𝟢𝟦. 𝗶 𝗸𝗻𝗼𝘄 𝗽𝗹𝗮𝗰𝗲𝘀

Due giorni.
Due giorni senza sentire quello sguardo pungente puntato su di sé durante i turni di ronda.
Un paradiso; la sensazione di essere osservata non le era mancata affatto, ed era stata serena sapendo di non avere un villain coperto di cicatrici al seguito.
Tuttavia, si sentiva un po' sola. Perché almeno, quando Dabi la seguiva, sapeva di essere in compagnia di qualcuno.

La disperazione aveva il sapore più strano del mondo; tutte le emozioni lo avevano, però la disperazione ognuno la sperimentava nei modi più disparati. E il sapore di mare, tè verde, asfalto bagnato, birra e tabacco non era male; mescolato a quell'odore dolciastro così familiare ma che non riusciva a indovinare... Oh, che buono. Se fosse stato un profumo di qualche marchio importante l'avrebbe comprato, l'avrebbe odiato, ma l'avrebbe sfoggiato in giro. Avrebbe mostrato al mondo il suo odio e la sua sensualità, il controllo che in realtà non aveva su sé stessa.

Rin aveva sempre l'istinto di leccarsi le labbra, trascinando via un po' di rossetto, ogni volta che pensava allo sconosciuto che non vedeva da due giorni e al sapore della disperazione che le faceva assaggiare.
Non vedeva l'ora di scoprire gli altri sapori della sua disperazione.
Perché, quanto bisognava essere disperati per attaccarsi immediatamente alla presenza va e vieni di un criminale?

Il cielo era un miscuglio confuso di rosso e arancio, decorato di un blu troppo debole che piano sfumava nell'indaco e nel rosa.
Le stelle cominciavano ad apparire, punteggiando il cielo vellutato, caldo.
Rin aveva finito il suo turno di ronda già da qualche ora, immergendosi poi nel privato relax del suo appartamento in centro. Non era molto grande ma in compenso era diviso in stanze funzionali e aveva tutte le comodità necessarie e anche superflue: un soppalco con una ringhiera di metallo piegato in eleganti foglie di acanto; una vasca da bagno che a Rin sembrava immensa quelle rare volte che aveva voglia di usarla, con tanto di opzione idro-massaggio; e un panorama mozzafiato su Tokyo, dal salottino semplice. Piccolo non voleva dire poco costoso, ma Rin poteva permetterselo.

Di sera, il panorama, diventava un collage di strisce scure con finestrelle di luce bianca o dorata; le auto erano rumorose, come al solito, e molto sommesso era udibile il chiacchiericcio più vario.

Rin aprì la finestra di vetro, lasciando che il suono riempisse il silenzio di casa sua. Prese un respiro profondo.

Aveva una strana sensazione: sentiva di dover fare qualcosa ma neppure lei capiva cosa.
Il cellulare giaceva abbandonato sul tavolinetto di vetro colorato di nero, assieme ad un pacco di sigarette, l'accendino, il piatto dove aveva consumato la cena e un bicchiere di whisky quasi vuoto.

Rin si morse il labbro inferiore, mentre un'idea le si formava in testa.
Uscì dal salotto con passo esitante. I piedi nudi che neanche facevano rumore sul parquet del più delicato dei beige.
Aprì la porta di una stanza che non aveva un senso fin dall'acquisto dell'appartamento, in cui aveva depositato tutto ciò che aveva a che fare con la sua carriera da eroe. Una scrivania dava un'identità alla stanza, piena di scartoffie impilate ordinatamente ma che Rin non aveva molta voglia di rivedere. Il cellulare giaceva lì. Quel cellulare scuro come pece, adattato al suo quirk che aveva immediatamente assunto un'aura diversa dal solito: sembrava starla mettendo in guardia, perché aveva toccato il fondo da un pezzo e se voleva continuare a vivere normalmente doveva cominciare a risalire.
Si rigirò l'oggetto tecnologico prodotto apposta per lei tra le mani.
La sua vita era normale solo all'apparenza; nessuno sapeva davvero quello che aveva passato e nessuno si preoccupava di chiedere. O meglio, qualcuno sapeva ma facevano finta di nulla. Altri avevano tagliato Rin via dalle loro vite.
Bastava un bel corpo su uno schermo illuminato per splendere; se non fosse stato per la faccia seria e il carattere poco incrine alla socialità di Rin sarebbe anche stata tra i primi venti hero più popolari in Giappone.
Anche se la vita di Rin era noiosa, il suo cammino era comunque costellato di ansie e pensieri inutili. Allora perché non renderla piena di grattacapi e dubbi, ma eccitante?

Sospirò e tornò nel salotto con il telefono speciale in mano.
Finì il whisky e prese in mano il suo cellulare personale. Rubrica aperta e iniziò ad inserire tra i contatti il numero a cui aveva telefonato due giorni prima.
Fissava le cifre intensamente, mentre il cuore le batteva un po' pompando il sangue e l'adrenalina del fare qualcosa di proibito, proprio come le ragazzine di quindici anni con i fidanzati, sui sedili posteriori di un auto abbandonata in periferia.
Forse era quella sensazione che non aveva mai veramente provato, cresciuta troppo in fretta com'era. Voleva riprendersi l'adolescenza rubata, le scelte sbagliate e la strana luce di vitalità negli occhi che le era stata spenta troppo presto.

Finalmente si decise, con il senno a puttane, e premette il pulsante per chiamare quel numero.
Uno squillo. Due. Tre. E Rin sperò un attimo che non rispondesse. L'infinito sembrava passare tra uno squillo e l'altro.
Invece...

-Pronto? -la voce un po' raspante e bassa di Dabi si fece sentire dall'altro capo della linea. Non aveva il tono che aveva usato con Rin le volte in cui avevano interagito; era più serio e sicuramente non stava facendo nulla di bello. Rin si sforzò di non pensare al sangue che avrebbe potuto avere sulle mani o la cenere sugli abiti, mentre le rispondeva.

-Sono Hostage. -
"E sono davvero stupida. L'ho davvero chiamato, con il mio cellulare privato."
Silenzio assoluto dall'altro capo del telefono per qualche istante.

-Bambola! Ti sono mancato? -Rin poté chiaramente sentire il ghigno che gli deformava le guance e tirava i piercing che sembravano tenergli assieme la pelle. Poté quasi sentire il dolore sulle sue stesse guance.

-No. -nascose un sorrisetto nervoso ma compiaciuto, arricciando le labbra sbavato di nero. Doveva aver decisamente perso la testa, e non nel senso buono. Era impazzita. -Ti va di offrirmi un po' di vodka? O meglio, un la vie en rosé? -si prese una ciocca di capelli e cominciò ad attorcigliarla attorno all'indice. Quel comportamento civettuolo veniva fuori di rado, così di rado, che Rin stessa non sapeva se era semplicemente un lato particolare del suo carattere o una messinscena. Però era divertente.
Forse non avrebbe dovuto rischiare; una vocina continuava a urlare sul fondo labirintico della sua mente, pregandola di riattaccare e bloccare il numero come una stronza.

-Oh, ci piacciono le cose pesanti... -il tono un po' canzonatorio celava lo stupore di Dabi, che dall'altro lato era rimasto spiazzato dalla facilità con cui Hostage si era fatta corrompere. No, non si era fatta corrompere; semplicemente doveva essere stanca, incuriosita. Voleva solo giocare, anche lei. -Fatti trovare tra un'ora davanti al vicolo dove ci siamo incontrati, mh? -si infilò una mano nella tasca dei pantaloni.
Ci sarebbe stato da divertirsi.

-Va bene. -mugolò Rin. Era fatta, adesso tirarsi indietro era impossibile.
Sentì la linea concludersi, segno che Dabi aveva riattaccato.
Anche lei, allontanò il cellulare dall'orecchio, e si alzò dal divano su cui si era seduta mentre parlava.

Era sicura che quell'ora sarebbe volata.
Si trascinò sotto la doccia, e una volta uscita da lì la sfida fu scegliere qualcosa da mettere.
Dopo un discreto numero di minuti passati a fissare con occhi vacui l'armadio e il suo contenuto tirò fuori dei pantaloncini di jeans larghi, strappati e sfilacciati così tanto da sembrare quasi una gonna a campana che non raggiungeva neppure la metà dei femori; ai piedi mise un paio di stivali con il tacco, anche loro larghi e volutamente sgualciti fin su al ginocchio. Una maglia bianca e dolcemente scollata completò il quadro. Nella borsetta a tracolla mise le sigarette, le chiavi e il telefono.

Prima di abbandonare casa sua si spruzzò quel pungente profumo che le piaceva tanto. La fragranza fresca invase le sue narici, migliorandole l'umore.
Così, segretamente agitata ma visibilmente eccitata, era sgattaiolata via come se stesse scappando di nascosto dai genitori, cosa che non aveva mai fatto neanche una volta per tanti motivi.

Era tardi: il cielo si era colorato di blu scuro, e i cittadini onesti si erano ritirati nelle case. Fuori erano rimasti gli animali notturni, le bestie con i sorrisi aguzzi, gli occhi affilati e scattanti, i cuori palpitanti e temporaneamente privi di qualsiasi umanità. Almeno così la vedeva lei.

Rin finì di sistemarsi un invitante rossetto aromatizzato alla citronella e arancia sulle labbra. Uno di quelli che ti bruciano le labbra come un bacio forzato, ma che te le fanno diventare un po' più paffute e piacenti.

Quello fino al vicolo era lo stesso tragitto che faceva con ogni ronda, solo più corto. Solitamente pattugliava tutto il quartiere, ma quel giorno si sarebbe fermata a metà, perché quello che stava facendo era tutt'altro che lavoro.

-Bambola! Fa strano vederti senza costume da eroe. -Dabi le si avvicinò e le mise il braccio sinistro attorno alle spalle. La squadrò per bene, studiando il modo in cui era vestita, fin troppo discostante dal costume a cui si era abituato in quei pochi giorni. -Beh, mi aspettavo qualcosa di più audace... Sexy magari, ma capisco che chiedevo troppo. -le offrì un sorriso di scherno, in qualche modo attraente anche con i ferretti che gli tiravano la pelle.

Rin incrociò le braccia, come a proteggersi da un'invisibile minaccia, ma il suo sguardo era puntato su di lui come un fucile da caccia.
Il villain emerse del tutto dal buio del vicolo, come se avesse appena fatto una nuotata in esso, e Rin lo scrutò dalla testa ai piedi. Era così come lo ricordava, con quelle cicatrici che gli costernavano la pelle; sembrava in disperato bisogno di ricevere un qualche trattamento, o sarebbe caduto a pezzi.
"Poveretto, deve fargli male."
Nuovamente, sentì l'impulso di collidersi con uno specchio, non che se ne fosse davvero andato. Seriamente si era preoccupata per lui?

-Giù le mani. -Rin scrollò le spalle, e Dabi rimise le mani in tasca. -Allora? Dove si va? -squadrò velocemente il viso indecifrabile del suo accompagnatore, prima di riportare lo sguardo sulla strada.

-Ti porto a Kabukichō. Quel locale che ti avevo accennato. -affermò Dabi. Senza il costume, mimetizzarsi sarebbe stato sicuramente più semplice per lei, e questa volta non sarebbe stata troppo a rischio di occhiatacce o attenzioni non gradite. E lui sarebbe stato più tranquillo. -Devo ammettere che preferisco quel body che metti. -ridacchiò. Lanciò uno sguardo furtivo a Hostage, senza notare però le gote arrossate della ragazza.
Lei non rispose a quel commento, sapendo già cosa stava passando per la testa del villain. Non riusciva a farci davvero caso, a dare un peso a quella cosa. O meglio, aveva un peso che le gravava in modo sconfortante sulle spalle, ma era in qualche orrendo modo abituata.
Dabi, dal canto suo, non forzò una conversazione; Hostage avrebbe parlato quando più le faceva comodo. Aveva afferrato che non era una tipa da molte parole.
La vide rovistare nella piccola borsa che aveva al seguito, ed estrarne un pacco di Marlboro Ice blast, quelle forti al mentolo con il pacchetto nero e blu, le sigarette per ricconi snob, le chiamava lui. Costavano troppo per un cazzo di pacchetto di sigarette e bruciavano la gola così tanto le prime volte.
Hostage se ne mise una tra le labbra, un gesto semplice che Dabi trovò estremamente attraente, con quel contrasto del nero della sua bocca e del tubicino bianco delicato e blu elettrico come un fiore.

-Ne vuoi una? -gli chiese, con un tono quasi gentile. Se non fosse stato per quello sguardo di ghiaccio che sembrava passargli attraverso.
Dabi annuì, e Hostage gli porse una di quelle eleganti sigarette rinfrescanti e snob come poche. Costavano di più di quelle normali, perciò era solito evitarle; le sue già limitate risorse ne avrebbero risentito. Improvvisamente, riusciva a vedere Hostage sotto una nuova luce: una graziosa donna con dei bei soldoni, che con un po' di lusinghe e buon sesso avrebbe potuto viziarlo.
Anche lui si sistemò la sigaretta, reggendola con i denti.

-Ah cazzo... -inveì lei sommessamente, con la sigaretta incastrata tra le labbra.

-Che succede, bambola? -Dabi portò la sua attenzione su di lei. Non che gli interessasse davvero, ma era divertente prenderla in giro alla prima occasione. Infondo era per questo che si era preso la briga di passare del tempo con lei: prenderla in giro. E per i possibili soldi.

-Ho dimenticato l'accendino a casa... Ne hai uno? -gli rivolse un'occhiata speranzosa, sperando di ottenere il favore.

-No problem, l'accendo io per te. -ghignò.
In seguito, Dabi avvicinò il dito indice alla punta della sigaretta di Rin. Una scintilla ed eleganti linee di fumo cominciarono a salire dall'oggetto.
Rin prese un tiro, con un'espressione indecifrabile in volto. Lo studiava come se avesse appena fatto qualcosa di schifoso e imbarazzante, anche se non voleva davvero.

-Grazie... -sussurrò, mentre ancora fissava stranita la sigaretta, come fosse un'anomalia. Al posto dei soliti puntini luminosi aranciati, il blu risplendeva mentre la cenere del tubicino si staccava e cadeva lenta a pezzi. Rin dovette ammettere che le fiamme blu si abbinavano di più con quella sigaretta rinfrescante.
Dabi si fermò dinanzi a lei, chinandosi e facendo combaciare le punte delle loro sigarette.
Un atto così disinvolto, ma che e Rin sembrò come un gesto intimo, un bacio. Sentì il calore sulle guance, e rimase un po' delusa quando Dabi si allontanò fumando la sua sigaretta.

┉┉┉

-Comunque, spero tu non sia troppo stanca stasera. Non ho intenzione di lasciarti in pace ora che sei così vulnerabile... Senza costume da hero, nel mio territorio. -

Rin sollevò lo sguardo, fino a postarlo sugli sprazzi d'oceano che erano gli occhi di Dabi.
Avrebbe tanto voluto urlare, perché quel tipo di attenzioni non le facevano mica schifo; ma al tempo stesso aveva paura, e voleva urlare terrorizzata. E se si fosse aspettato davvero qualcosa alla fine della serata? Lei voleva solo bere un drink pesante con una poco conveniente compagnia, non immaginava altro.
Si strinse nelle spalle, ignorando un'altra volta quel genere di commenti e fissando il suo sguardo per terra. Sperava solo Dabi non si incazzasse per tutto quel silenzio che gli stava dando.

Per arrivare a Kabukichō, parecchio distante dal loro punto di incontro, presero un taxi. Non si sentiva mai sicura a prendere quei mezzi, soprattutto di notte, di fianco ad uno sconosciuto imprevedibile.
Il percorso fu quasi silenzioso; se solo non fosse stato per la radio accesa dell'autista, che rilasciata le forti note di una canzone pop americana fusa ad un leggero statico.
L'autista squadrava Rin di sottecchi, ma distoglieva lo sguardo ogni volta che Dabi lo fissava attraverso lo specchietto.

Scesero direttamente alle porte del quartiere, con l'autista che augurava loro una bella serata con voce tremolante.

-Come mai hai chiamato me? Non hai compagne del liceo con cui uscire? -Dabi spezzò quell'odioso silenzio che Hostage si ostinava a tenere in piedi. Era dubbioso riguardo a quello: era una hero, popolare e carina, avrebbe sicuro avuto qualcuno al seguito. E i suoi vecchi compagni di liceo, sottoposti, altri eroi o persone comuni che lavorando per lei avevano avuto occasione di conoscerla. Era impossibile che fosse sola al punto da rivolgersi ad un villain per un po' di compagnia.
In risposta, la vide scuotere la testa e gli ondulati capelli biondi la seguirono.

-Non ho amici. -rispose Rin, con tono piatto. Era triste da dire, ma non aveva nessuno oltre sua sorella maggiore, ma lei era felicemente sposata con la sua compagna e due gemellini; automaticamente, non aveva molto tempo per la sua problematica sorellina che continuava a cacciarsi nei guai.

Dabi le toccò con leggerezza la spalla, e una volta conquistata la sua attenzione le indicò quello che aveva l'aspetto di essere un night club. "Scarlet Geisha's Lair" in neon rosso sangue scintillava e ronzava sulle loro teste, e gruppi di insetti gli volavano attorno.
Rin seguì il ragazzo all'interno del locale, immergendosi in un'atmosfera nuova a lei. Un remix fin troppo odioso della stessa canzone che avevano sentito sul taxi faceva quasi tremare il pavimento mentre le luci fendevano il buio come lame con i loro colori psichedelici.

Dabi si abbassò nuovamente, tanto da arrivare a parlare direttamente nell'orecchio di Rin, già preparata a ricevere un altro commento sconcio.
-Rimani con me, non ho voglia di cercarti in mezzo a questo bordello. -con gli occhi affilati puntava alla folla di persone che ballavano, disordinatamente ammassati sulla pista da ballo.
Rin annuì energeticamente, sollevata dal fatto che avrebbe potuto contare sulla presenza di Dabi.

Anche in mezzo a quella folla sudata, movimentata come il mare, vogliosa di divertimento come una femme fatale, violenta come una coltellata; anche lì, Rin riusciva a sentire l'odore di Dabi. L'olezzo della carne bruciata, una lieve nota di birra e tabacco, e qualcosa simile al lime e aghi di pino. Doveva essersi lavato prima di incontrarla nel vicolo. E ovviamente, non poteva mancare quell'odioso profumo, così tanto dolce da risultare quasi amaro; Rin riusciva a figurarsi un fiore blu elettrico da cui veniva, fiori eleganti che crescevano nell'aiuola dei vicini della sua casa d'infanzia; non andava in quel posto da anni ormai, non ci viveva più, né lei né i suoi genitori.
Finalmente riconosceva il profumo, dove l'aveva già sentito, ma non conosceva il nome di quel dannato fiore stupendo.

-E comunque non ci credo che non hai amici. -le disse lui, prima di afferrarla con poca grazia per l'avambraccio e trascinarla attraverso le persone fino al bancone bar. -UN BLUE HAWAIIAN E UN LA VIE EN ROSÉ! -urlò dopo aver catturato l'attenzione di una delle bariste.
"È davvero carina." Rin osservò la ragazza che stava preparando i loro drink, in ognuno dei suoi movimenti esperti.

-È vero. Ho solo mia sorella maggiore, ma lei vive nei pressi di Ginza con sua moglie. -affermò a mezza voce Rin, senza staccare gli occhi dalla bella cameriera. Non prese neanche in considerazione di parlare dei genitori: erano entrambi ricoverati nella clinica Fujitani ormai da un paio d'anni.
Dabi era dietro di lei, e solo lui sentì ciò che aveva detto perché solo lui prestava davvero attenzione alla biondina.

-Almeno puoi contare su tua sorella. -anche le sue parole raggiunsero solo le orecchie di Hostage, ma il tono vagamente triste si disperse nell'aria umida e pesante.
Si sentiva solo, ma si era abituato alla solitudine. Hostage era lì con lui per le sue cattive abitudini, così come altre ragazze prima di lei, e nient'altro.
Notò che lei aveva alzato lo sguardo abbastanza per scrutarlo silenziosa. Quelle labbra nere come il carbone, rese lucide dal lip-gloss sembravano improvvisamente più invitanti sotto le luci vivaci del club.
Un ghigno tirò la pelle del viso di Dabi, deformandolo un po'.
-Che hai da guardare? -chiese con tono basso e antipatico. Chiese come se già sapesse.
Prima che Hostage potesse rispondere la barista consegnò loro i lucidi bicchieri, pieni fino all'orlo di miscugli di sapori e alcol molto colorati, sorridendo cordiale.
Dabi afferrò entrambi i bicchieri, con un cenno della testa e, dicendo qualcosa che Rin non sentì, la guidò al retro del locale.

-Non è uno strip club, vero?! -urlò Rin, per sovrastare la musica e le voci. Comunque lo seguì, attaccandosi al retro della sua giacca blu scuro quasi istintivamente.

Dabi ridacchiò alla sua domanda.
-Se ti interessa, le ragazze sono in quella sala! -alzò la mano destra, con cui reggeva il suo drink blu elettrico, vivo come le fiamme del suo quirk, e indicò una tenda bianca con disegni rossi. Da dietro quella tenda venivano risate, fischi, urla e una musica totalmente diversa che Rin non riconosceva.
Notò la familiarità con cui si era riferito al posto; quante volte ci era stato?
-Vuoi andare di là? Ci sono anche ragazzi, eh... Non ti giudico se ti piacciono le ragazze, però. -

Rin sorrise, mostrando i denti bianchi in contrasto con le labbra nere ricoperte di glitter bluastro. Scosse la testa.
-No, grazie. Fa come se avessi accettato. -rubò il suo drink rosa dalla mano sinistra di Dabi, tenendolo controllo con la coda dell'occhio e riparando il bicchiere con il palmo della mano per sicurezza.

Nonostante non fosse lo strip club, rimase sorpresa comunque di trovarsi davanti un cortile ordinatamente diviso in piattaforme di mattonelle bianche, parquet nero e chiazze di fresca erba verde. Al centro del cortile una grande piscina illuminata di blu e turchese contribuiva a creare una fantastica atmosfera. In fondo, su una piattaforma sollevata, il DJ con i capelli raccolti in numerose, lunghe e spesse treccine africane incoraggiava i presenti al divertimento sfrenato.
Rin si guardò intorno, un po' confusa da tutto il movimento.

-Allora? -Dabi inarcò un sopracciglio, guardando finalmente nella sua direzione. Dio, doveva letteralmente abbassare la testa per guardarla negli occhi, era così divertente per lui.
Le mise, nuovamente, un braccio attorno alle spalle per guidarla, ma questa volta Hostage non si lamentò. Doveva essere davvero tanto confusa, per permettergli di sfiorarla.
Ancora era intenta a fissare con occhi spalancati lo spettacolo di luci, forse tentando anche di riconoscere la canzone sovrastata dal vociare della folla.
Gli venne spontaneo chiedersi se fosse mai stata in un nightclub durante l'ora di punta per quei locali. Probabilmente no.
Hostage prese un sorso del suo La vie en rosé, lasciando una macchia di rossetto sul bordo del lucido bicchiere. Notò anche come teneva la mano sopra la bocca del bicchiere; non la biasimava per quella precauzione.

-È bellissimo qui! -disse lei a voce alta, senza neanche guardare Dabi in viso.
Rin stava amando quel posto. Era la prima volta che andava in quel tipo di locali, e in un attimo di pura euforia si chiese perché non l'avesse fatto prima.
Ricordò dopo che l'opportunità di vivere la sua vita le era stata malamente vietata da un nessuno con troppa autostima.
E si odiava, alcune volte, per non aver prevenuto i guai che quell'orrenda persona le avrebbe portato.
Non poteva negare di essere spaventata, perché in una folla del genere e in compagnia di un villain sarebbe potuto succederle di tutto, ma se quella sera fosse successo qualcosa sarebbe morta felice.
Sembrava una bambina a cui veniva mostrato per la prima volta l'arcobaleno o le luci di natale.

-Felice ti piaccia. -no, non gliene fregava un cazzo ma almeno non avrebbe passato la notte a tentare di dormire, perseguitato da incubi e ricordi che avrebbe tanto voluto dimenticare.
Sorseggiò un po' della sua bevanda blu acceso, controllando con sguardi veloci Hostage che non si era scollata dal suo fianco. -Bambola, non succede niente se vai a ballare. -Dabi era stranito dal comportamento di quella ragazza.

Rin ascoltava quella canzone, e le piaceva tanto. La conosceva e non era raro che la canticchiasse in giro per casa sua, ma in quel posto non riusciva ad attuare il suo trucco: i piedi li sentiva come attaccati a quel prato morbido, mentre sembrava quasi nascondersi dietro la schiena del ragazzo.
Aveva davvero così tanta paura? Di cosa, poi? Non lo sapeva, ma nonostante amasse i colori e l'atmosfera di quel posto avrebbe preferito fare da spettatore, osservare dal bordo come aveva fatto per tutta la sua vita.
La disperazione adesso sapeva di mare, ananas, tè verde, tabacco e quei fiori blu senza nome nella sua testa.

Chissà che sapore aveva la disperazione di Dabi. Avrebbe voluto saperlo.

In uno scatto afferrò il braccio del ragazzo, che andò in allarme, e avvicinò il bicchiere di lui al proprio viso, prendendo un sorso della sua bevanda.

-Buono. -mugugnò, mentre Dabi le lanciava un'occhiata obliqua.

-Eri già ubriaca prima di venire qui? -ringhiò aggressivo. Non gli era piaciuto quel movimento improvviso, soprattutto perché Hostage aveva posato la mano sulla pelle cicatrizzata. Non sentiva nulla sulle imponenti cicatrici violacee, ma il suo orgoglio sentiva eccome.
La vide scrollare le spalle, senza confermare o screditare l'assurda ipotesi. Forse lo aveva chiamato proprio perché era ubriaca.
-In ogni caso, non mi sembra educato che tu abbia bevuto il mio drink senza chiedere. -per l'ennesima volta quella serata, Dabi portò il braccio sinistro sulle spalle di Hostage, giocando con i suoi capelli biondi.

-Scusa... -Rin portò lo sguardo sul viso pieno di disappunto del suo accompagnatore. -Ne vuoi un po'? -gli porse il proprio bicchiere, pieno a metà, e lui annuì.
Prese l'oggetto dalle mani di Rin e lo rigirò fino a trovare l'alone grigio e glitterato nel punto esatto da cui aveva bevuto lei; si avvicinò il bicchiere alle labbra, facendo combaciare la sua bocca e l'impronta lasciata da lei.

In risposta, le guance di Rin si accesero di rosso come il tema di quel locale e lei prese a giocare con le dita, fingendosi distratta.
Perché l'aveva fatto? Era una cosa stupida, ma adesso lei si sentiva strana. Quella sensazione era nuova, mai provata.

-Mi fai assaggiare un altro po'? Non credo che quella nota di arancia faccia parte del drink... -sussurrò nel suo orecchio; il fiato le sbatteva sul collo, e il profumo dolciastro le invadeva le narici.

Lei non si era neanche accorta della vicinanza tra sé e il ragazzo.
Dabi, con il braccio ancora avvinghiato attorno alle spalle di Hostage, la costrinse a girare il viso, per guardarla faccia a faccia. Le sue gote erano arrossate e le sue labbra schiuse; un'adolescente che non aveva mai dato il primo bacio, questo sembrava.
Era vicinissimo, a fior di labbra, e già poteva sentire quel dolce profumo di arance e citronella compresso nel rossetto che Rin stava indossando.
Dabi si allontanò, con uno scatto e rimosse il braccio dalle spalle di Hostage.
Rin si ricompose, riacquistando la compostezza che aveva perso in un istante di follia pura. Davvero stava per baciarlo? Non aveva imparato nulla dalle sue esperienze passate? Si lasciava andar via così, tra le braccia del primo che capitava?
A quanto pare.
Non potè fare a meno di chiedersi perché Dabi si fosse tirato indietro, lasciandola delusa in un angolo recondito del suo cuore.

-Vado a prendere altri due drink. -la informò, mostrandole, come se fosse ovvio, i bicchieri vuoti. -Aspettami qui, torno tra poco. -oltre al rossetto gustoso di Hostage, aveva avuto occasione di assaggiare anche l'illusione di una ragazza che doveva avere tanto bisogno di qualcuno. La sua vita doveva essere davvero vuota, se era pronta a gettarsi tra le braccia di un villain. E lasciarla lì, imbarazzata e con un "non lasciarmi sola" stampato in volto lo fece sorridere con cattiveria.
Stava comunque attento ad ogni mossa della biondina con la coda dell'occhio, osservandola di sottecchi mentre aspettava che i drink fossero pronti appoggiato al bancone esterno.

-Stronzo... -bisbigliò tra sé e sé. Dabi l'aveva lasciata sola, abbastanza vicina alla piscina da ricevere gli spruzzi d'acqua ma non abbastanza da vederne il fondo.
Era strano da dire, e Rin si sarebbe presa a schiaffi piuttosto che ammetterlo a voce alta, ma si sentiva al sicuro con Dabi. O almeno, si sentiva più al sicuro con lui rispetto che da sola.
E avrebbe tanto, tanto voluto che la baciasse davvero; solo per provare di nuovo quella sensazione che non provava da qualche tempo, quel calore in petto che ti fa sentire come fuochi d'artificio o un incendio.
Avrebbe anche aggiunto un nuovo sapore alla mistura che era la sua disperazione; si limitò ad immaginarlo come carne bruciata, la sigaretta e birra. Buono, in tutta la sua stranezza.

-Hey, bambola. -era già tornato? No, non era Dabi. Posò lo sguardo sull'uomo che era la fonte della voce. Capelli lunghi su un lato e rasati sull'altro, di un verde molto acceso e pelle abbronzata dal sole. Degli occhi non distingueva il colore, troppo alterato dalle luci artificiali. -Ti va se ti offro un drink? -

Rin scosse la testa.
-Sono qui con un... amico. -rispose tesa, e fece per andarsene nella direzione in cui Dabi era scomparso minuti prima.

-No, non è vero, ho visto che eri sola. Su dai, non fare la timida! -l'uomo le afferrò il polso destro e Rin gli rivolse un'occhiata gelida.

La situazione le sembrava ripetersi, ma almeno questa volta la sua fiducia non veniva tradita.
Rin si divincolò via dalla presa dello sconosciuto, e con passo veloce fece per andare alla ricerca di Dabi.
Troppi ricordi che avrebbe voluto davvero dimenticare, gli stessi ricordi e avvenimenti per cui beveva e fumava.
Il suo viso si scontrò con qualcosa di solido; era troppo confusa e emotiva in quel momento per accorgersi di ciò che la circondava.
Spinse via qualunque cosa l'avesse intralciata e alzò gli occhi per poter guardare l'ostacolo in faccia.

-Dabi... -mugolò. Sentì il cuore allegerirsi un po' e la mano del corvino posarsi sulla sua schiena; un brivido le scosse la spina dorsale.

Lui le lanciò uno sguardo veloce, prima di mandare via l'ospite indesiderato con una minaccia che Rin neanche metabolizzò. Era troppo concentrata sugli occhi d'oceano del ragazzo, troppo belli quasi da sembrare finti, pezzi di vetro trasportati dalla marea e arenati sulla spiaggia.
Lui abbassò gli occhi, solo per incontrare lo sguardo sognante di Rin.
Le rivolse un ghigno.

-Hai il rossetto sbavato, Hostage. -le disse a mezza voce, così che solo lei sentisse.
Avvicinò una mano al mento di Hostage, e le sollevò leggermente il viso. Passò il pollice sotto il labbro di lei, eliminando le tracce di nero superflue.
-Su, andiamo a cercare un posto tranquillo. -

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