la voce al minimo. Il cuore le batteva forte da dolerle.
Con un movimento fulmineo, Dabi afferrò quella testa bionda che gli tremava davanti come un cagnolino bastonato; tirò quei suoi capelli chiari e l'alzò, spingendola contro la parete opposta del vicolo. Anche lui si alzò, gettando il suo peso sulla mano che le stringeva ai capelli e la teneva pressata al muro per stare in piedi.
-Stai zitta. -le intimò con aria minacciosa. -Dovrei ucciderti. Siamo nemici, come hai sottolineato tu. Siamo su fronti opposti. -
Diede uno strattone più forte di prima ai suoi capelli, forzandola ad alzare la testa. Odiava il fatto che neppure un suono lasciò quella sua boccuccia rosa.
Le mano sinistra di Rin stringeva forte il polso di lui, mentre la destra stringeva quel suo inutile cellulare.
-Smettila. Lasciami andare! -provò a spingerlo via, inutilmente. Era più alto di lei e anche più forte; a quel pensiero la paura più pura sembrò riversarsi nelle sue vene.
-Perché? Sembravi contenta di vedermi. -la mano sinistra di Dabi afferrò la mascella di lei, forzando i loro sguardi a scontrarsi. Persino lui riusciva a vedere chiaramente quella paura che Rin stava provando, ed era estremamente attraente. Una splendida vista. -Sei persino venuta a trovare me e i miei amici... Pronta ad arrestarci, vero? Scommetto che ti faranno così tanti complimenti se adesso mi arrestassi tutta da sola... Ma sarei troppo buono se te lo lasciassi fare. -
Strinse la presa sulle sue guance, affondando le unghia nella carne tenera.
-Troveranno solo te, con cicatrici peggiori delle mie. Non ti sembra una buona idea? -
-Dabi! -Rin lasciò cadere il cellulare per terra e entrambe le sue mani andarono sulle spalle di lui, affondando nella stoffa lercia del cappotto nero.
-Fermati. Mi dispiace, va bene?! Mi sento una cazzo di stupida, ma non ho nulla contro di te. Non conosco neppure le altre persone dell'Unione... Amici tuoi, non so. Ti ho detto perché l'ho fatto. -provò inutilmente a scalciare, a spingerlo via ma sembrava piantato a terra, a fissarla con quei suoi occhi freddi.
-Questo lo chiami "non avere nulla contro di me"? -sbraitò lui, indicandosi la ferita che ancora sanguinava. La polvere e forse anche qualche briciola di cemento doveva essersi infilata in quel taglietto, perché bruciava. Cazzo se bruciava.
-Posso disinfettarlo? -chiese con un tono sommesso, arrendevole.
-Vuoi giocare a fare l'infermiera adesso? -
-Dico davvero... Per favore, lascia che ti aiuti. Sono inutile per qualunque altra cosa, lasciami fare almeno questo. -Rin smise di cercare di divincolarsi. Le sue mani si avvicinarono lente al viso di lui, ma il ragazzo le schiafeggiò via.
-Fammi nascondere in casa tua per un po' e considererò l'opzione di non bruciarti viva. -si spinse via dal muro, dandole via libera per muoversi.
Prima che Rin potesse cominciare a fare strada, le afferrò i capelli nuovamente, da dietro.
Lei strinse gli occhi e trattenne un patetico gremito di dolore.
-Azzardati a consegnarmi agli sbirri e non vivrai per raccontarlo. -sussurrò. -Intesi? -
┉┉┉
Tornarono all'appartamento di Rin con la sua auto; Dabi non sapeva neppure Rin avesse la patente.
Fu poco più di un'ora di viaggio appesantita da un silenzio glaciale.
Nel frattempo era arrivata l'alba con le sue sfumature dolci.
Fecero appena in tempo a infilarsi nell'ascensore; questa volta, Rin si preoccupò di coprire temporaneamente la telecamera al suo interno con del nastro isolante che aveva trovato in auto.
Usciti da lì, si affrettò ad entrare in casa, seguita da Dabi che ancora barcollava un po'.
Praticamente lo costrinse, in totale silenzio e con un'espressione preoccupata, a farlo sedere per terra in bagno mentre gli disinfettava la ferita sulla fronte e controllava che non ne avesse altre. Fortunatamente era a posto. Le toccò applicare dei piccoli, grossolani punti di sutura; grazie al cielo, durante il suo periodo di tirocinio dello UA si era dedicata al soccorso e aveva un minimo di conoscenza al riguardo.
Lui era seduto per terra, cone gambe incrociate e lo sguardo di un adolescente annoiato; di tanto in tanto sussultava e Rin buttava fuori un sospiro che assomigliava a uno "scusami".
-È per sentirti meglio? -le chiese mentre lei metteva a posto gli oggetti che aveva usato per medicargli le ferite.
-Ti senti meno... Non so, in colpa, ora che mi hai trascinato qui? -
-Non mi sento in colpa. Stavo facendo il mio lavoro. -Rin provò a sostenere il suo sguardo attraverso lo specchio ma si arrese poco dopo.
-Allora perché mi aiuti adesso? È anche quello il tuo lavoro? -
Rin scosse la testa e si voltò, fronteggiandolo, ma tenendo lo sguardo per terra.
-Non lo so. Forse perché sono sola. -
Indossava ancora quel fastidioso costume da eroe; indossarlo cominciava a darle un prurito strano, come se tutto d'un tratto fosse diventata allergica al materiale.
Fece qualche passo avanti, più vicino a lui.
-Dovresti farti qualche amico del tuo stesso ambiente. -Dabi piegò il collo per continuare a guardarla negli occhi, anche se lei distoglieva in continuazione i suoi.
La sua mano destra si posò sul polpaccio di lei, e scese, finché non si avvolse attorno alla caviglia.
Rin fece un passo indietro, ma Dabi la trascinò nuovamente in avanti.
-Ne abbiamo già parlato... -
-Non intendo un eroe. Un civile, qualcuno che non ti conosce già... In ogni caso non me ne fotte niente. E dubito qualcuno vorrà mai avere a che fare con una troia bugiarda come te. -la usò praticamente come sostegno per alzarsi in piedi, ritrovandosi nuovamente a guardarla dall'alto in basso.
-Smettila. -Rin gli diede uno spintone sul petto e si allontanò, avvicinandosi alla porta scorrevole mezza aperta. Aveva un'espressione strana in volto, quasi volesse rimanere neutrale ma il suo stesso corpo la tradisse.
-Questa è la prima e ultima volta che ti aiuto. -
-Come dici tu, bambola. -
Dabi si chiuse in bagno per fare una doccia dopo quella conversazione ostentata; come l'ultima volta, Rin gli prestò una maglia di suo fratello e dei pantaloni morbidi che le stavano troppo larghi.
Anche Rin si era cambiata, finalmente godendosi la comodità di vestiti che non le stavano attaccati come una seconda pelle.
Si sistemò gli occhiali sul naso, intenzionata a dare un'occhiata alle notizie riguardo Kamino. Ma si arrese ancor prima di prendere in mano il cellulare: era stata inutile, a differenza di tutti gli altri eroi. Aveva solo dato un piccolo, inutile aiuto.
L'idea di vedere foto di altri eroi feriti, mentre combattevano e aiutavano i civili feriti, la faceva stare male; allo stesso tempo, Rin odiava quella sensazione perché era immotivata. Lei aveva smesso di amare l'idea di essere una hero ancor prima di diventarlo; aveva dato sangue e sudore ma tutto quello che vedeva davanti a lei era un miscuglio della fatica sprecata, di sacrifici, di ricordi che odiava con tutta sé stessa e tanta ipocrisia. La sua, quella degli eroi e quella dei civili. Ma chi era lei per giudicare comunque? Un'eroina che probabilmente si potrebbe definire corrotta, sola e molto vicina a mandare tutto all'aria solo perché non era come lei l'avrebbe voluto.
Dabi uscì dal bagno tenendosi la testa, mentre l'altra mano poggiava al muro; dopo un colpo così forte sferrato da quel vecchio eroe, Rin non poteva biasimarlo.
Gli tese una mano, ma lui la scacciò via quasi con astio.
Eppure non se n'era ancora andato. Lui stesso so chiedeva perché: forse perché quell'appartamento gli regalava ancora quella strana sensazione di casa. Le luci urbane illuminavano l'interno, creando giochi di colori e penombra, così semplici eppure interessanti. Suddette luci facevano giravolte e capriole sui capelli mossi di Rin, illuminando le punte di colore blu che non aveva mai notato.
C'era sempre un piccolo dettaglio nuovo di lei, quasi fosse lei stessa a decidere di cambiare per fargli una sorpresa.
Non appena si riprese da quel fugace capogiro, Dabi si appoggiò con la spalla all'uscio del salotto.
-Hai quelle sigarette da snob? -le chiese con le braccia incrociate con noncuranza.
Rin annuì e passò oltre lui, entrando nel salotto. Indicò un pacco di sigarette, casualmente abbandonato su una mensola e aprì la finestra.
Nonostante le luci fossero sempre le stesse, fuori era stranamente silenzioso. Non c'era il solito movimento in strada, e Rin sapeva benissimo che era a causa di ciò che era successo a Kamino e che si era concluso da poco; All Might, l'eroe numero uno del Giappone, il simbolo della pace, era tramontato proprio mentre iniziava ad albeggiare.
Rin non voleva pensarci. Sapeva che sarebbe stato tutto in salita da lì in poi.
Il cielo era dipinto di un indaco timido, e fuori faceva sorprendentemente freddo; era l'aria fresca, frizzante, che si insinua nelle ossa e da brividi piacevoli. Il tipo di aria fresca che porta con sé odore di pioggia e profumi caldi e dolci di leccornie autunnali.
Ma l'unico profumo che Rin sentì quando inalò a fondo l'aria mattutina, fu quello dolciastro dei fiori blu.
Girò gli occhi solo per vedere Dabi, estremamente vicino; la sua spalla toccava il braccio di lui, che si rilassava con una sigaretta che pendeva dalle sue labbra.
-Dabi, posso farti una domanda? -fece lei all'improvviso. Per quella sera si rifiutò di fumare: l'aria del mattino, così fresca e pungente, era più che abbastanza.
-No. Stai zitta, lo dico per il tuo bene. -le ringhiò contro, lasciando andare il fumo che aveva tenuto per poco.
-Solo una e ti lascerò in pace. -insistè lei e prima che lui potesse ribattere o fermarla, Rin fece la sua domanda.
-Perché l'Unione dei Villain ha rapito Bakugō? Insomma, cosa avevate intenzione di fare con un ragazzino? -
Dabi sospirò stanco. Ormai il piano era andato a puttane, cosa che lui aveva previsto fin dall'inizio, quindi che male c'era a rispondere? Le autorità l'avrebbero comunque saputo direttamente dal ragazzino, che era sicuramente stato recuperato. Non sapeva nulla di come era finita quella storia, forse Rin sapeva ma lui non aveva voglia di chiedere.
-Il capo era convinto di poterlo convincere a passare dalla nostra parte. -prese un altro tiro dalla sigaretta bianca e blu. -Per come si è comportato al festival sportivo dello UA... Quella scenata imbarazzante, sai... -
-Capito. -Rin annuì, onestamente un po' spiazzata. Bakugō si era comportato in modo... Eccentrico, per così dire; anche gli insegnanti, legandolo al podio, non avevano fatto chissà cosa per far capire che in realtà era un ragazzino con buone aspirazioni come i suoi compagni. Rin non poteva biasimare il capo dell'Unione, conosciuto come Shigaraki Tomura, per aver pensato qualcosa del genere.
Incrociò le braccia e le posò sulla ringhiera fredda, sporgendosi leggermente; il vento le accarezzava la pelle delle braccia, del viso e del collo in modo piacevole.
Ad essere onesta, avrebbe tanto voluto chiedere un'altra cosa a Dabi, ma gli aveva promesso che non l'avrebbe più importunato.
Lo guardò di sottecchi fin quando non buttò il mozzicone della sigaretta dal balcone; il suo sguardo si spostò sul piccolo oggetto che cadde fino a scomparire lontano dalla sua vista.
La sera che si era presa cura di Tōya, il figlio della sua vicina di casa, Dabi se n'era andato via silenzioso non appena si era addormentata. Ciò che la mattina dopo l'aveva lasciata con la gola asciutta per lo stupore era stato il fatto che si fosse disturbato a stendere sia il piccolo Tōya che lei sul letto.
Probabilmente non c'era neppure un particolare motivo per cui l'aveva fatto; avrebbe scrollato le spalle e basta, quindi Rin si accontentò di quella risposta fittizia.
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