𝟲𝟰
Kageyama corse a perdifiato, ma fu tutto inutile. L'autobus non si fermò. Nel buio della sera, l'autista non lo aveva nemmeno visto, probabilmente.
Hinata sparì dalla sua vista.
E sentì il cuore sprofondare.
Perchè il suo volto non era come lo ricordava.
Hinata era pallido. Gli occhi infossati e delle occhiaie a imbruttire quei lineamenti tanto morbidi. I capelli arruffati. Lo sguardo sconvolto.
Quasi quanto lo era il suo, completamente stravolto. Perchè non si aspettava di vederlo in quel momento, in quelle condizioni. E perchè sapeva dove si stava dirigendo.
Non appena Kiyoko gli aveva confessato tutto a riguardo del rosso, si era messo in spalla lo zaino ed aveva fatto sosta a casa solo per poter prendere degli indumenti alla rinfusa - insieme a un paio di guanti in più. Non aveva intenzione di andarsene da quell'appartamento, una volta arrivato sul posto. Non prima di aver chiarito le cose. Non prima di aver convinto Hinata ad ascoltarlo.
Perchè sapeva bene cosa quel ragazzo stesse cercando di fare. E glielo avrebbe impedito. A qualsiasi costo.
Digrignò i denti, accettando l'idea di dover attendere ulteriormente prima di poterlo rivedere. E con una pesantezza nuova sul petto, si incamminò verso la sua destinazione.
Aveva scritto a sua madre che sarebbe rimasto da un amico della squadra a dormire, assicurandole che, in qualsiasi caso, non avrebbe nemmeno sfiorato un pallone, nè mosso troppo il braccio - senza quelle condizioni, poteva dimenticarsi di mettere piede fuori casa, infatti.
La donna era rimasta restia nel rispondergli, non propriamente d'accordo all'acconsentire. Alla fine, lui aveva semplicemente mentito riguardo la batteria del suo cellulare, dicendole che si sarebbe spento a breve. Non gli importava davvero se la madre fosse concorde sul fatto di dormire fuori.
Voleva solo stare lontano da casa, e dai suoi genitori. Si sarebbe occupato della sfuriata della donna una volta tornato tra quelle mura.
Salite le solite scale d'emergenza, si ritrovò ancora una volta di fronte alla porta dell'appartamento di Bokuto. Inspirò a fondo prima di bussare con forza. Pensare di essere già venuto più volte, bussando a vuoto, ora sapendo che dall'altra parte della porta Hinata lo aveva sempre ignorato lo rese furioso. Ma anche incredibilmente affranto.
Digrignò i denti, ma rilassò le spalle.
Quando la porta si aprì, uno sguardo affilato incontrò il suo, e la capigliatura particolare del ragazzo che si ritrovò davanti riuscì a catturare l'attenzione del corvino come la prima volta. Ma ciò che lo colpì maggiormente fu vedergli tra le braccia la sorellina di Hinata, che lo stava fissando con grandi occhi sgranati e un lecca lecca stretto tra le manine. Kageyama sentì il petto scaldarsi, e sorrise appena nel vederla al sicuro, ora.
«Hey, dark-», iniziò Bokuto, ma fu prontamente interrotto da Natsu, che sembrò riconoscere subito il corvino. «Quello con i capelli bruciati e il mare negli occhi! Zio Boku, lui mi ha salvata dall'uomo nero! È magico, è super fortissimo!», i ragazzi la fissarono confusi, ma quello più grande finì per alzare le sopracciglia e sghignazzare divertito, avendo compreso a cosa la piccola dai folti capelli rossi si riferisse.
«Davvero, Natsu-chan? Ma allora ha dei poteri! Tu sei una principessa, era ovvio che qualche stregone magico ti avrebbe salvata! Ha aiutato Shoyo a richiudere l'uomo nero nel libro delle favole! Ecco come hanno fatto!», la assecondò, esclamando e guardandola come avrebbe fatto un bambino della sua stessa età, con la stessa enfasi. Il corvino quasi si chiese se fosse lo stesso ragazzo che gli aveva puntato una pistola alla fronte.
Ma non potè fare altro che notare l'occhiata che l'altro gli lanciò, insieme al cenno della sua testa. Lo invitò a seguirlo in casa, e Kageyama provò una strana sensazione di familiarità. Era felice di poter tornare. Era felice di rivedere Natsu. Era felice di aver trovato Hinata.
Era felice.
E sorrise per un istante, mentre si richiudeva la porta alle spalle.
«Kageyama, grazie di essere venuto. Kiyoko ti avrà già spiegato tutto, immagino.», Akaashi era sul divanetto, circondato da bambole, macchinine colorate, pastelli e fogli di carta. Il corvino quasi si divertì nel notare quanti cambiamenti erano stati apportati a quella stanza: molti muri erano scarabocchiati, c'era un tappeto arancione cosparso da libri di fiabe e giocattoli vari e perfino un piccolo mobiletto da cucina finto, della misura perfetta per Natsu.
Annuì, mentre Bokuto prese a far volteggiare in aria la bambina. «Come sta?», fu l'unica cosa che Kageyama riuscì a chiedergli, mentre Akaashi gli faceva spazio per potersi sedere.
«Male. Se n'è appena andato, ma sta iniziando ad isolarsi sempre di più. Ci parla di rado, e il suo rapporto con Natsu non è più come prima. Pare quasi si senta così tanto in colpa da non riuscire nemmeno a parlarle.», spiegò il ragazzo, visibilmente preoccupato.
Kageyama si sentì crollare. Hinata amava sua sorella. Lo sapeva. E si chiese quanto stesse soffrendo quel ragazzo, per arrivare a credere di non meritare nemmeno più lei.
Si perse a guardare la bambina che rideva, ora sul tappeto insieme a Bokuto, tutta presa a far indossare al ragazzo collane colorate e fiocchi vistosi.
«Tu come stai, invece? La spalla? Il tuo colorito sembra pessimo. E mi scuso da parte di Tsukishima, per la rissa in cui ti ha coinvolto.», Akaashi sorrise appena, e gli occhi dell'altro si spalancarono. Evidentemente, il quattr'occhi gli aveva già riferito tutto. Lo guardò per qualche istante, meditando se mentire o meno. Sospirò.
«È tutto ok. È solo qualche livido. La spalla sta passando, anche se non potrò più muoverla come prima.», disse con un groppo in gola. L'altro se ne accorse, ma non volle chiedere altro.
Quel ragazzo, probabilmente, era al suo limite, sia fisicamente che psicologicamente. Non era tempo di approfondire certi discorsi. Non prima che le cose si fossero stabilizzate.
Fece un semplice cenno con la testa.
«Hinata ci ha parlato di quella notte.», Kageyama tornò a guardarlo, anche se Akaashi era ora focalizzato sulla piccola Natsu e su Bokuto. «Cosa è successo da quando sono svenuto?», chiese quasi istantaneamente, il cuore a battergli frenetico nel petto. Non aveva recuperato ancora buona parte dei ricordi di quella sera, ma ciò che lo premeva maggiormente era sapere cosa fosse accaduto dopo il suo svenimento. Di fatti, era certo che la chiave di tutto il dolore che Hinata si portava dietro risiedeva proprio in quel lasso di tempo.
Sapeva che le dichiarazioni della polizia erano errate. Sapeva che le cose erano andate diversamente. Akaashi sospirò appena.
«Credo che di questo ne dovrai parlare con lui. Sappi soltanto che Hinata non ce l'ha con te. Anzi. Sta cercando di tenerti alla larga per proteggerti. Crede di aver fallito a farlo con te quella notte, così come con sua sorella e con sua madre.»
Kageyama finì a fissare il pavimento. E si sentì stupido. Stupido a non aver compreso prima la grave situazione a casa di Hinata. Stupido a non aver fatto di più per aiutarlo, quella notte. Stupido per non aver compreso il suo mondo.
Stupido per essere la sua guardia del corpo, ma per non essere riuscito a salvarlo nemmeno una volta.
Ma avrebbe cambiato le cose.
Avrebbe rimediato a quello che era successo.
Avrebbe dimostrato a quel ragazzo che non doveva addossarsi da solo quel peso. Anche lui aveva una spalla da offrirgli. Anche lui, ora, era coinvolto. E quella realtà apparteneva anche a lui, adesso.
Non gli avrebbe permesso di tenerlo fuori.
Non gli avrebbe impedito di stargli accanto.
Quasi sussultò, allarmato, quando una figura familiare fece capolino nel suo campo visivo. Il cuore ebbe un tonfo nel riconoscere quegli occhi color caramello. Erano così simili a quelli di Hinata, da lasciarlo senza fiato per qualche istante. Natsu lo guardò curiosa, cercando di avvicinarsi maggiormente al viso del corvino.
«Quello che ha detto zio Boku è vero?», domandò estasiata, e Kageyama assunse un'aria confusa, chiedendole a cosa si riferisse.
«Che tu sei uno stregone potentissimo! Hai fatto una magia! Ti sei trasformato in uno scudo e mi hai protetta, non ti ricordi?», il corvino lanciò un'occhiata a Bokuto, che gli intimò di annuire, sorridendo appena. E, d'un tratto, comprese che la bambina si stava riferendo a quella notte. E che quello a cui alludeva era una storia che ai suoi occhi poteva essere più assimilabile e comprensibile rispetto a quello che era davvero successo.
Kageyama finì per sorridere leggermente. Non era mai stato troppo bravo con i bambini, ma ci provò ugualmente. Perchè Natsu era una bambina che meritava anche il suo impegno. Doveva impegnarsi per renderla felice.
E per proteggerla.
«Già. Uhm, io sono...davvero magico. E molto potente. Sono uno stregone che...Insomma, faccio tante magie.», farfugliò, cercando con gli occhi un conforto che trovò nel sorriso gentile di Akaashi. Al contrario, Bokuto esplose in una fragorosa risata, e quasi gli caddero di testa due dei cinque fiocchi colorati che Natsu gli aveva attentamente sistemato tra i capelli chiari.
La bambina, in tutta risposta, spalancò occhi e bocca in contemporanea. I suoi codini sobbalzarono. «Quindi è vero! Lo sapevo! Puoi fare un'altra magia e far tornare la mamma? Il fratellone ha detto che sta facendo una cosa importante ma anche lui è triste! Ti prego, fai tornare la mamma! Così io e il fratellone possiamo essere di nuovo felici!», Kageyama schiuse le labbra, ma il suo sguardo si spense appena. Deglutì, forzando un altro sorriso accennato.
Per quanto assurdo, guardando quella bambina negli occhi, vedendo quanta speranza riponeva in lui, avrebbe davvero voluto possedere una bacchetta magica per poter avverare il suo desiderio. Avrebbe voluto essere uno stregone, come lo era nella sua fantasia. Sarebbe stato decisamente più utile di quanto lo fosse in quel momento.
E si sentì stupido, per l'ennesima volta.
Non poteva fare nulla, pur volendolo con tutto il suo cuore.
Poteva ancora sperare di poter essere di qualche aiuto, sia per Natsu, che per Hinata?
Aveva paura della risposta, quindi decise di accantonare quei pensieri, almeno per il momento.
«Io non...Per fare una magia così, ho bisogno di ancora tanti poteri. Non sono ancora così forte...Mi dispiace...», esalò le parole quasi sussurrandole, preparandosi allo sguardo disprezzante e deluso della bambina ora appoggiata tra le sue gambe.
Ma Natsu lo guardò confusa. «Perchè ti dispiace?», gli chiese invece, ingenuamente. Kageyama si stranì. «Perchè non posso fare questa magia...»
La bimba sorrise, riuscendo a farlo immobilizzare sul posto. «Ma non importa! Ci alleneremo per avere ancora più poteri, e quando avrai tanti poteri, la farai tornare! E se non ci riesci, la aspettiamo! Il fratellone ha detto che la mamma non può tornare fino a che non finisce la sua missione importante! Ma ha anche detto che la tua missione era di proteggermi! Tu mi hai protetta, quindi sei fortissimo! Non è vero che non sei forte!», la sua voce implodeva di colori, e Kageyama si sentì così sopraffatto da quell'entusiasmo che quasi finì per sentire gli occhi pizzicargli.
Non riuscì a fare nulla, se non tentare in ogni modo di trattenere le lacrime. Natsu parve accorgersene, ma il sorriso sul suo volto non scomparve. «Stai facendo un'altra magia? Stai facendo uscire il mare dagli occhi!», parve estasiata di fronte agli occhi lucidi del ragazzo. Kageyama sorrise.
«Già...A volte succede...», spiegò impacciato, e Natsu si incuriosì ancora di più, avvicinando il suo piccolo volto a quello dell'altro. «È per questo che le lacrime sono salate come il mare? Anche quella è una magia che hai fatto tu? Metti il mare negli occhi delle persone?», sembrava fiera di essere riuscita a scoprire quel segreto, al che il corvino annuì, assecondandola. E solo il sorriso di quella bambina bastò a fargli scaldare il petto.
«Zio Boku! Zio 'Kaashi! Ho scoperto perchè le lacrime sono salate! L'ho scoperto davvero! È tutta una magia dello stregone!», i due ragazzi si guardarono, sorridendo tra loro. Bokuto alzò le sopracciglia, mettendosi le mani nei capelli con fare teatrale.
«Non ci posso credere, Natsu-chan! Ma allora hai svelato il segreto più segreto tra tutti! Sei fantastica!», corse a prenderla in braccio, e lei si perse a ridere tra le sue braccia. Kageyama sorrise, e quasi si stupì di sentire le guance iniziare a far male. Non sorrideva così tanto da molto tempo. Forse troppo.
Deglutì.
Era felice.
Lo era davvero tanto.
«Zio Boku, secondo te lo stregone può anche togliere il mare dagli occhi?», il ragazzo dai fiocchi in testa finse di fermarsi per rifletterci su. «Ottima domanda, Natsu-chan. Prova a chiederglielo, che ne pensi?», la bambina sorrise, annuendo con forza.
«Stregone! Stregone!», Natsu lo interpellò di nuovo, e il corvino saltò sull'attenti. I suoi occhi color caramello brillarono.
«Sei abbastanza forte per fermare le lacrime del fratellone? Lui ha troppo mare negli occhi, e piange tante volte quando nessuno lo vede! Lo devi aiutare!», Kageyama sentì il cuore stringersi in una morsa ferrea. Rimase gelato sul posto, ma non esitò a rispondere, questa volta.
Perchè non importava se non possedeva una bacchetta magica. Avrebbe fermato le lacrime dell'altro anche senza l'aiuto della magia.
A qualsiasi costo.
Se lo promise, giurandolo anche alla bambina che aveva davanti, dallo sguardo carico di speranza e fiducia.
Perchè se lei credeva in lui, lui non poteva permettersi di deluderla.
«Ci proverò, fino a quando non ci riuscirò.»
«È una promessa?», chiese allungando un mignolino, seppur ancora tra le braccia di Bokuto.
Kageyama accennò un sorriso, alzando un mignolo in risposta.
«È una promessa.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top